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Micromanagement

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Micromanagement

Pochi giorni fa ho letto l’articolo di Alfredo Biffi che descrive la “Lungimiranza … manageriale” come l’attitudine di vedere lontano nel tempo, con saggezza e avvedutezza. Una visione, questa, che oggi sembra scontrarsi con il tempo che viviamo, dominato dall’urgenza, dalla contingenza e dalla ricerca di risposte immediate a problemi istantanei. Eppure - precisa Alfredo Biffi - chi detiene ruoli di responsabilità, la lungimiranza dovrebbe possederla come caratteristica portante, intendendo questo come la capacità, non certo di prevedere il futuro, quanto di saperlo impostare, definire, progettare, ideare.

Quest’articolo mi ha portata a pensare alle figure e ruoli di responsabilità incontrati nel mio percorso professionale e mi sono chiesta quanti di loro siano stati effettivamente leader-lungimiranti e quanti, per contro, dignitosi manager-gestori. E mi sono anche chiesta: la lungimiranza che si richiede a un leader rappresenta un’attitudine o una competenza? Possedere una data forma mentis è un prerequisito necessario o la lungimiranza può essere frutto di un percorso di apprendimento alla leadership?

Qualche mese fa mi è capitato di dover entrare nel merito di un progetto che, all’interno di un processo di riorganizzazione, avrebbe dovuto trovare una nuova collocazione. La gestione di quel progetto prevedeva un finanziamento e mi accorsi che i fondi erano distribuiti su due strutture diverse e quindi su due budget differenti. Chiesi quindi, a chi era a capo del processo contabile, quale fosse la natura di quel fondo e il motivo per il quale le risorse erano così suddivise. Questa persona, il responsabile di una delle due unità organizzative, mi rispose che nei fatti non ne era a conoscenza e che, all’interno del processo e nel suo ruolo, si limitava a disporre il pagamento alla ricezione del mandato. A farla breve, dopo tre incontri, capimmo che la suddivisione di quel budget su due strutture non aveva alcuna ragione di essere, anzi, così facendo, si insinuava nel processo un passaggio che, senza restituire valore, nei fatti rallentava i tempi di pagamento.

Dunque, quella persona, dal punto di vista procedurale svolgeva il proprio ruolo in modo impeccabile, senza errori e con la tempestività necessaria e richiesta a ricevimento del mandato di pagamento; ciò detto, mancando la visione d’insieme, non ci si era accorti che si trattava di un passaggio che generava solo inefficenza del sistema.

Nell’insieme, queste riflessioni, mi hanno portato alla mente un tema correlato e il concetto di micromanagement che è quanto di più distante ci sia dal leader lungimirante.

Lo sapevi che le ricerche condotte sul tema evidenziano che oltre il 50% dei collaboratori ritiene che il proprio capo operi come micromanager?

Il micromanager ha alcune caratteristiche chiaramente identificabili e sono queste che riporto in forma semplificata:

  • tende ad accentrare e difficilmente è in grado di discernere, con chiarezza e consapevolezza, cosa richieda effettivamente una supervisione stretta e cosa sia più saggiamente delegabile;
  • non lavora per obiettivi, ma predilige l’attribuzione di compiti e spesso ne confonde i piani;
  • è dominato dalla postura del controllo. Controlla i propri collaboratori e controlla direttamente l’esecuzione del compito attraverso stringenti incontri di verifica, per lo più di tipo operativo e procedurale;
  • ritiene che ci sia un unico modo, il migliore, per svolgere qualunque attività e di norma, questo, corrisponde con la propria visione delle cose;
  • il micromanager, ama e si perde, nei dettagli;
  • il micromanager decide;
  • il micromanager, a dir suo, fa tutto lui. Se non ci fosse lui (o lei) niente sarebbe portato a compimento nei giusti tempi e nel modo corretto.

Insomma, il micromanager è sostanzialmente il “bello bello” di cui parla Federico Martelli nella sua divertentissima hit!!!

Un aspetto interessante di chi opera in questo modo è che se gli chiedeste di descrivere le proprie caratteristiche di mananagement, molto probabilmente, vi risponderebbe che è una persona estremamente strutturata e organizzata.

Cosa che è senza ombra di dubbio vera, ma per chi esercita questo stile di (non) leadership è importante tenere presente che si tratta di una forma di gestione che è spesso anche fonte di demotivazione del personale.

Questo avviene perché le persone percepiscono un’assenza di fiducia nei loro confronti e l’eccessiva presenza (e presenzialismo) del capo, nei fatti, toglie spazio e margine di crescita. Ciò, senza contare che la costante esigenza di controllo rallenta il processo, generando così quella perdita di tempo che poi si riflette nelle urgenze alle quali, tutti noi, siamo ormai abituati. Inoltre, perdendosi spesso nel dettaglio procedurale, senza osservare in modo critico il contesto, chi adotta questo stile di gestione, tende a consolidare routine che probabilmente il tempo ha già ampiamente superato.

Come sempre. Ogni stile di leadership ha in sé punti di forza e di debolezza, ciò che importa a mio avviso è questo:

  • chi sceglie il manager o leader, chi attribuisce gli incarichi, occorre sia ben consapevole di dove si è e di dove si vuole andare; semplicemente perché potrebbe essere certamente il tempo e il luogo del manager accentratore, ma potrebbe anche essere il tempo e il luogo per affidarsi alle mani di un leader imperfezionista;
  • noi stessi, quando assumiamo ruoli di responsabilità, è importante che ci interroghiamo sulla cultura organizzativa del momento, sulle caratteristiche del nostro gruppo, sulla visione a medio termine dei progetti che stiamo gestendo. In funzione di queste dimensioni potrebbe essere, importante o utile, assumere posture differenziate;
  • per tutti, per chi ci sceglie e per noi stessi: è importante riuscire a riconoscere queste caratteristiche, di contesto, di cultura, di clima, di management e di leadership. Saperle riconoscere significa poterle orientare, gestire e investire al meglio.

Detto ciò, apparentemente ingovernabili, i leader visionari e lungimiranti, sanno essere anche molto concreti e pragmatici, ma soprattutto, agiscono il proprio ruolo sulla base della fiducia nei propri collaboratori e la fiducia è il primo ingrediente essenziale per promuovere collaborazione e questa, innovazione.

Dunque, dove siete in questo momento e dove volete andare?

Occorre consolidare o innovare?

È questo il tempo del micromanagement o della leadership visionaria?

A voi la scelta!