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Diritto sportivo: ripescaggio o riammissione? Una questione irrisolta. Il caso Novara

L’estate che sta finendo ci ha consegnato l’ennesima controversia legata all’ambito calcistico. Questa volta non si parla di illeciti, problemi finanziari, mancanza dei requisiti di partecipazione al campionato di competenza, bensì della sottile differenza tra l’istituto del ripescaggio e quello della riammissione. Discrimine che non si trova in alcuna norma del diritto sportivo, e per questo necessariamente legata all’opera dell’interprete.

La questione non è puramente accademica, poiché va ad incidere, in caso di vacanza degli organici, sulla succedanea attività dell’integrazione dei medesimi.

La confusione terminologica tra i due istituti, peraltro, è anche alimentata dall’uso indifferenziato degli stessi da parte degli stessi organi federali. Ad esempio, in alcuni comunicati ufficiali dei regionali comitati della FIGC sono indicati i criteri per presentare la domanda di ammissione o di riammissione ad un campionato. Ma lo stesso Collegio di Garanzia del Coni con l’Ordinanza n. 25/2014, con la quale respinge il ricorso del Novara calcio, non aiuta certo a fare chiarezza ove afferma (pag.2 dell’Ordinanza) che “l’integrazione non costituisce attività di ripescaggio”. Ma l’integrazione è solo l’opera di completamento dell’organico vacante di un campionato, e quindi cambiare, sotto il profilo soggettivo, a seconda che si applichi l’istituto della riammissione o del ripescaggio.

Una confusione che non era presente nell’Ordinanza n. 24/2015 del medesimo organo con la quale si accoglieva il ricorso del Novara contro la delibera del Consiglio Federale che prevedeva l’integrazione degli organici solo nell’ipotesi in cui l’organico da 22 squadre si fosse ridotto sotto le 20 unità. Il campionato di B deve essere integrato visto che l’articolo 49 NOIF prevede che esso sia a 22 squadre e non 21.

Individuato il criterio di distinzione, è interessante analizzare se la riammissione comporti, come conseguenza necessaria l’applicazione dello scorrimento automatico della graduatoria. Bisogna partire da una banale considerazione: in caso di retrocessione, una società perde il titolo sportivo per la categoria appena disputata e ha il titolo per il campionato immediatamente inferiore. A quel punto, quindi si trova sullo stesso piano delle società di categoria inferiore, partendo dalla stessa linea di partenza.

Infatti, letteralmente, ripescare vuol dire pescare di nuovo. Per rendere più chiaro il concetto potremo usare l’immagine dello stagno comune dove si trova la squadra retrocessa, in mezzo ad altre, e se ne deve prendere una da mettere in un altro stagno che va completato. I criteri per il ripescaggio, che sono individuati dalla FIGC sono meccanismi di selezione, discrezionali nella loro individuazione, ma vincolati nell’applicazione che servono da selezione. Non viene sposato, nel caso dell’art 49 NOIF il criterio dello scorrimento automatico.

Va detto che a livello normativo si descrive come deve operare l’istituto del ripescaggio ma non se ne dà una definizione della natura giuridica.

Riammettere, letteralmente significa ammettere di nuovo.

In altri rami del diritto, diversi dal diritto sportivo, la riammissione è legata al recupero di requisiti soggettivi o al successivo accertamento del mancato venir meno degli stessi. Nell’ambito che ci interessa in questa sede, potremo parlare di riammissione per un tesserato che abbia, ad esempio recuperato i requisiti di onorabilità previsti dall’ordinamento o che sia stato ingiustamente di averli precedentemente persi, oppure in caso di requisiti di carattere tecnico.

Se ne deve concludere che la riammissione, dunque, consenta il ripristino di situazioni soggettive ingiustamente lese e che non vada valutata in occorrenza, attraverso meccanismi discrezionali di valutazione, con l’aspirazione di altri soggetti cointeressati al medesima.

