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Entusiasmo

Palo Bianco, Donnalucata - Scicli
Ph. Simona Loprete / Palo Bianco, Donnalucata - Scicli

“Incontenibile spinta ad agire e operare dando tutto se stesso”: questa è la prima definizione della parola “entusiasmo” rinvenibile sul sito internet di Treccani.

La vera spiegazione di tale parola è, come sempre, racchiusa nella sua etimologia, derivante dal greco antico enthusiasmós (ἐνθουσιασμός), formato da en (ἐν, in) con theós (θεός, dio) e ousía (οὐσία, essenza), traducibile come “esaltazione divina” o “possedere l’essenza di Dio”. L’entusiasta sarebbe in preda a una possessione divina, che lo invade e infervora il suo cuore e la sua mente al punto tale da portarlo a una completa dedizione alla causa del suo entusiasmo, appunto.

In italiano la parola “entusiasmo” si riferisce a un sentimento appassionato verso qualcosa che può essere rappresentato da un ideale, dalla religione, da una causa politica ma anche dal proprio lavoro.

In effetti, qual è la cosa che ci colpisce di più quando ci interfacciamo con il personale addetto a un esercizio commerciale o al front office di ufficio pubblico? Parlo di ciò che percepiamo subito, nell’impatto relazionale con l’addetto, per noi un perfetto sconosciuto che andiamo a “disturbare” per ottenere una informazione, un servizio, un bene. Personalmente, ciò che mi colpisce è come l’addetto si interfaccia non tanto con me, ma con l’oggetto del suo lavoro, come “prende a cuore” la mia richiesta, la forza mentale che imprime nelle sue azioni per soddisfare l’utenza, lo “slancio vitale” che lo caratterizza nell’approcciarsi all’oggetto dell’istanza.

Solo successivamente noto la competenza nell’evadere la richiesta e il modo di relazionarsi con l’utenza.

Sarebbe interessante studiare se esiste una corrispondenza tra l’entusiasmo con cui ognuno di noi affronta le proprie sfide lavorative e la competenza posseduta nella materia oggetto della prestazione. Personalmente non ritengo si tratti di una corrispondenza biunivoca: un lavoratore può essere estremamente competente nel suo settore ma parimenti annoiato e stanco; ma è difficile che chi si approccia con gioia e dedizione al proprio lavoro manchi di competenza.

La partecipazione gioiosa al buon esito di un procedimento amministrativo o, più in generale, ai processi di una organizzazione spinge inevitabilmente il lavoratore a un grado di proattività tale da indurlo ad informarsi, studiare, ingegnarsi per raggiungere il miglior risultato.

Sarebbe interessante verificare l’impatto che tale approccio al lavoro ha sugli altri colleghi.

L’entusiasmo è un sentimento generoso, soprattutto in ambito lavorativo perché crea gioia, interesse a prefiggersi obiettivi sfidanti e voglia di raggiungerli, senza chiedere nulla in cambio; è anche contagioso perché l’entusiasta può fare da motore trainante nei confronti delle persone più demotivate e prive di stimoli.

Oppure no.

Può succedere anche che l’entusiasta venga giudicato, isolato, demansionato.

Questo moto d’animo così genuino può, in vari ambiti, essere frainteso e percepito come presupponenza, egocentrismo o voglia di oscurare gli altri o il lavoro altrui.

Da cosa dipende la diversa interpretazione che viene data a un comportamento entusiasta in un ambiente lavorativo?

Il giudizio e, quindi, la separazione dall’entusiasta dipende dalla percezione dello stesso come una minaccia che spaventa gli altri colleghi, che evidentemente sono privi di un simile sentimento di gioia e partecipazione e subiscono l’ansia di un ambiente dannosamente competitivo. “Una comunità che si basa sulla fiducia reciproca” lavora con “passione, competenza ed entusiasmo perché tutto è visto come possibilità di crescita umana personale e della comunità stessa”, come ci ha spiegato Giovanni Lodigiani nel suo articolo “Incertezza: occasione di fiducia?”.

Al contrario, un ambiente lavorativo denso di sfiducia sarà focalizzato sulla ricerca delle “colpe” e non delle soluzioni e, dunque, sulla espulsione o emarginazione del soggetto che si impegna con più abnegazione per la gioia di farlo, non curandosi troppo della formalizzazione di ogni operazione, come ha accuratamente osservato Lodigiani.

Anche in queste situazioni, la differenza la può fare il manager: è lui la pietra angolare su cui si basa la dinamica dei rapporti tra colleghi e che può far fiorire le inclinazioni e capacità di ogni risorsa umana in favore delle altre singolarmente considerate e del gruppo lavorativo nel suo complesso.

Un sentimento intenso quale quello posseduto dall’entusiasta deve essere riscoperto nel suo significato più genuino di fattore propulsivo dell’organizzazione e, dunque, dell’attività amministrativa e non come una minaccia per i ruoli già consolidati.