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La capacità di agire delle persone fisiche (cann. 97-99)

pensieri domestici
Ph. Luca Martini / pensieri domestici

La capacità di agire delle persone fisiche (cann. 97-99)

 

Can. 97 - §1. La persona che ha compiuto diciotto anni è maggiorenne; sotto tale età, è minorenne.

§2. Il minorenne, prima dei sette anni compiuti, viene detto bambino (infans) e lo si considera non responsabile dei suoi atti; compiuti però i sette anni, si presume che abbia l'uso di ragione.

 

Can. 98 - §1. La persona maggiorenne ha il pieno esercizio dei suoi diritti.

§2. La persona minorenne nell'esercizio dei suoi diritti rimane sottoposta alla potestà dei genitori o dei tutori, eccetto per quelle cose nelle quali i minorenni sono esenti dalla loro potestà per legge divina o per diritto canonico; per ciò che attiene alla costituzione dei tutori e alla loro potestà, si osservino le disposizioni del diritto civile, a meno che non si disponga altro dal diritto canonico, o il Vescovo diocesano in casi determinati abbia per giusta causa stimato doversi provvedere con la nomina di un altro tutore.

 

Can. 99 - Chiunque manca abitualmente dell'uso di ragione, lo si ritiene non responsabile dei suoi atti ed è assimilato ai bambini.

 

Il diritto canonico ha recepito da quello romano la distinzione tra capacità giuridica e capacità di agire, nonché il principio di tutela dei minori dagli atti pregiudizievoli che potrebbero compiere, ma presenta una sua particolarità poiché deve tener conto del diritto naturale, che rende sufficiente l'uso di ragione perché si possano compiere atti volontari, e del fatto che in taluni ambiti più strettamente connessi con il diritto divino occorre fare in modo che il soggetto possa agire in maniera valida ed efficace. Questo spiega perché, accanto alla categoria dei minori, esso preveda quella degli infanti, che non sono però, in senso etimologico, i bambini ancora incapaci di parlare, bensì quelli che debbono ancora compiere i sette anni di età: questa è l'età cui la legge umana riconnette, per presunzione generale, l'uso di ragione, dimodoché al di sotto di essa vige un regime di irresponsabilità totale ed esenzione dal diritto umano (cfr. can. 11) che viene esteso, per equiparazione espressa, ai pazzi (can. 99); invece, tra i sette anni e i diciotto, il minore vede ampliarsi gradatamente la sfera della propria capacità di agire, ma resta, in linea di principio, soggetto alla rappresentanza necessaria dei genitori o dei tutori (circa la cui costituzione e capacità si canonizza il diritto civile); tuttavia, a conferma dell'esigenza già segnalata, il can. 98 prevede la possibilità che il diritto divino o la legge canonica dispongano altrimenti.

