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I figli hanno un rapporto conflittuale col padre? L’affido è comunque condiviso

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 3 dicembre 2012, n. 21591

1. Le massime

L’eventuale imputazione di responsabilità in capo a un coniuge del rifiuto opposto dai figli minori alla frequentazione dell’altro genitore (nel caso scrutinato dalla Suprema Corte, i figli di una coppia separata si rifiutavano di vedere il padre, con il quale mantenevano un rapporto conflittuale) potrebbe semmai avere un rilievo pregnante quanto alla scelta del coniuge convivente e del regime di frequentazione dell’altro genitore, tuttavia non vale di per sé ad escludere l’affidamento condiviso, poiché il legislatore ha di mira il preminente obiettivo di assicurare, per quanto possibile, il pieno esplicarsi del ruolo genitoriale di ambedue i coniugi.

2. Il caso

Veniva stabilito convenzionalmente l’affido condiviso dei due figli minori ai genitori Tizio e Caia, coniugi separati. Caia, con ricorso, domandava al Tribunale territorialmente competente la modifica delle condizioni economiche della separazione consensuale omologata. Resisteva Tizio, chiedendo in via riconvenzionale la modifica dell’affidamento dei due minori.

Il Tribunale respingeva la richiesta di modifica delle condizioni di affidamento dei figli proposta da Tizio.

La Corte di appello, investita del gravame, invece, disponeva l’affidamento condiviso confermando sia la collocazione dei figli presso la madre sia la disciplina delle frequentazioni con il padre.

Avverso il decreto della Corte di appello proponeva ricorso per cassazione Caia, affidandosi a tre motivi di ricorso: a) motivazione insufficiente a sostegno dell’affermazione che la conflittualità tra i genitori è irrilevante ai fini della valutazione dell’interesse dei minori all’affido condiviso; b) motivazione insufficiente quanto alla affermazione secondo cui il padre non può essere responsabile dell’avversione e del rifiuto dei figli alla sua frequentazione dato che né lui né i nonni paterni li frequentano da oltre tre anni; c) motivazione contraddittoria, quanto all’affermazione secondo cui l’avversione e il rifiuto dei figli verso il padre e i nonni paterni dipendono dalla madre che li condiziona in tal senso e non sono imputabili al padre. Caia sostiene che il fatto che ella non avesse impugnato la decisione di primo grado che disponeva le frequentazioni tra padre e figli e non avesse chiesto il supporto delle strutture sociali per rimuovere la menzionata conflittualità, non è sufficiente ad escludere che tale omissione sia imputabile al padre, onerato al riguardo, con conseguente inidoneità di tale motivazione a sorreggere la decisione per cui la conflittualità tra padre e figli non comporta la contrarietà all’interesse dei figli all’affido condiviso.

Si difendeva con controricorso Tizio.

3. La decisione

I tre motivi di ricorso, in virtù della loro stretta interconnessione, vengono dalla Corte esaminati congiuntamente. Essi sono in larga parte ritenuti non conferenti con la decisione adottata dalla Corte di appello e con le motivazioni che sono state espresse per spiegarne il fondamento. La Corte territoriale riteneva che, a fronte di un regime legale che impone l’affido condiviso se non in caso di contrasto dello stesso con l’interesse preminente del minore, non fossero emerse ragioni contrarie tali da giustificare l’affido dei minori alla sola madre. Secondo la Corte di merito la conflittualità esistente fra i due coniugi non può di per sé, né in astratto né con specifico riferimento al caso deciso, giustificare la deroga dal regime di affido condiviso, atteso che lo stesso è stato ritenuto maggiormente idoneo a riequilibrare la condivisione del ruolo genitoriale nell’interesse dei figli minori.

Una simile motivazione è ritenuta dalla Cassazione rispondente a una esigenza di congruità logica e di adeguata valutazione dell’interesse dei minori. Le censure alla motivazione si incentrano sulla presunta imputazione alla ricorrente della responsabilità del rifiuto da parte dei figli alla frequentazione del padre.

L’eventuale imputazione di responsabilità in capo alla madre del rifiuto opposto dai figli nel vedere il padre e, comunque, nella determinazione di un rapporto conflittuale con quest’ultimo, in termini astratti, viene ritenuto dalla Corte di legittimità un profilo che potrebbe semmai avere rilievo quanto alla scelta del coniuge convivente ed al regime di frequentazione dell’altro genitore, non già di per sé come elemento sufficiente per escludere l’affido condiviso.

Il profilo della anzidetta responsabilità veniva esaminato dal giudice di merito proprio come possibile argomento contrario all’opzione per il regime dell’affido condiviso. La Corte di appello, tuttavia, una volta esaminato un simile argomento, in coerenza con l’intenzione del legislatore di assicurare per quanto possibile il pieno esplicarsi del ruolo genitoriale di ambedue i coniugi, escludeva che esso potesse valere nel caso sottopostole ad escludere l’affido condiviso.

Il rapporto difficile del padre con i figli veniva dal giudice di seconda istanza - almeno in parte - addebitato al difetto di cooperazione fra i coniugi ed alla scelta di non voler avvalersi di interventi esterni di sostegno quali quelli forniti dai servizi sociali. La Suprema Corte ritiene del tutto irrilevante ai fini del decidere analizzare se la Corte di appello abbia inteso imputare alla madre la responsabilità di tale situazione, sebbene ritenga di escludere che dall’esegesi del provvedimento impugnato possa desumersi una siffatta imputazione di responsabilità, laddove, invece, emergeva che la posizione conflittuale dei figli rispetto alla figura paterna non giustificasse affatto la opzione verso un regime di affido esclusivo.

