Il piano finanziario 4you, un caso di innovazione nei prodotti finanziari
Per la prima parte dell'articolo si rinvia alla seguente pagina: Parte I
5. Una errata presentazione del prodotto
Un ulteriore elemento che ha caratterizzato la proposizione del piano finanziario 4you è stata la sua errata presentazione all'investitore.
In molti casi sottoposti all’attenzione della giurisprudenza di merito, è stato rilevato come al contraente l' investimento era stato proposto come piano pensionistico.
L’operazione in questione difettava chiaramente dei requisiti tipici del piano pensionistico integrativo, in quanto si era in presenza di una sottoscrizione di un vero e proprio finanziamento, ed i versamenti mensili effettuati dall’investitore non assumevano i caratteri di un piano di accumulo, bensì quelli di un rimborso del capitale inizialmente finanziato.
L’aspetto esaminato introduce il tema gli obblighi di informazione dovuti dall’intermediario all’investitore nel momento in cui quest’ultimo si determina a compiere operazioni finanziarie.
Senza voler anticipare i contenuti della trattazione che seguirà sull’argomento, in questa sede sarà necessario analizzare le modalità con cui l'investimento è stato proposto al risparmiatore e comprendere se quest'ultimo potesse realmente comprendere, nel momento in cui sottoscriveva un simile piano finanziario, la concreta portata delle sue scelte.
Come detto l’investimento veniva presentato come un piano pensionistico, ma in realtà esso si concretizzava in un investimento che non solo era caratterizzato da aleatorietà, ma che creava anche un immediato onere finanziario: il rimborso rateale di un finanziamento.
La condotta descritta indica una chiara violazione degli obblighi informativi che gravano sull'intermediario, il quale deve presentare il prodotto offerto secondo la regola di correttezza, trasparenza e buna fede. Questa attività, definita come informazione attiva, è rivolta all'investitore nel tentativo di dare adeguata percezione dell'investimento che andrà a sottoscrivere. L'intermediario dovrà, quindi, in primo luogo conoscere bene il prodotto che offre al risparmiatore (c.d. Know your marchandise rule) e, successivamente, esporre correttamente a quest'ultimo le caratteristiche principali di esso ed i rischi connessi.
La presentazione del prodotto 4you è stata posta in essere da parte dell'intermediario attraverso un messaggio pubblicitario diffuso nelle proprie filiali. Il messaggio contenuto nel depliant, secondo l'istruttoria compiuta dall'Autorità garante della Concorrenza sul mercato (del 06 marzo 2003), si intitolasse " 4 you - L'innovazione nella previdenza".
Nel corpo della presentazione, sempre secondo tale accertamento, si legge che il piano finanziario 4you "offre la possibilità di selezionare l'investimento maggiormente in linea con la tua propensione al rischio", "4you ha le risposte giuste per te, perché è un piano finanziario che ti consente, anche con piccoli versamenti mensili, di sfruttare interessanti opportunità sui principali mercati finanziari, con prospettive di guadagno potenzialmente illimitate".[1]
L'operazione, così descritta, veniva presentata come un una innovazione previdenziale, benché ne difettassero i requisiti. L'istruttoria compiuta dall'Autorità Garante ha infatti evidenziato come l'investimento 4you, permettesse inizialmente all'investitore di disporre di una dotazione di capitale per poter accedere alle opportunità offerte dal mercato finanziario. L'investitore, attraverso tale prospettazione è portato a ritenere che la rata mensile che si assume sia impiegata nelle stesse modalità dei piani di accumulo utilizzata principalmente dai fondi di investimento.
In realtà, la rata corrisposta dal sottoscrittore era in concreto un rimborso di un finanziamento concesso e finalizzato all'acquisto dei titoli.
Le conclusioni a cui giunge l'analisi dell'Autorità Garante è quindi una inidoneità del prodotto a rivelare la sua reale componente finanziaria, rilevando come il messaggio promozionale sia assolutamente inidoneo a formare nel sottoscrittore la consapevolezza che unitamente ad un investimento sta sottoscrivendo anche un contratto di finanziamento. Proprio la natura dei versamenti mensili posti a carico dell'investitore, svela la reale natura dell'operazione, la quale non le caratteristiche di una rata relativa ad un piano di accumulo, ma di una vera e propria rata di rimborso di un finanziamento.
Il piano finanziario 4you, quindi, presenta una forte componente di indebitamento, che se non percepita dal sottoscrittore è idonea ad ingenerare in esso una inesatta percezione del rischio che si assume sottoscrivendo l'operazione.
Infatti, proprio la giurisprudenza ha evidenziato come l'onere del rimborso rateale del finanziamento costituisca uno degli elementi che maggiormente è idoneo a creare uno squilibrio dell'alea legata all'operazione. Infatti, il rimborso del capitale costituisce un guadagno certo per l'intermediario mentre l'investitore si assume totalmente l'alea dell'investimento, senza neanche avere contezza del fatto che la performance dei titoli acquistati potrebbe non essere sufficiente neanche a coprire i costi sostenuti per il finanziamento del capitale iniziale.
Per onere di completezza appare opportuno dare conto anche di un orientamento giurisprudenziale minoritario che ha ritenuto invece il contratto 4you correttamente esposto e presentato al cliente in quanto, dalle caratteristiche del piano, emerge con chiarezza come questo dia all'investitore la possibilità di entrare subito nei mercati senza impiego di disponibilità immediate. Inoltre è stata rilevata la ininfluenza del messaggio pubblicitario sulla determinazione di sottoscrivere l'operazione, essendo quest'ultima chiaramente rappresentata nel testo contrattuale come "un piano finanziario con connotazioni previdenziali che dà all'investitore la possibilità di entrare subito, con un capitale significativo, nei mercati azionari senza impiego di disponibilità immediate."[2]
Sebbene sia possibile condividere che un efficace testo contrattuale possa far percepire all'investitore la natura di finanziamento dell'importo erogato iniziale dal proponete l'investimento, certo non sarà possibile rilevare in esso elementi tipici del prodotto previdenziale in una operazione complessa come quella in esame. E' proprio la natura della rata, che come detto, rileva l'elevata rischiosità dell'intera operazione e non permette di avvicinare la fattispecie alle operazioni di piano di accumulo progressivo.
Tale operazione genera nell'investitore un debito iniziale che difficilmente potrà essere remunerato dall'investimento a cui si collega. E' questo l'elemento di rischio che una idonea ed efficace informativa deve evidenziare e che a parere dell'Autorità garante è difettata nel caso in esame.
