Giudice di Pace di Cuneo: responsabilità del Comune per sinistro stradale causato da fauna selvatica
IL GIUDICE DI PACE DI CUNEO
dott.Luca Franceschi
HA PRONUNCIATO LA SEGUENTE SENTENZA NELLA CAUSA CIVILE ISCRITTA IN I GRADO AL
n.693 R.G. anno 2005
PROMOSSA DA
ALFA & C. s.n.c., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. F. Germanetti
ATTRICE
contro
PROVINCIA DI CUNEO, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A. Gammaidoni e M. Rossi
CONVENUTA
OGGETTO: responsabilità civile
Conclusioni di parte attrice: “respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione; dato atto delle risultanze istruttorie; accertata e dichiarata la responsabilità della Provincia di Cuneo, ex art.2043 c.c., per i sinistri stradali provocati da fauna selvatica (ungulato selvatico come è il capriolo); dichiarare tenuta e condannare la stessa, in persona del leg.rapp.te pro tempore, al pronto risarcimento in favore della società conchiudente di tutti i danni dalla stessa subiti nel sinistro de quo che si indicano nelle complessiva somma di € 1.734,31 o in quella misura ed in quell’ammontare veriori che risulteranno nel corso del giudizio. Colla rivalutazione monetaria e gli interessi sulla somma rivalutata, dalla data del sinistro al saldo, contenendo la domanda nei limiti di competenza del Giudice adito. Col favore delle spese di causa, oltre IVA e CPA sulle somme imponibili”.
Conclusioni di parte convenuta: “Contrariis rejectis e previe le occorrende declaratorie di legge; voglia respingere la domanda attrice per insussistenza in capo all’Amministrazione Provinciale di qualsivoglia profilo di responsabilità ex art. 2043 c.c. nella causazione del sinistro occorso. Col favore delle spese di lite”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione ritualmente notificata il 18/07/2005, l’esponente conveniva in giudizio la Provincia di Cuneo per sentirla condannare al pagamento delle somme dovute a titolo di risarcimento danni in seguito all’incidente verificatosi in data 21/04/2002 sulla S.P. n. 661 km 43+300; parte attrice lamentava infatti che alle ore 21,15 circa, un capriolo aveva attraversato improvvisamente la carreggiata, urtando l’autovettura Mercedes targata AP 768 TB sulla parte anteriore, e cagionando danni per un ammontare complessivo di € 1.734,31; all’incidente assistevano due testi; l’animale risultava essersi dileguato, subito dopo l’urto, nei campi confinanti con la strada. Nell’udienza del 7/11/05 si costituiva la Provincia di Cuneo, eccependo inizialmente una carenza di legittimazione passiva, atteso che la medesima era invece da attribuirsi alla Regione Piemonte (ente cui la L. n.157/92 ha affidato il controllo della fauna selvatica) ed eccependo altresì che era intervenuta la prescrizione biennale nel diritto dell’attrice, contestando, in ogni caso e comunque, nel merito l’an debeatur. L’attrice replicava che la legittimazione passiva della Regione sarebbe stata per lo meno concorrente, chiedendo di essere autorizzata a citare in giudizio anche la Regione Piemonte medesima, ed eccependo nel merito che, all’epoca del sinistro, nel tratto di strada de quo non vi era alcun cartello indicante il pericolo di attraversamento di animali selvatici. Il g.d.p. autorizzava quindi l’attrice alla chiamata della Regione, la quale si costituiva eccependo a sua volta la carenza di una propria legittimazione passiva (atteso che la Regione Piemonte aveva delegato con L.R. n.70/96 il controllo della fauna selvatica alle Province, come peraltro già aveva fatto lealmente rilevare, nelle more del giudizio, la Provincia), nonché la prescrizione del diritto dell’attrice e contestando l’an debeatur.
Nell’udienza del 13/4/07, cui il g.d.p. aveva rinviato per un tentativo di conciliazione ex art.185 c.p.c., l’attrice rinunciava alla propria domanda nei confronti della Regione, la quale accettava la rinuncia a spese compensate; nella medesima udienza le parti chiedevano ammettersi le rispettive istanze istruttorie, ed il g.d.p. tratteneva il fascicolo a riserva istruttoria.
Esperite le prove, il g.d.p. fissava udienza di precisazione conclusioni e discussione ai sensi dell’art.62 disp. att. c.p.c. per il 17/10/08, autorizzando il deposito, in luogo della discussione orale, di brevi note conclusive. In tale udienza, precisate le conclusioni e depositate le note, tratteneva la causa a decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda attorea è legittima e fondata e deve pertanto trovare accoglimento.
Visti gli atti e documenti di causa, infatti, deve rilevarsi quanto segue.
Pregiudizialmente, deve rilevarsi che risulta sussistere una legittimazione passiva, nella presente causa, della Provincia di Cuneo, atteso che, se è pur vero che la legge n.157 del 11/2/92 ha trasferito alle Regioni il controllo della fauna selvatica, tuttavia la legge regionale del Piemonte n.70/96 ha in seguito delegato alle Province tale controllo; né la predisposizione di un fondo di solidarietà regionale a favore dei soggetti coinvolti in sinistri stradali con fauna selvatica ungulata, così come prevista dall’art.4 della legge regionale Piemonte n.9 del 27/1/2000 (peraltro ai soli fini della corresponsione di un indennizzo), incide in qualche modo su tale dovere di custodia della fauna selvatica da parte della Provincia delegata.
