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Il legato di diritti reali su cosa altrui e il legato di usufrutto

Maldive
Ph. Simona Balestra / Maldive

Abstract:

Quale oggetto della successione per causa di morte a titolo particolare, vale a dire quale oggetto del legato, notevole importanza assumono i diritti reali di godimento su cosa altrui. Tra questi, poi, un rilievo particolare, anche per la ricorrenza pratica, ha senz’altro il legato di usufrutto, che, sovente, assume anche i connotati del legato di usufrutto universale, o quelli del legato di usufrutto “congiuntivo”. A peculiari interrogativi, infine, dà origine il legato di usufrutto, accompagnato dalla facoltà, per il legatario, “di vendere e/o di ipotecare” i cespiti oggetto del legato.

 

Indice

1. Il legato. Cenni

2. Il legato di diritti reali su cosa altrui. I diritti di garanzia

3. Il legato di diritti reali su cosa altrui. I diritti di godimento

4. Il legato di usufrutto

5. Il legato di “usufrutto universale”

6. Il legato di usufrutto “congiuntivo” e quello di usufrutto “successivo”

7. Il legato di usufrutto, accompagnato dalla facoltà di vendere e/o di ipotecare

 

1. Il legato. Cenni

Come è noto, la successione per causa di morte può essere a titolo universale, vale a dire nell’intero patrimonio trasmissibile del de cuius, o in una quota astratta di esso, e allora ricorre la successione ereditaria; oppure può essere a titolo particolare, vale a dire in uno o più diritti determinati del de cuius, e allora ricorre, di regola, il legato.

È pure noto come il legatario non subentri nei debiti ereditari, ex articolo 756 del codice civile, e come, quand’anche il testatore carichi sul legatario uno o più pesi, di questi egli non risponda oltre il valore attivo di quanto ha ricevuto, ex articolo 671 del codice civile In conseguenza di ciò, si è soliti ripetere, il legato non può recare pregiudizio al legatario, sicché il legato, differentemente dall’eredità, si acquista automaticamente all’apertura della successione, senza bisogno di accettazione (ma resta sempre salva la facoltà di rinunziare), ex articolo 649 del codice civile Il legato, dunque, sovente viene indicato come “successione a titolo particolare”, o anche come “disposizione a titolo particolare”.

In verità, è estremamente complesso, se non impossibile, tratteggiare una sintetica definizione della figura che possa pacificamente comprendere in sé tutte le ipotesi di legato.

Basti pensare, così, che la definizione “disposizione a titolo particolare” non è atta a ricomprendere anche i, non rari, casi di legati ex lege (es., quelli ex artt.: 540, 2° comma, del codice civile, 548, 2° comma, del codice civile, 585, 2° comma, del codice civile, 9-bis, l. 898/1970), che discendono, appunto, dalla legge, e non da disposizioni versate dal de cuius nel testamento. La definizione “successione a titolo particolare”, poi, trascura come il legato, oltre che trasmissivo/costitutivo – o “a effetti reali” –, possa anche essere a “effetti meramente obbligatori” (con il legato ad “effetti meramente obbligatori”, cioè, al momento della successione sorgerà per il legatario un nuovo diritto di credito, e per l’onerato un nuovo debito, e non ci sarà la successione in un credito che già esisteva in capo al defunto.

Si pensi, ad es., al legato di genere, ex articolo 653 del codice civile, o al legato di cosa del terzo, ex articolo 651 del codice civile), e possa anche essere unicamente rinunziativo, e non trasmissivo, come nel caso, espressamente previsto dalla legge, del legato di liberazione da debito (articolo 658 del codice civile), e, quindi, non dar luogo ad alcuna successione in senso tecnicomma. Assai complesso, insomma, è anche solo trovare una definizione sempre corretta per questa figura. Certo, nella gran parte dei casi il legato è disposto per testamento, e, quindi, è “disposizione a titolo particolare”, e, molto spesso, esso è a effetti traslativo/costitutivi, e, dunque, è anche “successione a titolo particolare”.

