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Dalla crisi alla Costituzione

1. «La nostra Carta costituzionale vigente ha superato ormai i trenta anni, pur avendo subito qualche modifica di scarso rilievo, anche se diviene sempre più urgente la necessità di sostanziali innovazioni, specialmente per quanto riguarda il Parlamento»[1].

Correva l’anno 1978 quando Giuseppe Codacci Pisanelli[2] nella relazione introduttiva al convegno di studi tenutosi a Como sui trenta anni della Costituzione spiegò con il pensiero appena trascritto le impellenze con le quali l’Italia avrebbe dovuto fare i conti per avviarsi a divenire una democrazia matura.

Si converrà nel ritenere tale riflessione di stingente attualità ancora oggi spiegando con ciò la necessità del proposto ‘pensiero costituzionale’ in lettura.

Invero, qualsiasi scritto che abbia la pretesa di intervenire sul dibattito inerente la Costituzione si presenterebbe monco ed incompiuto se non adeguatamente sorretto da taluni insegnamenti tramandati da insigni maestri del diritto i quali hanno consegnato a tutti gli italiani, studiosi e non, un’eredità da custodire e, per quanto possibile, tramandare[3].

A venticinque anni dalla morte di G. Codacci Pisanelli, chi scrive, con sommesso rispetto, crede opportuno avvalersi di tale ricorrenza affinché, oltre alle necessarie commemorazioni, tale anniversario possa servire a stimolare tutti i giuristi (e non solo) a riflettere con più vigore sulla Carta fondamentale anche in considerazione delle insistenti, ridondanti ed approssimative ipotesi di riforma che in tempi recenti sono state incautamente paventate [4].

Certamente oltre alla difficoltà insite nell’analisi generale del testo Costituzionale, si aggiunge l’ulteriore e ben più complesso limite di affiancare la prospettiva del pensiero giuridico e dell’intendimento costituzionale di G. Codacci Pisanelli.

Riflettere su alcune vicende costituzionali con lo mente protesa all’insegnamenti del Codacci Pisanelli rappresenta, senza dubbio alcuno, un compito troppo oneroso, specie se chi muove la penna appartiene ad una generazione distante anagraficamente dagli anni in cui l’illustre membro della Assemblea costituente ha proferito illuminanti teorie.

A parziale scusante di ogni possibile omissione del contributo in lettura, è la personale convinzione, poc’anzi accennata, circa la ormai impellente necessità di tornare a riflettere sulla legge fondamentale per rendere l’Italia un paese, per quanto possibile, credibile.

Pertanto, al fine di dare seguito a quanto appena detto, l’obiettivo proposto è quello di smuovere le torpide acque nelle quali è caduta la Costituzione Italiana mediate un parallelismo teorico e d’indagine tra l’insegnamenti di Giuseppe Codacci Pisanelli e le contingenze di alcune vicende politico-istituzionali.

2. L’esito catastrofico delle recenti consultazioni elettorali e la derivante incertezza circa la governabilità, spinge cronisti ed addetti ai lavori ad auspicare, con urgenza, riforme di vario genere. In tutto questo frastuono la Costituzione è fatta oggetto di «continui attacchi condotti in modo continuo e sguaiato»[5] sicché sarebbe opportuno, prima di qualsiasi altro dibattito, riflettere con maggior cognizione sui centotrentanove articoli della Carta fondante per non scivolare in facili semplificazioni, utili solo nel breve periodo.

Sembrano ormai lontanissimi gli anni in cui Giuseppe Codacci Pisanelli giudice, docente universitario, membro dell’Assemblea Costituente, ministro della Repubblica, partecipando attivamente alle fasi preliminari di studio della Carta del 1948 sosteneva che «la realtà è troppo complessa, perché ogni teoria possa contenerla»[6], lasciando così trasparire una giusta preoccupazione per il gravoso compito di dare all’Italia la sua legge fondamentale.

Infatti Codacci Pisanelli dalla privilegiata posizione del giurista di alto livello, aveva ben chiara la difficoltà di redigere un testo che si prefiggeva di proiettarsi nella quotidianità di tutti gli italiani perciò con la puntualità del pensatore illuminato e l’innata dedizione allo studio del diritto, sosteneva che «i legislatori umani, compresi quelli costituenti, rispecchiano e non creano le situazioni delle epoche storiche in cui vivono…se intendono svolgere opera duratura debbono tradurre in iscritto principi e regole di una collettività umana, delineando le strutture fondamentali del suo ordinamento giuridico, quasi fotografandolo».[7]

Dal particolare punto di osservazione del giurista è di plateale riscontro la sofferenza dell’odierna società che piange ancora oggi le mancate iniziative di rinnovamento e di riforme di vario genere. Infatti non v’è osservatore libero e pensante che non registri l’esistenza di un gioco al massacro che negli anni ha visto il Parlamento italiano proteso ad introdurre riforme (o pseudo tali) a colpi di maggioranza sfociate poi nell’ovvio ostruzionismo delle minoranze.

Quindi, come sempre, la volontà di difendere spiccioli di interessi di parte.