Per quanto attiene l’eccezione di prescrizione biennale sollevata da parte convenuta, deve rilevarsi che, sebbene il sinistro si sia verificato in una strada provinciale di pubblica circolazione, e sebbene sia coinvolto un autoveicolo, costante interpretazione di legittimità ha chiarito che la fattispecie concreta di urto tra un animale selvatico ed un veicolo, non è riconducibile all’ipotesi di cui all’art.2054 c.c. di circolazione di autoveicoli, bensì alla stregua dei principi generali della responsabilità extracontrattuale (per la quale la prescrizione del diritto al risarcimento è quinquennale ex art.2947 c.c.).
Per quanto attiene il merito, deve rilevarsi che dall’istruttoria è emerso sostanzialmente che:
1) il sinistro de quo è conseguito all’urto dell’autoveicolo di proprietà dell’attrice con un capriolo, che ha attraversato improvvisamente la strada ( “è vero: ho visto distintamente che si trattava di un capriolo, e posso dirlo in quanto sia io che il mio amico Tizio siamo appassionati di caccia. Era notte. Dopo l’urto non abbiamo più visto il capriolo; siamo scesi per prestare soccorso, ed abbiamo visto che il veicolo del sig. Alfa presentava dei danni” – teste FIESCO 31/3/08);
2) nel tratto di strada de quo non risultava preventivamente segnalato il pericolo di attraversamento di animali selvatici (tale circostanza, allegata in prime battute da parte attrice, risulta di fatto non contestata in corso di causa dalla convenuta, che ha piuttosto sostenuto - allegando peraltro giurisprudenza di legittimità penale a proprio favore - che la collocazione e rimozione dei cartelli stradali non rientrerebbe sempre tra gli obblighi degli enti proprietari delle strade); il fatto, oltre quindi a non essere in concreto contestato tra le parti, trova altresì conferma nella circostanza che nessuno dei testi, in corso di istruttoria orale, abbia risposto di aver visto un cartello del genere in quel tratto di strada.
Per quanto attiene la riconduzione del fatto concreto all’ipotesi astratta di legge, deve premettersi che è ferma opinione dello scrivente che non sia permesso, al giurista, abdicare dalle proprie responsabilità di interprete, divincolandosi così dal dovere imposto al giudice e sancito dall’art.113 c.p.c. di individuare la norma da applicare al caso concreto; se infatti si confondesse la statuizione di cui all’art.112 c.p.c. con quella di cui all’art.113 c.p.c., vincolando l’interprete all’esclusiva individuazione della norma da applicare fatta dalla parte, si trasformerebbe l’interprete medesimo in un funzionario che avvalla o meno la qualificazione giuridica fatta dalla parte, con conseguente inutilità di separare una funzione giudiziaria da quella amministrativa, propria dell’esecutivo; deve infatti distinguersi nettamente il bene della vita di cui all’art.163 n.3) c.p.c., richiesto dalla parte che adisce l’autorità giudiziaria per la tutela di un suo diritto, dalla sussunzione dell’ipotesi concreta ad una ipotesi astratta piuttosto che ad un’altra, cui la parte stessa, con l’ausilio dell’assistenza tecnica, è sì tenuta ex art.163 n.4) c.p.c., ma che non consente al giudicante di liberarsi dal proprio dovere di interprete: neppure la stessa Corte di Legittimità si può sottrarre da tale principio fondante (v. a tale proposito, tra le più recenti, Cass. Civ., Sez. I, 17/04/2007, n.9143).
Ciò premesso, deve rilevarsi che non si condivide la sussunzione che parte attrice ha fatto, in conclusioni, di tale fatto della vita all’art.2043 c.c., che è ipotesi generale, atteso che è emerso dalle norme citate poco sopra a proposito della legittimazione passiva, consegue un obbligo di custodia in capo alla Provincia della fauna selvatica. A tale obbligo di custodia della fauna, si affianca peraltro, sempre in capo alla Provincia, altresì quello di custodia delle strade provinciali; è certo fuori discussione che tale obbligo possa essere delegato ma, nel presente giudizio, pur non essendo stato contestato che la strada de qua appartenesse alla Provincia, non è stato allegata né prodotta alcuna prova né indizio, tale da far ritenere che sussista nel caso di specie una delega di tal genere.
Ed è opinione dello scrivente che l’art.2051 c.c. costituisca ipotesi speciale rispetto a quella generale di cui all’art.2043 c.c., e che debba pertanto trovare applicazione in virtù del principio secondo cui la legge speciale deroga a quella generale, prevalendo su quest’ultima: che si tratti di ipotesi speciale rispetto all’art.2043 c.c., lo si desume, prima che da ogni altra considerazione ermeneutica, dalla collocazione stessa dell’ipotesi astratta dell’art.2051 c.c. nella sistematica codicistica.
Numerose sono state, peraltro, le controversie giurisprudenziali circa l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. alla p.a. (ed all’eventuale gestore) delle strade. Dopo le prime aperture all’applicabilità di tale ipotesi astratta negli anni ’90, infatti, in un primo tempo è stato osservato che l’obbligo di custodia non andasse inteso nel senso strettamente contrattuale del termine, insorgendo, piuttosto, laddove sia rinvenibile una qualsiasi relazione tra un dato soggetto e la cosa, per essere questa nella sua sfera di disponibilità e di gestione, con conseguente onere di svolgere un adeguato controllo onde evitare l’insorgenza di danni verso terzi. La possibilità di svolgere un controllo adeguato presuppone evidentemente un effettivo e non occasionale potere sulla res.