Il ricorso è rigettato con compensazione integrale delle spese processuali in ragione della natura della controversia.

1. Le massime

L’eventuale imputazione di responsabilità in capo a un coniuge del rifiuto opposto dai figli minori alla frequentazione dell’altro genitore (nel caso scrutinato dalla Suprema Corte, i figli di una coppia separata si rifiutavano di vedere il padre, con il quale mantenevano un rapporto conflittuale) potrebbe semmai avere un rilievo pregnante quanto alla scelta del coniuge convivente e del regime di frequentazione dell’altro genitore, tuttavia non vale di per sé ad escludere l’affidamento condiviso, poiché il legislatore ha di mira il preminente obiettivo di assicurare, per quanto possibile, il pieno esplicarsi del ruolo genitoriale di ambedue i coniugi.

2. Il caso

Veniva stabilito convenzionalmente l’affido condiviso dei due figli minori ai genitori Tizio e Caia, coniugi separati. Caia, con ricorso, domandava al Tribunale territorialmente competente la modifica delle condizioni economiche della separazione consensuale omologata. Resisteva Tizio, chiedendo in via riconvenzionale la modifica dell’affidamento dei due minori.

Il Tribunale respingeva la richiesta di modifica delle condizioni di affidamento dei figli proposta da Tizio.

La Corte di appello, investita del gravame, invece, disponeva l’affidamento condiviso confermando sia la collocazione dei figli presso la madre sia la disciplina delle frequentazioni con il padre.

Avverso il decreto della Corte di appello proponeva ricorso per cassazione Caia, affidandosi a tre motivi di ricorso: a) motivazione insufficiente a sostegno dell’affermazione che la conflittualità tra i genitori è irrilevante ai fini della valutazione dell’interesse dei minori all’affido condiviso; b) motivazione insufficiente quanto alla affermazione secondo cui il padre non può essere responsabile dell’avversione e del rifiuto dei figli alla sua frequentazione dato che né lui né i nonni paterni li frequentano da oltre tre anni; c) motivazione contraddittoria, quanto all’affermazione secondo cui l’avversione e il rifiuto dei figli verso il padre e i nonni paterni dipendono dalla madre che li condiziona in tal senso e non sono imputabili al padre. Caia sostiene che il fatto che ella non avesse impugnato la decisione di primo grado che disponeva le frequentazioni tra padre e figli e non avesse chiesto il supporto delle strutture sociali per rimuovere la menzionata conflittualità, non è sufficiente ad escludere che tale omissione sia imputabile al padre, onerato al riguardo, con conseguente inidoneità di tale motivazione a sorreggere la decisione per cui la conflittualità tra padre e figli non comporta la contrarietà all’interesse dei figli all’affido condiviso.

Si difendeva con controricorso Tizio.

3. La decisione

I tre motivi di ricorso, in virtù della loro stretta interconnessione, vengono dalla Corte esaminati congiuntamente. Essi sono in larga parte ritenuti non conferenti con la decisione adottata dalla Corte di appello e con le motivazioni che sono state espresse per spiegarne il fondamento. La Corte territoriale riteneva che, a fronte di un regime legale che impone l’affido condiviso se non in caso di contrasto dello stesso con l’interesse preminente del minore, non fossero emerse ragioni contrarie tali da giustificare l’affido dei minori alla sola madre. Secondo la Corte di merito la conflittualità esistente fra i due coniugi non può di per sé, né in astratto né con specifico riferimento al caso deciso, giustificare la deroga dal regime di affido condiviso, atteso che lo stesso è stato ritenuto maggiormente idoneo a riequilibrare la condivisione del ruolo genitoriale nell’interesse dei figli minori.

Una simile motivazione è ritenuta dalla Cassazione rispondente a una esigenza di congruità logica e di adeguata valutazione dell’interesse dei minori. Le censure alla motivazione si incentrano sulla presunta imputazione alla ricorrente della responsabilità del rifiuto da parte dei figli alla frequentazione del padre.

L’eventuale imputazione di responsabilità in capo alla madre del rifiuto opposto dai figli nel vedere il padre e, comunque, nella determinazione di un rapporto conflittuale con quest’ultimo, in termini astratti, viene ritenuto dalla Corte di legittimità un profilo che potrebbe semmai avere rilievo quanto alla scelta del coniuge convivente ed al regime di frequentazione dell’altro genitore, non già di per sé come elemento sufficiente per escludere l’affido condiviso.

Il profilo della anzidetta responsabilità veniva esaminato dal giudice di merito proprio come possibile argomento contrario all’opzione per il regime dell’affido condiviso. La Corte di appello, tuttavia, una volta esaminato un simile argomento, in coerenza con l’intenzione del legislatore di assicurare per quanto possibile il pieno esplicarsi del ruolo genitoriale di ambedue i coniugi, escludeva che esso potesse valere nel caso sottopostole ad escludere l’affido condiviso.

Il rapporto difficile del padre con i figli veniva dal giudice di seconda istanza - almeno in parte - addebitato al difetto di cooperazione fra i coniugi ed alla scelta di non voler avvalersi di interventi esterni di sostegno quali quelli forniti dai servizi sociali. La Suprema Corte ritiene del tutto irrilevante ai fini del decidere analizzare se la Corte di appello abbia inteso imputare alla madre la responsabilità di tale situazione, sebbene ritenga di escludere che dall’esegesi del provvedimento impugnato possa desumersi una siffatta imputazione di responsabilità, laddove, invece, emergeva che la posizione conflittuale dei figli rispetto alla figura paterna non giustificasse affatto la opzione verso un regime di affido esclusivo.

Il ricorso è rigettato con compensazione integrale delle spese processuali in ragione della natura della controversia.