Ciò detto allora pare opportuno richiamare il monito con il quale Codacci Pisanelli, concludendo il primo intervento in seno all’Assemblea Costituente, specificò il ruolo dei giuristi in seno all’assemblea Costituente[8] sostenendo che «molte conquiste sociali sono dovute ai giuristi, i quali anche lontani dalla vita normale, perché spesso rinchiusi nelle biblioteche, non cessano di rappresentare un anelito verso quella ricerca della verità che per loro è la giustizia di cui non debbono mai dimenticarsi, anche se preoccupati soprattutto di stabilir la certezza»[9].

Nell’odierno scenario istituzionale si nota invece la presenza, per certi aspetti anonima, di taluni rappresentanti eletti che ratificano scelte legislative idonee a mutare le regole della democrazia in base alla convenienza del tempo, sicché non pare azzardato ripensare con Codacci Pisanelli a quei valori della certezza del diritto ed aspirazione alla giustizia che richiederebbero però uno sforzo nuovo e duraturo per stabilire un improcrastinabile ordine istituzionale e, di riflesso, sociale.

La Costituzione in questo momento storico sembra rappresentare un testo desueto specie perché molto spesso si preferisce, per comodità o convenienza, piegarla ad interessi di parte immaginando di rimuovere[10] uno o più articoli che non collimino con la propria visione.

Spentisi gli echi della recente campagna elettorale e dello strisciante populismo che tanto sembra appagare il cittadino italiano, non sembrerà inutile insistere col rilancio della Costituzione repubblicana quale lente di ingrandimento per leggere la realtà e risolvere l’evidente empasse istituzionale.

Il riferimento tenace e costante ad alcuni principi puri del diritto non è per nulla scontato poiché si avverte, con ovvia preoccupazione, che i principi fondamentali dello Stato sono considerati come un’eredità scomoda, a cui volentieri si rinuncerebbe.

3. Il pensiero giuridico di G. Codacci Pisanelli, che ha particolarmente inciso in seno all’Assemblea Costituente, prendeva le mosse, come noto, dalla scuola italiana di diritto pubblico ispirata da Santi Romano rimanendo, fino agli ultimi giorni della sua vita terrena, il più raffinato esponente. Non a caso Codacci Pisanelli ha sempre parlato di «virtù unificatrice della scuola giuspubblicistica italiana», evidenziando il notevole apporto degli studiosi del diritto pubblico italiano alla formulazione della vigente Carta Costituzionale[11].

Il giurista tende, per innata naturalezza, ad essere affascinato dalle ipotesi di limitazione del potere al fine di poter garantire, con maggior immanenza, le libertà individuali e collettive, e proprio questa prospettiva emerge dagli scritti dottrinali e dagli interventi di Codacci Pisanelli annotati in Commissione dei 75.

Tre sono stati gli argomenti sostenuti con particolare vigore da G. Codacci Pisanelli in seno all’Assemblea Costituente e che hanno lasciato tracce importanti nel dibattito e nella stesura definitiva della Carta costituzionale. Il riferimento è ad alcuni interventi maggiori[12] relativi al decreto legge, all’ istituzione della Corte Costituzionale e, per finire, all’opportunità di una diversificazione del sistema del bicamerale.

Con riferimento al decreto legge, ancora oggi tema di scontro dottrinale, Codacci-Pisanelli già nella monografia Analisi delle strutture sovrane aveva sostenuto che tale strumento doveva aveva la funzione di adeguare l’ordinamento giuridico alle repentine evoluzioni della situazione sociale e che esso doveva essere previsto «come valido strumento tecnico per garantire la certezza preventiva del diritto»[13].

Egli in Assemblea Costituente spiegò, con una ineguagliabile finezza giuridica, l’esistenza di una certa analogia tra il diritto e il linguaggio e quindi sulla necessità di prevedere nella Costituzione il decreto legge per consentire al legislatore di svolgere la sua funzione politico-legislativa di regolamentare la realtà sociale con forme particolari ed eccezionali di produzione giuridica, nel caso urgenze sociali lo dovessero richiedere[14].

Con riferimento alla decretazione d’urgenza, poi confluito nell’art. 77 della Cost., sostenne la prospettiva «dell’impossibilità di negare al Governo la potestà di legiferare e di negare nel tempo stesso l’opportunità che la nostra legislazione costituzionale preveda l’ipotesi di disciplinare la materia dei decreti legge, anziché lasciare arbitro il Governo di andare contro la Costituzione»[15]. La condizione legittimante il ricorso del Governo ai provvedimenti provvisori con «efficacia di legge ordinaria» non fa ritenere che la necessità «possa essere interpretata come fonte del diritto in se stessa. Viceversa, penso che la necessità sia uno di quei casi in cui debbono ammettersi particolari ed eccezionali forme di produzione giuridica»[16]

Non sfuggirà che oggi, pur essendo ormai diversificati i requisiti della straordinarietà e di eccezionalità, specie perché con la categorie della necessità e l’urgenza si identificano fattispecie a diretta connotazione politica, si ripropone il tema chiave del rapporto fra esecutivo e legislativo, momento del quale il fenomeno rilevante della decretazione d’urgenza non è che uno dei nodi irrisolti, fra i numerosi punti di crisi[17].