In tal senso parrebbe orientata per lo meno sino al 2003 la giurisprudenza maggioritaria, la quale non sembra attribuire particolare rilievo al titolo giuridico su cui si fonda la disponibilità della cosa, dando rilievo piuttosto al potere di fatto concretamente esercitato: “ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c. è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa che comporti il potere-dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore. La disponibilità che della cosa ha l’utilizzatore non comporta, invece, necessariamente il trasferimento in capo a questo della custodia, da escludere in tutti i casi in cui, per specifico accordo delle parti, o per la natura del rapporto, ovvero per la situazione fattuale determinatasi, chi ha l’effettivo potere di ingerenza, gestione ed intervento sulla cosa, nel conferire all’utilizzatore il potere di utilizzazione della stessa, ne abbia conservato la custodia; la relativa indagine costituisce accertamento di fatto riservato al giudice di merito” (Cass. Civ. n.1948/03). Qualche mese dopo la pronuncia che precede, parve affermarsi l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’art. 2051 c.c. fosse applicabile alle insidie su strade pubbliche, salvo che l’effettivo, continuo ed efficace controllo sulla strada da parte della p.a. (ovvero del gestore) fosse risultato oggettivamente impossibile in ragione della notevole estensione di essa e del suo uso generale da parte di terzi, ipotesi, quest’ultima, che avrebbe comportato l’applicazione residuale dell’art. 2043 c.c.: ai caratteri di demanialità del bene, estensione, uso generale e diretto da parte dei terzi venne riconosciuta la capacità di impedire il richiamo all’art.2051 c.c. solamente all’esito di una indagine in concreto e caso per caso: “nel caso di danni conseguenti ad omessa o insufficiente manutenzione di strade pubbliche, non è configurabile la responsabilità della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 2051 c.c. solo ove l’esercizio di un continuo ed efficace controllo, idoneo ad impedire situazioni di pericolo per gli utenti, sia risultato oggettivamente impossibile a causa della notevole estensione del bene e del suo uso generale da parte dei terzi” (Cass. civ. sez. III 23/07/2003, n. 11446).
A tali ultime considerazioni, seguirono tuttavia quelle affermate dalla giurisprudenza di legittimità successiva e più recente: percorrendo la strada dell’esclusione di ogni pregiudiziale preclusione in ordine all’utilizzo dell’art. 2051 c.c. nei confronti della PA, infatti, la Cass., Sez. III, 1.10.2004, n. 19653, è pervenuta all’affermazione del principio di diritto secondo cui la ricorrenza congiunta dei caratteri della demanialità del bene, dell’uso diretto e generale da parte della collettività e della sua estensione non producono alcuna conseguenza in ordine all’applicabilità dell’art. 2051 c.c., che rimane comunque e pur sempre la norma di riferimento; mentre le medesime, invece, “rilevano solo come circostanze le quali – in ragione dell’incidenza che abbiano potuto avere sull’espletamento della vigilanza connessa alla relazione di custodia del bene e avuto riguardo alle peculiarità dell’evento – possono assumere rilievo, sulla base di una specifica ed adeguata valutazione del caso concreto, ai fini della prova liberatoria del fortuito e, quindi, dell’onere che la p.a. (o il gestore) deve assolvere per sottrarsi alla responsabilità, una volta che sia dimostrata l’esistenza del nesso causale” (Cass., Sez. III, 1.10.2004, n. 19653). In sostanza, le caratteristiche del bene non attengono più alla struttura della fattispecie ex art. 2051 c.c., e dunque non si configurano quali elementi della medesima, ma sono solo in grado di influire sulla portata della prova liberatoria! Ancora: “l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. (nei confronti della p.a. (o del gestore) non è automaticamente esclusa allorquando il bene demaniale o patrimoniale da cui si sia originato l’evento dannoso, risulti adibito all’uso diretto da parte della collettività [...] e si presenti di notevole estensione. [...] Queste caratteristiche del bene, infatti, quando ricorrano congiuntamente, rilevano soltanto come circostanze le quali – in ragione dell’incidenza che abbiano potuto avere sull’espletamento della vigilanza connessa alla relazione di custodia del bene ed avuto riguardo alle peculiarità dell’evento – possono assumere rilievo sulla base di una specifica e adeguata valutazione del caso concreto, ai fini dell’individuazione del caso fortuito e, quindi, dell’onere che la p.a. (o il gestore) deve assolvere per sottrarsi alla responsabilità, una volta che sia dimostrata l’esistenza del nesso causale" (Cass., Sez. III, 1.10.2004, n. 19653). Alla luce di una siffatta impostazione interpretativa, dunque, si dovrebbe ritenere, senza ulteriori indagini, che la convenuta non abbia in ogni caso fornito alcuna prova liberatoria in proprio favore idonea a superare la presunzione di cui all’art.2051 c.c.; tuttavia, anche alla luce della sussistenza di differenti orientamenti interpretativi, ed in particolare alla luce di quanto allegato ed eccepito dalle parti nella presente causa, devono seguire ulteriori considerazioni.