6. La violazione degli obblighi informativi.
Le argomentazioni che precedono evidenziano la fondamentale importanza che l'informazione assume all'interno di una operazione di investimento.
Il rapporto tra investitore ed intermediario risente, infatti, di una asimmetria informativa in quanto all'investitore difettano conoscenze ed informazioni specifiche sui prodotti finanziari negoziati. La complessità dei mercati finanziari e spesso la opacità di tali prodotti aggrava questo squilibrio, ponendo spesso il soggetto più debole in una situazione di vero svantaggio.
Al fine di riequilibrare tale asimmetria sono stati posti a carico dell'intermediario oneri di informazione nei riguardi del cliente.
Inizialmente la legge 1/1991 detta una disciplina di comportamento per gli intermediari finanziaria prescrivendo all'articolo 6 che questi debbano comportarsi nella prestazione dei servizi secondo diligenza, correttezza e professionalità nella cura dell'interesse del cliente.
La norma inoltre prescrive che l'intermediario deve stabilire i rapporti con il cliente stipulando un contratto scritto nel quale siano indicati la natura dei servizi forniti, le modalità di svolgimento dei servizi stessi e l'entità e i criteri di calcolo della loro remunerazione. Deve, inoltre, acquisire preventivamente le informazioni sulla situazione finanziaria del cliente ed operare in modo che quest'ultimo sia sempre adeguatamente informato sulla natura e sui rischi delle operazioni.
Infine, l'intermediario non deve effettuare operazioni di dimensioni eccessive in rapporto alla situazione finanziaria del cliente né effettuare operazioni ove abbia conflitto di interesse con il cliente a meno che quest'ultimo, avutone esatta contezza abbia autorizzato l'operazione per iscritto.
Così descritto, l'iniziale impianto delle norme di condotta a cui è tenuto l'intermediario finanziario disegna un quadro di obblighi rivolto essenzialmente all'esatta informazione del cliente sull'operazione. Difetta, però un chiaro accenno alla trasparenza, che giunge soltanto con il successivo Decreto legislativo 415 del 1996.
L'articolo 17 del decreto, nel richiamare quanto già prescritto dalla normativa previgente recita che, nella prestazione dei servizi previsti dal presente decreto le imprese d'investimento e le banche devono:
a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati;
b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;
c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;
d) disporre di risorse e di procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi;
e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sugli strumenti finanziari e sul denaro affidati.
Il decreto legislativo 58 del 1998 (di seguito Testo Unico Finanziario o T.U.F.) ha, infine sostituito ed ampliato la precedente disposizione prevedendo all'art. 21 che i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati, utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti. Gli obblighi informativi descritti vengono poi integrati dalla normativa regolamentare che all'art 27 e ss. della delibera Consob n. 11522 del 1998, sostituita poi da quella n. 16190 del 2007, delineano ulteriormente tali doveri.
In particolare l'art. 28 del Regolamento 11522/98, nel regime ante MiFid, poneva al precisi obblighi informativi. Il primo comma disponeva infatti che "Prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati devono:
a) chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L'eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore;
b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all'Allegato n. 3."
Gli obblighi informativi, da una lettura congiunta dell'art 21 T.U.F. con le norme regolamentari sopra richiamate, possono essere riassunti in un obbligo da parte dell'intermediario di informare il proprio cliente sul prodotto a lui offerto ed al contempo di informarsi sull'esperienza dell'investitore, sulla sua capacità di reddito, sulle aspettative che lo stesso nutre nei riguardi dell'operazione finanziaria e la sua propensione al rischio.
Questo duplice obbligo dell'intermediario di informare e di informarsi sul proprio cliente è legato da un vincolo di interdipendenza, che da permette di fatto all'investitore di assumere scelte pienamente consapevoli anche da un punto di vista di rischi legati ad esse. Proprio l’interdipendenza tra l’obbligo di informare il cliente e di informarsi sull’esperienza dello stesso, permetterà quella valutazione sulla adeguatezza della operazione, la cui assenza spesso sta alla base degli effetti negativi dell’investimento stesso.[3]
L'impianto normativo sin qui descritto è stato poi confermato ed ulteriormente novellato dal Regolamento Consob n. 16190 del 2007, che sostituendo la precedente delibera del 1998, all'articolo Art. 27 rubricato requisiti generali delle informazioni stabilisce che "tutte le informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate dagli intermediari a clienti o potenziali clienti devono essere corrette, chiare e non fuorvianti. Le comunicazioni pubblicitarie e promozionali sono chiaramente identificabili come tali". Gli obblighi di informazione, cosi come previsti dalla normativa sin qui descritta, sono quindi rivolte ad ingenerare nell'investitore una assoluta consapevolezza delle scelte assunte su di un prodotto finanziario, al fine si porre in essere un efficace riequilibrio della asimmetria informativa che penalizza il contraente debole. L'informativa che quindi l'intermediario deve offrire al cliente deve avere, secondo l'art. 21 T.U.F. e la normativa regolamentare dettata dalla Consob il carattere della utilità per il cliente, una utilità volta a formare in esso un consenso informato all'investimento.[4]
Premessi succintamente e senza alcun pretesa di completezza quelli che sono gli obblighi informativi che gravano sull'intermediario finanziario, tornando alla operazione finanziaria oggetto della presente disamina, è di tutta evidenza come dalle decisioni delle Corti di merito emerga come molti investitori abbiano lamentato una omessa o non corretta informazione.
Un prima critica in tal senso è stata rivolta alla prospettazione di tale piano come uno strumento previdenziale. Sul punto, come abbiamo detto, si è espressa anche l'autorità Garante della Concorrenza, la quale ha confermato come la pubblicità del prodotto risulti ingannevole.
A tale aspetto deve aggiungersi come in molti casi sia difettata una precisa informativa sui prodotti finanziari acquistati attraverso l'erogazione del finanziamento prevista dal piano 4you.
Sempre dalle decisioni che si sono occupate dal caso è emerso come l'investitore non avesse ricevuto una informativa adeguata sulla caratteristica dei titoli acquistati, violando così le disposizioni di cui all'art. 21 T.U.F. e regolamentari .[5]
Ciò che rileva nel caso specifico è che la informativa prestata al cliente si è maggiormente indirizzata, da parte dell'intermediario più sulla complessiva operazione precisa dal piano che sui titoli effettivamente acquistato con esso. Tale aspetto implica in ogni caso un adempimento parziale degli obblighi posti a carico dell'intermediario, i quali di fatto non hanno determinato una completa e consapevole scelta da parte dell'investitore.
