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DASPO urbano ampliato: la reazione legislativa al caso Willy

Caso willy
Caso willy

Abstract

“Ius est factum”: il factum da cui trae origine l’inasprimento del regime sanzionatorio del delitto di rissa e l’estensione dei poteri del questore nell’applicazione del daspo urbano è la tragica vicenda avvenuta a Colleferro, nella notte tra il 5 e il 6 settembre scorso, in cui ha perso la vita Willy Monteiro Duarte, un ventunenne ucciso brutalmente da quattro co-rissanti del luogo già noti alle forze dell’ordine.

 

Indice:

1.La morte del giovane Willy

2. Modifiche all’articolo 588 del codice penale ai sensi dell’articolo 10 del Decreto-legge numero 130 del 2020

3. Il potenziamento del “daspo urbano” introdotto dall’articolo 11 del Decreto-legge numero 130 del 2020: incremento dei poteri del questore e destinatari del divieto

4. Operatività del summenzionato articolo 11

5. Considerazioni conclusive

 

1. La morte del giovane Willy

Il movente della rissa nella quale Willy ha perso la vita sarebbe riconducibile ad un like sulla foto di una ragazza, postata sui social network da un amico del giovane.

Secondo quanto emerge dalle risultanze probatorie, i quattro imputati di Artena si sarebbero avvicinati con fare minaccioso all’amico della vittima, per poi dare inizio alla rissa. L’intervento di Willy per placare gli animi e difendere il suo amico è risultato fatale: come si legge dal capo di imputazione, i ragazzi lo avrebbero massacrato di botte cagionandogli la morte “con atti diretti a percuotere o provocare lesioni al medesimo colpendolo con pugni e calci al capo e al corpo, provocandone la caduta a terra con conseguente arresto cardiocircolatorio”.

Il reato contestato ai quattro giovani è quello di cui all’articolo 110, 584, 577, comma 1 numero 4 (in relazione all’articolo 61 numero 1), 61 numero 5 del codice penale.

All’indignazione è seguito il Decreto-legge numero 130 del 2020 (noto altresì come Decreto sicurezza, “disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale”) approvato il 5 ottobre 2020 ed entrato in vigore il 22 ottobre 2020, un mese dopo la morte del ragazzo. Il Decreto Sicurezza pone l’attenzione anche sul tragico fatto di cronaca.

Nello specifico, gli articoli 10 e 11 del Decreto si occupano rispettivamente della modifica del reato di rissa ai sensi dell’articolo 588 del codice penale e dell’introduzione di un divieto di accesso agli esercizi pubblici e di pubblico intrattenimento per alcune categorie di soggetti: in quest’ultimo caso, si tratta di un potenziamento del daspo urbano già enucleato dalla Legge numero 48 del 2017, rinominato dalla stampa “norma Willy”.

 

2. Modifiche all’articolo 588 del codice penale ai sensi dell’articolo 10 del Decreto-legge numero 130 del 2020

Ai sensi dell’articolo 10 del Decreto Sicurezza viene inasprito il trattamento sanzionatorio in virtù del quale oggi chiunque partecipa ad una rissa è punito con la multa fino a 2.000,00 euro (a fronte della precedente pena pecuniaria pari ad 309,00 euro); viene altresì modificata la pena detentiva prevista al secondo comma, che prevedeva il regime carcerario per un minimo di 3 mesi fino ad un massimo edittale di 5 anni.

Oggi, nel caso in cui taluno dovesse ferirsi, o morisse a causa della rissa, è prevista la pena della reclusione da 6 mesi a 6 anni.

Preme inoltre aggiungere che l’aggravante prevista al secondo comma dell’articolo 588 viene posta a carico di tutti i partecipanti indifferentemente, “per il solo fatto della partecipazione” alla rissa. Ciò significa che, nel caso in cui taluno rimane ucciso o riporta lesione personale (anche lieve o lievissima), l’aggravante sarà posta a carico di ciascun partecipante senza possibilità di distinguo tra i ruoli attivi o passivi nel reato.

 

3. Il potenziamento del “daspo urbano” introdotto dall’articolo 11 del Decreto-legge numero 130 del 2020: incremento dei poteri del questore e destinatari del divieto

L’articolo 11 del Decreto in esame rappresenta la più rilevante novità in termini di sicurezza, poiché conferisce al questore il potere di vietare l’accesso a locali di intrattenimento e pubblici servizi nei confronti di coloro che siano già noti per atti di violenza, di aggressioni e per coloro che “abbiano riportato una o più denunce o una condanna non definitiva, nel corso degli ultimi tre anni, relativamente alla vendita o alla cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope (...), per fatti commessi all'interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico, ovvero in uno dei pubblici esercizi di cui all'articolo 5 della legge 25 agosto 1991, n. 287 (...)”, “il questore, valutati gli elementi derivanti dai provvedimenti dell'Autorità giudiziaria e sulla base degli accertamenti di polizia, può disporre, per ragioni di sicurezza, il divieto di accesso agli stessi locali o a esercizi analoghi, specificamente indicati, ovvero di stazionamento nelle immediate vicinanze degli stessi.”.

Gli esercizi pubblici cui fa riferimento l’articolo 11 riguardano quelli di ristorazione, di somministrazione di qualsiasi tipo di bevande, pasticcerie, gelaterie, bar ed esercizi similari; sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi affini.

