Impatrio: tra evasione e abuso del diritto
Il regime agevolato dell'impatrio presuppone il trasferimento della residenza in Italia da parte del soggetto che ne fruisce, ossia l’instaurazione di un collegamento sostanziale con il territorio dello Stato, che implichi un’interazione effettiva con la realtà italiana: viene, inoltre, richiesto che, prima del trasferimento nel territorio dello Stato, la persona fisica abbia mantenuto la residenza fiscale all’estero per un periodo di tempo minimo, variabile a seconda dell’agevolazione interessata.
Indice:
1. Impatrio: l’attuale regime
2. Impatrio: tipologia di reddito: dipendente, lavoro autonomo e impresa
3. Impatrio: no al regime agevolato per il socio/amministratore unico di una newco srl
4. Impatrio: un breve ripasso non guasta
5. Impatrio: spunti conclusivi
1. Impatrio: l’attuale regime
Dal 2016 è stato introdotto nel nostro ordinamento uno speciale regime di tassazione rivolto ai lavoratori impatriati da individuarsi in quei contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia e che si impegnano a risiedervi per almeno due periodi di imposta, svolgendo attività lavorativa in Italia. Da allora, la disciplina degli impatriati contenuta nell’articolo 16 del DLgs n. 147/2015 ha subìto riscritture e modifiche che hanno sostanzialmente ridefinito i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo di imposta 2020 (successivo a quello di entrata in vigore del DL n. 34/2019): in particolare, la detassazione reddituale per 5 periodi di imposta viene incrementata dal 50 al 70 per cento e viene prevista l’estensione per un ulteriore quinquennio del periodo agevolabile in talune ipotesi-espressamente previste dalla legge. Ulteriore e sostanziale modifica alla disciplina, nell’intento di superare la disparità di trattamento tra i soggetti che avessero trasferito la residenza fiscale in Italia a decorrere dal 3 luglio 2019 (ovvero dal periodo di imposta 2020) e i soggetti rientrati a decorrere dal 30 aprile 2019, ha esteso anche nei confronti di questi ultimi la detassazione del 70 per cento.
Da ultimo, la legge di Bilancio 2021 ha esteso il regime agevolativo degli impatriati ai lavoratori che:
- sono stati iscritti ovvero sono cittadini di Stati membri dell’Unione Europea;
- hanno trasferito la residenza fiscale in Italia prima del 2020;
- già beneficiavano del regime impatriati alla data del 31 dicembre 2019;
e ha escluso da questa nuova opzione:
- i soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia a decorrere dal 30 aprile 2019;
- gli sportivi professionisti di cui alla legge n. 91/1981;
- i docenti e ricercatori di cui all’articolo 44 del DL n. 78/2010, in quanto trattasi di un distinto regime non richiamato espressamente dalla norma.
Questa opzione (in verità, l’opzione dell’opzione) introdotta dalla legge di Bilancio 2021 si perfeziona con il pagamento nel modello F24 ELIDE di un importo pari al:
- 10% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se in tale momento il lavoratore ha almeno un figlio minorenne (anche in affido preadottivo) o è diventato proprietario di almeno un’immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito, senza applicazione di sanzioni (codice tributo “1860”);
- 5% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se in tale momento il lavoratore ha almeno tre figli minorenni (anche in affido preadottivo) e diventa proprietario di almeno un’immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il-trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione, pena la restituzione del beneficio, senza applicazione di alcuna sanzione (codice tributo “1861”).
In entrambi i casi, l’immobiliare può essere acquistata sia direttamente dal-lavoratore, sia dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.
2. Impatrio: tipologia di reddito: dipendente, lavoro autonomo e impresa
Il regime degli impatriati ha carattere temporaneo e si applica per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi. Con riferimento all’ambito oggettivo, sono agevolabili i redditi di lavoro-dipendente e assimilati e i redditi di lavoro autonomo, che derivano dall’esercizio di arti e professioni di cui all’articolo 53 del TUIR, svolte sia in forma individuale che associata prodotti nel territorio dello Stato. Per l’Agenzia delle Entrate, non sono oggetto di agevolazione i redditi prodotti dalle società di persone commerciali e imputati per trasparenza direttamente a ciascun socio, in proporzione alla propria quota di possesso ai sensi dell’articolo 5 del TUIR e il reddito di impresa prodotto dalle società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria i cui soci sono esclusivamente persone fisiche, ai sensi dell’articolo 116 del TUIR. Sostanzialmente, nel “mondo impresa” il reddito di impresa agevolabile è unicamente quello dell’imprenditore individuale, poiché prodotto dalla persona fisica mediante l’esercizio della propria attività lavorativa in regime di impresa mentre gli ulteriori redditi derivanti da attività lavorative intraprese in periodi di imposta successivi al rientro (ma comunque entro il quinquennio agevolabile) sono agevolabili
Per beneficiare del regime agevolativo il lavoratore deve presentare una richiesta scritta al datore di lavoro e nelle ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia potuto riconoscere l’agevolazione, il contribuente può fruirne, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, direttamente nella dichiarazione dei redditi: i lavoratori autonomi, invece, possono accedere al regime fiscale agevolato direttamente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi o, in alternativa, fruirne in sede di applicazione della ritenuta d’acconto operata dal committente sui compensi percepiti (a seguito di richiesta scritta).
