Il caso L’Orèal: finalmente anche la Corte EFTA disconosce il principio dell’esaurimento internazionale
Stavolta è stata la Corte EFTA nella sentenza pronunziata nel caso L’Oréal ad affermare, così uniformandosi al costante indirizzo dei giudici comunitari, che il principio dell’esaurimento internazionale è incompatibile con lo Spazio Economico Europeo (Corte EFTA, 8 luglio 2008, Cause riunite E-9/07 e 10/07, L’Oréal Norge AS c Per Aarskog AS e altri; L’Oréal Norge AS c Smart Club Norge AS).
Il quadro giuridico dello Spazio Economico Europeo (al quale partecipano gli stati membri dell’Unione Europea e tre stati membri dell’EFTA, Norvegia, Liechtenstein e Islanda) rispecchia in gran parte il diritto comunitario.
Tra le materie per la disciplina delle quali l’accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo rinvia al diritto comunitario vi è anche l’esaurimento dei diritti di proprietà intellettuale. (Si veda l’articolo 65 dell’accordo istitutivo e l’articolo 28 del Protocollo sulla Proprietà Intellettuale). L’Allegato XVII dell’accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo poi richiama espressamente l’articolo 7 della direttiva comunitaria sui marchi di impresa, la direttiva CE 89/104, che disciplina, peraltro in modo ambiguo, la questione dell’esaurimento del diritto del marchio.
Com’è noto i diritti di esclusiva del titolare del marchio di impresa, e di conseguenza il suo diritto di opporsi all’importazione di prodotti contrassegnati con il suo marchio, vengono meno al momento dell’immissione in commercio di tali prodotti nel territorio comunitario, o più precisamente Spazio Economico Europeo, con il consenso del titolare (esaurimento regionale o comunitario).
Tuttavia, l’articolo 7 della direttiva non chiarisce se il diritto di esclusiva del titolare del marchio viene meno anche in caso di immissione in commercio dei prodotti, sempre con il suo consenso, all’esterno dello Spazio Economico Europeo (esaurimento internazionale).
La questione dell’ammissibilità dell’esaurimento internazionale è stata affrontata qualche anno addietro prima dalla Corte EFTA e poi dalla Corte di Giustizia, le quali, tuttavia, hanno optato per soluzioni contrastanti.
Da un lato, la Corte EFTA nel caso Maglite ha riconosciuto che gli stati membri dell’EFTA possono legittimamente optare per il principio dell’esaurimento internazionale. A tal fine, la corte ha considerato la rilevanza dell’esaurimento internazionale per la tutela del libero commercio e della concorrenza e i benefici che tali hanno valori possono apportare ai consumatori (Corte EFTA, causa E-2/97, Mag Instrument c California Trading Company Norway).
Dall’altro lato, la Corte di Giustizia nel celebre caso Silhouette ha negato che gli stati membri della CE potessero optare per il principio dell’esaurimento internazionale senza violare il diritto comunitario. L’articolo 7 della direttiva deve essere quindi letto nel senso che impone agli stati membri il principio dell’esaurimento comunitario. (Corte di Giustizia CE, causa C-355/96, Silhouette International Schmied v Hartlauer Handelsgesellschaft, e anche causa C-173/98 Sebago and Maison Dubois. Di recente la Corte di Giustizia ha sancito l’inammissibilità del principio dell’esaurimento internazionale anche in materia di diritti di autore, causa C-479/04, Laserdisken).
La divergente giurisprudenza dei giudici comunitari e della Corte EFTA nell’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva marchi dipende dalla diversa natura dell’obbiettivo di integrazione economica che lo Spazio Economico Europeo e la CE intendono realizzare tra i rispettivi stati membri. Il primo ha come scopo la costituzione di una zona di libero scambio, mentre l’obbiettivo della seconda è la creazione di un’unione doganale e di una politica commerciale comune.
A tal fine, è necessario che le norme comuni siano interpretate e applicate in modo omogeneo. Riconoscere agli stati membri la possibilità di mantenere o introdurre nei rispettivi diritti nazionali il principio dell’esaurimento internazionale è incompatibile con l’omogenea interpretazione e applicazione delle norme comuni al punto da pregiudicare il funzionamento stesso del mercato interno.
