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Un ricordo di Umberto Boccioni a 140 anni dalla sua nascita

Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 19 ottobre 1882 – Verona, 17 agosto 1916)
Boccioni, Autoritratto, 1908, olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera
Boccioni, Autoritratto, 1908, olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera

Un ricordo di Umberto Boccioni a 140 anni dalla sua nascita

Nato per caso in riva allo Stretto, Umberto Boccioni è un reggino illustre il cui atto di nascita è conservato presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria, nei registri di Stato Civile dell’anno 1882, al n. 1300.

Il documento è stato esposto presso la sede dell’Istituto in occasione delle celebrazioni organizzate nel 2022 per commemorare i 140 anni dalla sua nascita.

Archivio di Stato di Reggio Calabria, Stato Civile, Nati di Reggio Calabria, Anno 1882, vol. 2159, atto n° 1300
Archivio di Stato di Reggio Calabria, Stato Civile, Nati di Reggio Calabria, Anno 1882, vol. 2159, atto n° 1300

Trascrizione

L’Anno milleottocentoottantadue, addì ventitre di Ottobre a ore antimeridiane undici e minuti quarantacinque, nella Casa Comunale.

Avanti di me Palmisano Tommaso, Segretario delegato dal Sindaco con atto del diciassette Luglio  milleottocentosettantaquattro debitamente approvato Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Reggio, è comparso Boccioni Raffaele, di anni trentanove, impiegato domiciliato in Reggio Calabria, il quale mi ha dichiarato che alle ore pomeridiane tre e minuti quindici, del dì diciannove del corrente mese, nella casa posta in Via Cavour al numero quarantuno, da Forlani Cecilia sua moglie civile secolui convivente, è nato un bambino di sesso mascolino che egli mi presenta, e a cui dà il nome di Umberto.

A quanto sopra e a questo atto sono stati presenti quali testimoni Palermo Antonio, di anni trentanove, Guardia Municipale e Misiano Vincenzo, di anni cinquantaquattro, entrambi residenti in questo Comune.

Letto il presente atto gl’intervenuti si sono i medesimi meco sottoscritti.

Boccioni Raffaele

Palermo Antonio

Vincenzo Misiano

T. Palmisano

 

Come registrato nell’atto, Boccioni viene alla luce il 19 ottobre 1882 a Reggio Calabria.

In quella casa di via Cavour n. 41, che sarà distrutta dal sisma del 1908, il padre Raffaele, originario di Morciano di Romagna come la moglie, si era stabilito in città a seguito degli spostamenti dovuti al proprio lavoro di commesso di Prefettura.

La tappa successiva della famiglia Boccioni sarà Forlì, in cui sosterà per circa tre anni prima di trasferirsi a Genova nel 1885 e poi a Padova nel 1888, dove Umberto inizierà i suoi studi.

Nel 1897 il lavoro del padre lo conduce a Catania insieme a lui, mentre Cecilia e la figlia Amelia rimangono a Padova: la separazione dei suoi cari e il distacco dalla madre lasceranno un’impronta indelebile nella vita e nell’arte di Boccioni, che svilupperà il tema della distanza, in particolare dalle figure femminili della sua famiglia, che resteranno per sempre i suoi punti di riferimento affettivi.

È a Catania che Boccioni concluderà gli studi, collaborerà con la “Gazzetta della Sera” e rifletterà sull’ipotesi di diventare giornalista.

Il suo incontro con l’arte avviene a Roma, città in cui Boccioni stringe un duraturo legame d’amicizia con Gino Severini. Assieme a quest’ultimo si iscrive al corso di Disegno pittorico della Scuola Municipale delle Arti Ornamentali e frequenta la Scuola libera del Nudo, dove conosce anche Mario Sironi. Negli anni seguenti l’artista scopre Giacomo Balla, reduce da un soggiorno a Parigi e dall’esperienza con l’Impressionismo francese, che lo introduce al Divisionismo.

Questa nuova corrente pittorica colpisce Boccioni per la «qualità della vibrazione luminosa» riportata con raffinatezza sulla tela con tocchi di colore: Severini dirà di lui che «riesce a dare alla pennellata un modo ardito e violento». Dal 1903 espone alla “Mostra annuale della Società Amatori e Cultori di Roma” fino al 1905, quando le sue opere (tranne un Autoritratto) e quelle di Severini verranno rigettate e gli artisti allestiranno una parallela “Mostra dei rifiutati” presso il foyer del Teatro Nazionale di Roma.

Nel 1906 Boccioni è a Parigi, dove approfondisce gli argomenti principali della sua pittura: il paesaggio, la figura, il viaggio. Studia in ogni dettaglio la vita della “Ville lumière” e ritrae spesso cavalli, uno dei suoi temi prediletti.

Nello stesso anno, dopo aver stretto un intimo legame con Augusta Petrovna Berdnicova, intraprende un viaggio in Europa, tra Francia, Belgio, Germania, Polonia e Russia, dove conoscerà la famiglia della donna, che avrà da lui anche un figlio.

Al suo rientro a Padova nel 1907, Boccioni inizia a scrivere tre diari fondamentali per comprendere l’artista, i “Taccuini Futuristi” dai quali emerge tutta la sua insofferenza nei confronti di quella realtà provinciale priva degli stimoli che lo avevano animato durante i suoi soggiorni nelle grandi città straniere e che sono nutrimento irrinunciabile per la creatività.

