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La crisi finanziaria degli Enti locali: cause e rimedi

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La crisi finanziaria degli Enti locali: cause e rimedi


Sommario

  1. Equilibrio di bilancio e i nuovi principi contabili
  2. Blocco dei programmi di spesa
  3. Piano di rientro
  4. Dissesto guidato
  5. Riequilibrio finanziario pluriennale
  6. Dichiarazione di dissesto finanziario
  7. Considerazioni conclusive


Abstract

L’esigenza di un bilancio in equilibrio economico-finanziario oltre ad osservare la normativa giuscontabile, deve rispettare i canoni generali del buon andamento amministrativo-finanziario trattandosi di risorse destinate alla fornitura dei servizi indispensabili e al soddisfacimento dei bisogni essenziali della collettività amministrata.

Un bilancio in disequilibrio finanziario viola le norme amministrativo-contabili con conseguente responsabilità a carico degli organi di governo a vario titolo coinvolti (amministratori, responsabili di servizio, segretario comunale) e non garantisce l’erogazione dei servizi di cui sopra risultando, inoltre, negativo per:

a) gli amministratori, i quali disponendo di risorse limitate e quindi con riduzione del potere di spesa, non possono finanziare tutte le attività programmate;

b) i cittadini amministrati, che non vedono realizzato, o realizzato in parte, il programma elettorale;

c) i prestatori di lavoro, i fornitori di beni e di servizi e/o realizzazione di opere pubbliche che non vedono soddisfatti, nei termini di legge, i crediti nei confronti della pubblica Amministrazione.

Il presente scritto, dopo aver accennato alle cause che conducono a una crisi finanziaria degli Enti locali, focalizza l’attenzione sugli strumenti che l’ordinamento contabile appresta agli organi di governo per ripristinare situazioni di equilibrio generale di bilancio.


1. Equilibrio di bilancio e i nuovi principi contabili

Il perseguimento degli equilibri di bilancio è un obiettivo imprescindibile per una sana gestione dell’Ente locale. Il venir meno delle condizioni di equilibrio, oltre a pregiudicare l’erogazione dei servizi essenziali alla cittadinanza amministrata, impone all’Ente l’adozione degli strumenti previsti dall’ordinamento contabile per fronteggiare le situazioni di crisi e correggere gli squilibri finanziari rilevati, che attualmente sono: 1) Blocco dei programmi di spesa (articolo 148-bis Tuel 267/2000); 2) Piano di rientro (articolo 188 Tuel 267/2000); 3) Dissesto guidato (articolo 6, comma 2, decreto legislativo 9 settembre 2011, n. 149; 4) Piano di riequilibrio finanziario (articoli 243-bis e seguenti Tuel 267/2000, inseriti dal decreto legge n. 174/2012); 5) Dissesto finanziario (articoli 244 e seguenti Tuel 267/2000).

Il concetto di dissesto finanziario è stato introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico dall’articolo 25 della legge n. 144 del 24 aprile 1989 per quegli Enti che non erano in grado di sanare la propria pregressa situazione debitoria, assicurando condizioni di equilibrio nella gestione economico-finanziaria, la cui causa principale può essere ascritta alla cospicua presenza di debiti fuori bilancio di province e comuni alimentati dalla spedita applicazione delle regole contabili che facilitavano il proliferare di detti debiti.

Successivamente nell’ordinamento contabile furono introdotte norme più rigorose in materia di impegno contabile ed erogazione della spesa, consentita una sanatoria per i debiti pregressi e introdotte le norme sul dissesto.

Per arginare il fenomeno è stato pensato un sistema di contenimento della crisi in base al principio della proporzionalità, della precauzione e della gradazione degli strumenti di risoluzione delle crisi al fine di ampliare le possibilità per gli Enti locali di correggere gli squilibri finanziari ed evitare le conseguenze negative del dissesto che è l’ultima ratio: in tale ottica sono stati introdotti il dissesto guidato e il predissesto.

Dopo i vari interventi legislativi (decreto-legge n. 66 del 1989, decreto legislativo n. 504 del 1992, decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77), l’ordinamento finanziario e contabile è oggi regolato dal TUOEL, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 che comprende, tra l’altro, tutta la legislazione in materia di deficitarietà e di dissesto finanziario ed alla quale, di recente si è aggiunta la disciplina, introdotta dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, sul riequilibrio finanziario degli enti locali che si trovano al limite del dissesto finanziario.

Le cause più ricorrenti che possono condurre a uno squilibrio economico-finanziario o perfino al “dissesto”, sono diverse, tra cui le principali sono:

  1. presenza di un disavanzo dell’anno precedente le elezioni non ripianato e/o non programmato un piano di rateizzo;
  2. costante e crescente diminuzione della consistenza del fondo cassa;
  3. debiti fuori bilancio non supportati da idonei e correlati accantonamenti;
  4. ciclicità dell’utilizzo dell’anticipazione di tesoreria e il più delle volte non restituita a fine anno;
  5. crescita, reiterata nel tempo, delle spese ad un ritmo superiore alle entrate;
  6. ritardi nei pagamenti senza accantonamenti in presenza di tempi medi per pagamenti superiori a trenta giorni;
  7. utilizzo continuo di somme a destinazione vincolata non ricostituite a fine esercizio, non evidenziate;
  8. entrate inesigibili e crediti di dubbia o difficile esigibilità, con conseguente presenza di entrate e residui attivi sovrastimati.


2. Blocco dei programmi di spesa 

Il procedimento “c.d., blocco della spesa” dell’Ente locale di cui all’articolo 148-bis del Tuel 267/2000, nell’ambito del controllo di legittimità e regolarità esercitato dalle Sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci e rendiconti degli Enti locali, mira ad evitare l’aggravamento di una situazione di squilibrio “non strutturale”, recuperabile dallo stesso Ente.

Il controllo di legittimità-regolarità comporta l’obbligo, in capo all’Ente locale controllato, di assumere, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i “provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio” e che tali provvedimenti correttivi siano trasmessi alla Corte stessa la quale entro trenta giorni dalla ricezione procede a verificarli.

Detta attività di accertamento oltre a produrre un generale effetto “conformativo”, mira a correggere le criticità riscontrate nella gestione dei programmi di spesa, in mancanza dei quali interviene l’effetto preclusivo dei programmi di spesa privi di copertura o non sostenibili sul piano finanziario, in relazione alle spese non considerate obbligatorie (cfr. Deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Campania n. 107/2018/PRSP; Corte dei conti, Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, Sentenza n. 5/2019 depositata in data 18/02/2019).