G. Codacci Pisanelli, insieme a numerosi altri costituenti, pose in Assemblea il problema della creazione di un sistema costituzionale nel quale fossero presenti strumenti giuridici adeguati a garantire lo Stato di diritto, evitando il sovvertimento dell’ordinamento e la menomazione dei principi di libertà. Egli affermava che la meta del buono Stato non era raggiungibile appieno finché non si fosse apprestato un controllo della legislazione intrinseco, oltre che estrinseco, ed auspicava che, così come erano state istituite le giurisdizioni amministrative con competenza estesa talvolta anche al merito per assicurare il raggiungimento dell’ideale della giustizia nell’amministrazione, venissero istituite anche le giurisdizioni legislative, le quali, oltre a verificare la costituzionalità delle leggi avrebbero dovuto avere una competenza di merito nuova e ancora più estesa, realizzando l’anelito della giustizia nella legislazione.

Codacci Pisanelli affermava che una Costituzione mirante a garantire il più effettivo esercizio della sovranità da parte del popolo, pur senza indulgere eccessivamente al dogma della sovranità popolare, avrebbe dovuto fare in modo che il Parlamento, eletto direttamente dal popolo, ne fosse la più completa espressione. I partiti politici, a suo avviso, avevano la massima rappresentatività rispetto al popolo, non potevano, tuttavia, pretendere di averne la rappresentanza esclusiva. Il popolo, infatti, è costituito anche da altri corpi sociali, come le associazioni professionali e i sindacati, molto importanti in un ordinamento giuridico fon dato sul lavoro. Concludeva, quindi, che si poteva accettare il bicameralismo, a condizione che una delle due Camere fosse l’assemblea dei partiti e l’altra fosse l’assemblea delle forze del lavoro e della produzione, cioè fosse formata in base alla rappresentanza delle categorie e degli interessi.

Confrontando gli interventi di Codacci Pisanelli alla Costituente con altri suoi scritti dell’epoca emerge in modo ancora più chiaro la ricchezza del suo impegno e della sua azione per ottenere una Carta costituzionale in grado di esprimere e promuovere i diritti della persona umana all’interno di uno Stato personalista e pluralista.

4. A Lecce, città barocca, è ancora vivo il ricordo di Giseppe Codacci-Pisanelli. Pochi, infatti, possono dimenticare che la nascita dell’Università degli Studi, fu fortemente voluta dall’impegno profuso dal costituzionalista e costituente Giuseppe Codacci-Pisanelli, rettore della stessa per circa vent’anni, dal 56’ al 76’[18].

Leggendo, riflettendo e meditando sulla prospettiva di un Costituente e un giurista dello spessore di Cadacci Pisanelli si spera di aver dato un contributo su come la nascita della Costituzione «non fu un qualunque compromesso o un semplice effimero espediente ma il risultato di una sinergia costruttiva che l’ottica mondiale dei recenti eventi imponeva, malgrado tutto, ai costituenti»[19]

Il presidio a difesa della Costituzione non è quello di un’ostinata tendenza a guardare al passato, chiudendosi su se stessi, ma rappresenta un punto di partenza evolvibile se fatto in modo omogeneo e con le procedure previste dalla stessa Costituzione, si da potersi adeguare sempre più alla necessità e agli sviluppi di tutta la società italiana.

D’altronde la Carta del 48’ non è stata mai considerata del tutto intoccabile ma «eventuali mutamenti vanno colti e prospettati nella loro complessità; le loro implicazioni e le loro incognite non possono essere eluse, ed è bene rifuggire -nell’ipotizzarli- da semplificazioni e miracolismi»[20]

Di recente è stato autorevolmente affermato che «una Costituzione ignorata equivale a una Costituzione abrogata»[21] e senz’altro il dubbio che oggi la Costituzione sia intesa come un romanzo d’altri tempi c’è tutto.

Con un salto nel tempo, si pensi, senza perciò meravigliarsi, che l’apporto di Giuseppe Codacci Pisanelli sui temi come il decreto legge o la questione della seconda camera, sono proprio quei temi che con cadenza ciclica ingombrano l’agenda delle innovazioni da realizzarsi in l’Italia.

Certamente riprendendo le lezioni del Maestro salentino è chiara la necessità di una rinnovata cultura politica ma anche giuridica che riaffermi il principio per il quale la produzione legislativa, e ancor di più l’eventuale revisione costituzionale, debba avvenga nel pieno rispetto e rigoroso rispetto di quanto previsto dalla stessa Costituzione.

La difficoltà richiesta per attuare grandi (e/o piccole) riforme, attese e troppo spesso frettolosamente dibattute, non può rappresentare una comoda scorciatoia per desistere dall’effettuare una programmazione seria avallata comunque da una fondamentale condivisione opportuna ed indispensabile. In caso contrario, forse, è meglio non fare. L’azzardo non compete a chi si muove sul sottile filo tracciato da articoli sui quali di fonda l’essenza del Paese Italia.

 

[1] Poi pubbl. in CODACCI-PISANELLI G., I presupposti del Costituente e la realtà attuale in Legittimità, legalità e mutamento costituzionale, (a cura di A. Tarantino), Giuffrè, Milano, 1980, p.61-62.