Passando dai tesserati, quali persone fisiche, alle società si dovrebbe dedurre che la riammissione per queste ultime dovrebbe applicarsi nel caso di esclusione dal campionato di appartenenza. Ad esempio, in caso di illecito sportivo, mancanza dei requisiti di carattere economico-finanziario. Di conseguenza, intesa quale modalità di ripristino di situazioni soggettive ingiustamente lese, la riammissione non dovrebbe mai essere contemplata in caso di perdita del titolo sportivo al campionato di precedente appartenenza, dovuta a retrocessione sul campo.

In questo caso opera il ripescaggio che non mira al ripristino di alcunché, ma solo all’applicazione vincolata di criteri discrezionali precedentemente individuati. Una sorta di discrezionalità tecnica.

Pertanto, il cosiddetto scorrimento automatico della graduatoria è solo uno dei tanti criteri di selezione e, in quanto tale, opera solo nell’ipotesi in cui si applichi il ripescaggio e non la riammissione.

Forse, giunti a questo momento del ragionamento, di integrazione (che letteralmente vuol dire completare ciò che manca) si può parlare solo ove intervenga il ripescaggio, poiché secondo la tesi che qui si sviluppa la riammissione ripristina il soggetto leso nella precedente situazione di cui era titolare.

Possiamo concludere che molti problemi nel caso dell’integrazione degli organici di serie B (il tutto si ripercuote a catena sugli organici delle serie inferiori) siano stati causati da una confusione terminologica dettata in primo luogo dalla mancanza di precisi riferimenti normativi.

Pertanto, si impone come necessario che venga normativamente definita a livello sportivo la natura giuridica degli istituti della riammissione e del ripescaggio, che vengano indicati, in modo chiaro e rigoroso, i rispettivi ambiti di applicazioni. Ciò, per prevenire dubbi interpretativi frutto di confusioni terminologiche, prescrizione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma dei provvedimenti.

La celerità necessaria del diritto sportivo, in primo luogo non può che essere assicurata dalla chiarezza delle norme di riferimento, non solo dalle norme che ne regolano il processo.

L’estate che sta finendo ci ha consegnato l’ennesima controversia legata all’ambito calcistico. Questa volta non si parla di illeciti, problemi finanziari, mancanza dei requisiti di partecipazione al campionato di competenza, bensì della sottile differenza tra l’istituto del ripescaggio e quello della riammissione. Discrimine che non si trova in alcuna norma del diritto sportivo, e per questo necessariamente legata all’opera dell’interprete.

La questione non è puramente accademica, poiché va ad incidere, in caso di vacanza degli organici, sulla succedanea attività dell’integrazione dei medesimi.

La confusione terminologica tra i due istituti, peraltro, è anche alimentata dall’uso indifferenziato degli stessi da parte degli stessi organi federali. Ad esempio, in alcuni comunicati ufficiali dei regionali comitati della FIGC sono indicati i criteri per presentare la domanda di ammissione o di riammissione ad un campionato. Ma lo stesso Collegio di Garanzia del Coni con l’Ordinanza n. 25/2014, con la quale respinge il ricorso del Novara calcio, non aiuta certo a fare chiarezza ove afferma (pag.2 dell’Ordinanza) che “l’integrazione non costituisce attività di ripescaggio”. Ma l’integrazione è solo l’opera di completamento dell’organico vacante di un campionato, e quindi cambiare, sotto il profilo soggettivo, a seconda che si applichi l’istituto della riammissione o del ripescaggio.

Una confusione che non era presente nell’Ordinanza n. 24/2015 del medesimo organo con la quale si accoglieva il ricorso del Novara contro la delibera del Consiglio Federale che prevedeva l’integrazione degli organici solo nell’ipotesi in cui l’organico da 22 squadre si fosse ridotto sotto le 20 unità. Il campionato di B deve essere integrato visto che l’articolo 49 NOIF prevede che esso sia a 22 squadre e non 21.