7. Violazione di norme di comportamento ed conseguenze prima e dopo le sentenze delle Sezioni Unite 2007: dalla nullità virtuale alla responsabilità precontrattuale.
L'apparato rimediale alla violazione degli obblighi informativi e più in generale di comportamento dell'intermediario è stato oggetto negli anni di un profondo dibattito sia nella dottrina che nella giurisprudenza.
Per lungo tempo la giurisprudenza maggioritaria stabiliva per la violazione di tali obblighi la sanzione della nullità. Perveniva a tali conseguenze attraverso l'impianto delle nullità c.d. virtuali. Tale categoria concettuale di nullità è mutuata dall'articolo 1418 comma cod. civ. che prevede la nullità del contratti se contrario alle norme imperative. La norma ha la funzione si sanzionare con la nullità alle fattispecie per le quali la norma non preveda espresse ipotesi di nullità legate alla sua violazione.
Per norme imperative si deve intendere "quelle norme che non sono derogabili per volontà delle parti".[6]
Il fondamento logico della declaratoria di nullità, ai sensi dell'art. 1418 comma 1 cod. civ., per la violazione degli obblighi informativi da parte dell'intermediario finanziario tipologia di nullità è da individuarsi nel fatto che il T.U.F. ed il suo regolamento attuativo costituiscono un impianto normativo che realizza una tutela di interessi non solo pubblicistici ma anche di livello costituzionale (art. 47 Cost.). Tali norme, quindi non realizzano soltanto una tutela del singolo, ma anche del risparmio in generale quale valore dell'economia nazionale. Queste norme sono, quindi, norme imperative ai sensi dell'art. 1418 cod. civ.[7]
Le norme del T.U.F. e del suo regolamento attuativo sono da considerarsi, quindi norme imperative, non solo perché realizzano l'interesse del singolo, ma anche e soprattutto interessi di rango costituzionale a tutela del risparmio e dell'economia (art. 41 costituzione).[8]
Vi sono state decisioni, però, che sono pervenute alla sanzione della nullità per via indiretta, assumendo che l'art. 21 T.U.F. è una disposizione rafforzativa del principio di buona fede e correttezza che prescrivono all'intermediario un contegno diligente ed una adeguata informazione del cliente. La violazione di tali norme però rileva non sul piano contrattuale bensì sul piano della responsabilità precontrattuale o contrattuale.[9]
Per tale orientamento, quindi, la violazione di norme a carattere imperativo non appare sufficiente ad integrare l'ipotesi di nullità del contratto ex art. 1418 comma cod. civ.. La violazione di tali norme costituisce, invece, inadempimento degli obblighi contrattuali relativi alla prestazione di servi di investimento. La violazione di tale contratto, c.d. quadro, comporta la nullità a caduta singoli contratti di negoziazione. Per tale via, quindi, indiretta si giunge alla declaratoria di nullità dell'ordine di acquisto nei casi di violazione degli obblighi di informazione, prescindendo dalla figura delle nullità virtuali (la decisione del Tribunale di Firenze, peraltro, riguardava proprio un caso di contratto 4you).[10]
La critica maggiormente mossa alla teoria della nullità virtuale per violazione degli obblighi informativi riguarda la circostanza che la norma che si assume violata, riguarda comportamenti estrinseci alla formazione del contratto, nel corso di trattative o dell'esecuzione del contratto, che restano estranei alla fattispecie negoziale.
La loro violazione non può dare vita a nullità, poiché essa deriva soltanto dalla violazione di norme che attengono a elementi intrinseci del negozio giuridico.[11]
La distinzione che precede, formulata dalla Suprema Corte, costituisce una prima importante evoluzione all'interno del dibattito in esame.
Come attenta dottrina ha fatto notare, detta sentenza ha applicato l'istituto dettato dall'art. 1337 c.c. in tema di responsabilità precontattuale anche nell'ipotesi che il contratto sia concluso. La sentenza, in ogni caso, ha quindi ritenuto la responsabilità nascente da tale violazione di tipo contrattuale .[12]
Sul tema delle conseguenze legate alla violazione di obblighi informativi sono intervenute poi le Sezioni Unite, le quali con le sentenze 26724 e 26725 del 19 dicembre 2007, hanno ridefinito l'intero impianto rimediale .
Contrariamente a quanto stabilito dalla precedente maggioritaria giurisprudenza di merito, favorevole all'impiego delle c.d. nullità virtuali e quindi dell'articolo 1418.1. cod. civ. per tali violazioni; le Sezioni Unite hanno chiarito come la violazione degli obblighi che precedono e accompagnano la stipulazione del contratto di intermediazione è destinata a produrre responsabilità di tipo precontrattuale con obbligo per l'intermediario di risarcire il danno.
La violazione, invece, da parte dell'intermediario dei propri doveri nella fase successiva alla stipulazione del contratto di intermediazione assume i connotati di un vero e proprio inadempimento, con la conseguenza che la loro violazione può condurre sia ad obblighi risarcitori che alla risoluzione del contratto.[13]
Le sentenze in esame giungono a tali conclusioni ripercorrendo la distinzione tra norme di comportamento dei contraenti e norme di validità del contratto, riconsiderando anche la precedente decisione n. 19024 del 2005 sul tema.
La violazione delle prime comporta, a parere delle Sezioni Unite, responsabilità determinando risoluzione del contratto ove ponga in essere il non corretto adempimento del dovere di protezione, ma non incide mai sulla genesi dell'atto negoziale, in quanto non è idonea a provocarne la nullità.[14]
Viene così ribadito il sillogismo logico della precedente pronunzia della Corte, la quale distingue tra violazioni di norme di comportamento e di validità del contratto, superando definitivamente il precedente impianto della nullità virtuale, quale violazione di norme imperative.
8. Conclusioni
La ricostruzione del percorso giurisprudenziale sin qui descritto può essere rilevata anche nelle decisioni delle Corti di merito, che si sono occupate del contratto 4you.
Un iniziale orientamento ha dichiarato la nullità del contratto per violazione degli obblighi informativi e di condotta, in altri casi è stata dichiarata la nullità ai sensi dell'art. 1322 cod. civ., per immeritevolezza del contratto aleatorio atipico, in altri casi più recenti è stata dichiarata la risoluzione del contratto.
Recenti decisioni hanno, infine, analizzato il contratto 4you applicando l'impostazione dettata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte in tema di distinzione tra norme di comportamento e norme di validità del contratto (cit. Tribunale di Pisa, 15 marzo 2012 n. 311).
