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Il primo riaffossatore di Ercolano

Michele Arditi e l’anfiteatro di Pozzuoli
Pianta con le proprietà confinanti con l’arena dell’anfiteatro di Pozzuoli
Pianta con le proprietà confinanti con l’arena dell’anfiteatro di Pozzuoli

Tra il 1787 e il 1817 il pugliese Michele Arditi riesce, grazie alla sua fama di grande studioso, a concentrare diverse cariche pubbliche: Direttore Generale dei Regi Archivi, membro dell’Accademia Ercolanense, direttore generale del Museo di Napoli, sopraintendente degli scavi delle antichità, direttore generale di tutti i depositi letterari, antiquari e di belle arti e prefettura della Real Biblioteca.

Una figura trasversale che miracolosamente, nonostante i cambiamenti di forze al potere, riesce ad incrementare la sua fama: nominato da Giuseppe Bonaparte, al ritorno di Ferdinando consolida le sue cariche ed ottiene la ripresa degli scavi di Ercolano, abbandonati durante l’epoca napoleonica per la ricerca a Pompei.

La campagna di scavo che lo vede protagonista insieme a Carlo Bonucci ad Ercolano fin dal 1828 vede una brusca interruzione nel 1837, quando chiede improvvisamente di abbandonare gli scavi di Ercolano e Pompei a favore dei Campi Flegrei, per concentrarsi sulla riscoperta dell’anfiteatro di Pozzuoli.

Questa scelta è osservata e criticata dal Maiuri, che lo definisce “il primo riaffossatore di Ercolano”. Infatti, nel 1837 Arditi riesce inspiegabilmente a chiudere gli scavi di Ercolano e a dirottare duemila ducati sull’impresa dei Campi Flegrei.

Lo studio dei documenti dell’Archivio di Stato di Napoli permette oggi di comprendere meglio la cornice nella quale si definisce la vicenda.

Risoluzione per l’acquisto di fondi per lo scavo dell’Anfiteatro di Pozzuoli, 13 marzo 1837
Risoluzione per l’acquisto di fondi per lo scavo dell’Anfiteatro di Pozzuoli, 13 marzo 1837

L’attenzione di Arditi per gli anfiteatri si concentra negli anni immediatamente precedenti questa decisione: aveva studiato due monete provenienti dall’anfiteatro campano, aveva scritto un trattato sulla legge Petronia, aveva partecipato al restauro dell’anfiteatro di Pompei e si era occupato di tessere gladiatorie.

La richiesta di acquisizione alla corona borbonica dell’anfiteatro puteolano, ritenuto giustamente dall’Arditi uno dei massimi monumenti dell’antichità, risale già al dicembre 1824, quando egli scrive un primo rapporto al ministro Santangelo, dopo aver saputo della vendita da parte di privati dei terreni che coprono l’arena dell’anfiteatro di Pozzuoli.

L’Arditi vorrebbe che si applicasse per l’anfiteatro puteolano la stessa soluzione operata nel 1819 per l’anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere, ovvero la dichiarazione attraverso un real decreto di monumento pubblico.

Al rapporto risponde immediatamente il cavaliere Letizia, allora presidente della Gran Corte Civile di Napoli, che fa notare che la situazione dell’anfiteatro puteolano è ben più complessa: sul fondo oggetto della vendita e su tutta l’area dell’anfiteatro insistono numerosi proprietari ed enfiteuti che occupano legittimamente i terreni.

Il 16 aprile 1825 viene incaricato l’architetto del Real Museo Borbonico e ingegnere direttore di Pompei Carlo Bonucci, di fare un sopralluogo per rilevare e apprezzare tutte le proprietà che si trovano intorno e sopra l’anfiteatro.

È probabilmente intorno a questa data che risale la pianta conservata nel fondo iconografico dell’Archivio di Stato di Napoli, firmata da Antonio Bonucci che illustra le principali proprietà dell’arena dell’anfiteatro, poiché egli consegna anche gli apprezzi dei terreni, delle masserie e i relativi rimborsi spettanti agli occupanti.