La procedura speciale, di natura cautelare con la finalità di limitare gli effetti negativi della situazione di squilibrio accertata e ripristinare gli equilibri di bilancio, si articola in due fasi ed in contraddittorio.

La prima viene attivata dalle Sezioni regionali di controllo qualora, nell’ambito delle verifiche sui bilanci preventivi e consuntivi degli Enti locali disciplinate dall’articolo 1, commi 166 e seguenti della legge n. 266/2005, accertino squilibri economico-finanziari (ancorché non strutturali) autonomamente recuperabili o di “gravi irregolarità” nella programmazione, nella gestione o nella registrazione contabile dei fatti gestionali, mancata copertura di spese, violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria o mancato rispetto degli obiettivi posti con il saldo di finanza pubblica.

La seconda, consistente nella messa in atto dell’Ente locale, entro sessanta giorni dell’avvenuto deposito della pronuncia di accertamento, di una serie di misure reputate idonee a correggere le situazioni di squilibrio accertati, autonomamente recuperabili, o di gravi irregolarità e a ripristinare gli squilibri di bilancio, ed evitare ulteriori peggioramenti. Dette misure correttive sono trasmesse alle Sezioni regionali della Corte dei conti che le verifica nel termine di trenta giorni dalla ricezione; nel caso in cui l’Ente locale non trasmetta i richiesti provvedimenti ovvero, se pure adottati, le Sezioni regionali di controllo giudicano quelle misure non corrette e non efficaci e conseguentemente emettono provvedimento che preclude all’Ente locale l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria.

Nelle sentenze sopra citate, i giudici contabili hanno evidenziato che il blocco della spesa deve essere riferito a quella di carattere non obbligatorio, nel suo complesso, e quindi ai programmi di spesa che l’Ente locale ha finanziato, nell’ambito della propria autonomia riconosciuta dalla Costituzione, in base alla sua discrezionalità e che intende rinunciare e che sia lo stesso Ente locale ad adottare le misure correttive, rivisitando le scelte programmatiche e a riquantificare le spese in coerenza con la sostenibilità di spesa del bilancio.

Va evidenziato che da tale blocco si esclude la “spesa vincolata, finanziata mediante risorse appositamente accantonate in fondi, nella misura in cui essa è preordinata ad assicurare i diritti fondamentali (“nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto”) che rimane ancora un vincolo intangibile per le politiche di contenimento della spesa pubblica”. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”. In quanto tale, esso non potrà mai entrare all’interno del gioco del bilanciamento, tanto del legislatore quanto della Corte, con gli interessi finanziari rappresentati dal nuovo articolo 81 Costituzione, ed essere da loro condizionato, rappresentando la sua garanzia ed effettività un obbligo ineludibile per i pubblici poteri, indispensabile a garantire i diritti essenziali dei cittadini (Corte Costituzionale, sentenza n. 275/2016).

Il blocco della spesa permane sino al momento dell’adozione del piano di riequilibrio da parte del Consiglio comunale e non sino all’adozione delle misure correttive prevista dall’articolo 193, atteso che quest’ultime possono essere comprese nel predetto piano, circostanza che compete alla Sezione regionale di controllo verificare al momento di ricezione del piano di riequilibrio, ed in quella fase potrà revocare o confermare la misura interdittiva. Ciò non toglie che l’Ente locale possa decidere di definire il piano di riequilibrio prima del termine previsto per legge, o di disporre con separato atto le immediate misure correttive, che saranno poi assorbite dal piano, facendo così venir meno, in caso di positiva valutazione delle misure adottate sul bilancio in corso, il blocco della spesa (Corte conti, Sezioni Riunite in speciale composizione, con sentenza n. 18/2020).


3. Piano di rientro

Le situazioni di crisi finanziaria suscettibili di ricorso al piano di riequilibrio pluriennale (istituto che analizzeremo più avanti nel corso della trattazione) vanno distinte con chiarezza da quelle riconducibili al perimetro di applicazione degli ordinari istituti di ripiano del disavanzo ex articolo 188 del Tuel 267/2000, strumento ulteriore utilizzabile dall’Ente locale per dare una soluzione al disequilibrio finanziario. L’articolo 188 del Tuel 267/2000, infatti prevede che l'eventuale disavanzo di amministrazione, accertato in sede di approvazione del rendiconto, sia immediatamente applicato all'esercizio in corso di gestione contestualmente alla delibera di approvazione del rendiconto e può anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione (massimo tre anni), in ogni caso non oltre la durata della consiliatura.

Secondo la Corte dei conti della Lombardia (delibera n. 15/2022) il maggior disavanzo, anche in caso di mancato recupero di quello previsto dal piano di riequilibrio, genera un obbligatorio recupero secondo le regole previste dall’articolo 188 del Tuel 267/2000.

Con la pronuncia di cui sopra, i Giudici contabili hanno osservato:

“L’eventuale disavanzo di amministrazione accertato ai sensi dell’articolo 186, è immediatamente applicato all’esercizio in corso di gestione contestualmente alla delibera di approvazione del rendiconto. La mancata adozione della delibera che applica il disavanzo al bilancio in corso di gestione è equiparata a tutti gli effetti alla mancata approvazione del rendiconto di gestione. Il disavanzo di amministrazione può anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura, contestualmente all’adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio. Il piano di rientro è sottoposto al parere del collegio dei revisori (…). La deliberazione contiene l’analisi delle cause che hanno determinato il disavanzo, l’individuazione di misure strutturali dirette ad evitare ogni ulteriore potenziale disavanzo, ed è allegata al bilancio di previsione e al rendiconto, costituendone parte integrante. Con periodicità almeno semestrale il sindaco o il presidente trasmette al Consiglio una relazione riguardante lo stato di attuazione del piano di rientro, con il parere del collegio dei revisori. L’eventuale ulteriore disavanzo formatosi nel corso del periodo considerato nel piano di rientro deve essere coperto non oltre la scadenza del piano di rientro in corso”.

Per l’adozione di un piano di rientro, è indispensabile la contestuale approvazione di una delibera di Consiglio che contenga:

  1. l’oggetto del piano;
  2. l’analisi dettagliata delle cause che hanno condotto al disavanzo;
  3. l’individuazione degli atti da adottare per ricondurre l’Ente al pareggio di bilancio nonché i provvedimenti idonei ad evitare eventuali altri disavanzi.