Nelle ipotesi in cui il contribuente non si sia avvalso dell’agevolazione al momento della presentazione della dichiarazione (modello 730 ovvero modello Redditi PF) è preclusa la possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi c.d. “integrativa a favore” oltre il termine di novanta giorni dalla scadenza ordinaria: per l’Amministrazione finanziaria non si configurano le condizioni per accedere all’istituto della remissio in bonis, che ammette la possibilità di esercitare tardivamente l’opzione per un beneficio fiscale o un regime agevolato quando il contribuente “abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. comportamento concludente), ed abbia soltanto omesso l’adempimento formale-normativamente richiesto, che viene posto in essere successivamente”……………..
3. Impatrio: no al regime agevolato per il socio/amministratore unico di una newco srl
Basterebbe questa breve ricostruzione normativa per far capire che il regime degli impatriati prevede molti aspetti opachi; l’Agenzia delle Entrate, da par suo, cerca di renderli trasparenti ma il più delle volte a complicazione normativa si aggiunge complicazione amministrativa.
Per fare un esempio recente, si prenda il caso prospettato da un soggetto estero che intende “impatriare” in Italia costituendo una nuova società a responsabilità limitata per esercitare l’attività senza soluzione di continuità che fino a quel momento ha esercitato all’estero: questo caso è descritto in una risposta di interpello (n. 407/2021) in cui un impatriato nel territorio italiano intende costituire una Newco S.r.l. unipersonale con sede legale in Italia, avente quale oggetto sociale la prestazione di servizi di consulenza al fine di soddisfare le svariate esigenze di tipo personale e commerciali tra le quali:
- la limitazione della responsabilità patrimoniale per le obbligazioni di legge e di contratto derivanti dallo svolgimento dell'attività di consulenza da parte della Newco S.r.l. unipersonale;
- la possibilità di ripresentarsi sul mercato come realtà imprenditoriale maggiormente stabile e strutturata, sia nell'ottica di aumento del portafoglio clienti sia in termini di fidelizzazione della clientela pregressa, eliminando intermediazioni nell'assunzione e/o gestione e/o fatturazione degli incarichi, ed aumentando la competitività di Newco S.r.l. unipersonale mediante la richiesta di corrispettivi diretti e meno onerosi;
- una maggiore espansività del business, sia in termini di capitale investito e/o suddivisione del rischio d'impresa (mediante il possibile ampliamento della compagine sociale), sia in termini operativi, attraverso l'assunzione, da parte di Newco S.r.l. unipersonale, di collaboratori e/o dipendenti (fra i quali potrebbe rientrare la stessa consorte dell'Istante), con piena ottimizzazione fiscale e gestionale dei costi connessi al personale.
Il ruolo assunto dall’impatriato nella Newco è quello di amministratore unico remunerato con un compenso variabile, su base annua, determinato in una misura ricompresa tra l'80% e il 90% degli utili di esercizio eventualmente conseguiti dalla Srl unipersonale: è prevista la possibilità di costituire, in alternativa alla nomina di un amministratore unico un consiglio di amministrazione composto da due membri, del quale l'Istante sarebbe in ogni caso Presidente ed amministratore delegato, nonché l'unico coinvolto dal sistema di remunerazione rappresentato. Il compenso sarà determinato in misura pari all'85% dell'utile generato, per ciascun esercizio, dall'attività caratteristica di consulenza e con possibilità di pagamenti in acconto in corso d'anno, salvo conguaglio "a favore dell'avente diritto, da determinarsi sulla base di apposita situazione da presentare al socio unico entro e non oltre il 10 gennaio dell'anno successivo all'esercizio di riferimento" . Nella sostanza, il reddito imponibile da assoggettare a tassazione ai fini IRPEF sarà integralmente costituito dal compenso (eventuale) percepito dalla Srl unipersonale, rispetto al quale intende avvalersi del regime fiscale riservato ai lavoratori c.d. 'impatriati'. Da ultimo, l'Istante chiede se l'operazione prospettata di costituzione di NEWCO S.r.l. unipersonale di cui egli sia unico socio e amministratore, e al quale è attribuito un compenso parti all'85% degli utili della società, sia censurabile sotto il profilo dell'abuso del diritto.
