La liquidazione del patrimonio attendendo il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

Il cielo sopra Bologna
Ph. Anna Romualdi / Il cielo sopra Bologna

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza avrebbe dovuto entrare in vigore il primo settembre ma già si parla di uno slittamento al 2022.

Questo l’orientamento della Commissione ministeriale istituita dal ministro Cartabia, motivato in primis dalla necessità di adottare in Italia la nuova direttiva europea sull’insolvenza (2019/1023) permettendo un’unica introduzione di tutti i principi volti a migliorare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione e di insolvenza.

La legge n. 3 del 2012 e gli istituti ivi disciplinati, pertanto, continueranno ancora, fino a nuove disposizioni, ad essere applicati dai tribunali.

 

Legge 3 del 2012

La procedura liquidatoria

Da procedura residuale, nell’impianto degli articoli 14-ter e 14-terdecies, quale procedura alternativa alle procedure di composizione della crisi costituite dall’accordo con i creditori e dal piano del consumatore, è divenuta nella prassi quella più utilizzata.

Delineato come procedimento esecutivo-espropriativo d’indole concorsuale avente ad oggetto l’intero patrimonio del debitore (salvo espresse esclusioni), è, allo stato, a base eminentemente volontaria, ascrivendosi la legittimazione a richiederne l’apertura al solo debitore.

L’intenzionalità dell’avvio del procedimento è strettamente connessa alla finalità dell’istituto, quella di concedere una seconda chance al debitore una volta ottenuta l’esdebitazione e ricominciare una nuova vita (il c.d. fresh start).

In quest’ottica, in applicazione coerente con la tutela offerta dal principio del fresh start anche in pendenza della procedura, vengono esclusi dalla liquidazione i beni non pignorabili, i crediti necessari per l’alimentazione e il mantenimento nonché la retribuzione lavorativa, nella misura necessaria al mantenimento del debitore e della sua famiglia.

Del resto, per la giurisprudenza consolidata in questi anni, ad esempio sia l’automobile che l’arredo di casa sono spesso esclusi dalla liquidazione se di modesto valore di realizzo o, per la prima, se l’unico mezzo utile a garantire gli spostamenti per recarsi al lavoro.

Questo l’iter della procedura di liquidazione del patrimonio:

  • apertura della procedura;
  • accertamento del passivo;
  • formazione del passivo;
  • liquidazione dell’attivo;
  • chiusura della procedura.

 

La cosiddetta “liquidazione a zero”

La procedura di liquidazione del patrimonio ex legge 3 in tema di sovraindebitamento può essere esperita anche in assenza di beni mobili o immobili da liquidare, facendo solo affidamento, dal punto di vista dei creditori, ai redditi futuri (reali o potenziali) del debitore.

Infatti, fanno parte del patrimonio della liquidazione anche i beni e/o i crediti sopravvenuti negli anni di durata della procedura (almeno 4 anni) – si pensi ad un’eredità o a crediti derivanti da una causa conclusa – nonché stipendi, pensioni, salari e tutto ciò che il debitore guadagna con la sua attività.

È prevista, del resto, la possibilità di conferire alla procedura anche l’apporto economico di un terzo, che “interviene” a supporto del debitore (si pensi a un familiare che si impegni a versare una somma nella procedura a beneficio del soggetto sovraindebitato).

 

L’esdebitazione

Il lineamento funzionale distintivo della procedura liquidatoria è lo svincolo dai debiti, che in capo al soggetto non fallibile dovessero residuare all’esito della procedura.

 

Decreto legislativo 14/2019

Liquidazione controllata del sovraindebitato

Il capo IX del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza (articoli 268 e ss.) è riservato alla procedura di liquidazione controllata, così rinominata nel nuovo impianto codicistico, la liquidazione.

Per l’accesso alla liquidazione controllata il debitore deve pur sempre trovarsi in uno stato di sovraindebitamento, ovvero versare in una situazione di crisi o di insolvenza: stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore e si manifesta con l’incapacità di far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate (crisi) ovvero stato che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori che dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (insolvenza).

Nella sostanza la procedura è la medesima di quella prevista dalla legge 3, fatti salvi alcuni cambiamenti di una certa rilevanza. Analizziamoli.

1) La domanda di liquidazione controllata può essere presentata:

  • dal debitore “in via diretta” oppure “per conversione” laddove vi sia una revoca del piano di ristrutturazione (art. 73 del CCII) e del concordato minore (art. 83 del CCII);
  • dal creditore anche in presenza di procedure esecutive oppure “per conversione” nei casi di revoca del piano di ristrutturazione e del concordato minore per frode o inadempimento;
  • dal Pubblico Ministero nei casi in cui l’insolvenza riguardi l’imprenditore oppure “per conversione”, come nel precedente caso, laddove vi sia stata una revoca del piano di ristrutturazione e del concordato minore per frode o inadempimento.

2) Con il nuovo Codice potranno ottenere il beneficio dell’esdebitazione non solo i debitori persone fisiche ma anche le società minori, di diritto, senza necessità di richiesta, a seguito della chiusura della procedura o anche prima laddove siano decorsi 3 anni dalla sua apertura.

3) Altra novità importante riguarda l’espressa disciplina della liquidazione a zero (diremmo a “doppiamente zero” non avendo il debitore alcuna possibilità economica neppure futura n.d.r.), già applicata in via di fatto in seguito all’elaborazione giurisprudenziale, per la quale il debitore incapiente – che non possegga quindi nessuna utilità neppure futura per far fronte ai propri debiti - può esdebitarsi totalmente.

Questo beneficio ha natura straordinaria per non pregiudicare l’esigenza di tutela dei creditori.

Può infatti essere concesso solo per una volta persistendo comunque in capo al debitore l’obbligo di pagamento dei debiti qualora sopravvengano rilevanti utilità tali da consentire il soddisfacimento dei creditori entro specifici limiti.

Sostanzialmente deve trattarsi di persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura. Questi potrà accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro 4 anni dal decreto del giudice nel caso in cui sopravvengano utilità rilevanti tali da soddisfare i creditori in misura non inferiore al 10%.