La delibera, munita del parere del Revisore dei conti il quale avrà cura di quantificare il disavanzo, esprimersi sulla congruità delle misure adottate per il ripristino del pareggio bilancio ed il rispetto delle procedure adottate previste dal citato articolo 188, sarà allegata al bilancio di previsione e al rendiconto di gestione, per formarne parte integrante e sostanziale.

Ai fini del rientro, l’Ente locale può utilizzare tutte le economie di spesa e tutte le entrate, eccezion fatta di quelle provenienti dall’assunzione di prestiti e di quelle a specifica destinazione, nonché dei proventi derivanti da alienazioni dei beni patrimoniali disponibili e da altri entrate in c/capitale destinate a sanare squilibri di parte capitale.

A tal fine, ed in deroga all’articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, l’Ente locale può modificare le tariffe e le aliquote relative ai tributi di propria competenza.

Il sindaco trasmette al Consiglio, almeno ogni semestre, una dettagliata relazione circa lo stato di attuazione del piano di rientro, con allegazione del parere dell’Organo di revisione contabile. Un eventuale ulteriore disavanzo accertato nel corso del periodo compreso nel piano di rientro deve essere ripianato entro i termini di scadenza del piano stesso.

In questa procedura rilevano un ruolo essenziale le funzioni assegnate al responsabile del servizio finanziario e all’Organo di Revisione contabile tenuti, nell’ambito della predisposizione del piano, oltre che in fase attuativa con riferimento alle prescritte relazioni infrannuali sul grado di raggiungimento degli obiettivi intermedi, a vigilare sulla sostenibilità del bilancio dell’Ente locale anche nella prospettiva del risanamento e che dovranno investire la correttezza dell’individuazione del disavanzo in linea di continuità con quanto affermato con la deliberazione n. 16/2012 (Linee Guida per l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza).

L’obbligo di provvedere a ripianare il disavanzo di amministrazione nei termini e secondo le modalità ivi disciplinate, rileva a prescindere dall’organo titolare dei poteri da esercitare per il raggiungimento di tale scopo. Laddove l’applicazione del disavanzo all’esercizio in corso risulti non sostenibile da un punto di vista finanziario, lo stesso dovrà essere distribuito negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione avuto riguardo solo alla sua estensione minima obbligatoria triennale e salvaguardando le compatibilità economico-finanziarie del processo di programmazione. La circostanza che gli esercizi successivi superino la consiliatura in corso e coincidano con il periodo di mandato elettivo di una nuova amministrazione non costituisce impedimento giuridico-contabile all’adozione del ripiano pluriennale che deve essere obbligatoriamente adottato (Corte dei conti – Sezione delle Autonomie, Deliberazione n. 30/2016).


4. Dissesto guidato

L'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 ha introdotto una nuova procedura, “c.d., guidata”, per il dissesto degli Enti locali, nella quale assumono un ruolo centrale le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, finalizzata a prevenire situazioni di squilibrio finanziario e a fare più facilmente emergere i casi di dissesto finanziario.

In particolare, la norma prevede che qualora le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti accertino comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi di finanza pubblica, irregolarità contabili o squilibri strutturali di bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, la Corte dei conti assegna all'ente un termine ai fini dell'adozione delle misure correttive necessarie (esempio: piano di rientro dei debiti; contenimento delle spese; corretta gestione dei residui; verifica congruità passività potenziali, fondo contenzioso; miglioramento dell’attività di riscossione delle entrate affiancata da una attività di recupero dell’evasione, ecc.).

La procedura può concludersi, in sintesi, in due diversi modi: le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti prendono atto delle misure adottate dall’Ente locale ritenute soddisfacenti; in via alternativa con l’accertamento dell’inadempimento oppure ritenendo che le misure correttive adottate e determinate con la prima deliberazione dell’Ente locale, non siano soddisfacenti.

In questa seconda ipotesi, la Corte trasmette gli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, a seguito del quale l’Ente locale ha trenta giorni di tempo per adempiere; in caso contrario, e qualora venga accertata dalla Corte dei conti il perdurante inadempimento e la sussistenza delle condizioni di dissesto ex articolo 244 del Tuel 267/2000, il Prefetto assegna al Consiglio dell’Ente locale un termine massimo di venti giorni per la deliberazione del dissesto.

Decorsi infruttuosamente i venti giorni, il Prefetto nomina un Commissario per la deliberazione dello stato di dissesto, dando così corso alla procedura di scioglimento del Consiglio dell'Ente locale ai sensi dell’articolo 141 del Tuel 267/2000.

Si evidenzia che qualora l’Ente locale si trovi nell’impossibilità di attuare le misure correttive richieste dalla Corte dei conti ed al fine di evitare la procedura di dissesto finanziario, è sua facoltà ricorrere alla procedura di riequilibrio pluriennale, sospendendo così la procedura del dissesto c.d. “dissesto guidato”. Tale procedura alternativa e facoltativa per l’Ente locale, è consentita sino a quando non sia scaduto il termine assegnato dal Prefetto per la deliberazione del dissesto. L’automaticità del “dissesto guidato”, nel caso di preventiva adesione al piano di riequilibrio finanziario pluriennale, nasce in conseguenza dell’accertato sforamento del termine dei 90 giorni dal ricorso al piano di riequilibrio ed è giustificata dalla circostanza che il ricorso al piano di riequilibrio finanziario pluriennale implicitamente è già uno “stato di dissesto”.


5. Riequilibrio finanziario pluriennale

Gli articoli 243-bis e seguenti del Tuel 267/2000, introdotti dal decreto-legge n. 174 del 2012, hanno introdotto la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (c.d., predissesto) dei comuni e delle province che versano in una situazione di squilibrio strutturale del bilancio, tendenzialmente prossimi alla condizione di dissesto, ma che non hanno ancora raggiunto tale condizione, non siano sufficienti le misure di cui agli articoli 193 e 194 del Tuel 267/2000 e che richiedono direttamente la possibilità di accedere alla suddetta disciplina per il superamento delle condizioni di squilibrio rilevate.

Deve trattarsi di una patologia grave, quale l’accertata insufficienza delle previste entrate inidonee a finanziare le spese impegnate e da impegnare per la competenza della gestione, oppure uno squilibrio che deriva da un accertamento di un avanzo contabile di amministrazione sovrastimato o di una sottostima del disavanzo.