L'eterogeneità dei rimedi posti alle violazioni degli obblighi informativi e comunque dai vizi del contratto, portano a concludere che il piano finanziario 4you abbia rappresentato un importante momento di riflessione.
Da un lato il prodotto tenta un approccio diverso e nuovo al mercato finanziario, predisponendo un impianto contrattuale complesso, il cui scopo però è quello di permettere l'accesso ad investimento anche a soggetti privi nell'immediato di capitali necessari. Tale pregio deve però essere valutato all'interno della complessiva economicità del contratto. Gli oneri portati dalla sottoscrizione di un finanziamento sono difficilmente recuperabili dalla possibile performance del titolo acquistato.
Un ulteriore elemento di critica verso il prodotto finanziario in questione è la sua presentazione al risparmiatore.
Secondo l'autorità garante del Mercato la pubblicizzazione del prodotto non è stata idonea a rilevare la forte componente finanziaria del piano, la quale determina un immediato indebitamento con un guadagno incerto.
Si può quindi concludere che pur tentando di rispondere alle esigenze di novità di un mercato finanziario in continuo progresso, il complesso piano finanziario 4you ha posto in essere un impianto contrattuale difficilmente comprensibile nella sua portata economica da parte del risparmiatore. Se ad esso si accompagna l'effetto di una creazione di alea unilaterale, come evidenziato da alcune decisioni, oppure una imprecisa informativa prevista dalla normativa di settore, il danno che l'investitore ne riporta è sia imprevisto che imprevedibile.
La risposta che il mercato deve trovare nella creazione di nuovi prodotti sempre più adatti alle esigenze degli investitori, non deve provenire dall'ingegneria finanziaria bensì dall'esatto calcolo del rischio e dal suo contenimento. Le rischiosità dell'investimento devono essere esattamente comprese dall'investitore, affinché giunga ad un consenso consapevole. Il detrimento delle posizioni economiche dei risparmiatori, infatti, se incontrollato diviene un problema di sistema, in quanto il mercato stesso perde risorse necessarie alla sua sopravvivenza. Quanto al rimedio dinanzi a casi divenuti noti con l'appellativo di risparmio tradito, ferma ogni autorevole ricostruzione giuridica, dovrebbero essere comunque in grado di stabilire lo status quo ante alla sottoscrizione del titolo, in quanto, diversamente da ciò, tutta la rete di protezione del contraente debole si vanifica dinanzi all'incapacità del risparmiatore di non prevenire danni dovuti ad una errata percezione del rischio che si assume con l'investimento.
[1] Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, 06 marzo 2003in www.ilcaso.it, Sez. I Giur., doc 922,
[2] Tribunale di Parma, Sez.II, sentenza del 7 febbraio 2005 in Danno e responsabilità, 2, 2006, 188,
[3] Tribunale di Enna, sentenza del 14.10.2009, con nota F. Cocchi, in www.altalex.com
[4] E. Guerinoni, I contratti di investimento e responsabilità degli intermediari finanziari, Iposa, 2010, Milano, pag. 55 e ss.; Sul tema : G. Facci, Il danno da informazione finanziaria inesatta, Zanichelli ed., 2009, Bologna, R. Razzante, ( a cura di ) Il contenzioso finanziario nell'era MiFid, Giappichelli ed.,2010, Torino,
[5] Trib. di Brindisi, sentenza 21 giugno 2005 cit, Tribunale di Firenze, sentenza 19 aprile 2005 cit, Tribunale di Pisa sentenza 15 maggio 2012, Tribunale di Parma, sentenza del 11.dicembre 2008 n.1860, Tribunale di Milano sentenza del 25 novembre 2008 n. 13940, Tribunale Parma sentenza del 24gennaio2007 n. 246, Tribunale Firenze, sentenza del 17 novembre 2006 n. 4155, Tribunale di Pescara sentenza del 28 febbraio 2006, tribunale di Rimini sentenza del 21 aprile 2007, n. 442, Tribunale di Firenze sentenza del 20 dicembre2005 n. 2419,
[6] C. Miriello, La nullità virtuale, Cedam, 2010, Milano, pag. 3
[7] F. Greco, intermediazione finanziaria: la nullità virtuale per violazione degli oblighi di informazone, in www.ilcaso.it, Sez.II, Dottrina, doc.45/2006, Tribunale di Venezia sentenza 22 novembre 2004, Tribunale di Termini Imerese sentenza 7 marzo 2006.
Sull'argomento: A. Gentili, Disinformazione e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni Unite, in I contratti, 4,2008,393, D. Maffeis, Dopo le sezioni Unite: l'intermediario che non si astiene restituisce al cliente il denaro investito, in www.ilcaso.it, Sez.II Dottrina, Doc. 102/2008, V. Piccinini I rapporti tra Banca e clientela, Cedam, 2008, pag. 170 e ss., A.Zanardo, La violazione degli obblighi di comportamento a carico degli intermediari nella prestazione di servizi di investimento: una questione ancora aperta?, in La Resp. Civ., 1, 2011,25, P. Morandi, Violazione delle regole di condotta degli intermediari finanziari: rimedi esperibili, in Obblig. e contratti, 1, 2009, 47,
[8] Tribunale di Brindisi, sentenza 18 agosto 2006, Tribunale di Trani sentenza 30 maggio 2006, Tribunale di Teramo sentenza 18 maggio 2006, Tribunale di Foggia sentenza del 15 maggio 2006, Tribunale di Trani sentenza 31 gennaio 2006, Tribunale di Brindisi sentenza 16 dicembre 2005, Tribunale di Torino sentenza 07 novembre 2005, Tribunale di Parma sentenza 21 ottobre 2005, Tribunale di Brindisi sentenza 04 ottobre 2005, Tribunale di Venezia sentenza 22 novembre 2004; in www.ilcaso.it
[9] Tribunale di Firenze, sentenza 04 dicembre 2006, n. 4155, in www.ilcaso.it, Sez. I, doc. 512/2006,
[10] Tribunale di Firenze, sentenza del 21.06.2006, cit., in Nuova Giur. Civ. Comm.,, 545, 2007,
[11] Tribunale di Firenze, sentenza 04 dicembre 2006, n. 4155; Corte di Cassazione sentenza del 29settembre 2005 n. 19024
[12] Aldo A. Dolmetta, Strutture rimediali per la violazione di obblighi di fattispecie da parte di intermediari finanziari, in www.ilcaso.it, Sez.II dottrina, doc. 83/2007,
[13] Corte di Cassazione, sentenza del 19.12.2007, n. 26724,
[14] Corte di Cassazione, sentenza del 19.12.2007, n. 26725,
Per la prima parte dell'articolo si rinvia alla seguente pagina: Parte I
5. Una errata presentazione del prodotto
Un ulteriore elemento che ha caratterizzato la proposizione del piano finanziario 4you è stata la sua errata presentazione all'investitore.