Tali sono, per ciò che ora interessa, i legati di diritti reali su cosa altrui, e, tra essi, il legato di usufrutto in particolare.

 

2. Il legato di diritti reali su cosa altrui. I diritti di garanzia

Per quanto concerne i diritti reali di garanzia, anzitutto, è risaputo il divieto, stabilito con l’articolo 2821, 2° comma, del codice civile, di concedere ipoteca per testamento. Pur in assenza di un’analoga espressa previsione di legge, poi, secondo l’opinione comune nemmeno il pegno può essere concesso attraverso un legato (nel senso che non sia da escludersi la concessione testamentaria del pegno, nondimeno, si veda, ad esempio, M. Ieva, Manuale di tecnica testamentaria, Padova, 1996, p. 57), poiché comune alla concessione del pegno tramite la disposizione di legato, sarebbe la ratio del divieto posto dall’articolo appena richiamato per l’ipoteca: la protezione dal rischio di alterazione post mortem e per volontà testamentaria – dunque, alterazione potenzialmente occulta fino alla morte del testatore – della par condicio creditorum.

Pegno e ipoteca, poi, non si possono trasmettere indipendentemente dalla cosa su cui gravano. Se il diritto reale di garanzia già esiste nel patrimonio del testatore, comunque, esso potrà circolare con il credito che garantisce. Al di fuori di questo caso, si reputa possibile, inoltre, il legato traslativo del diritto reale, a favore del debitore ipotecario; esso, peraltro, produrrà l’effetto di far cessare la garanzia.

 

3. Il legato di diritti reali su cosa altrui. I diritti di godimento

Per quanto attiene ai diritti reali su cosa altrui di godimento, inoltre, è pacifico che essi possano integrare l’oggetto del legato. Va ricordato, peraltro, come, mentre non vi sono limiti alla costituzione di essi, affinché sia possibile la loro trasmissione se già esistenti, come tali, nel patrimonio del testatore, sia necessario che tali diritti non si configurino, in generale, né come personali, né come intrasmissibili. Così, ad esempio, non essendo trasmissibili (nemmeno) mortis causa, non potranno costituire valido oggetto di legato trasmissivo il diritto d’uso, o quello d’abitazione.

Sia il diritto di abitazione, sia il diritto d’uso, viceversa, possono costituire oggetto di un legato costitutivo, ad efficacia diretta, o anche ad efficacia obbligatoria (si pensi al caso di un obbligo, di fonte testamentaria, di costituire una servitù a favore del fondo del legatario, ed a carico del fondo dell’onerato, così da rendere necessaria la stipulazione di un contratto tra onerato e legatario, per fare sorgere la servitù).

Il legato potrà far sorgere il diritto d’abitazione, o quello d’uso, per l’intera vita del titolare, ma non v’è ragione per escludere che essi possano essere previsti con un diverso termine finale. In tal caso, la morte del titolare intervenuta prima del diverso termine previsto, dovrebbe comunque portare all’estinzione del diritto, poiché, come ricordato, uso e abitazione sono diritti intrasmissibili.

L’articolo 1058 del codice civile, poi, è esplicito nel sancire che le servitù prediali possano essere costituite anche per testamento. In queste ipotesi, lo strumento per far sorgere la servitù sarà, appunto, il legato. Le servitù prediali, peraltro, per testamento non possono essere anche trasmesse, qualora già esistano. Ciò in quanto dopo la costituzione le servitù divengono qualità del fondo dominante, sicché possono circolare unicamente insieme ad esso. Oggetto del legato, ancora, possono essere il trasferimento e la costituzione, sia del diritto di enfiteusi, sia del diritto di superficie.

Della servitù prediale, della superficie e, secondo alcuni, anche dell’enfiteusi, infine, per testamento si potrebbe disporre pure l’estinzione, e lo strumento a ciò destinato dovrebbe consistere nel legato. L’effetto da ultimo evocato potrebbe raggiungersi, sia con la rinunzia al diritto, sicché dovrebbe ricorrere un legato rinunziativo, sia legando il diritto reale minore al titolare del diritto di proprietà da esso gravato, così da generare l’estinzione attraverso la confusione, come può accadere con i legati di liberazione da un debito.