Nell'operazione rappresentata la costituzione di una S.r.l. unipersonale gestita dall'Istante per lo svolgimento delle attività di consulenza, al fine di limitarne la propria responsabilità patrimoniale, è seguita dall'assunzione da parte di quest'ultimo della qualifica di amministratore unico della S.r.l. unipersonale, che percepirebbe un compenso variabile per l'attività gestoria svolta pari all'85% degli utili derivanti dall'attività dell'impresa. In veste di amministratore l'Istante, unico socio della società, è destinatario di un reddito assimilato al lavoro dipendente; tale reddito, sulla base di quanto dichiarato dall'Istante, è suscettibile di rientrare nel novero dei redditi di lavoro cui è applicabile il regime speciale per c.d. lavoratori 'impatriati', regime escluso per i redditi derivanti dalla partecipazione a società commerciali e redditi di capitale. L’Agenzia delle Entrate osserva che l'entità del compenso, quale reddito assimilato al lavoro dipendente, è aleatoria e variabile poiché dipende esclusivamente dai risultati economici della società di cui l'amministratore è al contempo l'unico socio che, in tale veste, dovrebbe invece veder remunerato il capitale investito sotto forma di partecipazione agli utili. Il compenso è inoltre determinato in assenza di un vincolo di subordinazione dell'amministratore unico e/o assoggettamento all'altrui potere direttivo, nonché in mancanza, in relazione all'attività gestoria, di una volontà distinta rispetto a quella esprimibile dall'organo societario. Ciò considerato, l'articolata serie di operazioni prospettata consente all'Istante di veicolare la maggior parte degli utili prodotti dalla società sotto forma di corrispettivo per i servizi amministrativi (e per la parte residua sotto forma di utili, se distribuiti), e quindi come reddito assimilato al lavoro dipendente al mero fine di consentire l'accesso alla tassazione ridotta prevista dal regime agevolato dei lavoratori c.d. impatriati. Detto vantaggio è da qualificarsi come indebito, poiché tradisce - attraverso la preordinata costituzione delle condizioni di accesso - la ratio sottesa alla norma agevolativa richiamata, la cui applicazione è esclusa per i redditi di capitale. Per ciò che riguarda gli ulteriori elementi che concorrono a costituire la fattispecie di abuso del diritto, si osserva che l'operazione prospettata appare priva di sostanza economica in quanto inidonea a produrre effetti significativi derivanti dal descritto vantaggio fiscale. Ferma restando l'insindacabilità in un'ottica anti-abuso della scelta imprenditoriale volta alla costituzione di una struttura societaria per la realizzazione degli obiettivi economici descritti, il perseguimento degli stessi avverrebbe attraverso la sottrazione della maggior parte degli utili al regime fiscale proprio. L'operazione prospettata non è coerente con le normali logiche di mercato, ma appare idonea unicamente a fare conseguire un vantaggio fiscale indebito al socio unico che intende proseguire l'attività in forma societaria. Il suddetto vantaggio fiscale risulta, altresì, essenziale poiché la specifica sequenza di operazioni che si intenderebbero porre in essere non risulta diretta al soddisfacimento di un interesse economico diverso dal perseguimento del vantaggio fiscale stesso. L’Agenzia conclude che non sono infine ravvisabili valide "ragioni extrafiscali non marginali" anche di ordine organizzativo o gestionale, atte a giustificare l'operazione prospettata, diverse dall'aspettativa del risparmio fiscale.
4. Impatrio: un breve ripasso non guasta
Ai fini fiscali valgono i criteri previsti dai principi contabili in materia di:
- qualificazione delle operazioni aziendali (ovvero i criteri per l’interpretazione dei fatti, degli atti e dei negozi giuridici, ai fini dell’individuazione del “modello” giuridico-negoziale cui ricondurre ciascuna operazione aziendale),
- classificazione in bilancio (ovvero i criteri da adottare nella successiva fase di individuazione degli effetti dell’operazione, ai fini della corretta appostazione in bilancio degli elementi reddituali e patrimoniali),
- imputazione temporale (ovvero i criteri finalizzati all’individuazione del periodo d’imposta in cui i componenti reddituali fiscalmente rilevanti devono concorrere alla formazione della base imponibile). In merito a quest’ultimo punto giova tuttavia sottolineare che sono previste dal legislatore fiscale alcune espresse deroghe al principio di derivazione.