Sulla disciplina del c.d. predissesto, introdotta nel 2012, sono intervenute negli anni successivi numerose integrazioni e modifiche normative, principalmente volte a consentire agli Enti locali, che avevano già attivato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, la facoltà di riformulazione e/o rimodulazione dei piani di riequilibrio, per lo più legate all’esigenza di coordinamento tra i contenuti del piano di riequilibrio e gli eventuali effetti peggiorativi derivanti dall'adozione degli adempimenti previsti per il passaggio al sistema di contabilità armonizzata, introdotta dal decreto legislativo n. 118/2011, connessi principalmente al riaccertamento straordinario dei residui. Specifiche disposizioni sono state adottate, inoltre, a seguito della crisi connessa all’emergenza epidemiologica da Covid-19.

La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale o pre-dissesto, non concorsuale che prevede l’integrale copertura del debito pregresso a carico del bilancio dell’Ente locale e senza separazione del bilancio, oltre alla regolare approvazione del bilancio di previsione e dell’ultimo rendiconto nei termini di legge, presuppone lo “stato” di insolvenza giuridico-finanziaria. Una evidente deficitarietà strutturale prossima al dissesto finanziario, congiuntamente alla sussistenza di “squilibri economici, finanziari e gestionali” compromessi da una situazione di illiquidità che potrebbe dar luogo al c.d., “dissesto guidato”, ma che si svolge privilegiando l’affidamento agli organi ordinari dell’Ente locale della gestione delle iniziative per il risanamento.

Vi è squilibrio “strutturale” quando il deficit – da disavanzo di amministrazione o da debiti fuori bilancio – esorbita le ordinarie capacità di bilancio e di ripristino degli equilibri e richiede mezzi ulteriori, extra ordinem (in termini di fonti di finanziamento, dilazione passività, ecc.).

Rimedio straordinario, previsto per gli Enti locali che non sono nelle condizioni di adempiere alle proprie obbligazioni esigibili a causa della mancanza di risorse effettive a copertura delle spese e, solitamente, della correlata mancanza o grave carenza di liquidità disponibile.

La differenza rispetto al dissesto guidato risiede nel fatto che, nonostante l’analoga sussistenza di una evidente situazione di deficitarietà, l’assunzione e la gestione delle iniziative per il risanamento sono affidate agli stessi organi dell’Ente locale; tuttavia, alle Sezioni regionali della Corte dei conti sono affidate un ruolo essenziale nella procedura, in quanto, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della documentazione, deliberano sull’approvazione o sul diniego del piano, valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio ed in caso di approvazione vigilando sull’esecuzione dello stesso, adottando in sede di controllo, apposita pronuncia (articolo 243-quater del Tuel 267/2000).

La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale assume una sua peculiarità in quanto protesa a valorizzare la responsabilità degli organi ordinari dell’ente nell’assunzione delle iniziative per il risanamento, ai quali attribuisce la piena disponibilità dell’iniziativa. È volta ad evitare che l’Ente locale subisca le gravi conseguenze prodotte dal dissesto, è avviata spontaneamente dall’Ente, mentre le attività e le competenze restano in capo agli organi ordinari, senza ricorso ad alcun soggetto esterno. Il predissesto, infatti, evitando il ricorso alla gestione commissariale, lascia impregiudicata la gestione in capo agli ordinari organi di governo, anche se l’Ente locale è sottoposto a penetranti controlli volti ad impedire che la situazione di squilibrio degeneri in dissesto.

Sul piano procedurale, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale è “preferito” al dissesto nel senso consentito in situazioni di grave crisi finanziaria nella misura in cui permette di non rompere l’unità del bilancio e favorisce l’accountability dell’Amministrazione rispetto alla comunità amministrata.

Il dissesto rimane la misura proporzionata, tant’è che è prevista l’immissione automatica nella stessa nei casi di “fallimento” della procedura di riequilibrio, ai sensi dell’art. 243-quater del Tuel 267/2000, rimanendo il parametro procedurale a garanzia della serietà del percorso di rientro e riequilibrio, e non una sanzione.

La procedura consiste nella gestione della crisi finanziaria dell’Ente locale da parte degli organi ordinari, attraverso la definizione di un piano pluriennale di recupero della massa passiva accumulata. Sul punto, occorre richiamare che la durata massima del predetto piano, originariamente fissata nella misura di dieci anni, è stata modificata dall’articolo 1, comma 888, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ancorandola alle dimensioni della massa passiva in rapporto al livello della spesa corrente, in un range tra 4 e 20 anni.

In genere è ammesso solo nel caso in cui le esigenze di illiquidità, unitamente alla complessiva massa passiva da ripianare, non compromettano la continuità amministrativa nello svolgimento delle funzioni e dei servizi indispensabili e, nel contempo, lo squilibrio finanziario e la massa passiva siano ripianabili, ragionevolmente, nell’orizzonte temporale determinato in base ai criteri dell’articolo 243-bis, comma 6, del Tuel 267/2000 (Corte dei conti, Sezione Autonomie, deliberazione n. 16/2012/INPR).

Tale procedura alternativa è preclusa qualora la Sezione regionale di controllo abbia già assegnato il termine per l’adozione delle misure correttive sul dissesto guidato previsto e disciplinato dall’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 9 settembre 2011, n. 149. Per converso, il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale sospende, per tutta la sua durata, la possibilità di avviare il dissesto guidato, ex articolo 243-bis, comma 3, del Tuel 267/2000.

La procedura ha inizio con la deliberazione consiliare che dovrà essere trasmessa, entro cinque giorni dalla data di esecutività, alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell’interno, ai sensi dell’articolo 155 del Tuel 267/2000.

L’attivazione della procedura produce immediatamente due effetti sospensivi: uno nei confronti della Corte dei conti, relativamente alla possibilità di attivare la procedura di assegnazione di un termine per le misure correttive, l’altro relativo ai creditori dell’Ente locale, le cui procedure esecutive sono sospese sino alla definizione della procedura stessa.

Entro il termine perentorio di 90 giorni dalla data di esecutività della deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio, il Consiglio dell’Ente locale verifica la concreta situazione finanziaria ed approva un piano di riequilibrio finanziario pluriennale, della durata massima di venti anni, compreso quello in corso, corredato dal parere dell’Organo di revisione contabile, al fine di prevenire il dissesto finanziario e ripristinare gli equilibri finanziari (articoli 243-bis – 243-sexsies), che venga assicurato lo svolgimento delle funzioni ed erogati i servizi essenziali e che lo squilibrio rilevato venga ripristinato entro il tempo assegnato e secondo i criteri contenuti nell’articolo 243-bis del Tuel 267/2000.