[2] Brevemente e in etsrema sintesi: Giuseppe Codacci Pisanelli (Roma, 28 marzo 1913Roma, 2 febbraio 1988) è stato un politico italiano (presidente dell'Unione Interparlamentare, ministro per i rapporti con il Parlamento nei governi Fanfani e Leone e sindaco di Tricase), membro dell'Assemblea costituente, Deputato e Ministro. E’ ricordato inoltre per essere stato Giurista e maestro di diritto, libero docente in Diritto Amministrativo e magistrato (pretore presso il Tribunaledi Tricase-Lecce). Costituito per suo volere il Consorzio Universitario Salentino è stato rettore della stessa 'Università del Salento.

[3]AA.VV., La Costituzione della Repubblica Italiana Illustrata con i lavori preparatori, ed. Carlo Colombo, Roma, 1948. Nella presentazione del citato volume V. E. ORLANDO scrive “i lavori preparatori hanno pur sempre una massima importanza per la interpretazione, poiché nessuno può meglio palesare, apprezzare, riconoscere le ragioni profonde che dettarono la legge, di quanto possano gli autori di essa” p. 8.

[4] Sia consentito un breve richiamo a MARZO R., Riforma della Costituzione. Il testo approvato della Commissione Affari Costituzionali del Senato del 29 maggio 2012 (Disegno di Legge Costituzionale n. 24 – abb. A) e la sua incidenza, in filodiritto.com, punto n. 5.

[5] CARLASSARE L., Nel segno della costituzione. La nostra carta per il futuro, Feltrinelli, Milano, 2012, p. 5.

[6] Su questo punto non può che rinviarsi a CODACCI-PISANELLI G., Analisi delle funzioni sovrane, Giuffrè, Milano, 1946, p. 19 e ss.

[7] CODACCI-PISANELLI G., I presupposti del Costituente e la realtà attuale op. cit., p. 60.

[8] Peraltro un particolare riferimento all’alta professionalità dei settantacinque è meglio definito in NOVACCO D., L’officina della Costituzione italiana 1943-1948, Universale Economica Feltrinelli, Milano, p.113.

[9] Atti Assemblea Costituente, seduta 28 marzo 197, p. 2615.

[10] Questo concetto è di stringente attualità per le dichiarazioni, riprese da molti mezzi di informazione, circa la paventata e presunta “rimozione” dell’art. 67 Cost..

[11] PANKIEWICZ A. W., Giuseppe Codacci Pisanelli, in La storia delle istituzione - I Rettori, AA. VV., Vetus et Nova. Cinquant’anni delle Facoltà di Magitero e Scienze della Formazione nell’Università Salentina, Università del Salento-Facoltà di Scienze della Formazione-Coordinamento Siba, Galatina 2009, p. 22.

[12] Gli interventi di G. Codacci Pisanelli sono stati definiti e distinti in interventi maggiori e minori dal prof. W. Pankiewicz  che è stato allievo ed assistente di cattedra dell’illustre Costituente.  Cfr. ivi, pp. 22-23 e ss.

[13] Su questo punto non può che rinviarsi a CODACCI-PISANELLI G., Analisi delle funzioni sovrane, Giuffrè, Milano, 1946, p. 19 e ss.

[14] cfr. PANKIEWICZ W., Codacci-Pisanelli e la Costituente, ESI, Napoli, 1995.

[15] CODACCI PISANELLI G., seduta del 17 ottobre 1947.

[16] Ivi.

[17] CUCCODORO E., Il Decreto Legge, Relazione svolta alle Giornate di studio organizzate dall’Associazione Giuseppe Codacci-Pisanelli A.S.T.R.A., in collaborazione con l’Università del Salento, l’Ordine degli Avvocati di Lecce e la Città di Tricase, Palazzo Codacci-Pisanelli, Aula Magna, Università del Salento, Lecce; Castello Gallone, Sala del Trono, Tricase, Lecce-Tricase, 27-28 novembre 2009, pubbl. in Nuova Rassegna, n.1/2010, anno 84°, Noccioli editore, Firenze, punto n. 7.

[18] MINECCIA F., SOMAINI F., BARBAGALLO S., Vetus et nova. Cinquant’anni di Magistero e Scienze della Formazione, in AA. VV., Vetus et Nova. Cinquant’anni delle Facoltà di Magitero e Scienze della Formazione nell’Università Salentina, Università del Salento-Facoltà di Scienze della Formazione-Coordinamento Siba, Galatina 2009, p. 347-8, (disponibile anche on line: http://siba2.unile/ese).

[19] DOSSETTI G., Il patriottismo della Costituzione, «Segno Sette», 25 giugno 1995, n. 24, pp. 3-5. Poi pubblicato in AA.VV., L’eredità della Costituzione, AVE, Roma 1998, p. 138 e ss.

[20] NAPOLITANO G., Discorso del Presidente della Repubblica nella seduta comune del Parlamento in occasione del 60° anniversario della Costituzione, Roma - Camera dei Deputati, 23 gennaio 2008. Pubbl.

[21] ZAGREBELSKY G., Si può amare la nostra  Costituzione?, «la Repubblica», 22 dicembre 2012, p. 33.

1. «La nostra Carta costituzionale vigente ha superato ormai i trenta anni, pur avendo subito qualche modifica di scarso rilievo, anche se diviene sempre più urgente la necessità di sostanziali innovazioni, specialmente per quanto riguarda il Parlamento»[1].

Correva l’anno 1978 quando Giuseppe Codacci Pisanelli[2] nella relazione introduttiva al convegno di studi tenutosi a Como sui trenta anni della Costituzione spiegò con il pensiero appena trascritto le impellenze con le quali l’Italia avrebbe dovuto fare i conti per avviarsi a divenire una democrazia matura.

Si converrà nel ritenere tale riflessione di stingente attualità ancora oggi spiegando con ciò la necessità del proposto ‘pensiero costituzionale’ in lettura.

Invero, qualsiasi scritto che abbia la pretesa di intervenire sul dibattito inerente la Costituzione si presenterebbe monco ed incompiuto se non adeguatamente sorretto da taluni insegnamenti tramandati da insigni maestri del diritto i quali hanno consegnato a tutti gli italiani, studiosi e non, un’eredità da custodire e, per quanto possibile, tramandare[3].

A venticinque anni dalla morte di G. Codacci Pisanelli, chi scrive, con sommesso rispetto, crede opportuno avvalersi di tale ricorrenza affinché, oltre alle necessarie commemorazioni, tale anniversario possa servire a stimolare tutti i giuristi (e non solo) a riflettere con più vigore sulla Carta fondamentale anche in considerazione delle insistenti, ridondanti ed approssimative ipotesi di riforma che in tempi recenti sono state incautamente paventate [4].

Certamente oltre alla difficoltà insite nell’analisi generale del testo Costituzionale, si aggiunge l’ulteriore e ben più complesso limite di affiancare la prospettiva del pensiero giuridico e dell’intendimento costituzionale di G. Codacci Pisanelli.

Riflettere su alcune vicende costituzionali con lo mente protesa all’insegnamenti del Codacci Pisanelli rappresenta, senza dubbio alcuno, un compito troppo oneroso, specie se chi muove la penna appartiene ad una generazione distante anagraficamente dagli anni in cui l’illustre membro della Assemblea costituente ha proferito illuminanti teorie.

A parziale scusante di ogni possibile omissione del contributo in lettura, è la personale convinzione, poc’anzi accennata, circa la ormai impellente necessità di tornare a riflettere sulla legge fondamentale per rendere l’Italia un paese, per quanto possibile, credibile.

Pertanto, al fine di dare seguito a quanto appena detto, l’obiettivo proposto è quello di smuovere le torpide acque nelle quali è caduta la Costituzione Italiana mediate un parallelismo teorico e d’indagine tra l’insegnamenti di Giuseppe Codacci Pisanelli e le contingenze di alcune vicende politico-istituzionali.

2. L’esito catastrofico delle recenti consultazioni elettorali e la derivante incertezza circa la governabilità, spinge cronisti ed addetti ai lavori ad auspicare, con urgenza, riforme di vario genere. In tutto questo frastuono la Costituzione è fatta oggetto di «continui attacchi condotti in modo continuo e sguaiato»[5] sicché sarebbe opportuno, prima di qualsiasi altro dibattito, riflettere con maggior cognizione sui centotrentanove articoli della Carta fondante per non scivolare in facili semplificazioni, utili solo nel breve periodo.

Sembrano ormai lontanissimi gli anni in cui Giuseppe Codacci Pisanelli giudice, docente universitario, membro dell’Assemblea Costituente, ministro della Repubblica, partecipando attivamente alle fasi preliminari di studio della Carta del 1948 sosteneva che «la realtà è troppo complessa, perché ogni teoria possa contenerla»[6], lasciando così trasparire una giusta preoccupazione per il gravoso compito di dare all’Italia la sua legge fondamentale.

Infatti Codacci Pisanelli dalla privilegiata posizione del giurista di alto livello, aveva ben chiara la difficoltà di redigere un testo che si prefiggeva di proiettarsi nella quotidianità di tutti gli italiani perciò con la puntualità del pensatore illuminato e l’innata dedizione allo studio del diritto, sosteneva che «i legislatori umani, compresi quelli costituenti, rispecchiano e non creano le situazioni delle epoche storiche in cui vivono…se intendono svolgere opera duratura debbono tradurre in iscritto principi e regole di una collettività umana, delineando le strutture fondamentali del suo ordinamento giuridico, quasi fotografandolo».[7]

Dal particolare punto di osservazione del giurista è di plateale riscontro la sofferenza dell’odierna società che piange ancora oggi le mancate iniziative di rinnovamento e di riforme di vario genere. Infatti non v’è osservatore libero e pensante che non registri l’esistenza di un gioco al massacro che negli anni ha visto il Parlamento italiano proteso ad introdurre riforme (o pseudo tali) a colpi di maggioranza sfociate poi nell’ovvio ostruzionismo delle minoranze.

Quindi, come sempre, la volontà di difendere spiccioli di interessi di parte.

