I tremuoti del 1783 e la trasformazione di Giovan Battista Mori

Reggio tra terra e mare: lo Stradone e la Via Marina
Ignazio Stile, Veduta di Reggio da sopra il Bastione di S. Francesco, in Placanica A. (a cura di),  Ai fieri Calabresi. Appunti di viaggio di Henry Swinburne, Astolphe de Custine Stendhal, Arthur  J. Strutt, George R. Gissing, Norman Douglas, Maurice Maeterlinck, Milano, Franco Maria Ricci Editore, 1989, tavola LV
Ignazio Stile, Veduta di Reggio da sopra il Bastione di S. Francesco, in Placanica A. (a cura di), Ai fieri Calabresi. Appunti di viaggio di Henry Swinburne, Astolphe de Custine Stendhal, Arthur J. Strutt, George R. Gissing, Norman Douglas, Maurice Maeterlinck, Milano, Franco Maria Ricci Editore, 1989, tavola LV

 “Nulla restò delle antiche forme,

le terre, le città, le strade, i segni svanirono”

Pietro Colletta

 

Il “tremuoto” del 1783 rappresenta, per la città di Reggio, la sventurata occasione per operare un grande cambiamento. Artefice è l’ingegner Giovan Battista Mori, progettista del piano regolatore generale post sismico, con un progetto di riedificazione della città in cui le mura lasciarono respiro verso il mare, con una massiccia opera di “sfondamento” architettonico e una nuova impostazione razionale e illuministica del tessuto urbano.

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Mercoledì 5 febbraio 1783. Sono circa le tredici e quindici quando «un cupo sotterraneo mugito a guisa di continuati tuoni» atterrisce i cittadini di Reggio Calabria: uomini, donne e bambini sconcertati, cercano una via di fuga. Per due interminabili minuti la terra trema seminando morte e distruzione in tutta la Calabria ulteriore e nel Messinese e continuerà a farlo per due anni, in modo violento, con scosse molto ravvicinate fra loro, che raggiungeranno anche il nono grado della scala Mercalli. Le ferite inferte ai territori interessati da questa crisi sismica senza precedenti sono profondissime: non sono solo gli edifici pubblici e privati a subire drammaticamente l’impatto del terribile flagello. Ad essere stravolta è anche la conformazione idrogeologica di questa estrema propaggine dei domini di Sua Maestà Ferdinando IV di Borbone: profonde voragini si aprono nel terreno, intere colline franano a valle, il corso dei torrenti viene deviato, dalle viscere della terra emergono pozze di acqua maleodorante, veri e propri laghetti artificiali, perniciosi vettori della malaria. Fenomeni simili si sono verificati anche a Reggio Calabria, sul litorale, appena fuori le mura difensive che, prima dei “tremuoti”, cingevano la città. Il fenomeno significante, avvenuto in Reggio, è quello della mutazione succeduta nella strada, detta de’ Giunchi. Questo sito giace rasente il mare su la man diritta di chi volge le spalle alla città. Quivi si aprirono molte fenditure, dalle quali […] sgorgarono acque torbide, e d’ingrato odore [...]. Lungo la spiaggia conterminale a questo luogo vi erano molte officine, stabilite per trarre da’ bachi la seta. Il mare dianzi baciava queste sponde; e ne’ tempi più tempestosi gli ordigni, ivi giacenti, rimaneansi a coverto dagl’ insulti delle onde. / Ne’ fatali momenti del tremoto si mutò talmente l’aspetto antico delle cose, che il mare traboccò le sponde, e le inondò a segno, che dovettero di là togliersi gli ordigni da seta, e trasportarsi altrove: nè già si creda che quell’alterazione fosse durata ne’ soli momenti della rivoluzione ma per l’opposito essa è tutt’ora durevole, e il mare sopravvanza quasi per l’altezza di due palmi l’antico livello della spiaggia (M. Sarconi, Istoria de’ fenomeni del tremuoto avvenuto nelle Calabrie e nel Valdemone nell’anno 1783 posta in luce dalla Reale Accademia delle Scienze, e delle Belle Arti di Napoli, Napoli, presso Giuseppe Campo impressore della Reale Accademia, 1784, pp. 366 – 367).