Come si diceva in apertura, a seguito del rinvio da parte di due tribunali norvegesi di due casi di importazioni parallele, la Corte EFTA ha potuto di nuovo pronunziarsi sulla questione dell’esaurimento internazionale dei diritti di proprietà intellettuale. L’Orèal aveva citato per contraffazione del proprio marchio due importatori paralleli.
Questi avevano importato nel territorio norvegese una partita di prodotti contrassegnati con il marchio REDKEN di proprietà della società attrice. In precedenza i prodotti in questione erano stati già immessi in commercio negli Stati Uniti con il consenso dell’attrice stessa. I convenuti eccepivano che L’Orèal non poteva impedire la commercializzazione dei suoi prodotti in Norvegia dato che i diritti di esclusiva sul marchio erano venuti meno, in virtù del principio dell’esaurimento internazionale, al momento della messa in vendita degli stessi avvenuta negli Stati Uniti con il consenso di L’Orèal stessa.
I giudici norvegesi allora rivolgevano alla Corte ETFA due quesiti:
a) ai sensi dell’articolo 7(1) della direttiva CE 89/104 il titolare di un marchio può impedire l’importazioni da paesi terzi dei prodotti ai quali il suo è apposto senza che vi abbia dato il suo consenso?
b) il medesimo articolo 7(1) della direttiva CE 89/104 può essere interpretato nel senso da ammettere il principio dell’esaurimento internazionale?
La corte risponde che il titolare del marchio può impedire le importazioni da paesi terzi alle quali non ha dato il consenso e che l’articolo 7 della direttiva non ammette il principio dell’esaurimento internazionale sulla base delle motivazioni che saranno ora esaminate.
In primo luogo la corte cerca di negare o comunque di ridimensionare il contrasto tra la stessa e i giudici comunitari relativamente all’ammissibilità del principio dell’esaurimento internazionale, come manifestatosi con le sentenze Maglite e Silhouette. Entrambi le sentenze sono corrette, se è vero che, come visto, lo Spazio Economico Europeo e la CE hanno obbiettivi e natura diversi. Inoltre, ricorda la corte, anche all’interno della CE il principio dell’esaurimento internazionale poteva contare su alcuni sostenitori.
In ogni caso è nella stessa struttura istituzionale dello Spazio Economico Europeo che attribuisce a due organi giurisdizionali sopranazionali, la Corte EFTA e la Corte di Giustizia, la competenza all’interpretazione delle norme comuni che è insito il rischio di un conflitto giurisprudenziale tra le due corti stesse.
Al fine di prevenire tale conflitto l’articolo 3(2) dell’accordo istitutivo della Autorità di Sorveglianza e della Corte EFTA prevede che questa nell’interpretazione dell’accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo prenda in dovuta considerazione la sentenze pronunziate dalla Corte di Giustizia successivamente alla conclusione dell’accordo.
Tuttavia nessuna disposizione prevede la situazione, come quella avveratasi nel caso Maglite, dove è la Corte EFTA che si è pronunciata sull’interpretazione di una norma comune prima della Corte di Giustizia. La corte precisa che, per quanto riguarda le conseguenze sul funzionamento dello Spazio Economico Europeo, è irrilevante quale sia tra le due corti a pronunziarsi per prima su una questione di interesse comune. È invece necessario che la Corte EFTA interpreti le norme comuni regolanti lo Spazio Economico Europeo in conformità con la giurisprudenza dei giudici comunitari.
Quindi si procede a verificare se le differenze esistenti tra EFTA e CE per quanto riguarda natura e obbiettivi di integrazione economica siano tali da giustificare una divergente interpretazione dell’articolo 7(1) della direttiva CE 89/104.
Il principio dell’esaurimento regionale dei diritti di esclusiva, qualunque sia l’origine dei prodotti ai quali il marchio è apposto è ormai parte integrante del diritto dello Spazio Economico Europeo. Il diritto dello Spazio Economico Europeo, osserva la corte, non prevede alcuna riserva o limitazione alla possibilità degli stati membri di optare per il principio dell’esaurimento, anche relativamente ai marchi apposti a prodotti importati da stati terzi. L’articolo 2 del Protocollo 28, anzi, espressamente prevede l’esaurimento dei diritti di proprietà intellettuale tra gli stati membri così come nel diritto comunitario. È altresì vero che alcune direttive comunitarie che in materia di diritto di autore prevedono espressamente il principio dell’esaurimento regionale ma non quello esaurimento internazionale sono state recepite nell’ordinamento dello Spazio Economico Europeo.
