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Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: l’espropriazione isolata non può giustificare un’indennità inferiore al valore di mercato del bene ablato

Nota a Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Sentenza 10 giugno 2008, caso Bortesi ed altri c. Italia, ricorso n. 71399/01
La recentissima sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo risulta essere particolarmente significativa sia perché è una delle prime in materia di espropriazione dopo le sentenze della Corte Costituzionale italiana n. 348 e 349 del 2007 e la riformulazione dell’art. 37 testo unico espropri (che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo espressamente menziona nella sua sentenza) sia per l’entità del risarcimento riconosciuto.

La Corte Europea con la pronuncia in esame riafferma il principio che in numerosi casi di espropriazione legittima, come l’espropriazione di un terreno per la costruzione di una strada o per altri fini di “pubblica utilità„, solo una compensazione integrale può essere considerata ragionevolmente in relazione al valore del bene (Scordino c. Italia (n. 1) [GC] (n. 36813/97, paragrafo 96, CEDU 2006; Stornaiuolo c. Italia, n. 52980/99, paragrafi 61 e 66, 8 agosto 2006; Mason ed altri c. Italia (equa soddisfazione), n. 43663/98, paragrafo 37, 24 luglio 2007). Questa norma non è tuttavia senza eccezioni (Ex-roi della Grecia ed altri c. Grecia [GC] (equa soddisfazione), n. 25701/94, paragrafo 78), dato che gli obiettivi legittimi “di pubblica utilità„, quali quelli che perseguono le misure di riforma economica o di giustizia sociale, possono giustificare un rimborso inferiore al pieno valore di mercato (James ed altri c. Regno Unito, sentenza del 21 febbraio 1986, serie A n. 98, p. 36, paragrafo 54).

Nella fattispecie si tratta di un caso di espropriazione isolata, che non s’inserisce in un contesto di riforma economica, sociale o politica e non si ricollega ad alcuna altra circostanza particolare. Di conseguenza, la Corte non vede nessun obiettivo legittimo “di pubblica utilità„ che possa giustificare un rimborso inferiore al valore di mercato (Scordino c. Italia (n. 1).

Riguardo all’insieme delle considerazioni precedenti, la Corte ritiene che la compensazione accordata ai ricorrenti non sia adeguata dato lo scarso importo e non ci siano ragioni di pubblica utilità che possono legittimare una compensazione inferiore al valore di mercato del bene. Ne consegue che i ricorrenti hanno dovuto sostenere un onere sproporzionato ed eccessivo che non può essere giustificato da un interesse generale legittimo perseguito dalle autorità.

Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

[…] La Corte ribadisce che se in linea di principio non è vietato al potere legislativo regolamentare la materia civile con nuove disposizioni aventi effetto retroattivo, i diritti derivanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo di cui all’articolo 6 della Convenzione si oppongono, salvo ragioni imperiose di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la conclusione giudiziaria della controversia (Zielinski e Pradal & Gonzales c. Francia, n. 24846/94 e da 34165/96 a 34173/96; Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, sentenza del 9 dicembre 1994, serie A n. 301-B; Papageorgiou c. Grecia, sentenza del 22 ottobre 1997, Racc. 1997-VI).

Essa constata che l’articolo 5 bis ha semplicemente eliminato retroattivamente una parte essenziale dei crediti di compensazione, di importi elevati, che i proprietari dei terreni espropriati, come i ricorrenti, avrebbero potuto reclamare agli esproprianti. A tale riguardo, la Corte ricorda di avere appena constatato che la compensazione accordata ai ricorrenti non era adeguata, visto l’importo modesto e che non ci sono ragioni di pubblica utilità tali da giustificare una compensazione inferiore al valore di mercato del bene (Scordino c. Italia (n. 1).

D’altra parte, l’applicazione della legge controversa non si basa “su un interesse generale ed imperioso„ che possa giustificare l’effetto retroattivo.

Pertanto vi è stata violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione.

La recentissima sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo risulta essere particolarmente significativa sia perché è una delle prime in materia di espropriazione dopo le sentenze della Corte Costituzionale italiana n. 348 e 349 del 2007 e la riformulazione dell’art. 37 testo unico espropri (che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo espressamente menziona nella sua sentenza) sia per l’entità del risarcimento riconosciuto.

La Corte Europea con la pronuncia in esame riafferma il principio che in numerosi casi di espropriazione legittima, come l’espropriazione di un terreno per la costruzione di una strada o per altri fini di “pubblica utilità„, solo una compensazione integrale può essere considerata ragionevolmente in relazione al valore del bene (Scordino c. Italia (n. 1) [GC] (n. 36813/97, paragrafo 96, CEDU 2006; Stornaiuolo c. Italia, n. 52980/99, paragrafi 61 e 66, 8 agosto 2006; Mason ed altri c. Italia (equa soddisfazione), n. 43663/98, paragrafo 37, 24 luglio 2007). Questa norma non è tuttavia senza eccezioni (Ex-roi della Grecia ed altri c. Grecia [GC] (equa soddisfazione), n. 25701/94, paragrafo 78), dato che gli obiettivi legittimi “di pubblica utilità„, quali quelli che perseguono le misure di riforma economica o di giustizia sociale, possono giustificare un rimborso inferiore al pieno valore di mercato (James ed altri c. Regno Unito, sentenza del 21 febbraio 1986, serie A n. 98, p. 36, paragrafo 54).

Nella fattispecie si tratta di un caso di espropriazione isolata, che non s’inserisce in un contesto di riforma economica, sociale o politica e non si ricollega ad alcuna altra circostanza particolare. Di conseguenza, la Corte non vede nessun obiettivo legittimo “di pubblica utilità„ che possa giustificare un rimborso inferiore al valore di mercato (Scordino c. Italia (n. 1).

Riguardo all’insieme delle considerazioni precedenti, la Corte ritiene che la compensazione accordata ai ricorrenti non sia adeguata dato lo scarso importo e non ci siano ragioni di pubblica utilità che possono legittimare una compensazione inferiore al valore di mercato del bene. Ne consegue che i ricorrenti hanno dovuto sostenere un onere sproporzionato ed eccessivo che non può essere giustificato da un interesse generale legittimo perseguito dalle autorità.

Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

[…] La Corte ribadisce che se in linea di principio non è vietato al potere legislativo regolamentare la materia civile con nuove disposizioni aventi effetto retroattivo, i diritti derivanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo di cui all’articolo 6 della Convenzione si oppongono, salvo ragioni imperiose di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la conclusione giudiziaria della controversia (Zielinski e Pradal & Gonzales c. Francia, n. 24846/94 e da 34165/96 a 34173/96; Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, sentenza del 9 dicembre 1994, serie A n. 301-B; Papageorgiou c. Grecia, sentenza del 22 ottobre 1997, Racc. 1997-VI).

Essa constata che l’articolo 5 bis ha semplicemente eliminato retroattivamente una parte essenziale dei crediti di compensazione, di importi elevati, che i proprietari dei terreni espropriati, come i ricorrenti, avrebbero potuto reclamare agli esproprianti. A tale riguardo, la Corte ricorda di avere appena constatato che la compensazione accordata ai ricorrenti non era adeguata, visto l’importo modesto e che non ci sono ragioni di pubblica utilità tali da giustificare una compensazione inferiore al valore di mercato del bene (Scordino c. Italia (n. 1).

D’altra parte, l’applicazione della legge controversa non si basa “su un interesse generale ed imperioso„ che possa giustificare l’effetto retroattivo.

Pertanto vi è stata violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione.