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Dalla speranza alla dignità, verso una Presidenza “originale”

Sergio Mattarella
Sergio Mattarella

C’è un filo trasparente che unisce i due mandati presidenziali di Sergio Mattarella: si tratta del volontario ricorso a parole-chiave caratterizzanti il percorso settennale. Il messaggio del Presidente della Repubblica al Parlamento nel giorno del primo giuramento (avvenuto il 3 febbraio 2015) ruota intorno alla “speranza”.

La scelta di fondare il messaggio su tale termine prende le mosse dal contesto storico di riferimento, segnato dalla profonda crisi socio-economica in cui l’Italia versava. Come osservato dallo stesso Presidente, la lunga crisi ha inferto profonde ferite al tessuto sociale del Paese, ponendo in difficoltà il sistema produttivo; la medesima, altresì, ha generato nuove povertà (specialmente nel Meridione), producendo emarginazione e solitudine.

Il passaggio più significativo di tale messaggio, dunque, risiede nella vicinanza delle istituzioni ai cittadini; l’iter di riscatto – nell’ottica del Presidente Mattarella – deve iniziare dalle aule di Camera e Senato, richiedendo un app

orto positivo ad ogni parlamentare che “non è espressione di un segmento di società o di interessi particolari”, ma posto al servizio esclusivo della Nazione. Tale circostanza costituisce la “condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni”; pertanto, la politica deve essere intesa come “servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti”. Dal messaggio lucido e chiaro del Capo dello Stato si coglie un aspetto di notevole rilievo: egli rivestirà il ruolo di “garante” della Costituzione e non di “arbitro”, ponendosi al di sopra di tutte le forze politiche.

Quanto appena sostenuto trova conferma nel corso della emergenza sanitaria: egli ritiene di avere il puntuale dovere di non circoscrivere e di non estendere la sfera di attribuzioni conferitagli dalla Costituzione e dalla legge (“non esistono motivazioni contingenti possano giustificare l’alterazione della attribuzione dei compiti operata dalla Costituzione: qualunque arbitrio compiuto in nome di presunte buone ragioni aprirebbe ad altri arbitri, per cattive ragioni”. In concreto, il drammatico scenario pandemico ha accentuato l’importanza rivestita in Italia da un Presidente super partes, avente una funzione di stimolo e di moderazione nei confronti degli altri poteri.

Nel corso del primo settennato, la centralità del Capo dello Stato è emersa proprio in virtù del rispetto ereditato verso la Costituzione: il Presidente raggiunge l’obiettivo prefissato, divenendo il principale punto di riferimento delle istituzioni e dell’intera società civile.

Il secondo mandato di Sergio Mattarella, invece, è fondato sulla “dignità”, o meglio, sulle varie sfumature di quella che viene definita la pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile. Tale passo è decisivo per evidenziare la netta distanza tra il primo ed il secondo mandato: il Presidente Mattarella – ancora una volta – sollecita l’impegno di tutti gli attori nazionali; tuttavia, in tale occasione, l’intento perseguito è quello di ridare restituire dignità ai giovani, alle donne, agli anziani e ai migranti.

In tale sede, si vuole porre l’accento su un eventuale “scambio” di termini: alla luce dei recenti tragici avvenimenti (conflitto Russo-Ucraina), la “speranza” sembra prevalere sulla “dignità”. In realtà, il ricorso a quest’ultimo principio da parte del Capo dello Stato non è casuale.

Come risaputo in dottrina, la definizione di tale concetto risulta complessa, in ragione di una sua indiscutibile vaghezza. Sul piano costituzionale, la dignità compare in molteplici disposizioni; in talune di esse, il richiamo avviene in modo esplicito; in altri casi, il riferimento è indiretto; infine, non mancano situazioni in cui il nesso viene ricavato in via interpretativa.

Al contempo, è opportuno marcare come la Costituzione non abbia enunciato solennemente il concetto in esame; tale mancanza potrebbe essere imputata alla complessità dello stesso.

La necessità di una consacrazione del principio non era avvertita in Assemblea Costituzione – a parere di chi scrive – per via di una ragione più elementare: la dignità è un modo di essere della persona, che si sostanzia in quel principio personalista costituente uno dei pilastri cardinali della Costituzione. Occorre considerare che la dignità è stata intesa in modi diversi dalla giurisprudenza; tuttavia, essi risultano accomunati nel ricollegare la stessa all’essenza dell’essere umano.

È sufficiente prendere atto dei prossimi appuntamenti del Presidente per comprendere il motivo del forte richiamo alla “dignità”: a distanza di poco più di un mese dall’elezione del 29 gennaio, parte un tour contraddistinto da un’impronta sociale.

Tra le prime tappe, Norcia e Corviale, territori in cui si ravvisano evidenti disuguaglianze, che non sono il prezzo da pagare alla crescita, bensì il freno per ogni prospettiva reale di crescita.

Una visione abbracciata da Sir Ronald Cohen, autore del bestseller Impact, per il quale le parole del Presidente devono essere concepite in un senso più ampio del solo richiamo all’azione di governo.

In conclusione, l’elezione del dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana presenta tratti originali, per via non tanto del peculiare periodo storico e della dispersione politica, quanto invece per l’elevata attenzione riposta dal Capo dello Stato ai valori costituzionali.