 

4. Il legato di usufrutto

Il diritto reale su cosa altrui, che più spesso viene costituito per testamento, nondimeno, è il diritto di usufrutto. Molti rilevano, addirittura, che proprio il testamento è la via più comune per far sorgere un diritto di usufrutto, e che la disposizione a ciò destinata è, di norma, proprio il legato. Sovente si precisa, poi, che, in conseguenza della disposizione di cui all’articolo 979 c. c., il diritto di usufrutto può essere costituito, ma non trasmesso a causa di morte.

Con il legato, insomma, si può costituire un nuovo usufrutto, ma non si potrebbe anche trasferire, per causa di morte, un usufrutto preesistente. Ciò, tuttavia, pare esatto solo in riferimento all’usufrutto che sia stato costituito, fin dall’origine, in favore del de cuius.

Qualora, viceversa, nel patrimonio del de cuius si torvi un diritto di usufrutto originariamente costituito a favore di un soggetto diverso da lui, e da lui acquistato e derivato inter vivos, non mi pare sorgano ostacoli alla ulteriore trasmissione mortis causa di tale diritto.

La durata dell’usufrutto, difatti, resta comunque commisurata alla vita dell’originario titolare, vale a dire del soggetto in favore del quale esso fu costituito, poiché, se il limite alla durata dell’usufrutto, sancito all’articolo 979 c. c., ha lo scopo di non consentire un’illimitata separazione tra diritto di usufrutto e nuda proprietà, tale da privare di ogni rilievo quest’ultima, è necessario che la vita, alla durata della quale connettere il diritto, sia sempre e solo quella dell’originario titolare, e non anche quella dei successivi sub-acquirenti.

Se, allora, il diritto in parola non è più nel patrimonio di colui in favore del quale fu costituito, esso non si dovrebbe estinguere con la morte del nuovo titolare, e dovrebbe poter essere trasferito anche per mezzo di un legato. La durata massima del diritto, poi, rimane pur sempre determinata dalla vita del soggetto in favore del quale esso fu originariamente costituito, sicché questo sarà comunque l’estremo termine finale del diritto medesimo, anche dopo il passaggio di esso nel patrimonio del legatario.

Più ampiamente, per quanto attiene alla durata del diritto, pare che esso possa essere previsto senza un termine, oppure possa già nascere con un termine finale. Per una particolare limitazione di durata, espressamente sancita dal legislatore, all’articolo 636, 2° comma, del codice civile, può mentovarsi il caso dell’usufrutto per il tempo del celibato o della vedovanza.

 

5. Il legato di “usufrutto universale”

L’usufrutto può avere ad oggetto, sia l’intero asse ereditario, sia uno o più beni in esso compresi. Se l’usufrutto è sull’intero asse, o anche su una quota di esso, come testualmente previsto a norma dell’articolo 1010 del codice civile, viene solitamente indicato come “usufrutto universale”.

Con riferimento a esso, nasce la questione, se ricorra un’istituzione di erede, ovvero un legato. Secondo l’orientamento che pare dominante si deve presumere che la chiamata sia a titolo particolare e che ricorra il legato, in considerazione delle regole che l’articolo 1010 c. c. detta per l’usufrutto dell’eredità: se l’usufruttuario non è tenuto a pagare i debiti e i pesi dell’eredità come capitale, ma solamente le relative annualità ed interessi, infatti, egli non potrebbe considerarsi erede, e, dunque, altro non potrebbe essere, se non legatario.

Resta comunque valida, nondimeno, la regola generale di cui al capoverso dell’articolo 588 del codice civile, in base alla quale si potrà sempre provare che il testatore, pur indicando uno o più cespiti determinati, ha voluto chiamare alla successione a titolo universale, tramite quella particolare ipotesi di istituzione d’erede che prende il nome di institutio ex re certa.