Analizzando i dati del quinquennio 2000 – 2004 (periodo in cui si è verificato l’incidente per cui è causa), risulta che il numero di sinistri stradali cagionati da ungulati nella Provincia di Cuneo era triplicato (fonte: guida illustrata sul problema degli incidenti stradali con gli ungulati selvatici curata dalla Provincia di Cuneo). Se, peraltro, come causa di tale genere di incidenti, nella Provincia di Cuneo, il capriolo è al secondo posto come frequenza statistica dopo il cinghiale, atteso che nel quinquennio 2000 – 2004 in provincia di Cuneo gli ungulati selvatici coinvolti in incidenti stradali erano stati 830 (579 cinghiali, 202 caprioli, 32 cervi, 12 daini, 3 camosci e 2 stambecchi), nella Provincia di Torino tale animale risulta, invece, addirittura al primo posto, comparendo nel 52% dei casi, a fronte del 39% di incidenti dovuti ai cinghiali (da: PROVINCIA DI TORINO - Servizio Programmazione Viabilità - relazione sugli incidenti provocati dall’impatto con ungulati - anni 2004-2007). Non si può pertanto ritenere che il capriolo costituisca una causa residuale e marginale, dal punto di vista statistico, di incidenti stradali dovuti all’attraversamento delle strade extraurbane da parte di ungulati, come ha invece eccepito parte convenuta.
Per quanto riguarda, invece, la possibilità di predisporre misure idonee ad evitare tale genere di incidenti da parte dell’ente proprietario della strada, deve nuovamente ribadirsi che, nel caso di specie, non è risultato contestato tra le parti che la strada in cui si è verificato il sinistro appartenesse alla Provincia convenuta. Né peraltro, si consideri incidentalmente, risulterebbe ragionevole che la Provincia, che nel caso di specie ha anche la custodia della fauna selvatica, potesse sterminare la medesima per evitare danni a cose e persone, atteso che il concetto di custodia implica fuori di dubbio conservazione e tutela, e non distruzione del bene custodito.
Si deve pertanto verificare se la convenuta, proprietaria della strada, aveva a propria disposizione dei mezzi di prevenzione, e (solo eventualmente, vista l’interpretazione di legittimità sopracitata) se è emerso in corso di causa che tali mezzi siano stati in concreto predisposti.
E’ noto che sussiste la possibilità di predisporre in modo diretto interventi idonei a scongiurare la maggior parte dei sinistri, quali l’utilizzo di sottopassaggi o sovrapassaggi (i cosiddetti “ecodotti”); l’utilizzo di recinzioni per tutta la lunghezza dei tratti stradali sui quali è frequente questo tipo di incidenti; l’utilizzo di catarifrangenti, a riflesso direzionale, posti a bordo strada a distanza di 10-25 metri uno dall’altro (in questo caso si sfrutta il riflesso dell’immobilizzazione indotto dal fascio luminoso dei fari sull’animale: se il fascio di luce, deviato dai catarifrangenti, investe l’ungulato ai lati della carreggiata, blocca l’animale e gli impedisce di invadere improvvisamente la sede stradale). Sussistono, peraltro, anche misure di prevenzione indirette, quali la predisposizione di segnaletica e campagne di educazione volte a modificare l’atteggiamento degli automobilisti al volante (fonte: Guida illustrata sul problema degli incidenti stradali con gli ungulati selvatici curata dalla provincia di Cuneo). E’ da rilevarsi incidentalmente, ad esempio, che la fascia oraria serale e delle prime ore notturne, in cui si è verificato in concreto il sinistro per cui è causa, è quella in cui più frequentemente avvengono urti di veicoli con i caprioli, date le abitudini alimentari e di spostamento dei medesimi nel corso della giornata.
Deve ritenersi, pertanto, che la prevenzione di tale genere di danni a cose e persone sia possibile, e che la predisposizione di tali misure sia doverosa per l’ente pubblico che ha la custodia delle strade. Peraltro, come rilevato in premessa, dall’esame del caso concreto per cui è causa, è emerso che non era stato neppure apposto, nel tratto di strada in cui si è verificato il sinistro, un cartello di pericolo di attraversamento animali selvatici.
Per quanto attiene la quantificazione del danno, deve rilevarsi che il teste Mevio in data 31/3/08 ha confermato che la fattura doc.n.3 di parte attrice fu pagata alla propria società in data 27/4/02; tali riparazioni risultano ragionevolmente riconducibili ad un rapporto causale con l’urto con il capriolo; risulta altresì causalmente riconducibile al sinistro de quo la fattura doc.n.2 per il carro attrezzi; per entrambe le fatture l’attrice, essendo società commerciale, ha potuto procedere al discarico contabile dell’imposta sul valore aggiunto, e pertanto vengono liquidate nel solo ammontare imponibile; per quanto attiene il fermo auto, deve rilevarsi infine che a) l’esponente è una società commerciale b) non risulta in atti ricevuta o fattura per locazione di veicolo sostitutivo; per tale ultima voce viene pertanto ritenuto congruo liquidare, in via equitativa, l’importo di € 150,00. Per un totale complessivo, pertanto, di € 1.260,26 + 60,00 + 150,00 = € 1.470,26.
Le spese di lite seguono la soccombenza; devono tuttavia essere detratti, dalla notula depositata dal difensore, i diritti ed onorari riguardanti la memoria 5/3/07, che non è stata autorizzata, ed il cui contenuto era stato di fatto recepito come una mera verbalizzazione nell’udienza del 19/3/07.
P.Q.M.
Il G.d.P.
pronunciando sulla domanda proposta dall’attrice,
condanna la Provincia di Cuneo al pagamento, in favore dell’esponente, della somma di euro 1.470,26 oltre interessi di legge dal momento del fatto sino all’effettivo soddisfo, nonché al pagamento in suo favore delle spese di lite, che vengono liquidate in € 1.396,50 per diritti, € 1.020,00 per onorari, € 146,61 per esposti, oltre 12,5%, IVA, CPA ed altri oneri di legge sull’imponibile.