Reggio, 18 maggio 1799

Reggio, 18 maggio 1799

Resoconto sullo stato degli edifici lesionati e pericolanti, con i relativi interventi da eseguire, redatto dall’ingegnere Stefano Calabrò.

Archivio Storico del Comune di Reggio Calabria (ASCRC), Preunitario-Giunta di Riedificazione, B. 2, fasc. 11.

 

Il 14 febbraio l’equipaggio della fregata Santa Dorotea, partita dal porto di Messina e giunta a Napoli, fornisce al Re notizie di prima mano sulla reale portata dell’immane tragedia. Informato della gravità della situazione Ferdinando IV corre ai ripari: stanzia i primi fondi per cercare di alleviare le sofferenze delle popolazioni colpite dal sisma e contemporaneamente invia nelle Calabrie il principe di Strongoli, maresciallo di campo Francesco Pignatelli nella veste di suo vicario generale con poteri di alter ego. Al fianco di Pignatelli gli ingegneri Antonio Winspeare e Francesco La Vega, con il compito di attivare le procedure necessarie per l’avvio della ricostruzione dei territori martoriati dalle imponderabili forze della Natura. Compito arduo perché a disfarsi per effetto dei terribili “tremuoti” che non danno tregua è stato l’intero tessuto urbanistico, economico e sociale. Per finanziare la ricostruzione che si prospetta onerosissima il Sovrano, su proposta di Pignatelli e con il benestare di papa Pio VI, decide di attingere al patrimonio degli ordini religiosi dei territori colpiti: il 29 maggio 1784 sono soppressi tutti i monasteri e i conventi con meno di dodici individui e i loro beni sono incamerati. Il 4 giugno dello stesso anno è istituita la Cassa Sacra con sede in Catanzaro: presieduta da Vincenzo Pignatelli, duca di Monteleone e fratello di Francesco Pignatelli, la Cassa sacra ha il compito di immettere sul mercato i beni degli ordini religiosi incamerati e di erogare i fondi così ottenuti per finanziare la ricostruzione. La temperie illuministica che ha suscitato ampie adesioni alla corte di Napoli favorisce il prevalere di un approccio razionalizzatore alla luce del quale la devastazione provocata dai terremoti viene chiaramente percepita come l’occasione per imprimere a Reggio Calabria un nuovo assetto urbanistico che segni un momento di svolta, di autentico cambiamento per la città, volano per una rinascita non solo materiale ma anche spirituale. Questo l’intento che animerà l’ingegnere napoletano Giovan Battista Mori che sulla carta disegna la città nuova, una città molto diversa da quella visitata da Michele Sarconi subito dopo i “tremuoti” di febbraio:

 le strade della città sono quasi tutte situate a pendio troppo scosceso: esse sono tortuose, e strette a norma del gusto dell’antichità: circostanza, che ora tende pericoloso il camminarvi per entro, e imprudente, il trattenervicisi a titolo di osservarne le ruine. Nelle fabbriche non v’ha carattere né bello, né regolare, né grazioso.

Un giudizio tutt’altro che lusinghiero questo espresso da Sarconi, autorevole membro della Reale Accademia delle Scienze e delle Belle Lettere di Napoli, giunto a Reggio Calabria a capo di una spedizione voluta dal Re. Di questo giudizio tiene certamente conto Ferdinando IV e il suo più stretto entourage nel formulare le direttive di massima che ispireranno il nuovo piano della città, il cosiddetto “piano Mori”.

Pianta della Città di Reggio Calabria nel 1783

Pianta della Città di Reggio Calabria nel 1783 con il nuovo piano regolatore progettato dall’Ing. G.B. Mori, Archivio storico della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Reggio Calabria e la Provincia di Vibo Valentia.

