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Il leader imperfezionista

Visioni
Ph. Domenico Semeraro / Visioni

Nei giorni scorsi mi sono imbattuta in un post della scuola di filosofia TLON[1] dedicato all’imperfezionismo[2], quale concetto che “serve a identificare quel tipo di persona che non si lascia sopraffare dall'ansia del perfezionismo e gode delle anomalie della vita. Gli imperfezionisti sanno […] che soltanto insieme al disordine la simmetria trova il suo senso. In altre parole, sanno che "perfetto" significa "chiuso", e cioè "che non lascia spazio" ad altri innesti.

E che, quindi, se vuoi divertirti davvero devi imparare ad accogliere l'imperfezione.
Gli imperfezionisti non escludono affatto la perfezione dalla loro vita. Semplicemente smettono di cercarla nelle azioni e nelle persone. Non costringono più il mondo ad entrare dentro le cornici: accettano che la penna assurda dell'esistenza scriva anche (e soprattutto) fuori dai bordi.
Sentono la perfezione della Vita che si manifesta nella relazione generale tra le infinite imperfezioni dei singoli. Cercano e generano la quadratura degli "errori"”

Naturalmente, essendo una parola inventata, nella Treccani non troviamo “imperfezionismo”, ma troviamo invece la definizione di Perfezionista, vale a dire di colui che ha “[…] aspirazione a raggiungere, nel proprio lavoro o nella propria attività, una perfezione ideale non facilmente attuabile”.

Come ben ci ricorda Barbara Martini – Imperfezione, potatura e perdita“La ricerca della perfezione è una grande trappola, che sia sul lavoro, nella vita affettiva, nelle amicizie. […] La ricerca del 30 e lode ad ogni costo, porta lo studente a procrastinare gli esami e ingabbiarsi in dinamiche poco funzionali di blocco di studio. La ricerca del documento perfetto ci porta a rimuginare su dettagli, allontanandoci da quello che vogliamo esprimere e portando dosi di stress non indifferenti”

Per contro, secondo Rob Brezsny, gli imperfezionisti, “capiscono che insistere sulla purezza assoluta può rendere le cose sterili e brutte. Coltivano l’eccellenza ma al tempo stesso sono consapevoli che le irregolarità e le eccentricità possono infondere bellezza al loro lavoro”.

Mi sono quindi chiesta se il termine imperfezionismo, sia in realtà adatto a descrivere le abilità che ci sono richieste, per vivere e agire, nel contesto di incertezza[3], ma anche di rinnovamento, dei tempi che stiamo vivendo. Tutto ciò lo viviamo, in modo particolare, nei contesti professionali che al contempo richiedono, da un lato, una buona capacità di adattamento e dall’altro lato, la capacità di progredire nel nostro percorso per approssimazioni, per prove ed errori.

Considerazioni, queste, che mi hanno portata a riflettere sulle diverse tipologie di leader che ciascuno di noi può aver incontrato nel proprio percorso professionale (ma non solo). Non parlo, dunque, del manager vale a dire di colui che – comunque all’interno di variabili, dimensioni e assetti anche complessi – si dedica a pianificare e organizzare il lavoro, a prendere decisioni operative o tecniche e quindi, a monitorare e controllare il risultato, in itinere e finale, del lavoro. Parlo del leader, vale a dire, colui (o colei) che possiede una visione che va oltre lo stato delle cose, e che, all’interno di questa visione, è in grado di guidare (to lead) e motivare il proprio gruppo nel raggiungimento di obiettivi che possono essere anche molto sfidanti.

Ciò premesso, mi sono chiesta se il leader imperfezionista possa essere colui che, meglio di altri, è in grado di generare attivazioni positive nel gruppo, all’interno e tenuto conto, del momento di grande discontinuità che stiamo vivendo.

Una risposta certa ovviamente non l’ho, ma al contempo si tratta di una riflessione che mi faceva piacere condividere e fare insieme a voi. Ciò detto chiedo: quanti di voi – ad esempio - hanno avuto un capo “esigente”?

Goleman[4] rileva che, l’esigente, è un leader estremamente focalizzato sull’obiettivo, è determinato, certo, ma anche poco empatico. È una persona che identifica, il proprio successo e una performance di successo, in base alla propria idea di perfezione; perfezione e rapidità di azione che richiede, a sé stesso, e anche ai propri collaboratori. Lo stesso Goleman evidenzia i rischi del leader esigente e che sono traducibili nel pericolo di far sentire le persone inadatte al ruolo che ricoprono, ciò in quanto soggette al controllo e limitate nelle proprie possibilità di espressione e ideazione.

