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Legioni di imbecilli

Umberto Eco
Umberto Eco

Legioni di imbecilli

Era il 10 giugno 2015 e, dopo aver ricevuto la Laurea Honoris Causa dal Rettore dell’Università di Torino, Gianmaria Ajani, in “Comunicazione e Culture dei Media” perché «ha arricchito la cultura italiana e internazionale nei campi della filosofia, dell’analisi della società contemporanea e della letteratura, ha rinnovato profondamente lo studio della comunicazione e della semiotica», Umberto Eco ha pronunciato le seguenti parole davanti ai giornalisti accorsi per lui nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino:

«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».

A seguito delle recenti evoluzioni che i social stanno sperimentando anche con risvolti, ahimè, nella cronaca nera, possiamo ritenere senza dubbio alcuno che Eco ci avesse visto lungo e che la sua lectio magistralis fosse un utile ammonimento che tutti avremmo dovuto tenere bene a mente e mettere in atto.

Umberto Eco, davanti a una platea di tutto rispetto, invitava, infatti:

-  i giornali «a filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno» e a «dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti»;

- i professori a «insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno».

Tutto questo 9 anni fa.

QUANDO possiamo considerarci una “legione di imbecilli”?

  • Ogniqualvolta consideriamo “veridico”, per citare l’ultimo articolo di Penzo Doria, apparso su questa rivista Filodiritto, un post sbandierato che svetta in cima all’olimpo dei click, una notizia proferita dall’influencer di turno o da una pagina social,  e costruiamo il nostro giudizio su di esso, che libero non sarà mai per via della esposizione massiva alle opinioni di chiunque abbia uno smartphone e delle dita, perdendo tempo ed energie su un qualcosa che potrebbe non esistere affatto perché non corrispondente alla realtà dei fatti.
  • Ogniqualvolta innalziamo ad eroi persone che fanno o dicono cose che, per chi è in possesso di un minimo di raziocinio e buon senso, sono scontate e inutili da elogiare. Perché si beatifica colui o colei che redarguisce chi non rispetta le persone con disabilità o con orientamenti sessuali diversi dai nostri? La normalità dovrebbe essere il rispetto di tutti e l’eccezione dovrebbe essere rappresentata dai comportamenti escludenti e intolleranti, non il contrario! Allo stesso modo perché si elogiano gli uomini che collaborano nel ménage familiare lavando i piatti e pulendo i gabinetti? Se non ci hanno insegnato in casa la parità, non basta l’art. 3 della bellissima Costituzione italiana (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali)?
  • Ogniqualvolta prendiamo come modelli di comportamento chi sventola ai quattro venti di aver messo in atto una pluralità di campagne benefiche e di aver donato soldi in beneficenza, senza ricordarci, a prescindere dai risvolti giudiziari che tali vicende possono conoscere e da improbabili “errori di comunicazione", che l’espressione più alta dell’Amore è la Carità e che la beneficienza è uno strumento per esercitarla. Come tale, non ha bisogno di menzione alcuna e chi se ne vanta lo fa per un interesse quantomeno egoico se non proprio economico…

Per non parlare poi della gogna mediatica su cui la rubrica di Umanesimo Manageriale ha posto l’accento già nel 2020 al suo esordio, tema che oggi si collega a quello del “giornalismo d’assalto” che ormai ha preso il posto del giornalismo di inchiesta…

I social hanno sovvertito i nostri valori: ciò che dovrebbe essere scontato è l’eccezione, ciò che dovrebbe essere l’eccezione è la norma. Perché? La risposta ce la dà sempre Umberto Eco: «La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità».

La soluzione sta nella saggezza popolare: “Accompagnati con chi è meglio di te e fagli le spese!”

Lo sapevano bene i Signori che hanno fatto la storia del Rinascimento Italiano, chiamando a sé i migliori Umanisti per farsi consigliare su come ottenere il potere, su come gestirlo e su come fare per mantenerlo.

Auspico un ritorno al Rinascimento in ogni campo.

Credo fermamente nell’importanza del ritorno all’Umanesimo.

Confido nelle scelte intelligenti che politici, specialisti nella comunicazione, economisti, imprenditori e Manager pubblici attueranno nella direzione di attorniarsi di Umanisti per seguire le loro indicazioni in ogni ambito di rispettiva competenza.

Se 9 anni fa le parole di Umberto Eco fossero state tenute in degna considerazione, si sarebbero probabilmente risparmiate le gogne ingiustificate cui assistiamo quasi giornalmente e non avremmo conosciuto questa ulteriore preoccupante involuzione che non sembra ormai conoscere argini.

Se proprio non possiamo fare a meno dei social, scegliamo con cura le persone e le pagine da seguire: se ben utilizzati i social media possono offrire grandi opportunità di crescita. Dubitiamo di tutto ciò che si legge che non sia carta stampata o testata giornalistica seria on line ed evitiamo di esprimere giudizi sul web.

Sarebbe bellissimo che i social si facessero portavoce e ambasciatori di un proficuo ritorno ai classici e non più di un loro mero sfruttamento da parte di chi, in cerca di follower, abbina alle frasi “cult” delle foto per così dire “intriganti”...

Eco vede un futuro per la carta stampata. «C’è un ritorno al cartaceo. Aziende degli Usa che hanno vissuto e trionfato su internet hanno comprato giornali. Questo mi dice che c’è un avvenire, il giornale non scomparirà almeno per gli anni che mi è consentito di vivere. A maggior ragione nell’era di internet in cui imperversa la sindrome del complotto e proliferano bufale».