Così deciso in Cuneo, 27/10/08
(il g.d.p. dott. Luca Franceschi)
IL GIUDICE DI PACE DI CUNEO
dott.Luca Franceschi
HA PRONUNCIATO LA SEGUENTE SENTENZA NELLA CAUSA CIVILE ISCRITTA IN I GRADO AL
n.693 R.G. anno 2005
PROMOSSA DA
ALFA & C. s.n.c., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. F. Germanetti
ATTRICE
contro
PROVINCIA DI CUNEO, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A. Gammaidoni e M. Rossi
CONVENUTA
OGGETTO: responsabilità civile
Conclusioni di parte attrice: “respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione; dato atto delle risultanze istruttorie; accertata e dichiarata la responsabilità della Provincia di Cuneo, ex art.2043 c.c., per i sinistri stradali provocati da fauna selvatica (ungulato selvatico come è il capriolo); dichiarare tenuta e condannare la stessa, in persona del leg.rapp.te pro tempore, al pronto risarcimento in favore della società conchiudente di tutti i danni dalla stessa subiti nel sinistro de quo che si indicano nelle complessiva somma di € 1.734,31 o in quella misura ed in quell’ammontare veriori che risulteranno nel corso del giudizio. Colla rivalutazione monetaria e gli interessi sulla somma rivalutata, dalla data del sinistro al saldo, contenendo la domanda nei limiti di competenza del Giudice adito. Col favore delle spese di causa, oltre IVA e CPA sulle somme imponibili”.
Conclusioni di parte convenuta: “Contrariis rejectis e previe le occorrende declaratorie di legge; voglia respingere la domanda attrice per insussistenza in capo all’Amministrazione Provinciale di qualsivoglia profilo di responsabilità ex art. 2043 c.c. nella causazione del sinistro occorso. Col favore delle spese di lite”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione ritualmente notificata il 18/07/2005, l’esponente conveniva in giudizio la Provincia di Cuneo per sentirla condannare al pagamento delle somme dovute a titolo di risarcimento danni in seguito all’incidente verificatosi in data 21/04/2002 sulla S.P. n. 661 km 43+300; parte attrice lamentava infatti che alle ore 21,15 circa, un capriolo aveva attraversato improvvisamente la carreggiata, urtando l’autovettura Mercedes targata AP 768 TB sulla parte anteriore, e cagionando danni per un ammontare complessivo di € 1.734,31; all’incidente assistevano due testi; l’animale risultava essersi dileguato, subito dopo l’urto, nei campi confinanti con la strada. Nell’udienza del 7/11/05 si costituiva la Provincia di Cuneo, eccependo inizialmente una carenza di legittimazione passiva, atteso che la medesima era invece da attribuirsi alla Regione Piemonte (ente cui la L. n.157/92 ha affidato il controllo della fauna selvatica) ed eccependo altresì che era intervenuta la prescrizione biennale nel diritto dell’attrice, contestando, in ogni caso e comunque, nel merito l’an debeatur. L’attrice replicava che la legittimazione passiva della Regione sarebbe stata per lo meno concorrente, chiedendo di essere autorizzata a citare in giudizio anche la Regione Piemonte medesima, ed eccependo nel merito che, all’epoca del sinistro, nel tratto di strada de quo non vi era alcun cartello indicante il pericolo di attraversamento di animali selvatici. Il g.d.p. autorizzava quindi l’attrice alla chiamata della Regione, la quale si costituiva eccependo a sua volta la carenza di una propria legittimazione passiva (atteso che la Regione Piemonte aveva delegato con L.R. n.70/96 il controllo della fauna selvatica alle Province, come peraltro già aveva fatto lealmente rilevare, nelle more del giudizio, la Provincia), nonché la prescrizione del diritto dell’attrice e contestando l’an debeatur.
Nell’udienza del 13/4/07, cui il g.d.p. aveva rinviato per un tentativo di conciliazione ex art.185 c.p.c., l’attrice rinunciava alla propria domanda nei confronti della Regione, la quale accettava la rinuncia a spese compensate; nella medesima udienza le parti chiedevano ammettersi le rispettive istanze istruttorie, ed il g.d.p. tratteneva il fascicolo a riserva istruttoria.
Esperite le prove, il g.d.p. fissava udienza di precisazione conclusioni e discussione ai sensi dell’art.62 disp. att. c.p.c. per il 17/10/08, autorizzando il deposito, in luogo della discussione orale, di brevi note conclusive. In tale udienza, precisate le conclusioni e depositate le note, tratteneva la causa a decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda attorea è legittima e fondata e deve pertanto trovare accoglimento.
Visti gli atti e documenti di causa, infatti, deve rilevarsi quanto segue.
Pregiudizialmente, deve rilevarsi che risulta sussistere una legittimazione passiva, nella presente causa, della Provincia di Cuneo, atteso che, se è pur vero che la legge n.157 del 11/2/92 ha trasferito alle Regioni il controllo della fauna selvatica, tuttavia la legge regionale del Piemonte n.70/96 ha in seguito delegato alle Province tale controllo; né la predisposizione di un fondo di solidarietà regionale a favore dei soggetti coinvolti in sinistri stradali con fauna selvatica ungulata, così come prevista dall’art.4 della legge regionale Piemonte n.9 del 27/1/2000 (peraltro ai soli fini della corresponsione di un indennizzo), incide in qualche modo su tale dovere di custodia della fauna selvatica da parte della Provincia delegata.