In molti casi sottoposti all’attenzione della giurisprudenza di merito, è stato rilevato come al contraente l' investimento era stato proposto come piano pensionistico.
L’operazione in questione difettava chiaramente dei requisiti tipici del piano pensionistico integrativo, in quanto si era in presenza di una sottoscrizione di un vero e proprio finanziamento, ed i versamenti mensili effettuati dall’investitore non assumevano i caratteri di un piano di accumulo, bensì quelli di un rimborso del capitale inizialmente finanziato.
L’aspetto esaminato introduce il tema gli obblighi di informazione dovuti dall’intermediario all’investitore nel momento in cui quest’ultimo si determina a compiere operazioni finanziarie.
Senza voler anticipare i contenuti della trattazione che seguirà sull’argomento, in questa sede sarà necessario analizzare le modalità con cui l'investimento è stato proposto al risparmiatore e comprendere se quest'ultimo potesse realmente comprendere, nel momento in cui sottoscriveva un simile piano finanziario, la concreta portata delle sue scelte.
Come detto l’investimento veniva presentato come un piano pensionistico, ma in realtà esso si concretizzava in un investimento che non solo era caratterizzato da aleatorietà, ma che creava anche un immediato onere finanziario: il rimborso rateale di un finanziamento.
La condotta descritta indica una chiara violazione degli obblighi informativi che gravano sull'intermediario, il quale deve presentare il prodotto offerto secondo la regola di correttezza, trasparenza e buna fede. Questa attività, definita come informazione attiva, è rivolta all'investitore nel tentativo di dare adeguata percezione dell'investimento che andrà a sottoscrivere. L'intermediario dovrà, quindi, in primo luogo conoscere bene il prodotto che offre al risparmiatore (c.d. Know your marchandise rule) e, successivamente, esporre correttamente a quest'ultimo le caratteristiche principali di esso ed i rischi connessi.
La presentazione del prodotto 4you è stata posta in essere da parte dell'intermediario attraverso un messaggio pubblicitario diffuso nelle proprie filiali. Il messaggio contenuto nel depliant, secondo l'istruttoria compiuta dall'Autorità garante della Concorrenza sul mercato (del 06 marzo 2003), si intitolasse " 4 you - L'innovazione nella previdenza".
Nel corpo della presentazione, sempre secondo tale accertamento, si legge che il piano finanziario 4you "offre la possibilità di selezionare l'investimento maggiormente in linea con la tua propensione al rischio", "4you ha le risposte giuste per te, perché è un piano finanziario che ti consente, anche con piccoli versamenti mensili, di sfruttare interessanti opportunità sui principali mercati finanziari, con prospettive di guadagno potenzialmente illimitate".[1]
L'operazione, così descritta, veniva presentata come un una innovazione previdenziale, benché ne difettassero i requisiti. L'istruttoria compiuta dall'Autorità Garante ha infatti evidenziato come l'investimento 4you, permettesse inizialmente all'investitore di disporre di una dotazione di capitale per poter accedere alle opportunità offerte dal mercato finanziario. L'investitore, attraverso tale prospettazione è portato a ritenere che la rata mensile che si assume sia impiegata nelle stesse modalità dei piani di accumulo utilizzata principalmente dai fondi di investimento.
In realtà, la rata corrisposta dal sottoscrittore era in concreto un rimborso di un finanziamento concesso e finalizzato all'acquisto dei titoli.
Le conclusioni a cui giunge l'analisi dell'Autorità Garante è quindi una inidoneità del prodotto a rivelare la sua reale componente finanziaria, rilevando come il messaggio promozionale sia assolutamente inidoneo a formare nel sottoscrittore la consapevolezza che unitamente ad un investimento sta sottoscrivendo anche un contratto di finanziamento. Proprio la natura dei versamenti mensili posti a carico dell'investitore, svela la reale natura dell'operazione, la quale non le caratteristiche di una rata relativa ad un piano di accumulo, ma di una vera e propria rata di rimborso di un finanziamento.
Il piano finanziario 4you, quindi, presenta una forte componente di indebitamento, che se non percepita dal sottoscrittore è idonea ad ingenerare in esso una inesatta percezione del rischio che si assume sottoscrivendo l'operazione.
Infatti, proprio la giurisprudenza ha evidenziato come l'onere del rimborso rateale del finanziamento costituisca uno degli elementi che maggiormente è idoneo a creare uno squilibrio dell'alea legata all'operazione. Infatti, il rimborso del capitale costituisce un guadagno certo per l'intermediario mentre l'investitore si assume totalmente l'alea dell'investimento, senza neanche avere contezza del fatto che la performance dei titoli acquistati potrebbe non essere sufficiente neanche a coprire i costi sostenuti per il finanziamento del capitale iniziale.
Per onere di completezza appare opportuno dare conto anche di un orientamento giurisprudenziale minoritario che ha ritenuto invece il contratto 4you correttamente esposto e presentato al cliente in quanto, dalle caratteristiche del piano, emerge con chiarezza come questo dia all'investitore la possibilità di entrare subito nei mercati senza impiego di disponibilità immediate. Inoltre è stata rilevata la ininfluenza del messaggio pubblicitario sulla determinazione di sottoscrivere l'operazione, essendo quest'ultima chiaramente rappresentata nel testo contrattuale come "un piano finanziario con connotazioni previdenziali che dà all'investitore la possibilità di entrare subito, con un capitale significativo, nei mercati azionari senza impiego di disponibilità immediate."[2]
Sebbene sia possibile condividere che un efficace testo contrattuale possa far percepire all'investitore la natura di finanziamento dell'importo erogato iniziale dal proponete l'investimento, certo non sarà possibile rilevare in esso elementi tipici del prodotto previdenziale in una operazione complessa come quella in esame. E' proprio la natura della rata, che come detto, rileva l'elevata rischiosità dell'intera operazione e non permette di avvicinare la fattispecie alle operazioni di piano di accumulo progressivo.
Tale operazione genera nell'investitore un debito iniziale che difficilmente potrà essere remunerato dall'investimento a cui si collega. E' questo l'elemento di rischio che una idonea ed efficace informativa deve evidenziare e che a parere dell'Autorità garante è difettata nel caso in esame.
