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GIOVANNI BOLDINI RIVOLUZIONARIO

Giovanni Boldini, autoritratto
Giovanni Boldini, autoritratto

GIOVANNI BOLDINI RIVOLUZIONARIO

Per uno di quei curiosi fenomeni del gusto nel mondo moderno, l’opera di Giovanni Boldini viene esaltata nel proprio tempo da chi in realtà non ne comprese la qualità più vera e profonda. Per le stesse ragioni, se pure con motivazioni inverse, venne (e viene) sottovalutata da chi, fermandosi poco oltre il soggetto, vide solo le apparenze non riuscendo a leggervi la prorompente violenza che sapeva mettere a nudo il carattere di una società e dei suoi rappresentanti.       

Aveva nel pennello la forza esplosiva di un rivoluzionario e la usò per ritrarre nobiluomini, contesse, principesse e ricchi borghesi. La vitalità che seppe imprimere alla propria arte testimoniò, in un tempo ormai estraneo alla grandezza, il ritorno di un antico Genio pittorico sfuggito chissà come ai disegni della storia. Era nato troppo tardi per impostare un proprio ciclo pittorico sulle orme dei grandi antichi, e troppo presto per dare forza nuova e misura di grandezza ai sogni, spesso popolati da incubi, del Novecento europeo; ma per l’ambiente che lo accolse ridisegnò un’epoca imprimendole il sigillo dell’arte. Così aristocrazia e arte, entrambe eredi di grandezze irripetibili, si trovano ancora questa volta assieme nel fittizio trionfo della Bella Epoque, che questo artista riuscì a dominare dilatandone la pochezza e immortalandone l’illusorietà.    

Giuseppe Verdi, ritratto di Giovanni Boldini
Giuseppe Verdi, ritratto di Giovanni Boldini

Quando era sceso a Firenze dalla natìa Ferrara, il giovane pittore aveva due ambizioni da soddisfare, affinare i propri mezzi espressivi e trovare una clientela in grado di servirsi della sua virtù di ritrattista. L’Accademia di allora poteva offrirgli ben poco, ne erano fuggiti i migliori, i più vivi e intraprendenti tra gli artisti e Boldini era finito in mezzo a loro. Nella vociferante compagnia del “Caffè Michelangiolo”, il giovane pittore per la prima volta aveva sentito discutere animatamente di pittura, di artisti ribelli, impegnati, rivoluzionari. Ma aveva ascoltato con poca convinzione, pur comprendendo le loro qualità. Forse aveva fermato la propria attenzione sulle loro ricerche e sull’importanza data all’intrinseca qualità di un’opera. Sicuramente era stato grazie ai colleghi macchiaioli che aveva compreso il significato più alto dell’esser pittore, far pittura, arte e arte del proprio tempo. Sì, probabilmente la loro musica era quella giusta ma l’ambiente dove veniva suonata non era affatto per lui e sicuramente gli era sembrata sprecata e inconcludente.      

Dipingere sentendosi nel vero, ma contare unicamente sul giudizio dei posteri per farsi valere, per Boldini era una chimera che lasciava volentieri ai suoi amici. Come gli antichi colleghi vedeva nel proprio lavoro una professione da esercitare alla grande, fatta di superbi risultati e di adeguati compensi. Per intrinseca natura non percepiva e non sopportava teorie, e quindi aveva considerato le discussioni sull’arte degli amici macchiaioli una malattia, una fissazione. La pittura fluiva in lui come l’affiorare dell’acqua da una polla; il suo unico pensiero era quello di fare come l’istinto comandava e le qualità e il mestiere permettevano.

Franca Florio
Franca Florio

Nella sua maturità affronterà il quadro schizzando un isterico disegno e sciabolando pennellate delle quali inizialmente non si comprendeva neppure il motivo. Linee che afferravano, circondavano, costruivano il soggetto sostenendolo come un’armatura interiore. Seguiva con il pennello un moto pirotecnico e incontrollato che sembrava gli sfuggisse di mano e che invece recuperava e rilasciava di continuo. Un’orgia di linee e colori che pian piano si ricomponevano, modellando e suscitando una vita, un’armonia, una delicatezza. Viene da domandarsi il perché di tanto furore gestuale per giungere quasi sempre a una conclusione di raffinata eleganza. La sua natura tellurica, prestata alla dolcezza doveva in qualche modo rivelarsi.                                                

Una volta a Parigi, gli era bastato guadarsi attorno per riconoscersi a casa. L’irruenza che gli urgeva dentro poteva trovare qui l’ambiente e le occasioni per rivelarsi, emergere, imporsi, operare senza tregua, conquistare un ruolo e il relativo riconoscimento. Così avvenne. Se non c’erano più le volte e le pareti di chiese e palazzi pubblici dove sfogare il suo impeto, almeno il palazzo privato poteva aiutarlo. Ne fece la necessaria meta dei suoi desideri e riuscì a impadronirsi della società che in quei palazzi dimorava ancora.

Robert de Montesquieu ritratto da Giovanni Boldini
Robert de Montesquieu ritratto da Giovanni Boldini

Se una certa critica, quella nata miope e finita cieca per incapacità congenita a inforcare gli occhiali della competenza, non comprese e non comprende il valore intrinseco di questa pittura, lo compresero però i migliori tra i suoi colleghi, addirittura quelli di opposta tendenza. Lo capì il suo amico Degas, che vedendolo dipingere con la frenesia di un ossesso non poté fare a meno di esclamare: “Diable d’homme!”. Se ne accorse Van Gogh, affrettandosi a correggere positivamente il primo frettoloso giudizio in una lettera al fratello Theo, dopo aver rivisto la pittura di Boldini dal mercante Goupil. Lo accettò Diego Martelli, scrittore, amatore d’arte, mecenate e critico, amico dei macchiaioli e degli impressionisti che di fronte alle opere di Boldini tentava di reagire e finiva per restare ammaliato.  Se ne rese conto Ardengo Soffici, scrivendone su “La Voce” nel 1909, un periodo che lo vedeva lontanissimo dal gusto del ferrarese ma che non gl’impediva di comprendere il valore, in attesa di divenirne, come accadrà, un convito estimatore.                                                        

Un evento fortunato di questi giorni, quello che ci ha mosso a scrivere ancora di Boldini e della sua opera, è rappresentato da quattro imponenti volumi che raccolgono in elegante edizione l’universo pittorico di questo italiano a Parigi: Piero Dini e Francesca Dini, “Giovanni Boldini- Catalogo ragionato” (Allemandi, Torino). Saggi e illustrazioni che ne ripercorrono la vita e l’iter artistico, l’epistolario e le opere, tutto ben riprodotto e schedato, con opportune aggiunte e necessarie correzioni agli studi precedenti. Compilare il catalogo di tutta l’opera di un autore vuol dire predisporre e offrire al pubblico degli studiosi una banca dati, indicare un riferimento, un approccio.                                                                                                        

 

P.S. Ritrattista alla moda, lontano dalle accademie

Giovanni Boldini nacque a Ferrara il 31 dicembre 1842. Figlio di un pittore, per completare la sua educazione artistica andò a Firenze. Qui frequentò l’ambiente dei macchiaioli. Ma fu a Parigi, dove si stabilì nel 1871, che Boldini conobbe la massima fortuna, come prillante ritrattista dei protagonisti del mondo aristocratico. Qui morì, all’età di 89 anni, l’11 gennaio 1931.

Articolo pubblicato su LIBERO del 29 gennaio 2003