I punti di forza del nuovo piano che Mori intende delineare sono due: un impianto della città incardinato sulla razionalizzazione dell’intero sistema viario, volto a fare ordine nell’intricato groviglio di vicoli e strade, e l’abbattimento della cinta muraria difensiva con la creazione di una elegante Palazzina fronte mare, emula della splendida Palazzata di Messina distrutta dai “tremuoti”, potente metafora della palingenesi di una città che cambia aprendosi a un elemento, il mare, tradizionalmente percepito come fonte di pericolo. Inoltre la riedificazione dovrà avvenire nel rispetto delle norme antisismiche formulate nel R. Decreto 20 marzo 1784 recante “Istruzioni per la ricostruzione di Reggio”:

1. L’aspetto degli edifizi sarà semplice ed elegante;

2. la loro altezza sarà d’un sol piano superiore, oltre il pianterreno, in tutto palmi trenta. Negli edifizi costruiti su le piazze o su le più ampie vie, oltre la detta misura potrà alzarsi un mezzanino dai nove ai dieci palmi;

3. divieto di balconi di grossa mole […];

4. fasce di ferro da stringere ogni edilizio in tutte le sue parti;

5. le case avranno una rete interna di legname di poca fabbrica rivestite;

6. divieto di costruzione di cupole e campanili;

7. la principale strada avrà palmi 50 di larghezza, le traversali quella di 24 a 30.

 

Reggio Calabria, 1784

Reggio Calabria, 1784

Regolamenti che servir debbono d’istruzione e di norma alla Deputazione della Riedificazione della Città di Reggio pella esecuzione della Pianta della suddetta Città

ASCRC, Preunitario-Giunta di riedificazione, B.1, fasc. 9

 

Nella redazione del nuovo piano della città Mori è inevitabilmente condizionato dalle caratteristiche del territorio di Reggio, delimitato a ovest dal mare, a est dalle pendici dell’Aspromonte e nord e a sud dai torrenti Annunziata e Calopinace. Questa peculiare conformazione dei luoghi induce Mori a progettare un tessuto urbano a pianta rettangolare che si distende lungo la costa per circa un chilometro e che prevede un’arteria centrale, lo “Stradone” (poi Corso Borbonico, attuale Corso Garibaldi), parallela alla linea costiera e larga 50 palmi, da cui si articolano alcuni assi ortogonali, cinque dei quali attraversano il tessuto urbano “da mare a monte”, mentre altri si diramano nell’interno. La griglia ortogonale su cui è incardinato il tessuto urbano, letteralmente sagomata sulle pendenze naturali del territorio, conferisce alle vie trasversali che intersecano lo “Stradone” un suggestivo angolo prospettico, facendole diventare autentici “cannocchiali” sul mare. Due le piazze principali sullo “Stradone”: il “piano” della Cattedrale e la grande piazza del mercato. Inoltre il Piano Mori suddivide la città in rioni con viabilità interna autonoma. Ogni rione comprende più isole fra loro simmetriche che conferiscono regolarità all’impianto urbanistico complessivo. La fascia litorenea è protetta da una “banchetta per garantire le abitazioni dagli insulti del mare”.

 

Reggio, 10 febbraio 1885

 

Reggio, 10 febbraio 1885

Planimetria del litorale dal torrente Caserta alla Stazione Centrale.

Archivio di Stato di Reggio Calabria (ASRC), Prefettura – Affari generali, inv. 15, b. 65, fasc. 47

 

Dopo i tremuoti del 1783, così come dopo il drammatico sisma del 1908, è un’intera comunità dolente a unire le forze in un congiunto desiderio di rinascere, come araba fenice, dalle proprie ceneri: la “città di legno” cede lentamente il passo a una città del tutto rinnovata, correttamente pensata e voluta come sospesa tra terra e mare, perché tale è la città di Reggio Calabria, anche geograficamente ricompresa tra l’Aspromonte che la incorona e lo Stretto che la lambisce terra e mare, una endiadi che trova emblematica estrinsecazione, anche urbanistica, nello Stradone, l’attuale Corso Garibaldi, e nella Strada Marina.