6. La violazione degli obblighi informativi.
Le argomentazioni che precedono evidenziano la fondamentale importanza che l'informazione assume all'interno di una operazione di investimento.
Il rapporto tra investitore ed intermediario risente, infatti, di una asimmetria informativa in quanto all'investitore difettano conoscenze ed informazioni specifiche sui prodotti finanziari negoziati. La complessità dei mercati finanziari e spesso la opacità di tali prodotti aggrava questo squilibrio, ponendo spesso il soggetto più debole in una situazione di vero svantaggio.
Al fine di riequilibrare tale asimmetria sono stati posti a carico dell'intermediario oneri di informazione nei riguardi del cliente.
Inizialmente la legge 1/1991 detta una disciplina di comportamento per gli intermediari finanziaria prescrivendo all'articolo 6 che questi debbano comportarsi nella prestazione dei servizi secondo diligenza, correttezza e professionalità nella cura dell'interesse del cliente.
La norma inoltre prescrive che l'intermediario deve stabilire i rapporti con il cliente stipulando un contratto scritto nel quale siano indicati la natura dei servizi forniti, le modalità di svolgimento dei servizi stessi e l'entità e i criteri di calcolo della loro remunerazione. Deve, inoltre, acquisire preventivamente le informazioni sulla situazione finanziaria del cliente ed operare in modo che quest'ultimo sia sempre adeguatamente informato sulla natura e sui rischi delle operazioni.
Infine, l'intermediario non deve effettuare operazioni di dimensioni eccessive in rapporto alla situazione finanziaria del cliente né effettuare operazioni ove abbia conflitto di interesse con il cliente a meno che quest'ultimo, avutone esatta contezza abbia autorizzato l'operazione per iscritto.
Così descritto, l'iniziale impianto delle norme di condotta a cui è tenuto l'intermediario finanziario disegna un quadro di obblighi rivolto essenzialmente all'esatta informazione del cliente sull'operazione. Difetta, però un chiaro accenno alla trasparenza, che giunge soltanto con il successivo Decreto legislativo 415 del 1996.
L'articolo 17 del decreto, nel richiamare quanto già prescritto dalla normativa previgente recita che, nella prestazione dei servizi previsti dal presente decreto le imprese d'investimento e le banche devono:
a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati;
b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;
c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;
d) disporre di risorse e di procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi;
e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sugli strumenti finanziari e sul denaro affidati.
Il decreto legislativo 58 del 1998 (di seguito Testo Unico Finanziario o T.U.F.) ha, infine sostituito ed ampliato la precedente disposizione prevedendo all'art. 21 che i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati, utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti. Gli obblighi informativi descritti vengono poi integrati dalla normativa regolamentare che all'art 27 e ss. della delibera Consob n. 11522 del 1998, sostituita poi da quella n. 16190 del 2007, delineano ulteriormente tali doveri.
In particolare l'art. 28 del Regolamento 11522/98, nel regime ante MiFid, poneva al precisi obblighi informativi. Il primo comma disponeva infatti che "Prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati devono:
a) chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L'eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore;
b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all'Allegato n. 3."
Gli obblighi informativi, da una lettura congiunta dell'art 21 T.U.F. con le norme regolamentari sopra richiamate, possono essere riassunti in un obbligo da parte dell'intermediario di informare il proprio cliente sul prodotto a lui offerto ed al contempo di informarsi sull'esperienza dell'investitore, sulla sua capacità di reddito, sulle aspettative che lo stesso nutre nei riguardi dell'operazione finanziaria e la sua propensione al rischio.
Questo duplice obbligo dell'intermediario di informare e di informarsi sul proprio cliente è legato da un vincolo di interdipendenza, che da permette di fatto all'investitore di assumere scelte pienamente consapevoli anche da un punto di vista di rischi legati ad esse. Proprio l’interdipendenza tra l’obbligo di informare il cliente e di informarsi sull’esperienza dello stesso, permetterà quella valutazione sulla adeguatezza della operazione, la cui assenza spesso sta alla base degli effetti negativi dell’investimento stesso.[3]
L'impianto normativo sin qui descritto è stato poi confermato ed ulteriormente novellato dal Regolamento Consob n. 16190 del 2007, che sostituendo la precedente delibera del 1998, all'articolo Art. 27 rubricato requisiti generali delle informazioni stabilisce che "tutte le informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate dagli intermediari a clienti o potenziali clienti devono essere corrette, chiare e non fuorvianti. Le comunicazioni pubblicitarie e promozionali sono chiaramente identificabili come tali". Gli obblighi di informazione, cosi come previsti dalla normativa sin qui descritta, sono quindi rivolte ad ingenerare nell'investitore una assoluta consapevolezza delle scelte assunte su di un prodotto finanziario, al fine si porre in essere un efficace riequilibrio della asimmetria informativa che penalizza il contraente debole. L'informativa che quindi l'intermediario deve offrire al cliente deve avere, secondo l'art. 21 T.U.F. e la normativa regolamentare dettata dalla Consob il carattere della utilità per il cliente, una utilità volta a formare in esso un consenso informato all'investimento.[4]
Premessi succintamente e senza alcun pretesa di completezza quelli che sono gli obblighi informativi che gravano sull'intermediario finanziario, tornando alla operazione finanziaria oggetto della presente disamina, è di tutta evidenza come dalle decisioni delle Corti di merito emerga come molti investitori abbiano lamentato una omessa o non corretta informazione.
Un prima critica in tal senso è stata rivolta alla prospettazione di tale piano come uno strumento previdenziale. Sul punto, come abbiamo detto, si è espressa anche l'autorità Garante della Concorrenza, la quale ha confermato come la pubblicità del prodotto risulti ingannevole.
A tale aspetto deve aggiungersi come in molti casi sia difettata una precisa informativa sui prodotti finanziari acquistati attraverso l'erogazione del finanziamento prevista dal piano 4you.
Sempre dalle decisioni che si sono occupate dal caso è emerso come l'investitore non avesse ricevuto una informativa adeguata sulla caratteristica dei titoli acquistati, violando così le disposizioni di cui all'art. 21 T.U.F. e regolamentari .[5]
Ciò che rileva nel caso specifico è che la informativa prestata al cliente si è maggiormente indirizzata, da parte dell'intermediario più sulla complessiva operazione precisa dal piano che sui titoli effettivamente acquistato con esso. Tale aspetto implica in ogni caso un adempimento parziale degli obblighi posti a carico dell'intermediario, i quali di fatto non hanno determinato una completa e consapevole scelta da parte dell'investitore.