La qualificazione contabile (come pure la classificazione in bilancio) deve, quindi, essere interpretata considerando le sue finalità, che sono quelle di privilegiare una rappresentazione dei fatti aziendali fondata sugli effetti sostanziali della singola operazione, abbandonando, invece, una rappresentazione di natura giuridico-formale.
Come chiarito dal principio contabile OIC 11, nell’ambito del processo di “qualificazione” contabile (rilevante, appunto, anche ai fini fiscali), il redattore di bilancio deve, quindi, individuare lo schema giuridico-contrattuale che ricorre nella specifica operazione, per poi conseguentemente determinare se e con quali modalità possano considerarsi generati flussi reddituali positivi o negativi: nel compiere quest’analisi, il redattore di bilancio deve “osservare” le operazioni aziendali secondo gli effetti sostanziali che le stesse determinano: ben potrebbe accadere, pertanto, che la rappresentazione contabile sia sostanzialmente difforme da quella che sarebbe emersa assumendo una rappresentazione giuridico-formale dell’operazione.
La qualificazione contabile relativa alle citate operazioni di prelevamento da parte dei soci consente sostanzialmente di qualificare tali operazioni come prelievo in conto utili (dei semplici acconti in conto utile) e non certamente come prelevamenti in conto “compensi amministratori”.
Le nuove regole contabili imposte dal DLgs. n. 139/2015 e interpretate dai nuovi documenti OIC determinano non solo un necessario cambio di passo nella predisposizione dei conti annuali delle imprese ma anche, e non è certo meno rilevante, nella corretta determinazione dell’imponibile fiscale. Il nuovo articolo 83 del TUIR prevede che, per i soggetti diversi dalle microimprese di cui all’articolo 2435-ter del Codice civile, valgano – anche in deroga alle disposizioni fiscali – i criteri di qualificazione, imputazionetemporale e classificazione previsti dai principi contabili.
Normalmente si è definito tale input come “derivazione rafforzata”; già la definizione d’uso comune, tuttavia, richiede un chiarimento che, per quanto ad oggi desumibile, può essere tratto dalla circolare n. 7/E/2011, a suo tempo emanata dall’Agenzia delle Entrate in riferimento ai soggetti IAS.
In sostanza, si tende ad assumere le rappresentazioni di bilancio ispirate al principio di prevalenza della sostanza (economica) sulla forma (legale): ciò determina una sorta di rimozione dell’abitudine di rappresentare i fatti secondo la natura giuridico formale degli stessi, cedendo il passo ad una rappresentazione tesa ad evidenziare gli effetti sostanziali alla luce dell’effettivo trasferimento dei correlati rischi e benefici. Si riducono così, significativamente, le discordanze tra l’utile di bilancio e il reddito di impresa.
La derivazione rafforzata dovrebbe ridurre i fenomeni di doppio binario: tuttavia, proprio perché tale dipendenza è limitata al riconoscimento delle “qualificazioni”, delle “classificazioni” e delle “imputazioni temporali”, la stessa rappresenta una derivazione “rafforzata” (e non già “piena“).
Infatti, restano generalmente esclusi da tale contesto:
- i fenomeni valutativi, non espressamente citati nella lettera dell’articolo 83;
- talune specifiche fattispecie per le quali il Legislatore fiscale, con deroghe e/o integrazioni al citato principio di derivazione rafforzata, ha voluto prevedere regole differenziate (talvolta mantenendo il previgente schema impositivo).
L’affermazione della prevalenza della sostanza sulla forma determina, per conseguenza, una necessaria disapplicazione delle regole previste dall’articolo 109, commi 1 e 2 del TUIR che fanno riferimento:
- ai requisiti di certezza e determinabilità dei componenti reddituali (comma 1);
- alle risultanze negoziali e, in particolare, all’acquisizione o passaggio della proprietà o altro diritto reale sui beni (comma 2).
Il fenomeno della “qualificazione” attiene essenzialmente all’esatta individuazione dell’operazione aziendale posta in essere e, conseguentemente, dei relativi effetti che da essa derivano tanto sul piano economico-patrimoniale quanto sul piano strettamente giuridico.