Per quanto attiene l’eccezione di prescrizione biennale sollevata da parte convenuta, deve rilevarsi che, sebbene il sinistro si sia verificato in una strada provinciale di pubblica circolazione, e sebbene sia coinvolto un autoveicolo, costante interpretazione di legittimità ha chiarito che la fattispecie concreta di urto tra un animale selvatico ed un veicolo, non è riconducibile all’ipotesi di cui all’art.2054 c.c. di circolazione di autoveicoli, bensì alla stregua dei principi generali della responsabilità extracontrattuale (per la quale la prescrizione del diritto al risarcimento è quinquennale ex art.2947 c.c.).
Per quanto attiene il merito, deve rilevarsi che dall’istruttoria è emerso sostanzialmente che:
1) il sinistro de quo è conseguito all’urto dell’autoveicolo di proprietà dell’attrice con un capriolo, che ha attraversato improvvisamente la strada ( “è vero: ho visto distintamente che si trattava di un capriolo, e posso dirlo in quanto sia io che il mio amico Tizio siamo appassionati di caccia. Era notte. Dopo l’urto non abbiamo più visto il capriolo; siamo scesi per prestare soccorso, ed abbiamo visto che il veicolo del sig. Alfa presentava dei danni” – teste FIESCO 31/3/08);
2) nel tratto di strada de quo non risultava preventivamente segnalato il pericolo di attraversamento di animali selvatici (tale circostanza, allegata in prime battute da parte attrice, risulta di fatto non contestata in corso di causa dalla convenuta, che ha piuttosto sostenuto - allegando peraltro giurisprudenza di legittimità penale a proprio favore - che la collocazione e rimozione dei cartelli stradali non rientrerebbe sempre tra gli obblighi degli enti proprietari delle strade); il fatto, oltre quindi a non essere in concreto contestato tra le parti, trova altresì conferma nella circostanza che nessuno dei testi, in corso di istruttoria orale, abbia risposto di aver visto un cartello del genere in quel tratto di strada.
Per quanto attiene la riconduzione del fatto concreto all’ipotesi astratta di legge, deve premettersi che è ferma opinione dello scrivente che non sia permesso, al giurista, abdicare dalle proprie responsabilità di interprete, divincolandosi così dal dovere imposto al giudice e sancito dall’art.113 c.p.c. di individuare la norma da applicare al caso concreto; se infatti si confondesse la statuizione di cui all’art.112 c.p.c. con quella di cui all’art.113 c.p.c., vincolando l’interprete all’esclusiva individuazione della norma da applicare fatta dalla parte, si trasformerebbe l’interprete medesimo in un funzionario che avvalla o meno la qualificazione giuridica fatta dalla parte, con conseguente inutilità di separare una funzione giudiziaria da quella amministrativa, propria dell’esecutivo; deve infatti distinguersi nettamente il bene della vita di cui all’art.163 n.3) c.p.c., richiesto dalla parte che adisce l’autorità giudiziaria per la tutela di un suo diritto, dalla sussunzione dell’ipotesi concreta ad una ipotesi astratta piuttosto che ad un’altra, cui la parte stessa, con l’ausilio dell’assistenza tecnica, è sì tenuta ex art.163 n.4) c.p.c., ma che non consente al giudicante di liberarsi dal proprio dovere di interprete: neppure la stessa Corte di Legittimità si può sottrarre da tale principio fondante (v. a tale proposito, tra le più recenti, Cass. Civ., Sez. I, 17/04/2007, n.9143).
Ciò premesso, deve rilevarsi che non si condivide la sussunzione che parte attrice ha fatto, in conclusioni, di tale fatto della vita all’art.2043 c.c., che è ipotesi generale, atteso che è emerso dalle norme citate poco sopra a proposito della legittimazione passiva, consegue un obbligo di custodia in capo alla Provincia della fauna selvatica. A tale obbligo di custodia della fauna, si affianca peraltro, sempre in capo alla Provincia, altresì quello di custodia delle strade provinciali; è certo fuori discussione che tale obbligo possa essere delegato ma, nel presente giudizio, pur non essendo stato contestato che la strada de qua appartenesse alla Provincia, non è stato allegata né prodotta alcuna prova né indizio, tale da far ritenere che sussista nel caso di specie una delega di tal genere.
Ed è opinione dello scrivente che l’art.2051 c.c. costituisca ipotesi speciale rispetto a quella generale di cui all’art.2043 c.c., e che debba pertanto trovare applicazione in virtù del principio secondo cui la legge speciale deroga a quella generale, prevalendo su quest’ultima: che si tratti di ipotesi speciale rispetto all’art.2043 c.c., lo si desume, prima che da ogni altra considerazione ermeneutica, dalla collocazione stessa dell’ipotesi astratta dell’art.2051 c.c. nella sistematica codicistica.
Numerose sono state, peraltro, le controversie giurisprudenziali circa l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. alla p.a. (ed all’eventuale gestore) delle strade. Dopo le prime aperture all’applicabilità di tale ipotesi astratta negli anni ’90, infatti, in un primo tempo è stato osservato che l’obbligo di custodia non andasse inteso nel senso strettamente contrattuale del termine, insorgendo, piuttosto, laddove sia rinvenibile una qualsiasi relazione tra un dato soggetto e la cosa, per essere questa nella sua sfera di disponibilità e di gestione, con conseguente onere di svolgere un adeguato controllo onde evitare l’insorgenza di danni verso terzi. La possibilità di svolgere un controllo adeguato presuppone evidentemente un effettivo e non occasionale potere sulla res.