7. Violazione di norme di comportamento ed conseguenze prima e dopo le sentenze delle Sezioni Unite 2007: dalla nullità virtuale alla responsabilità precontrattuale.
L'apparato rimediale alla violazione degli obblighi informativi e più in generale di comportamento dell'intermediario è stato oggetto negli anni di un profondo dibattito sia nella dottrina che nella giurisprudenza.
Per lungo tempo la giurisprudenza maggioritaria stabiliva per la violazione di tali obblighi la sanzione della nullità. Perveniva a tali conseguenze attraverso l'impianto delle nullità c.d. virtuali. Tale categoria concettuale di nullità è mutuata dall'articolo 1418 comma cod. civ. che prevede la nullità del contratti se contrario alle norme imperative. La norma ha la funzione si sanzionare con la nullità alle fattispecie per le quali la norma non preveda espresse ipotesi di nullità legate alla sua violazione.
Per norme imperative si deve intendere "quelle norme che non sono derogabili per volontà delle parti".[6]
Il fondamento logico della declaratoria di nullità, ai sensi dell'art. 1418 comma 1 cod. civ., per la violazione degli obblighi informativi da parte dell'intermediario finanziario tipologia di nullità è da individuarsi nel fatto che il T.U.F. ed il suo regolamento attuativo costituiscono un impianto normativo che realizza una tutela di interessi non solo pubblicistici ma anche di livello costituzionale (art. 47 Cost.). Tali norme, quindi non realizzano soltanto una tutela del singolo, ma anche del risparmio in generale quale valore dell'economia nazionale. Queste norme sono, quindi, norme imperative ai sensi dell'art. 1418 cod. civ.[7]
Le norme del T.U.F. e del suo regolamento attuativo sono da considerarsi, quindi norme imperative, non solo perché realizzano l'interesse del singolo, ma anche e soprattutto interessi di rango costituzionale a tutela del risparmio e dell'economia (art. 41 costituzione).[8]
Vi sono state decisioni, però, che sono pervenute alla sanzione della nullità per via indiretta, assumendo che l'art. 21 T.U.F. è una disposizione rafforzativa del principio di buona fede e correttezza che prescrivono all'intermediario un contegno diligente ed una adeguata informazione del cliente. La violazione di tali norme però rileva non sul piano contrattuale bensì sul piano della responsabilità precontrattuale o contrattuale.[9]
Per tale orientamento, quindi, la violazione di norme a carattere imperativo non appare sufficiente ad integrare l'ipotesi di nullità del contratto ex art. 1418 comma cod. civ.. La violazione di tali norme costituisce, invece, inadempimento degli obblighi contrattuali relativi alla prestazione di servi di investimento. La violazione di tale contratto, c.d. quadro, comporta la nullità a caduta singoli contratti di negoziazione. Per tale via, quindi, indiretta si giunge alla declaratoria di nullità dell'ordine di acquisto nei casi di violazione degli obblighi di informazione, prescindendo dalla figura delle nullità virtuali (la decisione del Tribunale di Firenze, peraltro, riguardava proprio un caso di contratto 4you).[10]
La critica maggiormente mossa alla teoria della nullità virtuale per violazione degli obblighi informativi riguarda la circostanza che la norma che si assume violata, riguarda comportamenti estrinseci alla formazione del contratto, nel corso di trattative o dell'esecuzione del contratto, che restano estranei alla fattispecie negoziale.
La loro violazione non può dare vita a nullità, poiché essa deriva soltanto dalla violazione di norme che attengono a elementi intrinseci del negozio giuridico.[11]
La distinzione che precede, formulata dalla Suprema Corte, costituisce una prima importante evoluzione all'interno del dibattito in esame.
Come attenta dottrina ha fatto notare, detta sentenza ha applicato l'istituto dettato dall'art. 1337 c.c. in tema di responsabilità precontattuale anche nell'ipotesi che il contratto sia concluso. La sentenza, in ogni caso, ha quindi ritenuto la responsabilità nascente da tale violazione di tipo contrattuale .[12]
Sul tema delle conseguenze legate alla violazione di obblighi informativi sono intervenute poi le Sezioni Unite, le quali con le sentenze 26724 e 26725 del 19 dicembre 2007, hanno ridefinito l'intero impianto rimediale .
Contrariamente a quanto stabilito dalla precedente maggioritaria giurisprudenza di merito, favorevole all'impiego delle c.d. nullità virtuali e quindi dell'articolo 1418.1. cod. civ. per tali violazioni; le Sezioni Unite hanno chiarito come la violazione degli obblighi che precedono e accompagnano la stipulazione del contratto di intermediazione è destinata a produrre responsabilità di tipo precontrattuale con obbligo per l'intermediario di risarcire il danno.
La violazione, invece, da parte dell'intermediario dei propri doveri nella fase successiva alla stipulazione del contratto di intermediazione assume i connotati di un vero e proprio inadempimento, con la conseguenza che la loro violazione può condurre sia ad obblighi risarcitori che alla risoluzione del contratto.[13]
Le sentenze in esame giungono a tali conclusioni ripercorrendo la distinzione tra norme di comportamento dei contraenti e norme di validità del contratto, riconsiderando anche la precedente decisione n. 19024 del 2005 sul tema.
La violazione delle prime comporta, a parere delle Sezioni Unite, responsabilità determinando risoluzione del contratto ove ponga in essere il non corretto adempimento del dovere di protezione, ma non incide mai sulla genesi dell'atto negoziale, in quanto non è idonea a provocarne la nullità.[14]
Viene così ribadito il sillogismo logico della precedente pronunzia della Corte, la quale distingue tra violazioni di norme di comportamento e di validità del contratto, superando definitivamente il precedente impianto della nullità virtuale, quale violazione di norme imperative.
8. Conclusioni
La ricostruzione del percorso giurisprudenziale sin qui descritto può essere rilevata anche nelle decisioni delle Corti di merito, che si sono occupate del contratto 4you.
Un iniziale orientamento ha dichiarato la nullità del contratto per violazione degli obblighi informativi e di condotta, in altri casi è stata dichiarata la nullità ai sensi dell'art. 1322 cod. civ., per immeritevolezza del contratto aleatorio atipico, in altri casi più recenti è stata dichiarata la risoluzione del contratto.
Recenti decisioni hanno, infine, analizzato il contratto 4you applicando l'impostazione dettata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte in tema di distinzione tra norme di comportamento e norme di validità del contratto (cit. Tribunale di Pisa, 15 marzo 2012 n. 311).
