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Ricordo di Carlo Malagola a 110 anni dalla morte

23 ottobre 1910-2020
Carlo Malagola
Carlo Malagola

Qualche notizia su Malagola

Oggi, 23 ottobre 2020, ricorre il 110° anniversario della scomparsa di Carlo Malagola, direttore dell’Archivio di Stato di Venezia dal 1898 al 1910.

Nato a Ravenna il 5 agosto 1855, a soli 23 anni, nel 1878 entrò nell’Amministrazione archivistica e fu assegnato all’Archivio di Stato di Bologna. In quello stesso anno si laureò con lode in giurisprudenza nell’Università di quella città. Si sposò con Concetta Pignocchi, dalla quale nel 1883 ebbe il figlio Guido. A partire dal 1882 resse la direzione dell’Archivio di Stato felsineo, carica alla quale, tuttavia, fu ufficialmente nominato soltanto nel 1884. Dal 1888 fu libero docente di paleografia e diplomatica nell’Alma Mater e nel 1898 fu nominato direttore dell’Archivio di Stato di Venezia.

Nei vent’anni trascorsi a Bologna elaborò il complesso disegno conservativo sotteso alla ripartizione e all’ordine dati alla cospicua documentazione conservata dall’Archivio di Stato: questi meriti e la fama di “archivista valentissimo, operoso, e ordinatore” gli procurarono la promozione – da lui espressamente richiesta – alla direzione dell’archivio di Stato più importante d’Italia che necessitava all’epoca di “un’opera energica, competente, indefessa, efficace di riordinamento” (così si legge dal verbale della seduta del Consiglio degli Archivi del Regno del 20 marzo 1898).

Giunto a Venezia “per fare l’impiegato e l’ingegnere” (come egli stesso dichiarò all’amico padovano Antonio Favaro), Malagola pose fermamente mano alla riorganizzazione dei servizi e alla ristrutturazione degli spazi, dedicando, inoltre, particolare attenzione allo studio dei metodi archivistici in uso presso le magistrature venete e alla conservazione delle collezioni diplomatiche e dei sigilli.

 

L’inchiesta disciplinare

Il 30 settembre 1910, qualche giorno dopo il 12° anniversario del suo arrivo nella città lagunare, Malagola fu urgentemente richiamato a Venezia da San Marino (dove si trovava in licenza straordinaria dal luglio precedente per il riordinamento dell’Archivio della Repubblica) a causa dell’arrivo in Archivio di Stato dell’ispettore generale del Ministero dell’interno Antonio Mosconi per una verifica alla contabilità dell’ufficio.

L’indagine era stata disposta a seguito di una lettera anonima indirizzata al Ministero e proveniente con molta probabilità dagli stessi Frari. Dalle giustificazioni di Malagola alle contestazioni sollevate da Mosconi durante la sua visita a Venezia è possibile ricostruirne il contenuto.

La natura delle accuse rivolte alla direzione era eterogenea: si spaziava difatti da questioni squisitamente amministrativo-contabili a polemiche sulla gestione degli spazi dei depositi e sulla collocazione dei fondi archivistici, per finire con rimostranze sullo stesso comportamento del direttore e sui rapporti con il personale.

Tra gli addebiti più rilevanti e che maggiormente turbarono Malagola (a questi dedicò infatti più cura e spazio nelle giustificazioni per l’ispettore) figurano certamente quelli legati ai lavori condotti nell’alloggio demaniale, prima per la riparazione di un pavimento, le cui spese furono effettivamente sostenute dal Ministero in quanto proprietario, poi per l’installazione di alcuni infissi, originariamente destinati a locali dell’Archivio e, per un errore nella perizia, dirottati verso l’appartamento del direttore. Di una certa entità si rivelò anche l’accusa di essersi servito di alcuni dipendenti per un suo studio personale (pubblicato in effetti nel 1909 col titolo Le Lido de Venise a travers l’histoire), critica alla quale Malagola rispose ricordando, tra le altre cose, come proprio a lui si dovesse il merito di aver eliminato l’abuso delle ricerche condotte per gli studiosi dietro pagamento diretto agli impiegati.

 

La morte tragica

Malagola non attese le risultanze dell’inchiesta condotta da Mosconi. Sfibrato dai lunghi anni di conduzione dell’Istituto, impegnato quasi esclusivamente in questioni amministrative e lavori edilizi, ma soprattutto amareggiato dalle accuse che riteneva ingiuste e ingenerose, domenica 23 ottobre 1910 alle 9 del mattino si suicidò con un colpo di pistola alla tempia nel suo appartamento di San Nicoletto dentro il complesso dei Frari.

Da tutto il mondo della cultura unanimi furono lo sconcerto per il gesto estremo e del tutto inatteso, nonché il cordoglio per la perdita di un uomo davvero straordinario.

Il successivo 30 ottobre la figura del direttore fu ricordata nell’adunanza dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti dal socio Giuseppe Lorenzoni con queste parole: “Povero Malagola, turbato profondamente, proclamando la sua innocenza, non ha avuto la forza di resistere, fino al riconoscimento di essa, e si è tolta la vita. Non giudico, credo anzi che sia opera virtuosa di un popolo giovane come il nostro di pretendere che le amministrazioni pubbliche siano condotte con rettitudine. Ma deploro vivamente questa smania di denigrazione, alla quale anche uomini sereni non sanno opporsi, e che, in base ad accuse anonime o ad altre analoghe, si espongano pubblicamente per un lungo periodo di tempo ad un vero supplizio persone che godono la stima generale ed hanno reso dei veri servizi al paese. E così avviene che uomini, fisicamente deboli, non abbiano sufficiente forza per resistere, soffrendo”.

Quanto emerge dalle carte ufficiali, dalla cronaca del tempo e dai commenti degli ambienti letterari anche di decenni più tardi, ci restituisce la figura di uno studioso tanto nobile e appassionato quanto fragile di fronte alla sofferenza causata dalla natura umana.