In tal senso parrebbe orientata per lo meno sino al 2003 la giurisprudenza maggioritaria, la quale non sembra attribuire particolare rilievo al titolo giuridico su cui si fonda la disponibilità della cosa, dando rilievo piuttosto al potere di fatto concretamente esercitato: “ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c. è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa che comporti il potere-dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore. La disponibilità che della cosa ha l’utilizzatore non comporta, invece, necessariamente il trasferimento in capo a questo della custodia, da escludere in tutti i casi in cui, per specifico accordo delle parti, o per la natura del rapporto, ovvero per la situazione fattuale determinatasi, chi ha l’effettivo potere di ingerenza, gestione ed intervento sulla cosa, nel conferire all’utilizzatore il potere di utilizzazione della stessa, ne abbia conservato la custodia; la relativa indagine costituisce accertamento di fatto riservato al giudice di merito” (Cass. Civ. n.1948/03). Qualche mese dopo la pronuncia che precede, parve affermarsi l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’art. 2051 c.c. fosse applicabile alle insidie su strade pubbliche, salvo che l’effettivo, continuo ed efficace controllo sulla strada da parte della p.a. (ovvero del gestore) fosse risultato oggettivamente impossibile in ragione della notevole estensione di essa e del suo uso generale da parte di terzi, ipotesi, quest’ultima, che avrebbe comportato l’applicazione residuale dell’art. 2043 c.c.: ai caratteri di demanialità del bene, estensione, uso generale e diretto da parte dei terzi venne riconosciuta la capacità di impedire il richiamo all’art.2051 c.c. solamente all’esito di una indagine in concreto e caso per caso: “nel caso di danni conseguenti ad omessa o insufficiente manutenzione di strade pubbliche, non è configurabile la responsabilità della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 2051 c.c. solo ove l’esercizio di un continuo ed efficace controllo, idoneo ad impedire situazioni di pericolo per gli utenti, sia risultato oggettivamente impossibile a causa della notevole estensione del bene e del suo uso generale da parte dei terzi” (Cass. civ. sez. III 23/07/2003, n. 11446).
A tali ultime considerazioni, seguirono tuttavia quelle affermate dalla giurisprudenza di legittimità successiva e più recente: percorrendo la strada dell’esclusione di ogni pregiudiziale preclusione in ordine all’utilizzo dell’art. 2051 c.c. nei confronti della PA, infatti, la Cass., Sez. III, 1.10.2004, n. 19653, è pervenuta all’affermazione del principio di diritto secondo cui la ricorrenza congiunta dei caratteri della demanialità del bene, dell’uso diretto e generale da parte della collettività e della sua estensione non producono alcuna conseguenza in ordine all’applicabilità dell’art. 2051 c.c., che rimane comunque e pur sempre la norma di riferimento; mentre le medesime, invece, “rilevano solo come circostanze le quali – in ragione dell’incidenza che abbiano potuto avere sull’espletamento della vigilanza connessa alla relazione di custodia del bene e avuto riguardo alle peculiarità dell’evento – possono assumere rilievo, sulla base di una specifica ed adeguata valutazione del caso concreto, ai fini della prova liberatoria del fortuito e, quindi, dell’onere che la p.a. (o il gestore) deve assolvere per sottrarsi alla responsabilità, una volta che sia dimostrata l’esistenza del nesso causale” (Cass., Sez. III, 1.10.2004, n. 19653). In sostanza, le caratteristiche del bene non attengono più alla struttura della fattispecie ex art. 2051 c.c., e dunque non si configurano quali elementi della medesima, ma sono solo in grado di influire sulla portata della prova liberatoria! Ancora: “l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. (nei confronti della p.a. (o del gestore) non è automaticamente esclusa allorquando il bene demaniale o patrimoniale da cui si sia originato l’evento dannoso, risulti adibito all’uso diretto da parte della collettività [...] e si presenti di notevole estensione. [...] Queste caratteristiche del bene, infatti, quando ricorrano congiuntamente, rilevano soltanto come circostanze le quali – in ragione dell’incidenza che abbiano potuto avere sull’espletamento della vigilanza connessa alla relazione di custodia del bene ed avuto riguardo alle peculiarità dell’evento – possono assumere rilievo sulla base di una specifica e adeguata valutazione del caso concreto, ai fini dell’individuazione del caso fortuito e, quindi, dell’onere che la p.a. (o il gestore) deve assolvere per sottrarsi alla responsabilità, una volta che sia dimostrata l’esistenza del nesso causale" (Cass., Sez. III, 1.10.2004, n. 19653). Alla luce di una siffatta impostazione interpretativa, dunque, si dovrebbe ritenere, senza ulteriori indagini, che la convenuta non abbia in ogni caso fornito alcuna prova liberatoria in proprio favore idonea a superare la presunzione di cui all’art.2051 c.c.; tuttavia, anche alla luce della sussistenza di differenti orientamenti interpretativi, ed in particolare alla luce di quanto allegato ed eccepito dalle parti nella presente causa, devono seguire ulteriori considerazioni.