L'eterogeneità dei rimedi posti alle violazioni degli obblighi informativi e comunque dai vizi del contratto, portano a concludere che il piano finanziario 4you abbia rappresentato un importante momento di riflessione.
Da un lato il prodotto tenta un approccio diverso e nuovo al mercato finanziario, predisponendo un impianto contrattuale complesso, il cui scopo però è quello di permettere l'accesso ad investimento anche a soggetti privi nell'immediato di capitali necessari. Tale pregio deve però essere valutato all'interno della complessiva economicità del contratto. Gli oneri portati dalla sottoscrizione di un finanziamento sono difficilmente recuperabili dalla possibile performance del titolo acquistato.
Un ulteriore elemento di critica verso il prodotto finanziario in questione è la sua presentazione al risparmiatore.
Secondo l'autorità garante del Mercato la pubblicizzazione del prodotto non è stata idonea a rilevare la forte componente finanziaria del piano, la quale determina un immediato indebitamento con un guadagno incerto.
Si può quindi concludere che pur tentando di rispondere alle esigenze di novità di un mercato finanziario in continuo progresso, il complesso piano finanziario 4you ha posto in essere un impianto contrattuale difficilmente comprensibile nella sua portata economica da parte del risparmiatore. Se ad esso si accompagna l'effetto di una creazione di alea unilaterale, come evidenziato da alcune decisioni, oppure una imprecisa informativa prevista dalla normativa di settore, il danno che l'investitore ne riporta è sia imprevisto che imprevedibile.
La risposta che il mercato deve trovare nella creazione di nuovi prodotti sempre più adatti alle esigenze degli investitori, non deve provenire dall'ingegneria finanziaria bensì dall'esatto calcolo del rischio e dal suo contenimento. Le rischiosità dell'investimento devono essere esattamente comprese dall'investitore, affinché giunga ad un consenso consapevole. Il detrimento delle posizioni economiche dei risparmiatori, infatti, se incontrollato diviene un problema di sistema, in quanto il mercato stesso perde risorse necessarie alla sua sopravvivenza. Quanto al rimedio dinanzi a casi divenuti noti con l'appellativo di risparmio tradito, ferma ogni autorevole ricostruzione giuridica, dovrebbero essere comunque in grado di stabilire lo status quo ante alla sottoscrizione del titolo, in quanto, diversamente da ciò, tutta la rete di protezione del contraente debole si vanifica dinanzi all'incapacità del risparmiatore di non prevenire danni dovuti ad una errata percezione del rischio che si assume con l'investimento.
[1] Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, 06 marzo 2003in www.ilcaso.it, Sez. I Giur., doc 922,
[2] Tribunale di Parma, Sez.II, sentenza del 7 febbraio 2005 in Danno e responsabilità, 2, 2006, 188,
[3] Tribunale di Enna, sentenza del 14.10.2009, con nota F. Cocchi, in www.altalex.com
[4] E. Guerinoni, I contratti di investimento e responsabilità degli intermediari finanziari, Iposa, 2010, Milano, pag. 55 e ss.; Sul tema : G. Facci, Il danno da informazione finanziaria inesatta, Zanichelli ed., 2009, Bologna, R. Razzante, ( a cura di ) Il contenzioso finanziario nell'era MiFid, Giappichelli ed.,2010, Torino,
[5] Trib. di Brindisi, sentenza 21 giugno 2005 cit, Tribunale di Firenze, sentenza 19 aprile 2005 cit, Tribunale di Pisa sentenza 15 maggio 2012, Tribunale di Parma, sentenza del 11.dicembre 2008 n.1860, Tribunale di Milano sentenza del 25 novembre 2008 n. 13940, Tribunale Parma sentenza del 24gennaio2007 n. 246, Tribunale Firenze, sentenza del 17 novembre 2006 n. 4155, Tribunale di Pescara sentenza del 28 febbraio 2006, tribunale di Rimini sentenza del 21 aprile 2007, n. 442, Tribunale di Firenze sentenza del 20 dicembre2005 n. 2419,
[6] C. Miriello, La nullità virtuale, Cedam, 2010, Milano, pag. 3
[7] F. Greco, intermediazione finanziaria: la nullità virtuale per violazione degli oblighi di informazone, in www.ilcaso.it, Sez.II, Dottrina, doc.45/2006, Tribunale di Venezia sentenza 22 novembre 2004, Tribunale di Termini Imerese sentenza 7 marzo 2006.
Sull'argomento: A. Gentili, Disinformazione e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni Unite, in I contratti, 4,2008,393, D. Maffeis, Dopo le sezioni Unite: l'intermediario che non si astiene restituisce al cliente il denaro investito, in www.ilcaso.it, Sez.II Dottrina, Doc. 102/2008, V. Piccinini I rapporti tra Banca e clientela, Cedam, 2008, pag. 170 e ss., A.Zanardo, La violazione degli obblighi di comportamento a carico degli intermediari nella prestazione di servizi di investimento: una questione ancora aperta?, in La Resp. Civ., 1, 2011,25, P. Morandi, Violazione delle regole di condotta degli intermediari finanziari: rimedi esperibili, in Obblig. e contratti, 1, 2009, 47,
[8] Tribunale di Brindisi, sentenza 18 agosto 2006, Tribunale di Trani sentenza 30 maggio 2006, Tribunale di Teramo sentenza 18 maggio 2006, Tribunale di Foggia sentenza del 15 maggio 2006, Tribunale di Trani sentenza 31 gennaio 2006, Tribunale di Brindisi sentenza 16 dicembre 2005, Tribunale di Torino sentenza 07 novembre 2005, Tribunale di Parma sentenza 21 ottobre 2005, Tribunale di Brindisi sentenza 04 ottobre 2005, Tribunale di Venezia sentenza 22 novembre 2004; in www.ilcaso.it
[9] Tribunale di Firenze, sentenza 04 dicembre 2006, n. 4155, in www.ilcaso.it, Sez. I, doc. 512/2006,
[10] Tribunale di Firenze, sentenza del 21.06.2006, cit., in Nuova Giur. Civ. Comm.,, 545, 2007,
[11] Tribunale di Firenze, sentenza 04 dicembre 2006, n. 4155; Corte di Cassazione sentenza del 29settembre 2005 n. 19024
[12] Aldo A. Dolmetta, Strutture rimediali per la violazione di obblighi di fattispecie da parte di intermediari finanziari, in www.ilcaso.it, Sez.II dottrina, doc. 83/2007,
[13] Corte di Cassazione, sentenza del 19.12.2007, n. 26724,
[14] Corte di Cassazione, sentenza del 19.12.2007, n. 26725,