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Ius corrigendi

RFT
IUS CORRIGENDI
IUS CORRIGENDI

Abstract

Esigenze educative e rispetto della dignità dell’educando sono i “poli”, intorno ai quali “ruota” l’esercizio del diritto-dovere previsto dal § 6, comma 2, della Costituzione della RFT.

 

Indice:  

1. Ius corrigendi e Costituzione Federale  

2. Lo “Züchtigungsrecht” nel passato  

3. Effetti delle riforme  

4. La Carta dei diritti fondamentali dell’UE  

 

1. Ius corrigendi e Costituzione Federale

L’articolo 6 della Costituzione Federale – Grundgesetz – GG – è intitolato: “Matrimonio, famiglia e figli” e il comma 2° prevede, che cura ed educazione dei figli costituisce un diritto naturale dei genitori e un dovere primario degli stessi. Sull’adempimento degli obblighi e sull’esercizio dei diritti vigila la comunità statale.

L’“Elternrecht” (diritto genitoriale) non è soltanto un “Grundrecht” (diritto fondamentale) e una “Grundsatznorm” (norma di principio), ma anche una “Richtlinie” (direttiva), che vale per tutto l’ordinamento giuridico; è un dovere di particolare importanza. La correlazione tra diritto e doveri (“Pflichtbindung”) distingue l’“Elternrecht” da altri diritti fondamentali (ved. BVerfGE – Corte Costituzionale Federale – 24, 119 (143)).

Il diritto de quo è, come ha osservato il BVerfGE, “ein Recht im Interesse des Kindes” (un diritto nell’interesse del minore (ved. BVerfGE 72, 122/137)). L’“Elternrecht” è stato indicato anche come “treuhänderisches Recht” (diritto “fiduciario”); in questo senso si veda BVerfGE 59, 360/37 e 64, 180/189. È  un diritto che è durch die Verpflichtung zur Rechtstreue begrenzt e viene anche indicato come dienendes Recht, das zum Wohle des Kindes wahrzunehmen ist (diritto servente da esercitare nell’interesse del minore).

La dizione “natürliches Recht” (diritto naturale) era già contenuta nella Costituzione di Weimar del 1919 (WRV) e l’articolo 6, 2° comma, 1^ parte, della vigente Costituzione Federale, è la “konstitutive Rechtsgrundlage des Elternrechtes” (la base costitutiva del diritto dei genitori).

 

2. Lo “Züchtigungsrecht” nel passato

Nel passato (neppure tanto lontano), lo ius corrigendi comprendeva punizioni – soprattutto corporali – che sono state poi, man mano, attenuate e che ora costituiscono, pacificamente, reato; precisamente una “Straftat gegen die körperliche Unversehrtheit” (reato contro l’integrità fisica - § 223 StGB (CP) della RFT).

Venivano giustificate dallo “Züchtigungsrecht”, violenze fisiche, come, per esempio, sberle e percosse quali reazioni ad un “Fehlverhalten” del minore, offese, anche se violavano la dignità del minore, punizioni che comportavano “körperliche Beeinträchtigungen” nonché “seelische Misshandlungen”. Questo “Züchtigungsrecht” veniva riconosciuto, oltre che ai genitori, anche a insegnanti nonché  agli educatori, ai precettori e ai “Lehrherren”, a condizione che lo scopo della “misura” adottata avesse un “Erziehungszweck” (fine educatorio); in questo senso vediamo BGHSt 6, 263 e 11, 241.

Si riteneva, che lo “Züchtigungsrecht”, da parte dei genitori, potesse essere giustificato con il dovere dell’“elterlichen Sorge” (di cui ai §§ 1626, comma 1° e 1631 BGB (CC) nella versione allora vigente). Per quanto concerne punizioni corporali da parte di insegnanti, esse erano piuttosto diffuse anche dalle nostre parti verso la fine degli anni Cinquanta e consistevano, per lo più nel colpire le mani dell’alunno con un randello (per ogni errore ortografico, si riceveva un colpo, per cui erano particolarmente sfortunati coloro che “standen mit der Orthographie auf Kriegsfuß”, vale a dire, commettevano molti errori ortografici; anche sberle contro le orecchie non erano rare).

Già prima dell’intervento del legislatore nel 2000, la giurisprudenza della RFT si era orientata nel senso, che la “Züchtigung”, per non costituire reato, dovesse comunque essere “maßvoll und angemessen” (BGHSt 6, 263 e 11, 241); in questi casi, ai fini dell’esclusione della punibilità, veniva invocata la “Sozialadäquanz” (l’azione socialmente adeguata).