Analizzando i dati del quinquennio 2000 – 2004 (periodo in cui si è verificato l’incidente per cui è causa), risulta che il numero di sinistri stradali cagionati da ungulati nella Provincia di Cuneo era triplicato (fonte: guida illustrata sul problema degli incidenti stradali con gli ungulati selvatici curata dalla Provincia di Cuneo). Se, peraltro, come causa di tale genere di incidenti, nella Provincia di Cuneo, il capriolo è al secondo posto come frequenza statistica dopo il cinghiale, atteso che nel quinquennio 2000 – 2004 in provincia di Cuneo gli ungulati selvatici coinvolti in incidenti stradali erano stati 830 (579 cinghiali, 202 caprioli, 32 cervi, 12 daini, 3 camosci e 2 stambecchi), nella Provincia di Torino tale animale risulta, invece, addirittura al primo posto, comparendo nel 52% dei casi, a fronte del 39% di incidenti dovuti ai cinghiali (da: PROVINCIA DI TORINO - Servizio Programmazione Viabilità - relazione sugli incidenti provocati dall’impatto con ungulati - anni 2004-2007). Non si può pertanto ritenere che il capriolo costituisca una causa residuale e marginale, dal punto di vista statistico, di incidenti stradali dovuti all’attraversamento delle strade extraurbane da parte di ungulati, come ha invece eccepito parte convenuta.
Per quanto riguarda, invece, la possibilità di predisporre misure idonee ad evitare tale genere di incidenti da parte dell’ente proprietario della strada, deve nuovamente ribadirsi che, nel caso di specie, non è risultato contestato tra le parti che la strada in cui si è verificato il sinistro appartenesse alla Provincia convenuta. Né peraltro, si consideri incidentalmente, risulterebbe ragionevole che la Provincia, che nel caso di specie ha anche la custodia della fauna selvatica, potesse sterminare la medesima per evitare danni a cose e persone, atteso che il concetto di custodia implica fuori di dubbio conservazione e tutela, e non distruzione del bene custodito.
Si deve pertanto verificare se la convenuta, proprietaria della strada, aveva a propria disposizione dei mezzi di prevenzione, e (solo eventualmente, vista l’interpretazione di legittimità sopracitata) se è emerso in corso di causa che tali mezzi siano stati in concreto predisposti.
E’ noto che sussiste la possibilità di predisporre in modo diretto interventi idonei a scongiurare la maggior parte dei sinistri, quali l’utilizzo di sottopassaggi o sovrapassaggi (i cosiddetti “ecodotti”); l’utilizzo di recinzioni per tutta la lunghezza dei tratti stradali sui quali è frequente questo tipo di incidenti; l’utilizzo di catarifrangenti, a riflesso direzionale, posti a bordo strada a distanza di 10-25 metri uno dall’altro (in questo caso si sfrutta il riflesso dell’immobilizzazione indotto dal fascio luminoso dei fari sull’animale: se il fascio di luce, deviato dai catarifrangenti, investe l’ungulato ai lati della carreggiata, blocca l’animale e gli impedisce di invadere improvvisamente la sede stradale). Sussistono, peraltro, anche misure di prevenzione indirette, quali la predisposizione di segnaletica e campagne di educazione volte a modificare l’atteggiamento degli automobilisti al volante (fonte: Guida illustrata sul problema degli incidenti stradali con gli ungulati selvatici curata dalla provincia di Cuneo). E’ da rilevarsi incidentalmente, ad esempio, che la fascia oraria serale e delle prime ore notturne, in cui si è verificato in concreto il sinistro per cui è causa, è quella in cui più frequentemente avvengono urti di veicoli con i caprioli, date le abitudini alimentari e di spostamento dei medesimi nel corso della giornata.
Deve ritenersi, pertanto, che la prevenzione di tale genere di danni a cose e persone sia possibile, e che la predisposizione di tali misure sia doverosa per l’ente pubblico che ha la custodia delle strade. Peraltro, come rilevato in premessa, dall’esame del caso concreto per cui è causa, è emerso che non era stato neppure apposto, nel tratto di strada in cui si è verificato il sinistro, un cartello di pericolo di attraversamento animali selvatici.
Per quanto attiene la quantificazione del danno, deve rilevarsi che il teste Mevio in data 31/3/08 ha confermato che la fattura doc.n.3 di parte attrice fu pagata alla propria società in data 27/4/02; tali riparazioni risultano ragionevolmente riconducibili ad un rapporto causale con l’urto con il capriolo; risulta altresì causalmente riconducibile al sinistro de quo la fattura doc.n.2 per il carro attrezzi; per entrambe le fatture l’attrice, essendo società commerciale, ha potuto procedere al discarico contabile dell’imposta sul valore aggiunto, e pertanto vengono liquidate nel solo ammontare imponibile; per quanto attiene il fermo auto, deve rilevarsi infine che a) l’esponente è una società commerciale b) non risulta in atti ricevuta o fattura per locazione di veicolo sostitutivo; per tale ultima voce viene pertanto ritenuto congruo liquidare, in via equitativa, l’importo di € 150,00. Per un totale complessivo, pertanto, di € 1.260,26 + 60,00 + 150,00 = € 1.470,26.
Le spese di lite seguono la soccombenza; devono tuttavia essere detratti, dalla notula depositata dal difensore, i diritti ed onorari riguardanti la memoria 5/3/07, che non è stata autorizzata, ed il cui contenuto era stato di fatto recepito come una mera verbalizzazione nell’udienza del 19/3/07.
P.Q.M.
Il G.d.P.
pronunciando sulla domanda proposta dall’attrice,
condanna la Provincia di Cuneo al pagamento, in favore dell’esponente, della somma di euro 1.470,26 oltre interessi di legge dal momento del fatto sino all’effettivo soddisfo, nonché al pagamento in suo favore delle spese di lite, che vengono liquidate in € 1.396,50 per diritti, € 1.020,00 per onorari, € 146,61 per esposti, oltre 12,5%, IVA, CPA ed altri oneri di legge sull’imponibile.
Così deciso in Cuneo, 27/10/08
(il g.d.p. dott. Luca Franceschi)