Antonio Bonucci, Pianta che illustra le principali proprietà dell’arena dell’anfiteatro di Pozzuoli
Antonio Bonucci, Pianta che illustra le principali proprietà dell’arena dell’anfiteatro di Pozzuoli

Le complesse trattive con i proprietari dei terreni iniziano precocemente ma si chiuderanno definitivamente solo nel 1844: i primi ad essere saldati sono i coniugi Maza e Lepante, nel 1825 gli enfiteuti Buonocore e di Roberto chiedono il riconoscimento di un compenso extra per le regalie che giornalmente lasciano loro “i forastieri che colì si recano ad osservare quell’antichissimo monumento”. Gennaro Peppolla chiede il risarcimento per gli scavi da lui condotti nelle gallerie della struttura antica (supplica del 10-5-1833), Gabriele Manganella supplica per il rimborso delle sue piante di limone (supplica del 13-5-1839) mentre Vincenzo di Gennaro e Caterina Roberti supplicheranno numerose volte, l’ultima nel 1841, di veder saldata la confisca risalente a tre anni prima.

Pianta con le proprietà confinanti con l’arena dell’anfiteatro di Pozzuoli
Pianta con le proprietà confinanti con l’arena dell’anfiteatro di Pozzuoli

Michele Arditi nel 1833 scrive una nuova lettera al Ministro degli affari Interni per accelerare e sollecitare le trattative per l’acquisizione dei terreni.

Quando il primo marzo 1837 l’Arditi indirizza la proposta di spostare gli scavi da Ercolano ai monumenti dei Campi Flegrei, l’acquisizione delle terre e i risarcimenti sono a buon punto: diversi proprietari sono stati saldati e l’area dell’arena è già parte delle proprietà demaniali.

I motivi economici che l’Arditi adduce per il dirottamento dei fondi non sono di poco conto: lo scavo di Ercolano dal 1828 al 1836 si è rivelato complessivamente privo del ritrovamento di dipinture, mosaici e oggetti realmente interessanti. Dei trentamila ducati spesi in 12 anni, pochi sono i reperti davvero interessanti ritrovati e soprattutto i suoi scavi hanno finito con l’incontrare “il centro degli scavi già operati dal Re Carlo III” e quindi “le stesse mura sfondate e crivellate dai cunicoli di Carlo III”.

L’Arditi paventando quindi che il proseguo degli scavi di Ercolano avrebbe dovuto anzitutto provvedere all’esproprio di altri terreni e relativi “ostacoli giudiziari” – che conosceva ormai bene viste le vicende di Pozzuoli- e col pericolo di incontrare nuovamente i cunicoli di Carlo III, propone di sospendere “almeno per ora” gli scavi di Ercolano e di indagare l’anfiteatro di Pozzuoli che peraltro rientra nei suoi personali interessi di studio.

Per saperne di più:

Documenti

  • ASNA, Ministero degli affari interni, I Inv., Serie Antichità e Belle Arti, b. 998, f. 1810-11  
  • ASNA, Ministero della Pubblica Istruzione, Real museo borbonico e Soprintendenza generale degli scavi 1848 – 1864, b. 330, f. 8
  • ASNA, Ministero della Pubblica Istruzione, Real museo borbonico e Soprintendenza generale degli scavi 1848 – 1864, b. 330, f. 25

 

Libri

  • D’Alconzo Paola, “La tutela dei beni artistici e archeologici nel Regno di Napoli dalla Repubblica alla Restaurazione: provvedimenti francesi e revanscismo borbonico”, pp. 25-51, in Beni culturali a Napoli nell’Ottocento. Atti del Convegno di Studi, Napoli, 5-6 novembre 1997, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 2000
  • Maiuri Amedeo, Vita d'archeologo. Cronache dell'archeologia napoletana, pp. 93-104, Napoli, Montanino, 1959
  • Arditi Michele, “Le tessere gladiatorie Memoria distesa dal Marchese Commendatore Arditi e da lui nel dicembre del 1830 letta alla Real Accademia Ercolanense di Archeologia”, Napoli, Stamperia Reale, 1832
  • Ruga Pietro,“Lettera del professore avv. Ruga al sig. cav. Michele Arditi”, in «Giornale Arcadico di Roma», Roma, 1821, t.11, pp. 311 - 313
  • Arditi Michele, “La legge Petronia illustrata col mezzo di un’antica iscrizione rinvenuta nell’anfiteatro di Pompei”, Napoli, Tipografia Chianese, 1817