Individuato il criterio di distinzione, è interessante analizzare se la riammissione comporti, come conseguenza necessaria l’applicazione dello scorrimento automatico della graduatoria. Bisogna partire da una banale considerazione: in caso di retrocessione, una società perde il titolo sportivo per la categoria appena disputata e ha il titolo per il campionato immediatamente inferiore. A quel punto, quindi si trova sullo stesso piano delle società di categoria inferiore, partendo dalla stessa linea di partenza.

Infatti, letteralmente, ripescare vuol dire pescare di nuovo. Per rendere più chiaro il concetto potremo usare l’immagine dello stagno comune dove si trova la squadra retrocessa, in mezzo ad altre, e se ne deve prendere una da mettere in un altro stagno che va completato. I criteri per il ripescaggio, che sono individuati dalla FIGC sono meccanismi di selezione, discrezionali nella loro individuazione, ma vincolati nell’applicazione che servono da selezione. Non viene sposato, nel caso dell’art 49 NOIF il criterio dello scorrimento automatico.

Va detto che a livello normativo si descrive come deve operare l’istituto del ripescaggio ma non se ne dà una definizione della natura giuridica.

Riammettere, letteralmente significa ammettere di nuovo.

In altri rami del diritto, diversi dal diritto sportivo, la riammissione è legata al recupero di requisiti soggettivi o al successivo accertamento del mancato venir meno degli stessi. Nell’ambito che ci interessa in questa sede, potremo parlare di riammissione per un tesserato che abbia, ad esempio recuperato i requisiti di onorabilità previsti dall’ordinamento o che sia stato ingiustamente di averli precedentemente persi, oppure in caso di requisiti di carattere tecnico.

Se ne deve concludere che la riammissione, dunque, consenta il ripristino di situazioni soggettive ingiustamente lese e che non vada valutata in occorrenza, attraverso meccanismi discrezionali di valutazione, con l’aspirazione di altri soggetti cointeressati al medesima.

Passando dai tesserati, quali persone fisiche, alle società si dovrebbe dedurre che la riammissione per queste ultime dovrebbe applicarsi nel caso di esclusione dal campionato di appartenenza. Ad esempio, in caso di illecito sportivo, mancanza dei requisiti di carattere economico-finanziario. Di conseguenza, intesa quale modalità di ripristino di situazioni soggettive ingiustamente lese, la riammissione non dovrebbe mai essere contemplata in caso di perdita del titolo sportivo al campionato di precedente appartenenza, dovuta a retrocessione sul campo.

In questo caso opera il ripescaggio che non mira al ripristino di alcunché, ma solo all’applicazione vincolata di criteri discrezionali precedentemente individuati. Una sorta di discrezionalità tecnica.

Pertanto, il cosiddetto scorrimento automatico della graduatoria è solo uno dei tanti criteri di selezione e, in quanto tale, opera solo nell’ipotesi in cui si applichi il ripescaggio e non la riammissione.

Forse, giunti a questo momento del ragionamento, di integrazione (che letteralmente vuol dire completare ciò che manca) si può parlare solo ove intervenga il ripescaggio, poiché secondo la tesi che qui si sviluppa la riammissione ripristina il soggetto leso nella precedente situazione di cui era titolare.

Possiamo concludere che molti problemi nel caso dell’integrazione degli organici di serie B (il tutto si ripercuote a catena sugli organici delle serie inferiori) siano stati causati da una confusione terminologica dettata in primo luogo dalla mancanza di precisi riferimenti normativi.

Pertanto, si impone come necessario che venga normativamente definita a livello sportivo la natura giuridica degli istituti della riammissione e del ripescaggio, che vengano indicati, in modo chiaro e rigoroso, i rispettivi ambiti di applicazioni. Ciò, per prevenire dubbi interpretativi frutto di confusioni terminologiche, prescrizione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma dei provvedimenti.

La celerità necessaria del diritto sportivo, in primo luogo non può che essere assicurata dalla chiarezza delle norme di riferimento, non solo dalle norme che ne regolano il processo.