Per ritenere “lecite” certe punizioni corporali, in particolare le commad. gesunden Watschen (sberle “sane”), nel passato, in ispecie in Baviera, veniva invocato persino il…“Gewohnheitsrecht” (diritto consuetudinario).

 

3. Effetti delle riforme

Anche se l’adozione delle misure ora elencate era da tempo discussa (e c’era chi, già allora, negava – tout court – che esistesse uno “Züchtigungsrecht”), il legislatore, nel 2000, ha emanato il “Gesetz zur Ächtung der Gewalt in der Erziehung”, che è entrato in vigore l’8.11.2000 e per effetto del quale è stato modificato il § 1631 del BGB (CC), sancendo, al comma 2°, il diritto dei minori ad una “gewaltfreien Erziehung” (educazione con esclusione del ricorso a mezzi violenti).

Venivano vietate punizioni corporali, “seelische Verletzungen” e altri mezzi e metodi lesivi della dignità(del minore). Con l’1.1.2002 è poi entrato in vigore il commad. Gewaltschutzgesetz (Legge di tutela da violenze), il cui § 3 prevede misure a protezione di minori e persone inabilitate/interdette.

Già prima della modifica del § 1631 BGB, una parte considerevole della giurisprudenza era orientata nel senso di ritenere giustificata, e, pertanto non costituente reato, soltanto punizioni corporali lievissime; aveva, come si diceva, proceduto ad una “verfassungskonformen Auslegung” del § 233 StGB (a un’interpretazione del § 223 CP. conforme alla Costituzione Federale). Oltre alla lievità della punizione corporale, la stessa, per essere considerata lecita, necessariamente doveva costituire una reazione ad un “Fehlverhalten” dell’alunno ed essere inflitta per “fini educativi”(“zu Erziehungszwecken”).

È  evidente che, ormai, dopo le suddette riforme e, in particolare, dopo la modifica del § 1631 BGB (CC), punizioni corporali, anche se “per fini educativi”, non sono più lecite nella RFT e neppure punizioni che consistono in metodi e mezzi contrari alla dignità dei minori. Nella RFT, le norme dettate dai singoli Länder, dopo la modifica del § 1631 BGB, contengono disposizioni più specifiche in materia anche per quanto concerne il trattamento degli apprendisti.

C’era chi continuava a sostenere, anche dopo l’entrata in vigore delle leggi riformatrici di cui sopra, che si sarebbe trattata di una norma di carattere meramente programmatico, di una specie di “Leitbild ohne Sanktionsbewährung” (direttiva priva di sanzione). A seguito dell’emanazione del “Gesetz zur Ächtung von Gewalt”, questa tesi non era più sostenibile. Il § 1631, comma, 2°, BGB, contiene un divieto 1) di punizioni corporali, 2) di violazione della sfera psichica e 3) di altre misure (atti) contrari alla dignità.

Pertanto, nelle punizioni ora elencate non è più ravvisabile una causa di esclusione della punibiltà (che era basata su “familienrechtlichen Befugnissen” (inerente al diritto di famiglia). È  venuto meno pure la fondatezza della tesi, secondo la quale, nonostante la modifica del § 1631, comma 2°, BGB, la “gewohnheitsrechtliche Rechtfertigung” di atti di punizione corporali, non sarebbe venuta meno.

È stata avanzata pure la tesi dottrinaria (Lackner-Kühl, Hoyer e altri), secondo la quale punizioni corporali sarebbero vietate soltanto qualora siano anche “entwürdigend” (contrarie alla dignità). In altre parole, la punibilità sussisterebbe unicamente, se le punizioni corporali fossero al contempo “entwürdigend”.

Un’interpretazione di questo genere pare priva di fondamento, posto che il legislatore ha usato la dizione “und andere, entwürdigende Maßnahmen” (e altri mezzi contrari alla dignità).

Non esiste uno “Züchtigungsrecht” nei confronti di figli altrui. Questo diritto è da escludere anche, qualora lo si ritenesse un “übertragenes Recht” o un “Gewohnheitsrecht”. Ha statuito il BGH 6, 268 e 11, 242, che per una “gewohnheitsrechtlichen Erlaubnis“ (“consenso” basato sul diritto consuetudinario) ist kein Raum mehr” (non vi è più “spazio”). In proposito va citata pure la sentenza della c.edu (Corte europea dei diritti dell’uomo) EURZ 82, 153.