Né il testo dell’articolo 2(1) del Protocollo 28 può costituire un impedimento all’obbligo degli stati membri di optare per l’esaurimento regionale se la futura giurisprudenza della Corte di Giustizia si sarebbe orientata, come in effetti è poi avvenuto, in questo senso. Infatti, la corte nel caso Maglite, nel prendere posizione a favore dell’esaurimento internazionale, ammetteva che sino a quel momento la Corte di Giustizia non ancora espressa sul punto.
Pertanto, per riassumere, non vi è nessun impedimento negli accordi istitutivi dello Spazio Economico Europeo affinché gli stati membri adottino nei rispettivi diritti nazionali il principio dell’esaurimento internazionale; né le differenze tra i trattati istitutivi della CE e dello Spazio Economico Europeo giustificano interpretazioni discordanti dell’ articolo 7(1) della direttiva CE 89/104 a seconda che la norma sia invocata nell’ambito del diritto comunitario o nell’ambito della Spazio Economico Europeo.
Sulla base delle osservazioni di cui sopra, la Corte conclude che articolo 7(1) della direttiva CE 89/104 vieta agli stati membri dello Spazio Economico Europeo l’introduzione e il mantenimento del principio dell’esaurimento internazionale.
Con un revirement giurisprudenziale certamente non imprevedibile, se si considera il costante indirizzo dei giudici comunitari, la Corte EFTA si è finalmente allineata alle posizioni più intransigenti della Corte di Giustizia in materia di esaurimento internazionale del diritti diproprietà intelletuale. La sentenza L’Orèal dovrebbe così aver chiuso, in materia definitiva e in senso negativo, la questione se il principio dell’esaurimento internazionale sia compatibile con il diritto comunitario o meglio con il diritto dello Spazio Economico Europeo.
Gli stati membri non possono prevedere nei diritti nazionali norme che ammettono l’esaurimento internazionale dei diritti di proprietà intellettuale e i titolari di tali diritti possono sempre opporsi all’importazioni nello Spazio Economico Europeo di prodotti che inglobano tali diritti se provenienti da uno stato terzo laddove sono stati immessi in commercio anche con il consenso del titolare stesso.
Stavolta è stata la Corte EFTA nella sentenza pronunziata nel caso L’Oréal ad affermare, così uniformandosi al costante indirizzo dei giudici comunitari, che il principio dell’esaurimento internazionale è incompatibile con lo Spazio Economico Europeo (Corte EFTA, 8 luglio 2008, Cause riunite E-9/07 e 10/07, L’Oréal Norge AS c Per Aarskog AS e altri; L’Oréal Norge AS c Smart Club Norge AS).
Il quadro giuridico dello Spazio Economico Europeo (al quale partecipano gli stati membri dell’Unione Europea e tre stati membri dell’EFTA, Norvegia, Liechtenstein e Islanda) rispecchia in gran parte il diritto comunitario.
Tra le materie per la disciplina delle quali l’accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo rinvia al diritto comunitario vi è anche l’esaurimento dei diritti di proprietà intellettuale. (Si veda l’articolo 65 dell’accordo istitutivo e l’articolo 28 del Protocollo sulla Proprietà Intellettuale). L’Allegato XVII dell’accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo poi richiama espressamente l’articolo 7 della direttiva comunitaria sui marchi di impresa, la direttiva CE 89/104, che disciplina, peraltro in modo ambiguo, la questione dell’esaurimento del diritto del marchio.
Com’è noto i diritti di esclusiva del titolare del marchio di impresa, e di conseguenza il suo diritto di opporsi all’importazione di prodotti contrassegnati con il suo marchio, vengono meno al momento dell’immissione in commercio di tali prodotti nel territorio comunitario, o più precisamente Spazio Economico Europeo, con il consenso del titolare (esaurimento regionale o comunitario).