Ciò detto allora pare opportuno richiamare il monito con il quale Codacci Pisanelli, concludendo il primo intervento in seno all’Assemblea Costituente, specificò il ruolo dei giuristi in seno all’assemblea Costituente[8] sostenendo che «molte conquiste sociali sono dovute ai giuristi, i quali anche lontani dalla vita normale, perché spesso rinchiusi nelle biblioteche, non cessano di rappresentare un anelito verso quella ricerca della verità che per loro è la giustizia di cui non debbono mai dimenticarsi, anche se preoccupati soprattutto di stabilir la certezza»[9].

Nell’odierno scenario istituzionale si nota invece la presenza, per certi aspetti anonima, di taluni rappresentanti eletti che ratificano scelte legislative idonee a mutare le regole della democrazia in base alla convenienza del tempo, sicché non pare azzardato ripensare con Codacci Pisanelli a quei valori della certezza del diritto ed aspirazione alla giustizia che richiederebbero però uno sforzo nuovo e duraturo per stabilire un improcrastinabile ordine istituzionale e, di riflesso, sociale.

La Costituzione in questo momento storico sembra rappresentare un testo desueto specie perché molto spesso si preferisce, per comodità o convenienza, piegarla ad interessi di parte immaginando di rimuovere[10] uno o più articoli che non collimino con la propria visione.

Spentisi gli echi della recente campagna elettorale e dello strisciante populismo che tanto sembra appagare il cittadino italiano, non sembrerà inutile insistere col rilancio della Costituzione repubblicana quale lente di ingrandimento per leggere la realtà e risolvere l’evidente empasse istituzionale.

Il riferimento tenace e costante ad alcuni principi puri del diritto non è per nulla scontato poiché si avverte, con ovvia preoccupazione, che i principi fondamentali dello Stato sono considerati come un’eredità scomoda, a cui volentieri si rinuncerebbe.

3. Il pensiero giuridico di G. Codacci Pisanelli, che ha particolarmente inciso in seno all’Assemblea Costituente, prendeva le mosse, come noto, dalla scuola italiana di diritto pubblico ispirata da Santi Romano rimanendo, fino agli ultimi giorni della sua vita terrena, il più raffinato esponente. Non a caso Codacci Pisanelli ha sempre parlato di «virtù unificatrice della scuola giuspubblicistica italiana», evidenziando il notevole apporto degli studiosi del diritto pubblico italiano alla formulazione della vigente Carta Costituzionale[11].

Il giurista tende, per innata naturalezza, ad essere affascinato dalle ipotesi di limitazione del potere al fine di poter garantire, con maggior immanenza, le libertà individuali e collettive, e proprio questa prospettiva emerge dagli scritti dottrinali e dagli interventi di Codacci Pisanelli annotati in Commissione dei 75.

Tre sono stati gli argomenti sostenuti con particolare vigore da G. Codacci Pisanelli in seno all’Assemblea Costituente e che hanno lasciato tracce importanti nel dibattito e nella stesura definitiva della Carta costituzionale. Il riferimento è ad alcuni interventi maggiori[12] relativi al decreto legge, all’ istituzione della Corte Costituzionale e, per finire, all’opportunità di una diversificazione del sistema del bicamerale.

Con riferimento al decreto legge, ancora oggi tema di scontro dottrinale, Codacci-Pisanelli già nella monografia Analisi delle strutture sovrane aveva sostenuto che tale strumento doveva aveva la funzione di adeguare l’ordinamento giuridico alle repentine evoluzioni della situazione sociale e che esso doveva essere previsto «come valido strumento tecnico per garantire la certezza preventiva del diritto»[13].

Egli in Assemblea Costituente spiegò, con una ineguagliabile finezza giuridica, l’esistenza di una certa analogia tra il diritto e il linguaggio e quindi sulla necessità di prevedere nella Costituzione il decreto legge per consentire al legislatore di svolgere la sua funzione politico-legislativa di regolamentare la realtà sociale con forme particolari ed eccezionali di produzione giuridica, nel caso urgenze sociali lo dovessero richiedere[14].

Con riferimento alla decretazione d’urgenza, poi confluito nell’art. 77 della Cost., sostenne la prospettiva «dell’impossibilità di negare al Governo la potestà di legiferare e di negare nel tempo stesso l’opportunità che la nostra legislazione costituzionale preveda l’ipotesi di disciplinare la materia dei decreti legge, anziché lasciare arbitro il Governo di andare contro la Costituzione»[15]. La condizione legittimante il ricorso del Governo ai provvedimenti provvisori con «efficacia di legge ordinaria» non fa ritenere che la necessità «possa essere interpretata come fonte del diritto in se stessa. Viceversa, penso che la necessità sia uno di quei casi in cui debbono ammettersi particolari ed eccezionali forme di produzione giuridica»[16]

Non sfuggirà che oggi, pur essendo ormai diversificati i requisiti della straordinarietà e di eccezionalità, specie perché con la categorie della necessità e l’urgenza si identificano fattispecie a diretta connotazione politica, si ripropone il tema chiave del rapporto fra esecutivo e legislativo, momento del quale il fenomeno rilevante della decretazione d’urgenza non è che uno dei nodi irrisolti, fra i numerosi punti di crisi[17].