 

6. Il legato di usufrutto “congiuntivo” e quello di usufrutto “successivo”

È possibile legare il diritto di usufrutto anche a più soggetti congiuntamente. In queste ipotesi si discorre di “usufrutto congiuntivo”, e, con riferimento ad esso, l’articolo 678, 1° comma, del codice civile prevede che, ove uno dei titolari venga a mancare, abbia luogo l’accrescimento della quota di questi in favore degli altri co-legatari. In questa ipotesi non trova applicazione, dunque, la regola generale in tema di usufrutto, dalla quale discenderebbe la consolidazione con il diritto di proprietà. Il presupposto affinché operi la regola disposta all’articolo 678, 1° comma, del codice civile, nondimeno, è l’esistenza di tutti i presupposti richiesti perché operi l’accrescimento.

La chiamata, quindi, deve essere disposta –  in parti uguali, o senza specificazione delle parti – in un medesimo testamento, e non deve risultare, altresì, una opposta volontà del testatore; non deve poter operare, infine, la rappresentazione (anche ove operi la rappresentazione, peraltro, di regola non si verificherà la consolidazione). Differentemente dall’usufrutto congiuntivo, fortemente limitata è la possibilità di prevedere il, così detto, “usufrutto successivo”.

Esso, difatti, presenta rilevanti affinità con la sostituzione fedecommissaria, che, come è noto, nel nostro ordinamento viene, in linea di massima, vietata. L’usufrutto, così detto, “successivo”, ex articolo 698 del codice civile, non avrà valore, se non in favore dei legatari che, alla morte del testatore, si trovino primi chiamati a goderne.

 

7. Il legato di usufrutto, accompagnato dalla facoltà di vendere e/o di ipotecare

Un’ipotesi, ricorrente nella pratica, di legato d’usufrutto, infine, è quella in cui, nella disposizione che ha ad oggetto il diritto d’usufrutto, si prevede anche la facoltà, per l’onorato, di vendere e/o di ipotecare il bene. A volte, poi, si prevede che tale facoltà sorga solo ove vi sia il bisogno del beneficiario, o una particolare opportunità (in tal caso, si può pure demandare ad un terzo lo stabilire se il bisogno sussista, e di quali beni si possa disporre).

Nella disposizione può anche contenersi, talvolta, l’obbligo dell’usufruttuario di restituire al proprietario, alla propria morte, quanto ricavato dalla vendita, e l’obbligo di limitarsi a godere dei frutti di tale ricavato. Un ultimo interrogativo che merita di essere richiamato è il seguente: nel legato di usufrutto con facoltà di disporre della cosa, è da leggersi, invero, un legato di proprietà, oppure si è pur sempre di fronte a un legato di diritto reale parziario? La risposta, va notato, non è univoca, e per risolvere la questione, non si potrà che, di volta in volta, individuare quella che fu la volontà del testatore.

Secondo un’opinione (Trabucchi), nondimeno, nei casi in cui si debba opinare nel senso che il testatore abbia voluto un vero e proprio legato di usufrutto, essendo le facoltà di disporre della cosa incompatibili con la disciplina giuridica essenziale di tale diritto reale, codeste facoltà non avranno consistenza e non potranno essere riconosciute al legatario. L’invalidità della facoltà di disporre del bene, tuttavia, non comprometterebbe la validità della parte della disposizione con cui si lega l’usufrutto.

Letture consigliate:

L. Collura, Il lascito testamentario di usufrutto universale: istituzione di erede o legato?, in Vita not., 2020, p. 509 ss.;

G. Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Milano, 2018, IX ed., p. 327 ss.;

G.F. Basini, L’oggetto del legato, e alcune sue specie, in G. Bonilini, G.F. Basini, I legati, Napoli, 2003, p. 119 ss.;

G. Bonilini, I legati, in Commentario Schlesinger, Milano, 2001, p. 122 ss.;

A. Trabucchi, voce Legato (dir. civ.), in Noviss. dig. it., vol. IX, Torino, 1963, p. 612 ss.;

A. Masi, Dei legati, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1979, p. 24 ss.