La mancata presentazione del piano entro i termini ivi previsti, ovvero il diniego dell’approvazione del piano stesso, comporta l’applicazione dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149/2011, con l’assegnazione al Consiglio dell’Ente locale, da parte del Prefetto, del termine non superiore a venti giorni per deliberare il dissesto finanziario.

Entro il termine di dieci giorni dalla data di esecutività della delibera di approvazione consiliare, il piano deve essere trasmesso alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti ed alla Commissione di cui all’articolo 155, ora denominata Commissione per la stabilità degli enti locali (COSFEL), alla quale sono attribuite rilevanti funzioni istruttorie. Il piano viene istruito da un’apposita sottocommissione della Commissione, che nel termine di 60 giorni redige la relazione finale; tale termine può soggiacere a sospensione, nel caso in cui si renda necessario procedere ad acquisizione documentale e a richieste istruttorie, per il periodo che impiega l’Ente per fornire risposte e, comunque, non oltre i 30 giorni.

La relazione, corredata di eventuali allegati, è trasmessa dal Ministero dell’Interno alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti competente per territorio la quale, entro 30 giorni dal ricevimento della stessa, si esprime sull’approvazione o sul diniego, valutandone la complessiva congruità, ossia verificando se le misure adottate consentano di ripristinare una situazione di equilibrio di bilancio strutturale, volendosi con ciò intendersi la capacità delle entrate di finanziare in futuro tutte le spese, nonché nel breve e medio periodo di finanziare e ripianare gli eventuali disavanzi e debiti fuori bilancio accumulatisi prima del ricorso alla procedura.

Non può escludersi che il provvedimento possa contenere prescrizioni o raccomandazioni alle quali l’Ente locale dovrà attenersi. Alla Corte dei conti compete, in caso di approvazione del piano, il compito importantissimo di vigilare sulla sua esecuzione, e cioè che per tutta la sua durata sia assicurata l’adozione dei provvedimenti da assumere obbligatoriamente e che la gestione mantenga in generale correttezza e prudenza, al fine di impedire la caduta nel dissesto finanziario.

Infine, l’Organo di revisione contabile dell’Ente locale trasmette al Ministero dell'interno e alla competente Sezione regionale della Corte dei Conti, entro quindici giorni successivi alla scadenza di ciascun semestre, una relazione sullo stato di attuazione del piano e sul raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati dal piano stesso, nonché, entro il 31 gennaio dell'anno successivo all'ultimo di durata del piano, una relazione finale sulla completa attuazione dello stesso e sugli equilibri raggiunti.

In caso contrario, e qualora venga accertata dalla Corte dei conti la sussistenza delle condizioni di dissesto di cui all’articolo 244 del Tuel 267/2000, il Prefetto assegna al Consiglio dell’Ente locale un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto.

Il piano può essere assistito dallo Stato, che può anticipare risorse a valere sul “Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali”, che consiste in una anticipazione finanziaria gratuita da restituire in un periodo massimo di dieci anni con quote semestrali di pari importo, a partire dall’anno successivo a quello in cui è stata erogata l’anticipazione.

La deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio con allegazione del parere dell’Organo di revisione, è revocabile entro il termine di predisposizione del piano, e cioè entro i novanta giorni dalla esecutività della prima deliberazione.

La deliberazione della Corte dei conti, in ordine all’approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, è comunicata al Ministero dell’Interno e può essere impugnata entro 30 giorni (ai sensi dell’articolo 103, secondo comma, della Costituzione) nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione che si pronunciano entro 30 giorni dal deposito del ricorso. Le stesse Sezioni riunite decidono in unico grado i ricorsi avverso i provvedimenti di ammissione al fondo di rotazione di cui all’articolo 243-quater.

Di seguito si ritiene utile riportare un iter procedurale ordinario di riequilibrio finanziario pluriennale, che consenta all’Ente locale il recupero graduale del riequilibrio finanziario, per tutto il periodo di durata del Piano l’Ente:

a) facoltà di deliberare le aliquote o tariffe dei tributi locali nella misura massima consentita, anche in deroga ad eventuali limitazioni disposte dalla legislazione vigente (obbligatorio in caso di ricorso al fondo di rotazione);

b) è sottoposto ai controlli degli organi centrali in materia di copertura di costo di alcuni servizi, ed è tenuto ad assicurare la copertura dei costi della gestione dei servizi a domanda individuale;

c) è obbligato ad assicurare, con i proventi della relativa tariffa, la copertura integrale dei costi della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e del servizio acquedotto;

d) è soggetto al controllo sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale;

e) è vincolato ad effettuare una revisione straordinaria di tutti i residui attivi e passivi conservati in bilancio, ad accertare le posizioni debitorie aperte con il sistema creditizio e i procedimenti di realizzazione delle opere pubbliche ad esse sottostanti;

f) è imposto di effettuare una revisione della spesa con indicazione di precisi obiettivi di riduzione della stessa.

Il piano di riequilibrio finanziario pluriennale deve tenere conto di tutte le misure necessarie a superare le condizioni di squilibrio rilevate e deve, comunque, contenere:

a) le eventuali misure correttive adottate dall’Ente locale in considerazione dei comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria e del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno accertati dalla competente sezione regionale della Corte dei conti;

b) la puntuale ricognizione, con relativa quantificazione, dei fattori di squilibrio rilevati, dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dall’ultimo rendiconto approvato e di eventuali debiti fuori bilancio;

c) l’individuazione, con relativa quantificazione e previsione dell’anno di effettivo realizzo, di tutte le misure necessarie per ripristinare l’equilibrio strutturale del bilancio, per l’integrale ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il finanziamento dei debiti fuori bilancio entro il periodo massimo di venti anni, a partire da quello in corso alla data di accettazione del piano;

d) l’indicazione, per ciascuno degli anni del piano di riequilibrio, della percentuale di ripiano del disavanzo di amministrazione da assicurare e degli importi previsti o da prevedere nei bilanci annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti fuori bilancio.

La procedura di riequilibrio può essere avviata fino a quando non siano stati assegnati dalla Corte dei conti i termini per l’adozione delle misure correttive, con cui ha inizio il dissesto guidato, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011.