Tuttavia, l’articolo 7 della direttiva non chiarisce se il diritto di esclusiva del titolare del marchio viene meno anche in caso di immissione in commercio dei prodotti, sempre con il suo consenso, all’esterno dello Spazio Economico Europeo (esaurimento internazionale).
La questione dell’ammissibilità dell’esaurimento internazionale è stata affrontata qualche anno addietro prima dalla Corte EFTA e poi dalla Corte di Giustizia, le quali, tuttavia, hanno optato per soluzioni contrastanti.
Da un lato, la Corte EFTA nel caso Maglite ha riconosciuto che gli stati membri dell’EFTA possono legittimamente optare per il principio dell’esaurimento internazionale. A tal fine, la corte ha considerato la rilevanza dell’esaurimento internazionale per la tutela del libero commercio e della concorrenza e i benefici che tali hanno valori possono apportare ai consumatori (Corte EFTA, causa E-2/97, Mag Instrument c California Trading Company Norway).
Dall’altro lato, la Corte di Giustizia nel celebre caso Silhouette ha negato che gli stati membri della CE potessero optare per il principio dell’esaurimento internazionale senza violare il diritto comunitario. L’articolo 7 della direttiva deve essere quindi letto nel senso che impone agli stati membri il principio dell’esaurimento comunitario. (Corte di Giustizia CE, causa C-355/96, Silhouette International Schmied v Hartlauer Handelsgesellschaft, e anche causa C-173/98 Sebago and Maison Dubois. Di recente la Corte di Giustizia ha sancito l’inammissibilità del principio dell’esaurimento internazionale anche in materia di diritti di autore, causa C-479/04, Laserdisken).
La divergente giurisprudenza dei giudici comunitari e della Corte EFTA nell’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva marchi dipende dalla diversa natura dell’obbiettivo di integrazione economica che lo Spazio Economico Europeo e la CE intendono realizzare tra i rispettivi stati membri. Il primo ha come scopo la costituzione di una zona di libero scambio, mentre l’obbiettivo della seconda è la creazione di un’unione doganale e di una politica commerciale comune.
A tal fine, è necessario che le norme comuni siano interpretate e applicate in modo omogeneo. Riconoscere agli stati membri la possibilità di mantenere o introdurre nei rispettivi diritti nazionali il principio dell’esaurimento internazionale è incompatibile con l’omogenea interpretazione e applicazione delle norme comuni al punto da pregiudicare il funzionamento stesso del mercato interno.
Come si diceva in apertura, a seguito del rinvio da parte di due tribunali norvegesi di due casi di importazioni parallele, la Corte EFTA ha potuto di nuovo pronunziarsi sulla questione dell’esaurimento internazionale dei diritti di proprietà intellettuale. L’Orèal aveva citato per contraffazione del proprio marchio due importatori paralleli.
Questi avevano importato nel territorio norvegese una partita di prodotti contrassegnati con il marchio REDKEN di proprietà della società attrice. In precedenza i prodotti in questione erano stati già immessi in commercio negli Stati Uniti con il consenso dell’attrice stessa. I convenuti eccepivano che L’Orèal non poteva impedire la commercializzazione dei suoi prodotti in Norvegia dato che i diritti di esclusiva sul marchio erano venuti meno, in virtù del principio dell’esaurimento internazionale, al momento della messa in vendita degli stessi avvenuta negli Stati Uniti con il consenso di L’Orèal stessa.
I giudici norvegesi allora rivolgevano alla Corte ETFA due quesiti:
a) ai sensi dell’articolo 7(1) della direttiva CE 89/104 il titolare di un marchio può impedire l’importazioni da paesi terzi dei prodotti ai quali il suo è apposto senza che vi abbia dato il suo consenso?
b) il medesimo articolo 7(1) della direttiva CE 89/104 può essere interpretato nel senso da ammettere il principio dell’esaurimento internazionale?
La corte risponde che il titolare del marchio può impedire le importazioni da paesi terzi alle quali non ha dato il consenso e che l’articolo 7 della direttiva non ammette il principio dell’esaurimento internazionale sulla base delle motivazioni che saranno ora esaminate.