Quanti di voi, invece, hanno avuto un responsabile “burocratico”? Vale a dire una persona molto focalizzata sulle regole e le procedure. Una persona che definisce e regolamenta, in modo chiaro, le linee guida alle quali attenersi; definendo quindi un approccio prudenziale e volto a limitare, il più possibile, il rischio di incorrere in decisioni, a parer suo, troppo avventate. Probabilmente questo tipo di leadership circoscrive e limita le decisioni errate e i passi falsi, ma per contro, lascia poco spazio ai cambiamenti, all’apporto di nuove idee e, nel medio termine, può generare demotivazione, sia fra i propri collaboratori, sia nei diretti superiori che, più di frequente, vengono allertanti sui rischi, e meno frequentemente, vengono sollevati dai problemi portando soluzioni anche nuove.

Voglio farla breve e, a mio avviso, il leader imperfezionista potrebbe collocarsi a metà fra il leader “democratico” e il leader “coach”. Semplificando, questi stili di leadership sono orientati a coinvolgere le persone nei progetti e nelle scelte, sono leader che responsabilizzano i propri collaboratori verso i risultati da raggiungere, valorizzando il contributo del singolo attraverso le competenze che esprimono. Certo, questo tipo di leader, sa che deve cedere una quota parte della propria idea di perfezione, ma in cambio ne ricaverà collaboratori probabilmente più motivati, disposti a mettersi in gioco, anche portando le proprie idee nel gruppo. Tutto questo senza il timore di essere corretto, di sbagliare e di essere giudicato o limitato nella propria espressione e nel proprio contributo.

In buona sostanza il leader imperfezionista guida, indirizza, sostiene, affianca ma non sostituisce. Il leader imperfezionista non corregge con la penna rossa, perché sa che la propria idea di perfezione è, appunto, solo la sua. Il leader imperfezionista si fida perché, come insegna Giovanni Angelo Lodigiani[5] – “[...] se presenzia la fiducia la concentrazione è focalizzata sulla ricerca delle soluzioni e non s’indaga sulle colpe.

Ancora, penso che il leader imperfezionista sia (il) leader del cambiamento e dell’innovazione perché sa che la direzione del cambiamento va semplicemente definita e guidata, sapendo utilizzare le leve di empowerment per incoraggiare i propri collaboratori, a trovare e sperimentare, soluzioni certamente alternative, ma anche nuove e innovative. Il leader imperfezionista sa che si assumerà una quota di rischio, ma sa anche, quando e dove, se la può concedere e, quando servirà, saprà assumersi le responsabilità delle proprie scelte, soprattutto, saprà motivarle le scelte, tutelando così il proprio gruppo. Il leader imperfezionista non si rende indispensabile, favorisce lo scambio di informazioni che sono utili al gruppo per portare avanti le proprie attività, anche a prescindere da sé, ma è presente sempre, quando serve. Da ultimo, ma non per ultimo, si tratta di quella tipologia di leader che investirà sullo sviluppo e la crescita dei propri collaboratori, saprà favorire affiancamenti, creerà back up di competenze, investirà in formazione.

Il leader imperfezionista attiverà reti e saprà stare in rete, perché sa che è lì che potrà trovare nuove ispirazioni; lì, oltre la propria comfort zone.

Per questo amerà anche le pause, e la capacità dei propri collaboratori di prendersi il giusto tempo per pensare e questo perché, come ci ricorda Francesca Giannuzzi[6],“liberandoci dall’adesione a tutto ciò che si presenta nel mondo reale e che ci incatena agli affari quotidiani, riusciamo a prenderne le distanze e a valutare meglio la realtà che ci circonda” e quindi, aggiungerei io, a razionalizzare meglio ciò che avviene intorno a noi, per uscire così dalla trappola del “giusto o sbagliato”, per ad attivare le nostre potenzialità, anche creative e utili, ad immaginare nuovi scenari e mondi nuovi, ai quali dedicarci e nei quali sperimentarci, con rinnovata motivazione, energia e voglia di fare.

Avete mai incontrato, nel vostro percorso, un leader imperfezionista?! Condividetelo con la nostra mailing list: umanesimomanageriale@googlegroups.com

 

[1] Scuola di Filosofia di Maura Gancitano e Andrea Colamedici. Casa editrice, libreria teatro, agenzia di eventi, formazione.

[2] L’astrologo, scrittore e musicista americano Rob Brezny parlò di imperfezionismo nell’oroscopo del Capricorno del 17/23 settembre 2020

[3] https://www.filodiritto.com/incertezza

[4] Daniel Goleman è uno psicologo, scrittore e giornalista statunitense.

[5] Si veda il suo “Incertezza occasione di fiducia” https://www.filodiritto.com/incertezza-occasione-di-fiducia

[6] Si veda il suo contributo sul Distacco https://www.filodiritto.com/distacco