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La Giustizia e Alberto Sordi

Alberto Sordi
Alberto Sordi

La maschera italiana per eccellenza, l’uomo che ha portato sullo schermo i vizi e le debolezze di tutti noi.

Alberto Sordi ha interpretato circa 200 film. La sua carriera è iniziata nel lontano 1937 con la comparsata nel kolossal Scipione l’Africano e si è conclusa con il film Incontri Proibiti del 1998.

Sembrerà strano ma proprio Alberto Sordi è riuscito, dove non sono riusciti intellettuali e giuristi, a denunciare e a far conoscere al pubblico la situazione drammatica della nostra giustizia e delle nostre carceri.

Nel 1971 esce il film di Nanni Loy, detenuto in attesa di giudizio. Fu uno dei pochi ruoli drammatici per Alberto Sordi, che l'anno seguente gli valse l'Orso d'argento al Festival di Berlino.

L'ispirazione per il film venne allo stesso Sordi quando lesse il libro Operazione Montecristo scritto in carcere da Lelio Luttazzi, altra vicenda di umana ingiustizia, ricordiamo che il musicista scrisse alcuni interventi musicali per il film.

Il film è un colpo allo stomaco per gli spettatori che si immedesimano nel geometra romano Giuseppe Di Noi, da anni trasferitosi in Svezia, sposato con una donna svedese, Ingrid, e stimato professionista, decide di portare in vacanza in Italia la sua famiglia.

Alla frontiera italiana l'uomo viene arrestato senza che gli venga fornita alcuna spiegazione. Dopo tre giorni di carcere a Milano, apprende di essere accusato di "omicidio colposo preterintenzionale" di un cittadino tedesco. Convinto che si tratti di un equivoco, viene tradotto di carcere in carcere, prima a Regina Coeli e poi fino alla località immaginaria di Sagunto (nei pressi di Salerno) e internato in una cella di isolamento in quanto, avendo risieduto all'estero, vi è il pericolo che si dia alla fuga.

Di Noi subisce un lungo calvario, costellato di trattamenti umilianti.

L'arresto e le successive, drammatiche vicende del protagonista derivano da un disguido dovuto ad una interpretazione della legge perfetta nella forma, ma assolutamente carente e manchevole nella sostanza. Ancora una volta, legge e giustizia sembrano prendere strade diverse, con conseguenze drammatiche per il malcapitato.

A detta di alcuni critici cinematografici, il cognome del protagonista (“Di Noi”) voleva sottolineare proprio come una vicenda simile sarebbe potuta accadere ad ognuno “di noi”.

Il film-denuncia di Nanni Loy, una sorta di incubo kafkiano calato nella realtà italiana, uscì nelle sale suscitando scalpore, poiché per la prima volta un'opera cinematografica denunciava senza mezzi termini l'arretratezza e la drammatica inadeguatezza dei sistemi giudiziario e carcerario italiani.

L'altro bellissimo, drammatico film che vede il grande attore come protagonista assoluto è del 1977, si intitola “Un borghese piccolo piccolo”, per la regia di Mario Monicelli.

Il regista, recentemente scomparso, abbandona la “commedia all'italiana” e confeziona un film drammatico, disperato che lascia lo spettatore pietrificato.

Sordi interpreta il ruolo di un personaggio mediocre, dalla vita grigia ed ordinaria, che ripone ogni sua aspettativa nel figlio, diplomatosi ragioniere.

Il giorno in cui suo figlio deve sostenere un concorso, una pallottola vacante esplosa da alcuni rapinatori lo uccide. Il padre, presente alla scena, rintraccerà l'assassino e,  portatolo in un capanno, infierirà su di lui, facendolo morire dopo un'atroce agonia a cui assiste anche la moglie malata.

Oltre alla feroce critica alla società italiana dell'epoca, Monicelli affronta un argomento spinosissimo: la “giustizia” intesa come vendetta feroce e tremenda su colui che si rende protagonista di un crimine.

Siamo negli anni ’80 e in Italia si respirava un clima di paura e rassegnazione e molti inneggiavano ad una giustizia di classe.

In entrambi i film Alberto Sordi ha dimostrato quanto sia vero il pensiero di Piero Calamandrei che, nel lontano 1924, scrisse : “dalla lettura di certe pagine di romanzi, nelle quali si descrivono con linguaggio profano i congegni della giustizia in azione, è assai spesso possibile trarre un’idea precisa meglio che da una critica fatta in gergo tecnico e in stile cattedratico, del modo in cui la realtà reagisca sulle leggi e della loro inadeguatezza a raggiungere nella vita pratica gli scopi per i quali il legislatore crede di averle create”.

Alberto Sordi con la sua interpretazione e Nanni Loy con la sua regia sono riusciti a far capire a tutti noi quanto la legge “incide sulla carne viva”.