Quanto al diritto divino, esso entra ovviamente in gioco soprattutto per quanto concerne l'accesso ai Sacramenti, che l'ordinamento della Chiesa favorisce al massimo grado, quando non si oppongano considerazioni di peccato. Quindi, com'è noto, non esiste un limite minimo di età per la ricezione del Battesimo, poiché il neonato si considera “battezzato nella fede dei genitori”, che emettono in sua vece l'atto di fede personale che sarebbe necessario; ma a partire dal momento in cui è raggiunto – s'intende in concreto, con il can. 97 §2 che offre qui solo una presunzione legale relativa – l'uso di ragione il bambino diventa legalmente capace di esprimere una volontà contraria ed è anche ammesso a chiedere di essere battezzato contro il volere dei genitori (can. 852). Per la Confermazione, l'unico requisito soggettivo sta nell'essere un battezzato che ancora non l'ha ricevuta; l'età normale per il suo conferimento, tuttavia, è “intorno all'età della discrezione” (can. 891), nei territori in cui le Conferenze Episcopali non ne hanno fissata un'altra, e si tratta di un requisito superiore al semplice uso di ragione, perché il Sacramento richiede che il confermando rinnovi in prima persona le promesse battesimali (cfr. can. 889). Rispetto all'Eucarestia, la facilità di accesso è ancora maggiore: dal momento in cui è concretamente raggiunto l'uso di ragione (cfr. can. 914) scatta per tutti, in particolare per genitori, padrini e parroci, l'obbligo di preparare i bambini a ricevere il Sacramento, ma in pericolo di morte si reputa sufficiente che sappiano distinguere l'Eucarestia dal cibo comune e riceverLa con riverenza (can. 913 §2). La Confessione invece, almeno quanto al precetto che ad essa obbliga una volta l'anno, richiede l'età della discrezione (cfr. cann. 988-9), mentre per l'Unzione degli infermi, legata com'è al pericolo di morte, basta che sia stato raggiunto l'uso di ragione. Infine, per il Matrimonio si distingue tra un'età conveniente, che è quella fissata dagli usi della regione (can. 1072), dimodoché ad es. occorre un'espressa licenza dell'Ordinario per assistere alle nozze che non possono essere riconosciute secondo la legge civile (can. 1071 n. 2°), e un requisito naturale di validità, che è l'uso di ragione sufficiente (can. 1095 n. 1), parametrato al minimo di conoscenza necessario per il consenso matrimoniale, cioè che i nubendi “almeno non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra l'uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole mediante una qualche cooperazione sessuale”, il che si presume noto dopo la pubertà (can. 1096). Soltanto per l'Ordine sacro, che non è necessario alla salvezza né sana situazioni di peccato, ma semmai conferisce responsabilità molto gravi, il diritto interviene a fissare un'età più elevata, che per il presbiterato e il diaconato è di venticinque anni (can. 1031); ma perfino il pazzo può, in concreto, ricevere validamente gli ordini sacri, sebbene non possa esercitarli senza un permesso apposito dell'Ordinario (cfr. can. 1044 §2 n. 2°).

Le esigenze di tutela con cui abbiamo maggior familiarità si manifestano, ovviamente, soprattutto nel campo del diritto contrattuale, dove si intendono recepite, senza particolari eccezioni, le norme civilistiche applicabili ratione loci; disposizioni specifiche del diritto canonico rispondono all'esigenza, affine ma non coincidente, di non assoggettare il minore, o alcuni minori, a norme che potrebbero essere troppo gravose (cfr. can. 1252: l'obbligo dell'astinenza dalle carni sorge con il quattordicesimo anno di età, quello del digiuno obbliga i maggiorenni fino ai sessanta; cann. 643 e 656: occorrono almeno diciassette anni per un valido ingresso in noviziato e diciotto per la valida professione religiosa perpetua) e alle sanzioni penali più gravi (cfr. cann. 1323-4: il minore infrasedicenne non è punibile, al di sopra di questa soglia la minore età costituisce un'attenuante, il che tra l'altro impedisce di contrarre pene latae sententiae e rende sempre necessario un processo, in cui, affinché si arrivi alla condanna, sarà necessario che il minore si dimostri impenitente e ben consapevole delle conseguenze della condotta tenuta). Non mancano però, anche fuori dell'ambito extrasacramentale, norme che ampliano la capacità di porre in proprio atti giuridici: a quattordici anni, ad es., sono fissate sia l'età per poter testimoniare (can. 1550 §1, con autorizzazione del giudice per quelli di età inferiore) sia quella per agire o resistere in giudizio in persona propria, nelle cause spirituali e connesse alle spirituali; anzi, l'infraquattordicenne dotato dell'uso di ragione potrà ottenere dal giudice la nomina di un curatore speciale che gli consenta di agire in giudizio superando la volontà contraria dei genitori (can. 1478 §3). Si può pensare, ad es., alla controversia circa la validità di un voto, che richiede solo un uso conveniente di ragione (can. 1192 §2); ma, in linea di principio, la dicitura “cause spirituali e annesse alle spirituali” copre l'intero ambito della giurisdizione ecclesiastica.