Favoreggiamento della presenza di extracomunitari in Italia
Secondo la Cassazione, manca nella pronuncia della Corte d’appello un’idonea motivazione circa il fine di ingiusto profitto che avrebbe animato l’imputato, fine che deve essere valutato, nel caso di specie, considerando anche l’entità della retribuzione e le altre modalità di svolgimento del rapporto di lavoro dipendente con personale straniero irregolare.
In sostanza, secondo la Cassazione: “Il reato di favoreggiamento della illegale presenza di stranieri extracomunitari nel territorio dello Stato, previsto dall’articolo 12, comma 5 del Testo Unico approvato con Decreto Legislativo 286/98, non è configurabile per il solo fatto dell’assunzione al lavoro di immigrati clandestini, occorrendo anche la finalità di “ingiusto profitto”, riconoscibile soltanto quando si esuli dall’ambito del normale svolgimento del rapporto sinallagmatico di prestazione d’opera come, ad esempio, nel caso di impiego dei clandestini in attività illeciti o in quello dell’imposizione a loro carico di condizioni gravose o discriminatorie di orario e di retribuzione; condizioni, queste, in assenza delle quali può soltanto configurarsi il reato contravvenzionale di cui all’articolo 22 comma 10 del citato Decreto Legislativo 286/98".
(Cassazione - Sezione Prima Penale, Sentenza 28 novembre 2005, n.43001).
Secondo la Cassazione, manca nella pronuncia della Corte d’appello un’idonea motivazione circa il fine di ingiusto profitto che avrebbe animato l’imputato, fine che deve essere valutato, nel caso di specie, considerando anche l’entità della retribuzione e le altre modalità di svolgimento del rapporto di lavoro dipendente con personale straniero irregolare.
In sostanza, secondo la Cassazione: “Il reato di favoreggiamento della illegale presenza di stranieri extracomunitari nel territorio dello Stato, previsto dall’articolo 12, comma 5 del Testo Unico approvato con Decreto Legislativo 286/98, non è configurabile per il solo fatto dell’assunzione al lavoro di immigrati clandestini, occorrendo anche la finalità di “ingiusto profitto”, riconoscibile soltanto quando si esuli dall’ambito del normale svolgimento del rapporto sinallagmatico di prestazione d’opera come, ad esempio, nel caso di impiego dei clandestini in attività illeciti o in quello dell’imposizione a loro carico di condizioni gravose o discriminatorie di orario e di retribuzione; condizioni, queste, in assenza delle quali può soltanto configurarsi il reato contravvenzionale di cui all’articolo 22 comma 10 del citato Decreto Legislativo 286/98".
(Cassazione - Sezione Prima Penale, Sentenza 28 novembre 2005, n.43001).