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Il “Canto dei Popoli del Regno delle Due Sicilie nel 1861”

Frontespizio dello spartito del “Canto dei popoli del Regno delle Due Sicilie nel 1861”
Frontespizio dello spartito del “Canto dei popoli del Regno delle Due Sicilie nel 1861”

Il 17 ottobre 1861 Francesco Petrelli, ispettore della prima Divisione della Questura di Napoli, riceve nel suo ufficio Giuseppe Albano, “figlio del fu Michele, di Napoli, di anni 49, Professore di musica, e 1mo flauto della Cappella Reale”. Albano deve riferire all’ispettore Petrelli un avvenimento singolare accadutogli poche ore prima. Si era recato, come era solito fare, ad intrattenersi nel negozio di strumenti a fiato al numero 29 di Largo Castello gestito da Cesare Ruggiero, “figlio del fu Nicola, nativo di Airola”, ma napoletano d’adozione da quattro decenni.

Il Ruggiero gli aveva allora consegnato un plico sotto fascia pervenutogli in negozio all’indirizzo di Vincenzo Albano, fratello del dichiarante, “professore di flauto nel Real Teatro di S. Carlo”.

Giuseppe Albano lo aveva aperto e, con sua grande sorpresa, si era reso conto che il plico conteneva niente meno che “un inno messo in musica” celebrante il deposto re Francesco II di Borbone.

Ignorando - a suo dire - il mittente e la provenienza del compromettente collo, si era affrettato ad andare in questura per denunciare il fatto e “darne partecipazione per suo discarico”.

Verbale della deposizione rilasciata da Giuseppe Albano all’ispettore  Francesco Petrelli il 17 ottobre 1861 (particolare)
Verbale della deposizione rilasciata da Giuseppe Albano all’ispettore Francesco Petrelli il 17 ottobre 1861 (particolare)

Ricevuta la denuncia, lo zelante ispettore Petrelli manda subito a chiamare il Ruggiero. Questi conferma la deposizione dell’Albano e, anzi, aggiunge che il plico gli era stato consegnato alle due e mezzo pomeridiane da un “portalettere della regia posta”, insieme con una lettera “direttagli da suo figlio Giovanni, che trovasi in Torino come cantante”. Non solo: il Ruggiero esibisce al pubblico ufficiale lo spartito della sovversiva composizione, che Petrelli puntualmente manda al questore.

Il curioso incidente, però, non termina qui. Il segretario generale della questura comunica l’accaduto al direttore compartimentale delle Poste nelle Province meridionali, il piemontese Carlo Vaccheri, raccomandandogli “di far verificare se trovinsi tuttavia in posta altri pieghi siffatti per impedire che sieno portati al loro destino” e di permettere a un delegato della stessa questura di interrogare tutti i postini che avevano prestato servizio in quella fatidica giornata del 17 ottobre “per conoscere, se sia possibile, con ogni maniera di segreto, a quali altre persone sono stati trasmessi de’ fogli somiglianti”.

Verbale della deposizione rilasciata da Giuseppe Albano all’ispettore  Francesco Petrelli il 17 ottobre 1861
Verbale della deposizione rilasciata da Giuseppe Albano all’ispettore Francesco Petrelli il 17 ottobre 1861

Due giorni più tardi Vaccheri dà riscontro alla richiesta, avvertendo che la sera del 16 ottobre precedente erano arrivati a Napoli, provenienti da Roma, 42 stampati, “fra quali 40 giornali, ossia stampe periodiche”. Considerato che quaranta “sono appunto gli stampati ordinari che giungono in ogni giorno da Roma”, il direttore compartimentale delle Poste conclude con impeccabile logica: “è da supporsi che un solo od al più due fossero i pieghi contenenti l’Inno Borbonico di cui è menzione”.

Vaccheri assicura di aver fatto anche interrogare i capiservizio, i quali avevano risposto di non ricordarsi d’aver notato un altro piego uguale a quello presentato; garantisce infine di aver impartito le opportune disposizioni “pel sequestro di quegli altri esemplari che fossero per arrivare”.

Qui si conclude l’affare, per quanto ne sappiamo.

Pagina interna dello spartito del “Canto dei popoli del Regno delle Due Sicilie nel 1861”
Pagina interna dello spartito del “Canto dei popoli del Regno delle Due Sicilie nel 1861”

Ma le carte del fondo Questura dell’Archivio di Stato di Napoli da cui sono tratte le precedenti citazioni ci hanno lasciato in eredità anche lo spartito dell’inno, recante sul frontespizio il titolo Canto dei Popoli del Regno delle Due Sicilie nel 1861, nonché l’indicazione - quasi certamente fittizia - del presunto stampatore, la “Litografia Partenopea a Toledo”, e perfino quella del prezzo di vendita: 60 grana.

Il Canto, come si è detto, è pervenuto in una versione per canto e pianoforte di 92 battute. Le prime venti sono in mi bemolle maggiore, 4/4, “Allegro Maestoso”. Seguono 48 battute in 2/4, “Tempo di Polka”, in la bemolle maggiore. Infine si torna al tempo iniziale: 24 battute, 4/4, in mi bemolle maggiore.

 

Per saperne di più

Documenti

  • Archivio di Stato di Napoli, Questura di Napoli, Gabinetto, I serie, busta 6

Libri

  • Ruggero Moscati, Riordinamenti nel R. Archivio di Stato di Napoli. Le carte del Gabinetto di Questura (1861-1882), in «Archivi», s. II, 1936, pp. 7-26
il canto dei popoli del regno delle due Sicilie

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