6. La dichiarazione di dissesto finanziario

L’istituto del “dissesto finanziario”, introdotto inizialmente dall’articolo 25 del decreto legge n. 66 del 1989 e più volte integrato e modificato, fino a pervenire all’attuale stesura del Tuel, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articoli 244 e seguenti, è azionabile nell’ipotesi in cui l’Ente locale (Province e Comuni), nonostante l’esistenza di una normativa per l’effettuazione delle spese, molto stringente, tutta improntata a favorire l’esistenza ed il permanere degli equilibri, versi in condizioni finanziarie talmente pessime da impedire il regolare funzionamento dello stesso.

L’articolo 244 del Tuel 267/2000 stabilisce i presupposti per la dichiarazione del dissesto, seguendo l’impostazione originariamente stabilita dai decreti legge n. 66/1989, n. 8/1993 e dal decreto legislativo n. 77/1995. L’istituto è attivato nell’ipotesi in cui l’Ente locale non possa garantire l’assolvimento delle proprie funzioni e di erogare i servizi indispensabili, ossia quelli che rappresentano le condizioni minime di organizzazione dei servizi pubblici locali (definiti, originariamente, “primari”, nell’articolo 25 del decreto legge n. 66/1989 e divenuti “indispensabili” nel nuovo testo riproposto dall’articolo 21 del decreto legge n. 8/1993), ovvero esistono nei confronti dell’Ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non sia stato fatto validamente fronte né con il mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio del bilancio (articolo 193), né con lo straordinario riconoscimento del debito fuori bilancio (articolo 194).

La condizione giuridico finanziaria è rappresentata dalla situazione di squilibrio rilevante che si individua nell’incapacità dell’Ente locale di adempiere alle proprie obbligazioni esigibili a causa della mancanza di risorse effettive a copertura delle spese e, solitamente, della correlata mancanza o grave carenza di liquidità disponibile.

Tale squilibrio, di carattere “strutturale” porta inevitabilmente alla dichiarazione del dissesto finanziario (atto amministrativo vincolato), esorbita le ordinarie capacità di bilancio e di ripristino degli equilibri e richiede mezzi ulteriori, extra ordinem (in termini di fonti di finanziamento, dilazione passività, ecc.), ed è l’unico provvedimento in grado di garantire la continuità dell’Ente locale e l’erogazione dei servizi essenziali.

La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal Consiglio dell’Ente locale e deve essere trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero dell’Interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio. Alla delibera è allegata dettagliata relazione dell’organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto (articolo 246, comma 2, del Tuel 267/2000).

La delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni, decorrenti da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. In caso di mancata adozione della delibera nei termini predetti l’organo regionale di controllo procede a norma dell’articolo 136 del Tuel 267/2000.

Con la dichiarazione di dissesto si procede alla nomina del’organo straordinario di liquidazione (acronimo di OSL), con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Interno, e di un’amministrazione straordinaria, con il fine di procedere all'accertamento della massa attiva e passiva (articoli 252-256).

All’azione di ripiano dei debiti pregressi, propedeutica e indispensabile ad assicurare la ripresa delle normali funzioni dell’Ente locale, vanno affiancate le attività espletate dagli organi istituzionali volti a reperire liquidità finanziaria ed a rimettere in ordine i conti in bilancio. Giunta e Consiglio, operando in concomitanza all’organo straordinario di liquidazione, garantiscono la continuità della gestione corrente, seppur in una situazione “sospesa” delle normali azioni in atto, per concentrare gli sforzi sulla protezione di interessi collettivi, la cui tutela giustifica l’adozione di particolari deroghe ai principi ordinari.

A seguito della dichiarazione di dissesto e sino alla data di approvazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, l’Ente locale è tenuto, per i cinque anni successivi, a deliberare, senza possibilità di revoca:

- portare al massimo consentito dalla legge, le aliquote e le tariffe di base delle imposte e tasse di propria competenza, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani; la delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni (articolo 251);

- limitare gli impegni delle somme previste nell’ultimo bilancio approvato con riferimento all’esercizio in corso; i pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi (articolo 250);

- riduzione del personale amministrativo a tempo determinato e indeterminato;

- avvio delle procedure di mobilità del personale in eccedenza;

- divieto di nuove assunzioni;

- sospensione dei crediti e delle procedure esecutive e dei pignoramenti. La procedura semplificata, ex art. 258 del Tuel 267/2000, consente di definire transattivamente le pretese creditorie in tempi più brevi (circa 12 mesi), offrendo in pagamento una somma variabile tra il 40% e il 60% del debito, in relazione all’anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell’accettazione della transazione. A tal fine, entro sei mesi dalla data di conseguita disponibilità del mutuo di cui all’articolo 55, comma 2, propone individualmente ai creditori, compresi quelli che vantano crediti privilegiati, fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni di lavoro subordinato che sono liquidate per intero, la transazione da accettare entro un termine prefissato comunque non superiore a 30 giorni. Ricevuta l’accettazione, l’Organo Straordinario di Liquidazione provvede al pagamento nei trenta giorni successivi;

- divieto di contrarre nuovi mutui o finanziamenti (con alcune eccezioni relative ai mutui con oneri a carico dello Stato o delle regioni, nonché mutui per la copertura di spese di investimento strettamente funzionali alla realizzazione di interventi finanziati con risorse provenienti dall'Unione Europea o da Amministrazioni ed enti nazionali, pubblici o privati) (articolo 249);

- razionalizzazione dei servizi indispensabili (es., mense scolastiche, servizio scuolabus, ecc.).

Inoltre, a seguito della dichiarazione di dissesto:

- i termini per la deliberazione del bilancio sono sospesi;

- sino all’approvazione del rendiconto di gestione, redatto dall’organo straordinario di liquidazione al termine dal pagamento della massa passiva, non possano essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti di competenza dell’organo stesso;

- le procedure esecutive pendenti alla data di dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l’opposizione giudiziale da parte dell’Ente locale, o la stessa benché proposta è stata rigettata, sono dichiarate estinte d’ufficio dal giudice con inserimento nella massiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese;

- i pignoramenti eseguiti non sono vincolanti né per l’Ente locale né per il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per fini dell’Ente locale o finalità di legge;

- i debiti e le anticipazioni di cassa già erogate non producono interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità.

