Instagram, adolescenti e salute mentale
Instagram, adolescenti e salute mentale: cosa sapeva Zuckerberg?
Instagram è dannoso per la salute mentale dei giovani, soprattutto delle ragazze.
Lo ha rivelato un’inchiesta del «Wall Street Journal» lo scorso 14 settembre, riportando i risultati di studi interni condotti dagli esperti di Facebook.
L’azienda di Mark Zuckerberg infatti aveva acquistato Instagram nel 2012, intercettando così la fuga dei più giovani da Facebook.
Nel 2019 sono iniziate le analisi degli effetti di Instagram su questi utenti “riconquistati”: depressione, ansia sociale, disturbi alimentari.
L’accusa rivolta ai capi di Facebook (Zuckerberg stesso) e Instagram (Adam Mosseri) non riguarda la mancata divulgazione dei risultati di queste ricerche, quanto il fatto di averli sistematicamente minimizzati.
A marzo 2021, durante un’audizione davanti al Congresso americano, Mark Zuckerberg ha anzi affermato che “le ricerche che vediamo indicano che l’uso delle app social per connettersi con altre persone possono avere effetti positivi sulla salute mentale”.
Ma quali sono, nello specifico, i disturbi psicologici connessi a Instagram? E perché questo social più di altri?
Instagram, adolescenti e salute mentale: cosa subiscono i giovani?
Instagram è un social basato sulla condivisione di contenuti visuali (foto e brevi video).
Sua caratteristica principale è la presenza di filtri che possono “migliorare” le immagini da un punto di vista estetico.
Proprio questo, secondo gli esperti, è il motivo per cui Instagram inciderebbe di più sulla salute mentale dei giovani.
“Rispetto a un TikTok dove si valorizza la performance, o Snapchat dove si punta sui filtri e la manipolazione dei volti,” come scrive Raffaella Menichini su «Repubblica» “su Instagram è puro, continuo, raffronto estetico”.
Ragazze e ragazzi – e non solo – vengono bombardati da immagini di perfezione fisica e successo personale, che aumentano esponenzialmente insicurezza, sfiducia e disagio verso sé stessi.
I disturbi psicologici che ne derivano sono ovvi quanto allarmanti: si va dai disordini alimentari ai pensieri suicidi (con percentuali molto alte tra i giovani americani e inglesi, oggetto degli studi di Facebook).
Un dato da evidenziare – più in positivo che in negativo, in realtà – è che i giovani stessi si rendono conto del legame tra il proprio malessere e Instagram.
Tanto che lo stesso «Wall Street Journal» ha fatto partire l’inchiesta dalla testimonianza di Anastasia Vlasova, adolescente che ha avuto chiaro fin da subito come il tempo passato sul social l’abbia condotta verso un disturbo alimentare.
Instagram, adolescenti e salute mentale: quali le proposte di Facebook?
A fronte di questi dati, le proposte di Facebook non sono in realtà tardate: dal Project Daisy, grazie al quale i “like” non erano visibili agli utenti esterni, all’ipotesi di progettare filtri meno tendenti al perfezionamento estetico, fino alla possibilità di “identificare gli utenti particolarmente vulnerabili e indirizzarli verso contenuti ‘più positivi’”.
Solo tentativi, certo, e non incisivi quanto ci si potrebbe aspettare.
Ma Adam Mosseri di Instagram avverte: le questioni messe in evidenza da questi studi sono complesse, non possono essere risolte immediatamente e soprattutto bisogna “essere onesti e renderci conto che ci sono prezzi da pagare”.
Instagram, adolescenti e salute mentale: tutta colpa dei social?
Quest’ultima frase, in apparenza di pochi scrupoli, contiene in realtà una domanda essenziale: il prezzo da pagare per cosa?
Tiziana Metitieri, neuropsicologa del Meyer di Firenze (azienza ospedaliera universitaria), afferma: “in 15 minuti possono essere creati o condivisi online contenuti molto pericolosi e in 6 ore si possono studiare le lingue, guardare dei video didattici sui canali di docenti esperti, contattare amici e familiari in diverse parti del mondo, organizzarsi per una campagna di raccolta della plastica lasciata dagli adulti sulle spiagge”.
E quello del tempo speso su internet è un esempio di quanto spesso possano essere fuorviati (e fuorvianti) i giudizi sul rapporto tra nuove generazioni e tecnologie informatiche.
Gli effetti deleteri dei social sui giovani – e di Instagram in particolare – sono, secondo la studiosa, solo l’ultima frontiera di un accanimento mediatico legato più a interessi economico-politici che a preoccupazioni fondate a livello scientifico e statistico.
In primo luogo, l’integrità degli ancora pochi studi compiuti, e dei dati raccolti di conseguenza, viene inficiata da condizioni non favorevoli alla ricerca (come la poca trasparenza negli scopi della ricerca stessa o l’impossibilità di analisi dei risultati da parte di ricercatori indipendenti).
Questi pochi dati raccolti male, sempre secondo Tiziana Metitieri, hanno poi come risultato concreto quello di distogliere l’opinione pubblica da scopi ed effetti benefici dei social sui giovani.
Si pensi solo all’ambito della salute mentale: condividere il proprio disagio, e poter chiedere quindi aiuto; dare il via a campagne di sensibilizzazione di cui gli stessi adolescenti sono promotori – e non semplici oggetti.
Instagram, adolescenti e salute mentale: quali conclusioni?
Instagram ha nel frattempo risposto al «Wall Street Journal», comunicando sul proprio sito di voler essere “più trasparente sulle ricerche portate avanti, sia internamente sia in collaborazione con ricercatori esterni”.
In ogni caso, la questione è più complessa di quanto sembri.
E accanirsi contro i social non sembra essere la strategia migliore per risolvere gli effetti negativi che indubbiamente hanno sulla loro giovane utenza.