In primo luogo la corte cerca di negare o comunque di ridimensionare il contrasto tra la stessa e i giudici comunitari relativamente all’ammissibilità del principio dell’esaurimento internazionale, come manifestatosi con le sentenze Maglite e Silhouette. Entrambi le sentenze sono corrette, se è vero che, come visto, lo Spazio Economico Europeo e la CE hanno obbiettivi e natura diversi. Inoltre, ricorda la corte, anche all’interno della CE il principio dell’esaurimento internazionale poteva contare su alcuni sostenitori.
In ogni caso è nella stessa struttura istituzionale dello Spazio Economico Europeo che attribuisce a due organi giurisdizionali sopranazionali, la Corte EFTA e la Corte di Giustizia, la competenza all’interpretazione delle norme comuni che è insito il rischio di un conflitto giurisprudenziale tra le due corti stesse.
Al fine di prevenire tale conflitto l’articolo 3(2) dell’accordo istitutivo della Autorità di Sorveglianza e della Corte EFTA prevede che questa nell’interpretazione dell’accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo prenda in dovuta considerazione la sentenze pronunziate dalla Corte di Giustizia successivamente alla conclusione dell’accordo.
Tuttavia nessuna disposizione prevede la situazione, come quella avveratasi nel caso Maglite, dove è la Corte EFTA che si è pronunciata sull’interpretazione di una norma comune prima della Corte di Giustizia. La corte precisa che, per quanto riguarda le conseguenze sul funzionamento dello Spazio Economico Europeo, è irrilevante quale sia tra le due corti a pronunziarsi per prima su una questione di interesse comune. È invece necessario che la Corte EFTA interpreti le norme comuni regolanti lo Spazio Economico Europeo in conformità con la giurisprudenza dei giudici comunitari. >Di nuovo un’altra sentenza che risolve in senso negativo la questione dell’ammissibilità del principio dell’esaurimento internazionale dei diritti di esclusiva relativi ai marchi di impresa.
Stavolta è stata la Corte EFTA nella sentenza pronunziata nel caso L’Oréal ad affermare, così uniformandosi al costante indirizzo dei giudici comunitari, che il principio dell’esaurimento internazionale è incompatibile con lo Spazio Economico Europeo (Corte EFTA, 8 luglio 2008, Cause riunite E-9/07 e 10/07, L’Oréal Norge AS c Per Aarskog AS e altri; L’Oréal Norge AS c Smart Club Norge AS).
Il quadro giuridico dello Spazio Economico Europeo (al quale partecipano gli stati membri dell’Unione Europea e tre stati membri dell’EFTA, Norvegia, Liechtenstein e Islanda) rispecchia in gran parte il diritto comunitario.
Tra le materie per la disciplina delle quali l’accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo rinvia al diritto comunitario vi è anche l’esaurimento dei diritti di proprietà intellettuale. (Si veda l’articolo 65 dell’accordo istitutivo e l’articolo 28 del Protocollo sulla Proprietà Intellettuale). L’Allegato XVII dell’accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo poi richiama espressamente l’articolo 7 della direttiva comunitaria sui marchi di impresa, la direttiva CE 89/104, che disciplina, peraltro in modo ambiguo, la questione dell’esaurimento del diritto del marchio.
Com’è noto i diritti di esclusiva del titolare del marchio di impresa, e di conseguenza il suo diritto di opporsi all’importazione di prodotti contrassegnati con il suo marchio, vengono meno al momento dell’immissione in commercio di tali prodotti nel territorio comunitario, o più precisamente Spazio Economico Europeo, con il consenso del titolare (esaurimento regionale o comunitario).
Tuttavia, l’articolo 7 della direttiva non chiarisce se il diritto di esclusiva del titolare del marchio viene meno anche in caso di immissione in commercio dei prodotti, sempre con il suo consenso, all’esterno dello Spazio Economico Europeo (esaurimento internazionale).
La questione dell’ammissibilità dell’esaurimento internazionale è stata affrontata qualche anno addietro prima dalla Corte EFTA e poi dalla Corte di Giustizia, le quali, tuttavia, hanno optato per soluzioni contrastanti.
Da un lato, la Corte EFTA nel caso Maglite ha riconosciuto che gli stati membri dell’EFTA possono legittimamente optare per il principio dell’esaurimento internazionale. A tal fine, la corte ha considerato la rilevanza dell’esaurimento internazionale per la tutela del libero commercio e della concorrenza e i benefici che tali hanno valori possono apportare ai consumatori (Corte EFTA, causa E-2/97, Mag Instrument c California Trading Company Norway).