Dichiarato il dissesto, infatti, si ha la netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente. In particolare, sul piano contabile si hanno due gestioni separate di bilancio: uno in bonis, riferito alla gestione corrente o ordinaria (così, Corte dei conti, Sezioni Riunite, n. 32/2020 EL), l’altro gestito dall’Organo Straordinario di Liquidazione (OSL), autonomo e distinto da quelli dell’Ente locale, che provvede alla formazione di una massa separata. Con la gestione corrente, di spettanza dell’Ente locale tramite i suoi organi istituzionali di (Giunta e Consiglio), vengono assicurate le condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto. Con la separazione delle gestioni, l’Ente locale è posto nelle condizioni di garantire nuovamente l’erogazione dei servizi essenziali fuoriuscendo da condizioni di dissesto funzionale e, nel contempo tornare, con una certa celerità, al ripristino delle prestazioni costituzionalmente necessarie entro un bilancio stabilmente riequilibrato rassicurando i fornitori e gli utenti sulla solvibilità e continuità funzionale dell’Ente locale (Corte dei conti, Sezione regionale controllo Campania, 12 novembre 2018, n. 128/2018/PAR; Corte dei conti, Sezioni Riunite, n. 32/2020 EL).

L’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato è il documento con il quale l’Ente locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, realizza il riequilibrio, mediante l’attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. Per la riduzione delle spese correnti, in particolare, l’ente locale è tenuto a riorganizzare con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando o riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l’esercizio di servizi pubblici indispensabili, nonché a rideterminare la dotazione organica (articolo 259).

L’ente locale deve occuparsi esclusivamente del bilancio risanato al fine di non incorrere in un nuovo dissesto.

La Commissione per la stabilità finanziaria degli Enti locali (prevista dall’articolo 155 del Tuel 267/2000) sottopone l’ipotesi di bilancio riequilibrato all’approvazione del Ministro dell’Interno che vi provvede con proprio decreto, stabilendo prescrizioni per la corretta ed equilibrata gestione dell’ente (articolo 261). A seguito dell’approvazione ministeriale dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, l’Ente locale provvede entro 30 giorni alla deliberazione del bilancio dell’esercizio cui l’ipotesi si riferisce (articolo 264).

Il risanamento dell’Ente locale dissestato ha la durata di cinque anni, decorrenti da quello per il quale viene redatta l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (articolo 265).

Dall’emanazione del decreto che approva l’ipotesi di bilancio riequilibrato e per la durata del risanamento, gli Enti locali dissestati possono procedere all’assunzione di mutui per investimento e all’emissione di prestiti obbligazionari (articolo 266 del Tuel n. 267/2000). Per la durata del risanamento la pianta organica rideterminata non può essere variata in aumento (articolo 267).

Per le province in dissesto finanziario, che presentano l’ipotesi di bilancio riequilibrato entro il 31 dicembre 2022, il termine di 5 anni per il raggiungimento dell’equilibrio finanziario decorre dal 1° gennaio 2023 (articolo 3, comma 5-quater, del decreto-legge n. 228 del 2021). La disposizione, in particolare prevede che le province delle regioni ordinarie e della regione Sardegna, nonché i liberi consorzi comunali della Regione siciliana, in dissesto finanziario, dimostrando l’impossibilità di realizzare l’equilibrio finanziario durevole nel periodo di riferimento dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, possono, sulla base della relazione della Commissione per la stabilità degli Enti locali e dell’Organo di revisione dell’Ente locale, raggiungere l’equilibrio finanziario entro il termine previsto dall’articolo 259, comma 1-ter, del Tuel 267/2000 (5 anni), che decorre nuovamente dal 1° gennaio 2023.

Al riguardo degno di nota è la sentenza n. 1 del 12/01/2022, con la quale il Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, ha affermato “... con la separazione tra le attività finalizzate al risanamento e quelle di liquidazione della massa passiva, il dissesto ha assunto una fisionomia analoga al fallimento privatistico… Al riguardo, deve peraltro aggiungersi che l’attività contrattuale della pubblica Amministrazione è stata assoggettata alla normativa sul contrasto ai ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 e successive modifiche. In tal modo la remunerazione dei crediti attraverso gli interessi di mora ai sensi del citato decreto legislativo n. 231/2002 offre una compensazione al creditore, che si contrappone al rischio che il credito venga attratto nella massa della gestione liquidatoria.

Alla luce delle svolte considerazioni, si ritiene che le caratteristiche del procedimento di dissesto siano espressive di un equilibrato e razionale bilanciamento, a livello normativo, con la necessità, da un lato, di ripristinare la continuità di esercizio dell’Ente locale incapace di assolvere alle funzioni e i servizi indispensabili per la comunità locale, e, dall’altro lato, di tutelare i creditori.”

La prima (gestione ordinaria) rimane di competenza degli organi di governo (Giunta e Consiglio) i quali assicurano condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto.

La gestione dissestata è invece affidata all’Organo Straordinario di Liquidazione, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Interno, il cui compito è quello di provvedere al ripiano dell’indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge. Ad esso è demandata la competenza relativamente ai fatti ed atti verificatisi fino al 31 dicembre dell’anno precedente a quello relativo alla predisposizione di un bilancio riequilibrato, provvedendo alla rilevazione della massa passiva, all’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento ed alla liquidazione e pagamento della massa passiva.

Il ripiano del debito si struttura in tre fasi:

1) accertamento della massa passiva (come debiti di bilancio e fuori bilancio verificatesi entro il 31 dicembre dell’anno precedente quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato; debiti derivanti da procedure esecutive estinte ai sensi dell’articolo 248, comma 2; debiti derivanti da transazioni definite dall’Organo Straordinario di Liquidazione);

2) acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali;

3) liquidazione e pagamento della massa passiva.

2.1 Conseguenze del dissesto sui soggetti coinvolti – Cenno

Un fugace accenno va fatto al riguardo delle responsabilità previste dall’articolo 248, commi 5 e 5-bis, del Tuel 267/2000.

Gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore è stato riconosciuto responsabile.

I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici.

Ai medesimi soggetti, ove riconosciuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione.

Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell’attività del collegio dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le normative vigenti, delle informazioni, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata. La Corte dei conti trasmette l’esito dell’accertamento anche all'ordine professionale di appartenenza dei revisori per valutazioni inerenti all'eventuale avvio di procedimenti disciplinari.