G. Codacci Pisanelli, insieme a numerosi altri costituenti, pose in Assemblea il problema della creazione di un sistema costituzionale nel quale fossero presenti strumenti giuridici adeguati a garantire lo Stato di diritto, evitando il sovvertimento dell’ordinamento e la menomazione dei principi di libertà. Egli affermava che la meta del buono Stato non era raggiungibile appieno finché non si fosse apprestato un controllo della legislazione intrinseco, oltre che estrinseco, ed auspicava che, così come erano state istituite le giurisdizioni amministrative con competenza estesa talvolta anche al merito per assicurare il raggiungimento dell’ideale della giustizia nell’amministrazione, venissero istituite anche le giurisdizioni legislative, le quali, oltre a verificare la costituzionalità delle leggi avrebbero dovuto avere una competenza di merito nuova e ancora più estesa, realizzando l’anelito della giustizia nella legislazione.

Codacci Pisanelli affermava che una Costituzione mirante a garantire il più effettivo esercizio della sovranità da parte del popolo, pur senza indulgere eccessivamente al dogma della sovranità popolare, avrebbe dovuto fare in modo che il Parlamento, eletto direttamente dal popolo, ne fosse la più completa espressione. I partiti politici, a suo avviso, avevano la massima rappresentatività rispetto al popolo, non potevano, tuttavia, pretendere di averne la rappresentanza esclusiva. Il popolo, infatti, è costituito anche da altri corpi sociali, come le associazioni professionali e i sindacati, molto importanti in un ordinamento giuridico fon dato sul lavoro. Concludeva, quindi, che si poteva accettare il bicameralismo, a condizione che una delle due Camere fosse l’assemblea dei partiti e l’altra fosse l’assemblea delle forze del lavoro e della produzione, cioè fosse formata in base alla rappresentanza delle categorie e degli interessi.

Confrontando gli interventi di Codacci Pisanelli alla Costituente con altri suoi scritti dell’epoca emerge in modo ancora più chiaro la ricchezza del suo impegno e della sua azione per ottenere una Carta costituzionale in grado di esprimere e promuovere i diritti della persona umana all’interno di uno Stato personalista e pluralista.

4. A Lecce, città barocca, è ancora vivo il ricordo di Giseppe Codacci-Pisanelli. Pochi, infatti, possono dimenticare che la nascita dell’Università degli Studi, fu fortemente voluta dall’impegno profuso dal costituzionalista e costituente Giuseppe Codacci-Pisanelli, rettore della stessa per circa vent’anni, dal 56’ al 76’[18].

Leggendo, riflettendo e meditando sulla prospettiva di un Costituente e un giurista dello spessore di Cadacci Pisanelli si spera di aver dato un contributo su come la nascita della Costituzione «non fu un qualunque compromesso o un semplice effimero espediente ma il risultato di una sinergia costruttiva che l’ottica mondiale dei recenti eventi imponeva, malgrado tutto, ai costituenti»[19]

Il presidio a difesa della Costituzione non è quello di un’ostinata tendenza a guardare al passato, chiudendosi su se stessi, ma rappresenta un punto di partenza evolvibile se fatto in modo omogeneo e con le procedure previste dalla stessa Costituzione, si da potersi adeguare sempre più alla necessità e agli sviluppi di tutta la società italiana.

D’altronde la Carta del 48’ non è stata mai considerata del tutto intoccabile ma «eventuali mutamenti vanno colti e prospettati nella loro complessità; le loro implicazioni e le loro incognite non possono essere eluse, ed è bene rifuggire -nell’ipotizzarli- da semplificazioni e miracolismi»[20]

Di recente è stato autorevolmente affermato che «una Costituzione ignorata equivale a una Costituzione abrogata»[21] e senz’altro il dubbio che oggi la Costituzione sia intesa come un romanzo d’altri tempi c’è tutto.

Con un salto nel tempo, si pensi, senza perciò meravigliarsi, che l’apporto di Giuseppe Codacci Pisanelli sui temi come il decreto legge o la questione della seconda camera, sono proprio quei temi che con cadenza ciclica ingombrano l’agenda delle innovazioni da realizzarsi in l’Italia.

Certamente riprendendo le lezioni del Maestro salentino è chiara la necessità di una rinnovata cultura politica ma anche giuridica che riaffermi il principio per il quale la produzione legislativa, e ancor di più l’eventuale revisione costituzionale, debba avvenga nel pieno rispetto e rigoroso rispetto di quanto previsto dalla stessa Costituzione.

La difficoltà richiesta per attuare grandi (e/o piccole) riforme, attese e troppo spesso frettolosamente dibattute, non può rappresentare una comoda scorciatoia per desistere dall’effettuare una programmazione seria avallata comunque da una fondamentale condivisione opportuna ed indispensabile. In caso contrario, forse, è meglio non fare. L’azzardo non compete a chi si muove sul sottile filo tracciato da articoli sui quali di fonda l’essenza del Paese Italia.

 

[1] Poi pubbl. in CODACCI-PISANELLI G., I presupposti del Costituente e la realtà attuale in Legittimità, legalità e mutamento costituzionale, (a cura di A. Tarantino), Giuffrè, Milano, 1980, p.61-62.