Tali divieti valgono inoltre “nei confronti delle persone denunciate, negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale, qualora dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza, il Questore può disporre il divieto di accesso a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i predetti reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati (...)”.

Questa misura si estende anche nei confronti dei soggetti condannati, anche con sentenza non definitiva, per taluno dei predetti reati e per coloro che, sempre per gli stessi reati, sono stati posti in stato di arresto o fermo convalidato dall’Autorità giudiziaria.

Si specifica infine che “In ogni caso, la misura disposta dal 1uestore, ai sensi dei commi 1 e 1-bis, ricomprende anche il divieto di stazionamento nelle immediate vicinanze dei pubblici esercizi e dei locali di pubblico trattenimento ai quali è vietato l'accesso.”

Il raggio di operatività del potere del questore è dunque assai ampio e mira a tutelare la pubblica sicurezza nei confronti di diverse categorie di soggetti, la cui pericolosità deve essere avvalorata da elementi oggettivi e giammai sulla base del solo sospetto.

È previsto altresì un severo regime sanzionatorio in caso di violazione del suddetto divieto: reclusione da 6 mesi a 2 anni e a multa da 8.000 a 20.000 euro.

 

4. Operatività del summenzionato articolo 11

È stato il questore di Campobasso ad adottare per primo il daspo urbano: i destinatari del divieto sono stati due uomini che avevano commesso atti violenti verso il titolare di un autolavaggio. Il questore ha impedito loro di accedere ai locali di tutta la provincia di Isernia per la durata di 12 e 14 mesi ciascuno.

A distanza di pochi giorni, lo stesso questore ha fatto scattare il divieto nei confronti di due ragazze romene gravate da misura cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari per spaccio di sostanze stupefacenti all’interno di un locale notturno della zona: le due ragazze non potranno accedere per tre anni nel locale in cui è avvenuto il fatto e in tutti gli esercizi analoghi della provincia di Isernia.

È toccato poi al questore di Milano dare tempestiva applicazione a questa nuova forma di misura preventiva nei confronti di un uomo trentasettenne con numerosi precedenti penali e di polizia per gravissimi reati contro la persona e il patrimonio: il questore gli ha vietato di fare accesso, per due anni, a tutti i locali di Milano nei quali sono installate slot machine e videolottery.

Il caso di Milano risulta interessante, perché mette in evidenza quanto tale divieto possa essere “particolareggiato”: il soggetto destinatario aveva difatti aggredito brutalmente il titolare di una sala slot dopo aver subìto una perdita di gioco e consumato un’ingente quantità di alcolici. A seguito di tali fatti, era stato fermato e arrestato per rapina aggravata, tortura, sequestro di persona e danneggiamento; il questore ha adottato il daspo al fine di evitare nuove aggressioni derivanti dal consumo di alcool e dal gioco d’azzardo.

Infine, a Caltanissetta il questore ha emesso il daspo urbano nei confronti di nove soggetti che si erano resi responsabili di una rissa con tentato omicidio nel bar della stazione ferroviaria per futili motivi.

 

5. Considerazioni conclusive

Risulta chiaro come questa nuova veste del daspo urbano da un lato si sostanzi in un ampliamento degli elementi di valutazione da parte del questore, necessari per l’applicazione della misura. Inoltre, è bene evidenziare quanto l’istituto del daspo si sia esteso nel corso del tempo: concepito inizialmente come una misura preventiva volta ad evitare l’accesso ai soggetti potenzialmente pericolosi (che si erano resi responsabili di disordini e aggressioni) ad eventi calcistici, è stato successivamente adattato alla vita urbana, per prevenire situazioni di pericolo per la sicurezza pubblica al di fuori dei contesti sportivi, con la Legge 18 aprile 2017, approvata dal Governo Gentiloni.

Il Decreto-legge numero 130 del 2020 si pone dunque in una posizione di continuità con la legge numero 48 del 2017, che aveva introdotto “misure a tutela del decoro di particolari luoghi” volte a tutelare e contrastare tutti quei fenomeni di degrado urbano (quali ad esempio campeggi non autorizzati, comportamenti molesti, accattonaggio, ubriachezza) nei confronti di coloro i quali aveva riportato condanne con sentenza definitiva o confermate in appello per reati di vendita e/o cessione di sostanze stupefacenti, ubriacatezza violenta e atti contrari alla pubblica decenza per fatti commessi all’interno o nelle vicinanze di scuole, università, presidi ospedalieri e locali pubblici.

Con il Decreto-legge del 2020 invece non occorre più aver riportato una condanna definitiva o similarmente confermata in grado di appello: basta anche una semplice denuncia (ovviamente suffragata da elementi oggettivi), un arresto o fermo convalidato dall’Autorità Giudiziaria per far scattare il divieto di avvicinamento e stanziamento.

L’inasprimento del regime sanzionatorio previsto per il reato di rissa e il potenziamento dei poteri del questore sembrerebbero dunque essere strumenti utili per evitare il ripetersi di episodi drammatici come quello di Colleferro e prevenirli.

A tal proposito, il legale della famiglia della vittima ha tuttavia espresso perplessità: “La famiglia di Willy vuole una pena certa e giustizia. Come avvocato non credo che legiferare in emergenza sia la cosa più saggia. Già adesso ci sono norme severe ma bisogna far sì che le pene siano espiate e abbiano funzione educativa. Bisognerebbe valutare perché episodi del genere si verificano e a chi sono ascrivibili”.