Dall’altro lato, la Corte di Giustizia nel celebre caso Silhouette ha negato che gli stati membri della CE potessero optare per il principio dell’esaurimento internazionale senza violare il diritto comunitario. L’articolo 7 della direttiva deve essere quindi letto nel senso che impone agli stati membri il principio dell’esaurimento comunitario. (Corte di Giustizia CE, causa C-355/96, Silhouette International Schmied v Hartlauer Handelsgesellschaft, e anche causa C-173/98 Sebago and Maison Dubois. Di recente la Corte di Giustizia ha sancito l’inammissibilità del principio dell’esaurimento internazionale anche in materia di diritti di autore, causa C-479/04, Laserdisken).
La divergente giurisprudenza dei giudici comunitari e della Corte EFTA nell’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva marchi dipende dalla diversa natura dell’obbiettivo di integrazione economica che lo Spazio Economico Europeo e la CE intendono realizzare tra i rispettivi stati membri. Il primo ha come scopo la costituzione di una zona di libero scambio, mentre l’obbiettivo della seconda è la creazione di un’unione doganale e di una politica commerciale comune.
A tal fine, è necessario che le norme comuni siano interpretate e applicate in modo omogeneo. Riconoscere agli stati membri la possibilità di mantenere o introdurre nei rispettivi diritti nazionali il principio dell’esaurimento internazionale è incompatibile con l’omogenea interpretazione e applicazione delle norme comuni al punto da pregiudicare il funzionamento stesso del mercato interno.
Come si diceva in apertura, a seguito del rinvio da parte di due tribunali norvegesi di due casi di importazioni parallele, la Corte EFTA ha potuto di nuovo pronunziarsi sulla questione dell’esaurimento internazionale dei diritti di proprietà intellettuale. L’Orèal aveva citato per contraffazione del proprio marchio due importatori paralleli.
Questi avevano importato nel territorio norvegese una partita di prodotti contrassegnati con il marchio REDKEN di proprietà della società attrice. In precedenza i prodotti in questione erano stati già immessi in commercio negli Stati Uniti con il consenso dell’attrice stessa. I convenuti eccepivano che L’Orèal non poteva impedire la commercializzazione dei suoi prodotti in Norvegia dato che i diritti di esclusiva sul marchio erano venuti meno, in virtù del principio dell’esaurimento internazionale, al momento della messa in vendita degli stessi avvenuta negli Stati Uniti con il consenso di L’Orèal stessa.
I giudici norvegesi allora rivolgevano alla Corte ETFA due quesiti:
a) ai sensi dell’articolo 7(1) della direttiva CE 89/104 il titolare di un marchio può impedire l’importazioni da paesi terzi dei prodotti ai quali il suo è apposto senza che vi abbia dato il suo consenso?
b) il medesimo articolo 7(1) della direttiva CE 89/104 può essere interpretato nel senso da ammettere il principio dell’esaurimento internazionale?
La corte risponde che il titolare del marchio può impedire le importazioni da paesi terzi alle quali non ha dato il consenso e che l’articolo 7 della direttiva non ammette il principio dell’esaurimento internazionale sulla base delle motivazioni che saranno ora esaminate.
In primo luogo la corte cerca di negare o comunque di ridimensionare il contrasto tra la stessa e i giudici comunitari relativamente all’ammissibilità del principio dell’esaurimento internazionale, come manifestatosi con le sentenze Maglite e Silhouette. Entrambi le sentenze sono corrette, se è vero che, come visto, lo Spazio Economico Europeo e la CE hanno obbiettivi e natura diversi. Inoltre, ricorda la corte, anche all’interno della CE il principio dell’esaurimento internazionale poteva contare su alcuni sostenitori.
In ogni caso è nella stessa struttura istituzionale dello Spazio Economico Europeo che attribuisce a due organi giurisdizionali sopranazionali, la Corte EFTA e la Corte di Giustizia, la competenza all’interpretazione delle norme comuni che è insito il rischio di un conflitto giurisprudenziale tra le due corti stesse.
