Maru, ancilla Dei
Il documento più antico conservato nell’Archivio di Stato di Venezia ci fornisce tante notizie e apre tante domande, una delle quali avrà presto risposta
Il documento
Il documento più antico conservato nell’Archivio di Stato di Venezia è il cosiddetto testamento di Maru.
Si tratta di una pergamena redatta a Trieste sul finire della prima metà del IX secolo e appartenente al fondo archivistico dell’abbazia di Santa Maria in silvis di Sesto al Reghena (PN).
Nell’ambito del cd. diritto intermedio, è un atto privato con il quale Maru, che si autodefinisce ancilla Dei, dispone un lascito a favore dell’abbazia e, in particolare, del suo abate Lupone. Il termine ancilla Dei, spesso tradotto con monaca, sta più probabilmente a indicare un legame di natura religiosa o devozionale di carattere generale tra la donna e l’abbazia benedettina.
Nel documento Maru si dice malata, ma sana di mente e, dunque, prossima alla morte. Per questo richiede al notaio e chierico Domenico di redigere questa cartula al fine di assegnare parte dei propri beni al monastero, nel rispetto del diritto vigente nella Trieste dell’epoca. Si tratta, ovviamente, di un contesto giuridico vario e mutevole, in cui elementi del diritto longobardo e bizantino coesistono con quelli di origine romana e franca.
Il lascito di Maru consiste in cinquantacinque ceste di olive da consegnare al granaio dell’abbazia: un patrimonio notevole, che lascia intuire l’appartenenza di questa donna a uno stato sociale piuttosto benestante.
Il documento è sottoscritto dal notaio, da diversi rappresentanti degli ordini civili e da Maru stessa che, con un segno di croce tracciato prima del proprio nome, assevera il contenuto della pergamena secondo l’uso del tempo.
L’importanza del testamento di Maru, oltre che nell’antichità, risiede proprio nella straordinaria figura di questa donna del IX secolo. Pur nel limitato contesto di un documento di natura “testamentaria”, infatti, emerge l’immagine di una possidente che dispone in autonomia del proprio patrimonio destinando un’eredità a favore del fratello Giovanni e dei nipoti – sulla quale purtroppo non sappiamo nulla – e il lascito in natura, oggetto della cartula testamenti.
Proprio la libera disponibilità di un patrimonio suggerisce che Maru non fosse una religiosa: in tal caso, infatti, avrebbe dovuto rinunciare ai propri beni all’atto della professione solenne o comunque disporne con l’assenso della propria badessa, alla quale qui non si fa alcun cenno.
La sottoscrizione col segno di croce, lungi dall’essere indicatore di analfabetismo, è perfettamente coerente con questa tipologia di documentazione e in tutto simile a quella dei testimoni all’atto.
I documenti più antichi dell’abbazia di Sesto al Reghena, sopravvissuti nei secoli attraversando razzie e distruzioni, furono raccolti nel 1754 dall’arciprete di Gemona Giuseppe Bini e riuniti nel cartulario oggi conservato presso l’Archivio di Stato. L’abbazia di Sesto, tutt’oggi attiva, costituiva un importantissimo centro benedettino, arricchitosi proprio grazie a donazioni e a lasciti come quelli di Maru. L’abbazia fu soppressa dal Senato della Serenissima nel 1789 per poi ripartire nel XIX secolo.
Stato e conservazione
Dal punto di vista conservativo, la pergamena è giunta a noi in buono stato ed è stata adagiata su un supporto di cartoncino a pH neutro, a sua volta inserito in una cartellina, sempre di carta neutra e trattenuta nel recto da due sottili fili di cotone. Questi accorgimenti ne consentono la conservazione ottimale e ne garantiscono una sicura manipolazione.
Per ragioni di tutela, la pergamena, come le altre contenute nell’unica busta appartenente al fondo dell’abbazia di Santa Maria in silvis, è esclusa dalla consultazione. Gli studiosi possono tuttavia visionare la documentazione attraverso le fotoriproduzioni digitali di alta qualità disponibili presso la Sala di studio dei Frari: un sistema che consente di conciliare le ragioni prioritarie della conservazione con le esigenze della fruizione da parte dei ricercatori.
Il giallo della data
Infine, un piccolo giallo di cronologia e di diplomatica. Negli ultimi anni la datazione del documento non è stata univoca. Gli studiosi, infatti, non sono concordi nel datare il testamento di Maru e propongono l’849 d.C. oppure l’847 d.C.
È stato, pertanto, nominato un gruppo di lavoro con Alessandra Schiavon, archivista dell’Archivio di Stato di Venezia, dove tuttora insegna diplomatica ed è stata docente della materia di Gianni Penzo Doria, attuale Direttore dell’Istituto e di Andrea Erboso, a loro volta docenti della Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica.
Tutti e tre stanno promuovendo una nuova analisi diplomatistica e cronologica del testamento di Maru che, coinvolgendo gli stessi allievi della Scuola APD, ha l’obiettivo di giungere a una definizione del problema di cui daremo conto su Filodiritto il prossimo mese.
1ª puntata di Pezzi unici sul Canale YouTube dell’Archivio di Stato di Venezia.
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