[2] Brevemente e in etsrema sintesi: Giuseppe Codacci Pisanelli (Roma, 28 marzo 1913Roma, 2 febbraio 1988) è stato un politico italiano (presidente dell'Unione Interparlamentare, ministro per i rapporti con il Parlamento nei governi Fanfani e Leone e sindaco di Tricase), membro dell'Assemblea costituente, Deputato e Ministro. E’ ricordato inoltre per essere stato Giurista e maestro di diritto, libero docente in Diritto Amministrativo e magistrato (pretore presso il Tribunaledi Tricase-Lecce). Costituito per suo volere il Consorzio Universitario Salentino è stato rettore della stessa 'Università del Salento.

[3]AA.VV., La Costituzione della Repubblica Italiana Illustrata con i lavori preparatori, ed. Carlo Colombo, Roma, 1948. Nella presentazione del citato volume V. E. ORLANDO scrive “i lavori preparatori hanno pur sempre una massima importanza per la interpretazione, poiché nessuno può meglio palesare, apprezzare, riconoscere le ragioni profonde che dettarono la legge, di quanto possano gli autori di essa” p. 8.

[4] Sia consentito un breve richiamo a MARZO R., Riforma della Costituzione. Il testo approvato della Commissione Affari Costituzionali del Senato del 29 maggio 2012 (Disegno di Legge Costituzionale n. 24 – abb. A) e la sua incidenza, in filodiritto.com, punto n. 5.

[5] CARLASSARE L., Nel segno della costituzione. La nostra carta per il futuro, Feltrinelli, Milano, 2012, p. 5.

[6] Su questo punto non può che rinviarsi a CODACCI-PISANELLI G., Analisi delle funzioni sovrane, Giuffrè, Milano, 1946, p. 19 e ss.

[7] CODACCI-PISANELLI G., I presupposti del Costituente e la realtà attuale op. cit., p. 60.

[8] Peraltro un particolare riferimento all’alta professionalità dei settantacinque è meglio definito in NOVACCO D., L’officina della Costituzione italiana 1943-1948, Universale Economica Feltrinelli, Milano, p.113.

[9] Atti Assemblea Costituente, seduta 28 marzo 197, p. 2615.

[10] Questo concetto è di stringente attualità per le dichiarazioni, riprese da molti mezzi di informazione, circa la paventata e presunta “rimozione” dell’art. 67 Cost..

[11] PANKIEWICZ A. W., Giuseppe Codacci Pisanelli, in La storia delle istituzione - I Rettori, AA. VV., Vetus et Nova. Cinquant’anni delle Facoltà di Magitero e Scienze della Formazione nell’Università Salentina, Università del Salento-Facoltà di Scienze della Formazione-Coordinamento Siba, Galatina 2009, p. 22.

[12] Gli interventi di G. Codacci Pisanelli sono stati definiti e distinti in interventi maggiori e minori dal prof. W. Pankiewicz  che è stato allievo ed assistente di cattedra dell’illustre Costituente.  Cfr. ivi, pp. 22-23 e ss.

[13] Su questo punto non può che rinviarsi a CODACCI-PISANELLI G., Analisi delle funzioni sovrane, Giuffrè, Milano, 1946, p. 19 e ss.

[14] cfr. PANKIEWICZ W., Codacci-Pisanelli e la Costituente, ESI, Napoli, 1995.

[15] CODACCI PISANELLI G., seduta del 17 ottobre 1947.

[16] Ivi.

[17] CUCCODORO E., Il Decreto Legge, Relazione svolta alle Giornate di studio organizzate dall’Associazione Giuseppe Codacci-Pisanelli A.S.T.R.A., in collaborazione con l’Università del Salento, l’Ordine degli Avvocati di Lecce e la Città di Tricase, Palazzo Codacci-Pisanelli, Aula Magna, Università del Salento, Lecce; Castello Gallone, Sala del Trono, Tricase, Lecce-Tricase, 27-28 novembre 2009, pubbl. in Nuova Rassegna, n.1/2010, anno 84°, Noccioli editore, Firenze, punto n. 7.

[18] MINECCIA F., SOMAINI F., BARBAGALLO S., Vetus et nova. Cinquant’anni di Magistero e Scienze della Formazione, in AA. VV., Vetus et Nova. Cinquant’anni delle Facoltà di Magitero e Scienze della Formazione nell’Università Salentina, Università del Salento-Facoltà di Scienze della Formazione-Coordinamento Siba, Galatina 2009, p. 347-8, (disponibile anche on line: http://siba2.unile/ese).

[19] DOSSETTI G., Il patriottismo della Costituzione, «Segno Sette», 25 giugno 1995, n. 24, pp. 3-5. Poi pubblicato in AA.VV., L’eredità della Costituzione, AVE, Roma 1998, p. 138 e ss.

[20] NAPOLITANO G., Discorso del Presidente della Repubblica nella seduta comune del Parlamento in occasione del 60° anniversario della Costituzione, Roma - Camera dei Deputati, 23 gennaio 2008. Pubbl.

[21] ZAGREBELSKY G., Si può amare la nostra  Costituzione?, «la Repubblica», 22 dicembre 2012, p. 33.