Al fine di prevenire tale conflitto l’articolo 3(2) dell’accordo istitutivo della Autorità di Sorveglianza e della Corte EFTA prevede che questa nell’interpretazione dell’accordo istitutivo dello Spazio Economico Europeo prenda in dovuta considerazione la sentenze pronunziate dalla Corte di Giustizia successivamente alla conclusione dell’accordo.
Tuttavia nessuna disposizione prevede la situazione, come quella avveratasi nel caso Maglite, dove è la Corte EFTA che si è pronunciata sull’interpretazione di una norma comune prima della Corte di Giustizia. La corte precisa che, per quanto riguarda le conseguenze sul funzionamento dello Spazio Economico Europeo, è irrilevante quale sia tra le due corti a pronunziarsi per prima su una questione di interesse comune. È invece necessario che la Corte EFTA interpreti le norme comuni regolanti lo Spazio Economico Europeo in conformità con la giurisprudenza dei giudici comunitari.
Quindi si procede a verificare se le differenze esistenti tra EFTA e CE per quanto riguarda natura e obbiettivi di integrazione economica siano tali da giustificare una divergente interpretazione dell’articolo 7(1) della direttiva CE 89/104.
Il principio dell’esaurimento regionale dei diritti di esclusiva, qualunque sia l’origine dei prodotti ai quali il marchio è apposto è ormai parte integrante del diritto dello Spazio Economico Europeo. Il diritto dello Spazio Economico Europeo, osserva la corte, non prevede alcuna riserva o limitazione alla possibilità degli stati membri di optare per il principio dell’esaurimento, anche relativamente ai marchi apposti a prodotti importati da stati terzi. L’articolo 2 del Protocollo 28, anzi, espressamente prevede l’esaurimento dei diritti di proprietà intellettuale tra gli stati membri così come nel diritto comunitario. È altresì vero che alcune direttive comunitarie che in materia di diritto di autore prevedono espressamente il principio dell’esaurimento regionale ma non quello esaurimento internazionale sono state recepite nell’ordinamento dello Spazio Economico Europeo.
Né il testo dell’articolo 2(1) del Protocollo 28 può costituire un impedimento all’obbligo degli stati membri di optare per l’esaurimento regionale se la futura giurisprudenza della Corte di Giustizia si sarebbe orientata, come in effetti è poi avvenuto, in questo senso. Infatti, la corte nel caso Maglite, nel prendere posizione a favore dell’esaurimento internazionale, ammetteva che sino a quel momento la Corte di Giustizia non ancora espressa sul punto.
Pertanto, per riassumere, non vi è nessun impedimento negli accordi istitutivi dello Spazio Economico Europeo affinché gli stati membri adottino nei rispettivi diritti nazionali il principio dell’esaurimento internazionale; né le differenze tra i trattati istitutivi della CE e dello Spazio Economico Europeo giustificano interpretazioni discordanti dell’ articolo 7(1) della direttiva CE 89/104 a seconda che la norma sia invocata nell’ambito del diritto comunitario o nell’ambito della Spazio Economico Europeo.
Sulla base delle osservazioni di cui sopra, la Corte conclude che articolo 7(1) della direttiva CE 89/104 vieta agli stati membri dello Spazio Economico Europeo l’introduzione e il mantenimento del principio dell’esaurimento internazionale.
Con un revirement giurisprudenziale certamente non imprevedibile, se si considera il costante indirizzo dei giudici comunitari, la Corte EFTA si è finalmente allineata alle posizioni più intransigenti della Corte di Giustizia in materia di esaurimento internazionale del diritti diproprietà intelletuale. La sentenza L’Orèal dovrebbe così aver chiuso, in materia definitiva e in senso negativo, la questione se il principio dell’esaurimento internazionale sia compatibile con il diritto comunitario o meglio con il diritto dello Spazio Economico Europeo.
Gli stati membri non possono prevedere nei diritti nazionali norme che ammettono l’esaurimento internazionale dei diritti di proprietà intellettuale e i titolari di tali diritti possono sempre opporsi all’importazioni nello Spazio Economico Europeo di prodotti che inglobano tali diritti se provenienti da uno stato terzo laddove sono stati immessi in commercio anche con il consenso del titolare stesso.