Reggio, 14 novembre 1848

 

Reggio, 14 novembre 1848 

Pianta de’ suoli vicino la Dogana attuale di Reggio da servire alla Giunta di Riedificazione con l’indicazione delle espropriazioni per l’allineamento della Palazzina oltre la chiesa di Porto Salvo.

ASRC, Intendenza Giunta di Riedificazione, inv. 2 bis, b. 3, fasc. 116

 

​​​​​​​​​​Reggio Calabria, 1829

 

Reggio Calabria, 1829

Pianta della villa attaccata al palazzo arcivescovile di Reggio da oriente in due piani, con un piccolo casino sopra il secondo piano, sotto la direzione del canonico don Felice Barilla per ordine di S. E. R. Mons. frà Leone di Maria Immacolata arcivescovo di Reggio nel 1829.

Archivio Storico Diocesano Reggio Calabria-Bova (ASDRCB), Cattedrale S. M. Assunta in Reggio, b. 6 fasc. 17b.

Reggio Calabria, 1 novembre 1794

…inoltre essendo il suolo di questa Città soggetto a tremuoti avanti alle porte della Cattedrale vi dee essere un gran piano sgombro dagli edifizi per lo sicura ricovero del popolo…

Reggio Calabria, 1 novembre 1794

I Deputati della riedificazione della Chiesa Cattedrale di Reggio ricorrono al marchese don Ferdinando Corradini, presidente del Supremo Consiglio delle R. Finanze, affinché nulla s’innovi intorno all’estensione del piano che sta ancora segnato in una delle piante lasciate dall’Ingegnere Mori.

ASDRCB, Curia Reggio - Affari generali - Terremoto 1783, b. 1 fasc. 18a                                                                 

 

Il nuovo volto di Reggio è frutto di un cambiamento anche simbolico: lo Stradone come metafora di una comunità che crea occasioni di incontro, ideale “agorà” in quanto arteria che attraversa l’intero centro urbano, pensata da Mori come elemento di razionalizzazione ma divenuto di fatto punto imprescindibile di raccordo della vita cittadina e della comunità dei reggini; La Via Marina come metafora di un tentativo di apertura verso il mare che da elemento estraneo, oscuro, fonte di pericolo da cui difendersi erigendo mura, inizia a essere percepito come risorsa, come elemento che non divide ma che, al contrario, unisce, non più muro ma ponte, suscettibile quindi di diventare volano di sviluppo economico e sociale. Ecco allora l’abbattimento delle mura della città e la “nascita” della Via Marina, “messaggio nella bottiglia” per un cambiamento possibile e ancora oggi in cammino.

 

La Palazzina di Reggio Calabria

La Palazzina di Reggio Calabria, dettaglio tratto dal dipinto, copia di autore anonimo, della Madonna della Consolazione dell’Eremo dei Cappuccini in Reggio Calabria, olio su tela, chiesa di S. Maria della Cattolica, 1857 – 1859.

 

L’articolo è tratto dalla mostra “Dai tremuoti del 1783 al sisma del 1908. Reggio Calabria tra terra e mare: lo Stradone e la Via Marina” realizzata nell’ambito del festival “Archivissima 2022 – La Notte degli Archivi”

dall’Archivio di Stato di Reggio Calabria in collaborazione con la Soprintendenza archivistica e bibliografica della Calabria, con l’Archivio Storico Diocesano RC-Bova e con l’Archivio Storico del Comune di RC.

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Ricerche

Per l’Archivio di Stato di Reggio Calabria: Maria Mallemace, direttore; Maria Cristina Brandolino, archivista.

 

Per l’Archivio Storico Diocesano Reggio Calabria-Bova: Maria Pia Mazzitelli, direttore; Maria Barillà, archivista.

 

Ricerche presso l’Archivio Storico del Comune: Ada Arillotta, già Soprintendente Archivistico e bibliografico della Calabria; Maria Mallemace, direttore dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria; Giuseppina Bagnato, funzionario presso la Soprintendenza Archivistica e bibliografica della Calabria; Maria Cristina Brandolino, archivista presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria.