Non ho più tempo: la lettura corale dell’Umanesimo Manageriale nel giorno della morte di Mario de Andrade
1. Màrio de Andrade
Il 25 febbraio 1945 moriva a San Paolo del Brasile, sua città natale, Mário Raul de Morais Andrade (9 ottobre 1893 - 25 febbraio 1945).
Musicologo, saggista, critico letterario e poeta, fu uno dei protagonisti dell’intellighentia brasiliana della prima metà del XX secolo. Oltre alle sue poesie e ai suoi racconti in prosa poetica, ha scritto un romanzo toccante che, tra le sue opere anche postume, merita la menzione per essere tra le più ritmiche e serrate: Amare, verbo intransitivo.
Tuttavia, è noto al grande pubblico per uno dei suoi capolavori, La mia anima ha fretta, che potremmo definire come la poesia dei giorni sprecati e del riconoscimento del valore del tempo. Si tratta di un inno alla vita, ma quella che merita di essere vissuta assaporando ogni attimo nella propria unicità irripetibile.
Prima di presentarla, esaminiamo insieme in poche parole il concetto di tempo.
2. I modi per definire il tempo
In uno dei versi più celebri del Purgatorio, Dante chiude con un afflato: «ché perder tempo a chi più sa più spiace». In quel “chi più sa” non ci sono soltanto la conoscenza e la cultura, ma soprattutto la consapevolezza di un tempo fragile, destinato a scomparire nel momento stesso in cui esso trafigge le nostre vite con il fluire inesorabile.
Ci sono ragioni per non arrendersi? E qual è il senso se, in ogni caso, il tempo continua a scorrere?
Innanzitutto, come per lo spazio, c’è tempo e tempo su cui sono state scritte pagine interminabili di letteratura e di filosofia.
Gli antichi avevano due modi di indicarlo. Tralasciando Eniautos, per l’accezione di evento che accade nel mezzo e di Aion (Evo) a indicare un periodo determinato, i due lemmi principali sono Chronos e Kairòs. Il primo è il tempo che scorre, 24 ore al giorno, 365 giorni ogni anno, il mutare delle stagioni che sembrano tornare uguali, ma che cambiano e invecchiano ogni cosa.
Kairòs, invece, assume un significato più profondo e intimo: è il tempo favorevole, quello in cui accade qualcosa di importante, quello che scorre non invano e che potremmo tradurre con “il tempo fecondo”. Infatti, ci sono giorni di un tempo immobile in cui ogni secondo sembra uguale agli altri e momenti in cui esiste un guizzo di gioia, in cui si raggiunge un risultato inseguito per settimane, in cui accade – per capacità, per serendipità (https://www.filodiritto.com/serendipita) o per ventura – un evento favorevole a noi o ai nostri cari.
Non ricordiamo tutti gli eventi delle centinaia di giornate trascorse senza qualcosa di “memorabile”, ma soltanto quanto accaduto nel tempo favorevole o sfavorevole, in cui qualcosa di significativo sia occorso. Si tratta dello stesso meccanismo neurologico in virtù del quale il nostro cervello funziona come un setaccio, a selezionare ciò che merita di essere ricordato. Quanto più il tempo viene a mancare, tanto più la nostra anima cerca di afferrare più che può per dare intensità allo scorrere del tempo.
Tuttavia, è come tentare di afferrare con una mano il mare. Infatti, il cuore rosso pulsante del problema è che non si può tornare indietro e che Chronos continua inarrestabile la sua corsa verso il futuro.
3. Il concetto e la misurazione del tempo
Spiegare il tempo non è stato mai facile e, a bene vedere, soltanto da pochi decenni (fine XIX secolo) abbiamo una misurazione convenzionale legata al Tempo universale coordinato (UTC). Curiosamente per i paesi che adottano l’ora legale, i due fusi orari più lontani differiscono di 25 ore, per cui uno stesso minuto, per un’ora al giorno, in due punti estremi del pianeta è distante di due giorni.
Il tempo, dunque, è misurabile solo convenzionalmente. Dunque, non esiste? O, più semplicemente non è rappresentabile umanamente, visto che – ridotto alla più infinitesimale frazione – di fatto tende a esistere soltanto come passato e a non esistere (ancora) come presente e come futuro?
Ce lo ricorda in uno dei tanti passaggi memorabili delle Confessioni, S. Agostino: «Se nessuno me lo chiede, lo so; se cerco di spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so» e poi «senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga, non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente».
Ma anche i primi decenni del XX secolo sono dedicati alle riflessioni sul significato del tempo.
Nel monumentale Alla ricerca del tempo perduto, Proust cerca una via di fuga per sottrarsi allo scorrere inesorabile, di quello che Eraclito, riportato da Platone nel Cratilo, ci appare come un mondo in cui tutto è in continua trasformazione, tutto scorre (Panta rhei).
Proust scrive la sua opera negli stessi anni in cui Dalì dipinse Gli orologi molli (1931), più tardi ribattezzati La persistenza del tempo.
Il dissidio interiore nell’osservare gli orologi in uno stato liquido con insetti cari all’artista è ben descritto per immagini destinate a diventare patrimonio collettivo dell’umanità.
4. Il tempo di Mario de Andrade
Quegli anni furono fecondi nell’arte e nella letteratura e proprio in quel periodo de Andrade scriverà La mia anima ha fretta (Minha alma está em brisa, 1940), un capolavoro spirituale sul senso del tempo sprecato.
LA MIA ANIMA HA FRETTA
Ho contato i miei anni e ho scoperto che ho meno tempo per vivere da qui in poi rispetto a quello che ho vissuto fino ad ora.
Mi sento come quel bambino che ha vinto un pacchetto di dolci: i primi li ha mangiati con piacere, ma quando ha compreso che ne erano rimasti pochi ha cominciato a gustarli intensamente. Non ho più tempo per riunioni interminabili dove vengono discussi statuti, regole, procedure e regolamenti interni, sapendo che nulla sarà raggiunto. Non ho più tempo per sostenere le persone assurde che, nonostante la loro età cronologica, non sono cresciute. Il mio tempo è troppo breve: voglio l’essenza, la mia anima ha fretta. Non ho più molti dolci nel pacchetto.
Voglio vivere accanto a persone umane, molto umane, che sappiano ridere dei propri errori e che non siano gonfiate dai propri trionfi e che si assumano le proprie responsabilità. Così si difende la dignità umana e si va verso della verità e onestà. È l’essenziale che fa valer la pena di vivere.
Voglio circondarmi da persone che sanno come toccare i cuori, di persone a cui i duri colpi della vita hanno insegnato a crescere con tocchi soavi dell’anima.
Sì, sono di fretta, ho fretta di vivere con l’intensità che solo la maturità sa dare. Non intendo sprecare nessuno dei dolci rimasti. Sono sicuro che saranno squisiti, molto più di quelli mangiati finora. Il mio obiettivo è quello di raggiungere la fine soddisfatto e in pace con i miei cari e la mia coscienza. Abbiamo due vite e la seconda inizia quando ti rendi conto che ne hai solo una.
Lo staff del progetto di Umanesimo Manageriale (Link), insieme ad alcuni allievi della Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica dell’Archivio di Stato di Venezia (dopo una lezione sul concetto della persistenza della memoria), hanno voluto rileggere a distanza – ma in una voce sola – quelle parole per interiorizzarne il senso.
Abbiamo troppa fretta di vivere un tempo ininfluente, troppa ansia di Chronos e non ci accorgiamo di quanto sia importante ricercare e vivere il Kairòs, il tempo fecondo, quel tempo che vale la pena di essere vissuto.
La rubrica di Umanesimo Manageriale ha pubblicato questo breve video oggi, 25 febbraio 2021, per ricordare il giorno della morte di Màrio de Andrade.
Con il coinvolgimento dei partecipanti e di alcuni Allievi della Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica dell’Archivio di Stato di Venezia. Grazie, dunque, a:
Valentina Albertazzi, Luca Attias, Valentina Baradel, Giulia Barrichello, Michele Bertani, Simona Bertè, Alfredo Biffi, Martina Calì, Sara Calissoni, Giorgia Canella, M. Erika Carlan, Manola Cascella, Roberto Donato, Nicola Fazioni, Laura Flora, Sara Giacomel, Francesca Giannuzzi, Veronica Giove, Patrizia Isaija, Giovanni A. Lodigiani, Vincenza Lombardo, Roberta Macaione, Grazia Mannozzi, Silvia Marchiori, Barbara Martini, Donatella Mazzetto, Michele Melchionda, Nicola Miori, Chiara Pancot, Anna Maria Perta, Nicola Siviero, M. Cristina Solombrino, Simone Vender, Enrico Veronese, Alice Vivian e Antonio Zama.
Ecco il bellissimo Video YouTube: Clicca qui.