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Incertezza: occasione di fiducia?

Ritratti di architetture, prospettive reali
Ph. Elena Franco / Ritratti di architetture, prospettive reali

Può esistere una relazione tra l’incertezza e la fiducia?

L’ incertezza, in generale, sta ad indicare il dubbio circa la validità dei risultati di una misurazione legata alle cose, alle diverse realtà materiali. Potremmo qui evocare tutte le problematiche legate alla conoscenza (con altisonante enfasi potremmo parlare di problematiche gnoseologiche).

Ma, quando di mezzo c’è il mettersi in gioco nella vita o in una situazione professionale, dove al centro ci sono le relazioni interpersonali, è ancora valida la suddetta definizione? Esistono criteri per misurare l’incertezza che afferisce ai comportamenti umani? Anche qui potremmo richiamare riflessioni aristoteliche o socratiche che si muovono tra un «maestro di color che sanno» (Inferno, IV 131) ed una ignoranza dotta, di cusaniana memoria, fondata sul «sapere di non sapere». 

Circoscrivere la problematica della possibilità di misurare l’incertezza, sia che riguardi cose sia che riguardi comportamenti umani, non è faccenda comoda ed agevole. Pur tuttavia, quotidianamente, ci imbattiamo in qualche incertezza che richiede una soluzione. L’incertezza, soprattutto quella afferente alle relazioni ed i comportamenti umani ondeggia, costantemente, tra ipotesi alternative e possibili domande e risposte.

Potendo offrire un’immagine suggestiva, il risolversi dell’incertezza e come un lento prosciugamento di una cavità più o meno profonda ed ampia. Come nella matrioska russa, la domanda sulla misurazione dell’incertezza ne contiene un’altra: quanta ne possiamo sopportare?

Probabilmente il dato è correlabile all’epoca storica nella quale si sta vivendo.

La società odierna, plausibilmente definibile, ormai, come post-liquida, sembrerebbe in grado di tollerare un alto grado di incertezza, tuttavia, quando questa si prolunga temporalmente (es. il cosiddetto lockdown italiano – mai come in questo caso l’uso di un termine, che linguisticamente non appartiene alla nostra comunità nazionale, è stato così inadeguato – che durò per ben 69 giorni, dal 9 marzo al 18 maggio 2020), siamo in estrema difficoltà ad accettarla.

L’attuale società, nella quale siamo coinvolti e dalla quale siamo condizionati, respira una cultura che fatica ad accettare la compresenza dell’incertezza con l’urgenza di decidere senza esitazioni o dubbi.

Ora, quale propellente è necessario per valicare l’incertezza nelle umane relazioni? La fiducia, la quale si basa sulle motivazioni, intenzioni, onestà, trasparenza, correttezza ed allineamento ai valori umani condivisi delle persone.

Potranno esserci problemi, freddezze, a volte anche manifestazioni di insensibilità, ciò nonostante, se presenzia la fiducia la concentrazione è focalizzata sulla ricerca delle soluzioni e non s’indaga sulle colpe.

Quando si lavora in una comunità che si basa sulla fiducia reciproca, tutto viene svolto con passione, competenza ed entusiasmo perché tutto è visto come possibilità crescita umana personale e della comunità stessa.

L’esatto contrario accade quando regna la sfiducia nel gruppo: si esige il più alto grado di formalizzazione in ogni operazione perché ogni intervento deve assumere il carattere di prova per attestare eventuali colpe e comunque, prima di proferire ogni verbo, si esigerà tempo per consultare il proprio legale … di fiducia: ecco servito il paradosso!

Se è lecito non ritrovarsi in questi pensieri, rimane incontestato un fatto: quella specifica ignoranza nel nostro vivere relazionale e relazionato, definibile come incertezza, insurrogabile con un supplemento di informazioni, può essere abitata solo dalla fiducia.