7. Considerazioni conclusive

Dall’esame degli strumenti offerti dall’ordinamento contabile per fronteggiare le situazioni di crisi e correggere gli squilibri finanziari, è possibile stilare una ipotetica graduatoria, partendo da un’autonomia gestionale rilevante con riferimento al primo punto, ma che decresce più o meno sensibilmente per i punti successivi. Quindi abbiamo:

1) Piano di rientro. L’Ente locale gestisce la procedura autonomamente con la collaborazione del Responsabile del Servizio Finanziario, dell’Organo di revisione (unico organo esterno all’Ente locale il quale dovrà rilasciare specifico parere) ed il supporto giuridico-amministrativo del Segretario comunale. Il grado di autonomia è massimo considerato che spetta allo stesso Ente locale, una volta quantificato il disavanzo, adottare le misure (definizione dei tempi e risorse) per il ripristino del pareggio bilancio nel rispetto dell’articolo 188 del Tuel 267/2000.

2) Riequilibrio finanziario pluriennale o pre-dissesto. La procedura, potenzialmente idonea a dar luogo al procedimento del c.d., “dissesto guidato”, tende a valorizzare la responsabilità degli organi ordinari dell’Ente locale ai quali attribuisce la piena disponibilità nell’assunzione delle iniziative per il risanamento. L’autonomia è alta ma non massima, tenuto conto che all’interno di questo procedimento si inseriscono le Sezioni regionali della Corte dei conti alle quali sono affidate un ruolo essenziale chiamate a deliberare sull’approvazione o sul diniego del piano valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio ed in caso di approvazione vigilando sull’esecuzione dello stesso adottando, in sede di controllo, apposita pronuncia (articolo 243-quater del Tuel 267/2000).

A differenza della procedura del dissesto finanziario, il piano di riequilibrio pluriennale, procedura non concorsuale, non prevede la separazione del bilancio (uno ordinario, l’altro stabilmente riequilibrato), lascia autonomia e competenze agli degli organi di governo con evidenti benefici per la collettività amministrata.

3) Blocco/riduzione dei pagamenti di spesa. Riduce il grado autonomia degli organi di governo tenuto conto che la manovra è adottata dall’Ente non spontaneamente e non autodeterminata, bensì imposta dalle Sezioni regionali della Corte dei conti a seguito di controllo di legittimità-regolarità. In caso di accertamento della mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria, all’Ente locale è precluso l’attuazione/finanziamento dei programmi di spesa che lo stesso Ente individuerà in piena autonomia. In questa fase l’Ente locale può sempre decidere (autonomamente) di ricorrere al piano di riequilibrio pluriennale purché prima dello spirare del termine (60 giorni), facendo così venir meno, in caso di positiva valutazione delle misure adottate sul bilancio in corso, il blocco della spesa.

4) Dissesto guidato o eterodeterminato. L’applicazione di questo strumento riduce ulteriormente il margine di autonomia ma non le competenze, dell’Ente locale il quale non ha alcuna discrezionalità nella scelta. Per questa procedura, infatti, l’Ente locale è obbligato ad adottare, nei termini assegnati dalle Sezioni regionali della Corte dei conti che hanno accertato comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi di finanza pubblica, irregolarità contabili o squilibri strutturali di bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, misure correttive necessarie per prevenire situazioni di squilibrio finanziario e a fare più facilmente emergere casi di dissesto finanziario. Un ruolo centrale e determinante rivestono in questa procedura le Sezioni regionali della Corte de conti alle quali è rimessa la decisione finale. Il grado di autonomia è rappresentato dal fatto che qualora l’Ente locale si trovi nell’impossibilità di attuare le misure correttive richieste dalla Corte dei conti ed al fine di evitare la procedura di dissesto finanziario, può ricorrere alla procedura di riequilibrio pluriennale, sospendendo così la procedura del dissesto c.d., “guidato”. Tale procedura alternativa (facoltativa per l’Ente locale) è consentita sino a quando non sia scaduto il termine assegnato dal Prefetto per la deliberazione del dissesto (20 giorni).

5) Dissesto finanziario spontaneo. L’istituto del dissesto finanziario” è, con tutti i vincoli e le restrizioni che abbiamo visto, il più rigoroso tra i rimedi previsti dalla normativa contabile per il risanamento economico-finanziario degli Enti locali che versano in condizioni finanziarie tali da compromettere il normale funzionamento degli stessi.

Il dissesto deve essere visto come l’opzione finale a cui ricorrere una volta valutata l’inapplicazione dell’istituto del piano di riequilibrio e averla scientemente valutata non attuabile.

Autonomia e competenze gestionali sono sottratte agli organi di governo, eccezion fatta per la gestione del bilancio ordinario.

Trattasi di decisione vincolata tenuto conto che, ai sensi dell’articolo 244 del Tuel 267/2000, l’attivazione dell’istituto è obbligatoria, non avendo infatti l’Ente locale facoltà di non procedere al verificarsi dei presupposti per la dichiarazione del dissesto finanziario. Unica alternativa concessa è quella di poter optare per l’adozione di un piano di riequilibrio finanziario pluriennale, qualora valutato positivamente dagli organi a ciò preposti. L’autonomia decisionale è discreta ed è riferita alla sola gestione di un bilancio ordinario. Ambedue gli istituti sono soggetti ad approvazione e controlli: il primo, a valutazione ed approvazione di organi terzi che intervengono nel procedimento: Sezioni regionali della Corte dei conti e Ministero dell’Interno, quest’ultimo per il tramite della Commissione di cui all’articolo 155 del Tuel 267/2000, il secondo (ipotesi di bilancio riequilibrato), è soggetto all’approvazione del Ministro dell’Interno che vi provvede con proprio decreto, stabilendo prescrizioni per la corretta ed equilibrata gestione dell’Ente locale.

  1. A. Brancasi – A. Ancillotti, “L’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali” – 1996
  2. AA.VV. – Commento al Testo Unico in materia di ordinamento degli Enti Locali – Maggioli Editore – 2001
  3. M. Collevecchio, “Ordinamento finanziario e contabile” Maggioli Editore – 2003
  4. F. Albo – La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e la prevenzione del dissesto – Azienditalia 3/2013
  5. F. Petronio – L’adozione del piano di riequilibrio può essere considerata una misura correttiva? – Finanza e Tributi Locali 10_2020
  6. M. Quecchia – Gli equilibri di bilancio degli enti locali – Maggioli Editore – Giugno 2021
  7. V. Giannotti – Gli enti in criticità finanziaria e il raggiungimento dell’equilibrio finanziario prospettico – Finanza e Tributi Locali 20_2021
  8. R. Mininno – Il risanamento finanziario dell’ente locale dissestato – Finanza e Tributi Locali 1_2022