Per quanto concerne educatori in genere, a essi non viene riconosciuto uno “Züchtigungsrecht”, anche se adempiono funzioni genitoriali. Escluso è questo diritto pure per i “Lehrherren” nei confronti degli apprendisti non ancora maggiorenni.

Da menzionare è anche la Convenzione ONU sui diritti delle persone non aventi ancora compiuto il diciottesimo anno di età, ratificata anche dalla RFT e, in particolare, l’articolo 24, comma 3°, che obbliga gli Stati contraenti di adottare misure adatte ed efficienti al fine di “abolire” pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute dei minori.

 

4. La Carta dei diritti fondamentali dell’UE  

La Carta dei diritti fondamentali dell’UE, ha dedicato un intero articolo ai diritti dei minori (articolo 24). Quest’articolo, insieme agli articoli 25 e 26, è inserito nel Titolo III° della Carta e contiene disposizioni in favore di categorie di persone particolarmente bisognose di protezione, quali sono anche gli anziani e gli handicappati. L’articolo 24 ha una portata innovativa in quanto, mentre nel passato, alcune Costituzioni avevano già previsto norme in favore di handicappati e anziani, la tutela dei minori era avvenuta soltanto indirettamente, da norme dettate per la famiglia.

I diritti indicati nella predetta Carta vengono considerati “Gewährleistungs - und Leistungsrechte” e sono stati previsti al fine di garantire la tutela diretta dei minori nel senso che la stessa non va ritenuta una parte della tutela accordata alla famiglia; essi sono “echte Rechte” (veri diritti). I minori possono far valere, essi stessi, questi diritti, se e nei limiti in cui sono capaci di discernimento.

Il citato articolo 24 obbliga l’UE. Per i singoli Stati nazionali, il vincolo consiste nell’attuazione del diritto comunitario. Nel settore del diritto privato, contrasti con l’articolo 24  possono condurre all’annullamento.

Destinatari dei diritti di cui all’articolo 24 sono i minori, cioè  tutte le persone di età inferiore ai 18 anni e non i genitori o altri componenti della famiglia. Irrilevante, ai fini del riconoscimento dei diritti de quo, è la cittadinanza dei minori.

Il comma 1° dell’articolo 24 tende a garantire il benessere (“well- being/ bien. être”) del minore, benessere, che si estende non soltanto a quello materiale.

Il diritto previsto dall’articolo 24, comma 1°,1^ parte, della Carta, viene leso, se coloro che sono obbligati ad assicurarlo, non provvedono alla tutela (e all’assistenza) dovuta e necessaria, anche se l’intervento si rende necessario nei confronti di terzi. Va però notato, che la discrezionalità riconosciuta in proposito è piuttosto ampia (ved. Corte UE C – 149/10 - Chazi – 16.9.2010).

Anche coloro che sono tenuti ad assicurare i diritti previsti dal comma 2° del citato articolo, devono accordare al benessere del minore (“chid’s best interest”) priorità in una prospettiva proiettata verso il futuro; ciò al fine di salvaguardare il pieno e armonioso sviluppo del minore.

Pertanto, al giorno d’oggi, i genitori, gli insegnanti e i “Lehrherren” che ricorrono alle “maniere forti” o a trattamenti contrari alla dignità di coloro che subiscono, o, meglio, che sono costretti a subirle, commettono il reato p e p. dal § 223 StGB, vale a dire commettono una Körperverletzung” (lesione personale volontaria), punita con la pena della reclusione fino a 5 anni o con quella pecuniaria.

Il § 223 StGB, nella sua formulazione originaria, risaliva al codice penale della Prussia, ma è stato poi modificato più volte, in particolare per effetto del “Verbrechensbekämpfungsgesetz” dd. 28.10. 1994 e del 6.ten StrRG del 26.1.1998. Quest’ultima legge ha introdotto anche la punibilità del tentativo (comma 2° del § 223 StGB).

Il bene giuridico tutelato dal § 223 StGB è, anzitutto, l’integrità fisica di un’altra persona. Nonché, dopo il VI° StrRG, il “Wohlbefinden”, per cui rientrano nella fattispecie del citato paragrafo anche “psychische Einwirkungen”. Deve trattarsi di effetti di entità non trascurabile sulla base di una valutazione oggettiva.