Trasudano da quelle pagine un’urgenza di cambiamento e innovazione, una brama di nuove fonti di ispirazione, che troveranno espressione di lì a poco nel Futurismo.

 «Sento che voglio dipingere il nuovo, il frutto del nostro tempo industriale. Sono nauseato di vecchi muri, di vecchi palazzi, di vecchi motivi di reminiscenza, voglio avere sott’occhio la vita d’oggi […] voglio del nuovo, dell’espressivo, del formidabile!».

Umberto Boccioni, Taccuini Futuristi,1907

Sempre nel 1907 Boccioni si reca a Venezia, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti, apprende la tecnica dell’acquaforte e si discosta dalla pittura ancora naturalistica di Balla per svilupparne alcuni aspetti più “simbolici” che sfoceranno nella sua pittura degli stati d’animo. Nel mese di marzo aveva potuto vedere il “Salon des peintre divisionnistes italiens”, entrando in contatto con la pittura di Segantini, Previati e Fornara.

Ancora nello stesso anno, dopo un viaggio a Monaco durante il quale ammira le opere dei Secessionisti, si stabilisce a Milano, città che in quel momento ospita anche la madre e la sorella e in cui Umberto ritrova la sua prima passione, Ines.

Negli anni successivi al 1908 la sua attività artistica si intensificherà, con la pubblicazione di un disegno sull’”Illustrazione italiana” e una serie di esposizioni tra cui la Permanente di Milano. In questo periodo stringerà un legame sentimentale con Margherita Sarfatti.

Decisivo per la svolta artistica di Boccioni è l’incontro con Filippo Tommaso Marinetti, autore del Manifesto del Futurismo pubblicato il 20 febbraio del 1909 su “Le Figaro”.

«1. Noi vogliamo cantare l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia ed alla temerarietà. 2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3. […] Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa […]. 4. […] Un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia.».

F.T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, “Le Figaro”, 1909

L’avanguardia futurista esprime, con toni duri e polemici, una dirompente volontà di svecchiamento, è contrario alla tradizione, al “passatismo” borghese e a tutto ciò che risulti inadeguato a rappresentare la modernità e il progresso. Un rifiuto che si manifesta come esaltata, violenta rottura, declinata in manifestazioni artistiche nuove ed aggressive dal punto di vista formale.

In comunione di ideali e intenti con il nascente movimento, contrario al sistema-arte, Boccioni elabora insieme a Carrà e Russolo il Manifesto dei pittori futuristi pubblicato il 10 febbraio 1910. Altri artisti rinomati come Romani, Balla, Severini, entreranno e usciranno dal movimento in questi anni.

«La nostra brama di verità non può essere appagata dalla Forma né dal Colore tradizionali! […] Il gesto, per noi, non sarà più un momento fermato del dinamismo universale, sarà decisamente la sensazione dinamica eternata come tale. Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido […]».

Boccioni, Carrà, Russolo, Bonzagni, Romani, Manifesto tecnico dei pittori futuristi, 1910

La città che sale, 1910-1911, olio su tela, New York, Museum of Modern Art
La città che sale, 1910-1911, olio su tela, New York, Museum of Modern Art

Il dinamismo è la cifra stilistica del Boccioni futurista, come emerge dalle sue opere più celebri, sia nell’ambito della scultura, si pensi a Forme uniche della continuità nello spazio (1913), sia nel campo della pittura con La città che sale (1910-11), solo due dei suoi capolavori, tra i più rappresentativi della sua intera produzione artistica e della corrente futurista.

Forme uniche verrà esposta a Parigi nel 1913 in occasione della prima mostra di scultura futurista alla Galerie La Boétie.

Forme uniche della continuità nello spazio, 1913, bronzo, Milano, Museo del Novecento
Forme uniche della continuità nello spazio, 1913, bronzo, Milano, Museo del Novecento

Nel 1910 viene organizzata a Ca’ Pesaro, a Venezia, la prima personale di Umberto Boccioni. Seguono diverse manifestazioni tra cui l’Esposizione d’arte libera a Milano e la Conferenza sulla pittura futurista presso il Circolo Artistico di Roma in Via Margutta nel 1911, i cui temi sono rappresentati nel trittico Stati d’animo. Il movimento futurista viene presentato in tutta Europa grazie all’intenso programma di promozione messo in pratica da Marinetti negli anni seguenti: mostre organizzate da Parigi a Londra, da Berlino a Bruxelles, da Amsterdam a Dresda, in cui gli artisti futuristi hanno l’opportunità di esporre accanto ai massimi rappresentanti delle Anvanguardie di tutta Europa.

All’alba della Prima guerra mondiale, molti protagonisti del movimento futurista tra cui lo stesso Boccioni, si dichiarano ferventi sostenitori dell’interventismo e nel 1915 si arruolano per combattere. Ma non sarà il conflitto a causare la morte dell’artista, bensì una tragica caduta da cavallo a seguito della quale Boccioni si spegnerà il 16 agosto del 1916, a Sorte di Verona, a soli 34 anni.