Il percorso logico è il seguente:
- individuare il “modello” giuridico-negoziale cui ricondurre ciascuna operazione aziendale, in relazione alla specifica funzione economica e agli effetti sostanziali che essa determina;
- sulla base dello schema giuridico-negoziale individuato secondo i principi contabili in parola è possibile verificare se e con quali modalità la stessa generi flussi reddituali – positivi e/o negativi (in termini di ricavi, plus/minusvalenze, ammortamenti, valutazioni, ecc.) – per l’impresa ovvero se, diversamente, rappresenti una mera manifestazione patrimoniale.
Il secondo concetto richiamato è quello delle classificazioni. Una volta individuato il “modello” giuridico-negoziale di riferimento (e una volta chiarito se l’operazione presenti unicamente profili patrimoniali o si manifesti, in tutto o in parte, come fenomeno reddituale) occorre definire gli specifici effetti che la stessa eventualmente produce sul reddito (e, contestualmente, individuare la specifica appostazione in bilancio dei relativi elementi reddituali e/o patrimoniali). In pratica, sotto il profilo reddituale, si tratta in sintesi di individuare la specifica tipologia (o “classe”) di provento o di onere di ciascuna operazione così come qualificata nella rappresentazione contabile.
Il terzo concetto richiamato dall’articolo 83 è quello delle imputazioni temporali, che attiene alla corretta individuazione del periodo d’imposta in cui i componenti reddituali fiscalmente rilevanti devono concorrere a formare la base imponibile. I nuovi principi danno rilevo ad un criterio di competenza basato sulla “maturazione economica” dei componenti reddituali (generalmente individuabile nel momento in cui si ritiene probabile che i benefici economici futuri saranno goduti dall’impresa ed in cui sarà possibile valutarne l’entità in modo attendibile, nonché quando anche i relativi costi sono attendibilmente determinabili) e non più sulla “maturazione giuridica” degli stessi, alla quale era invece improntata la previgente impostazione del TUIR.
Abbiamo già detto che, invece, non viene rivoluzionato il tema dei fenomeni valutativi, non esplicitamente richiamati dalla norma.
Va tuttavia evidenziato che la valutazione degli elementi reddituali e/o patrimoniali solo talvolta si manifesta come fenomeno indipendente e autonomo rispetto ai fenomeni di qualificazione, classificazione e imputazione temporale.
In altri termini:
- quando, nel raffronto tra rappresentazione contabile delle operazioni aziendali e contabilizzazione delle stesse secondo i criteri giuridico-formali, non emerge una diversa qualificazione e/o classificazione e/o imputazione temporale, si può ritenere valida l’estraneità delle valutazioni al principio di derivazione rafforzata (è questo, ad esempio, il caso delle valutazioni dei titoli);
- quando, invece, la rappresentazione contabile evidenzia differenti qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali, non è in linea di principio possibile prescindere anche da una diversa valutazione.
5. Impatrio: spunti conclusivi
La “nebbia agli irti colli” avvolge questo regime, la troppa discrezionalità concessa all’Agenzia delle Entrate nell’interpretazione delle norme non favorisce, in molti casi, lo sfruttamento integrale dei benefici previsti dal nostro ordinamento e tende a creare un enorme contenzioso disconoscendo il più delle volte le finalità del regime agevolativo: e se vogliamo dire di più, sull’affermazione dell’Agenzia delle Entrate “poiché tradisce - attraverso la preordinata costituzione delle condizioni di accesso - la ratio sottesa alla norma agevolativa richiamata, la cui applicazione è esclusa per i redditi di capitale” si riporta di seguito uno stralcio della circolare n. 26/E/2016 (in riferimento all’assegnazione agevolata ai soci di taluni beni di qualche anno fa) in cui l’Agenzia delle Entrate precisava che “il comma 115 dell’articolo 1 prevede la possibilità di assegnare, le cui caratteristiche debbono essere verificate, ai fini di cui trattasi, nel momento dell’assegnazione, a prescindere dalla data di acquisizione al patrimonio della società. A tal fine, il momento dell’assegnazione deve essere individuato in quello in cui l’atto d’assegnazione viene effettuato e non in quello della delibera che dispone l’assegnazione medesima. Tali precisazioni valgono anche nelle ipotesi di beni (autovetture ovvero immobili) concessi in uso ai dipendenti per esigenze di lavoro.
Il cambiamento di destinazione d’uso anche se effettuato in prossimità della data di assegnazione per acquisire lo status di bene agevolabile è scelta preordinata all’esercizio di una facoltà prevista dal legislatore dalla quale origina un legittimo risparmio di imposta non sindacabile ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 212 del 27 luglio 2000”.
Staccate la corrente e fermate il mondo …..voglio scendere!!!!!