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La prescrizione del credito contributivo delle Casse è regolata dalla Legge 335/95

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 27 giugno 2006, n. 20343
Con la sentenza n. 20343/2006, depositata il 27 giugno 2006, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, è nuovamente intervenuta sul tema della prescrizione dei contributi, degli accessori e delle sanzioni dovute agli enti previdenziali privatizzati.

Nella specie, si trattava di sanzioni dovute alla Cassa Forense per l’omessa comunicazione dell’ammontare del reddito professionale da parte di un iscritto con riferimento agli anni 1992 e 1993, sanzioni per le quali la Cassa Forense aveva notificato una cartella esattoriale successivamente opposta per la dedotta intervenuta prescrizione quinquennale del credito dell’ente previdenziale.

La problematica della prescrizione dei contributi, degli accessori e delle sanzioni dovute agli enti previdenziali privatizzati concerne, in primo, luogo l’individuazione della normativa di riferimento, in quanto gli ordinamenti previdenziali dei singoli enti di previdenza (Cassa Forense, Cassa Commercialisti, Inarcassa, Cassa Ragionieri, Cassa Geometri ecc. ecc.) contemplano specifiche norme in tema di prescrizione che prevedono un termine decennale della prescrizione e una decorrenza della medesima fissata in coincidenza con l’invio, da parte dell’obbligato, della comunicazione obbligatoria annuale dei redditi e dei volumi d’affari prodotti.

Nel surriferito quadro normativo, è intervenuto il Legislatore del 1995, con la L. n. 335/95 di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, prevedendo, ai commi 9 e 10 dell’art. 3, che tutti i contributi di previdenza e assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono più essere versati con il decorso di 5 anni.

Si è posta e tuttora si pone la questione dell’applicabilità delle norme di cui alla L. n. 335/95 in tema di prescrizione agli enti previdenziali privatizzati, soprattutto in relazione alla prassi di alcuni importanti enti del comparto (Inarcassa e Cassa Forense) di applicare la propria normativa speciale sui termini prescrizionale, considerando la medesima non abrogata dalle disposizioni richiamate della L. n. 335/95.

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ponendosi nel solco di una consolidata giurisprudenza di legittimità ha ribadito l’applicabilità delle disposizioni in tema di prescrizione di cui alla L. n. 335/95, agli enti previdenziali privatizzati. In tal senso ha richiamato le precedenti decisioni nn. 5522/2203 e 6340/2005 riferite a Cassa Forense, la prima e a Cassa Geometri la seconda.

In effetti la Suprema Corte di Cassazione, in questa materia, non ha mostrato mai alcun genere di tentennamento avendo costantemente affermato l’applicabilità dei commi 9 e 10 dell’art. 3 della L. n. 335/95 agli enti previdenziali privatizzati, sia sotto il profilo del termine di prescrizione applicabile (si veda in tal senso la già richiamata Cass. Civ. Sez. Lav. n. 5522/2003 nonchè Cass. Civ. Sez. Lav. n. 20343/2006 oggetto del presente commento), sia sotto il profilo dell’irricevibilità dei contributi prescritti (si vedano, sul punto Cass. Civ. Sez. Lav. nn. 2760/06, 24863/2005, 6340/2005, 23116/2004, 9408/2002, 9525/2002, 330/2002, 11140/2001).

Con la sentenza n. 20343/2006, la Suprema Corte di Cassazione ha posto in rilievo, tuttavia, un’importante distinzione, precisando che, sia le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 dell’art. 3 della L. n. 335/95 che quelle di cui alle norme speciali dei singoli ordinamenti previdenziali degli enti privatizzati concernenti la prescrizione non riguardano le sanzioni per il tardivo o per l’omesso invio delle comunicazioni reddituali.

Il sistema della riscossione dei contributi degli enti previdenziali privatizzati è fondato, infatti, sull’autodichiarazione dei redditi e dei volumi d’affari da parte del professionista entro un termine che generalmente è fissato in riferimento alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione fiscale. La tardiva/omessa comunicazione dei dati reddituali all’ente di previdenza comporta l’applicazione di una sanzione (qualificata dalla giurisprudenza di legittimità come sanzione amministrativa).

Gli enti previdenziali dei liberi professionisti hanno generalmente applicato a tali sanzioni lo stesso regime della prescrizione previsto per i contributi (5 o 10 anni decorrenti dall’invio della comunicazione reddituale da parte del professionista).

La sentenza n. 20343/2006, invece, partendo dalla considerazione per cui la sanzione per tardiva omessa comunicazione dei dati reddituali non assume valenza accessoria rispetto ai contributi, ha ritenuto che alla stessa non sia applicabile il regime della prescrizione di cui all’art. 19 della L. n. 576/1980 (analogo ad altre disposizioni in tema di prescrizione presenti in altri Ordinamenti libero professionali), il cui titolo recita: "prescrizione dei contributi" ma quello di cui all’art. 28 della L. n. 689/81.

In tale prospettiva, il termine di prescrizione risulta quinquennale (cioè lo stesso previsto dall’art. 3 commi 9 e 10 della L. n. 335/95) ma tale termine decorre dalla commessa infrazione e non già, come prevederebbero le norme speciali degli enti previdenziali privatizzati, dalla data di invio della comunicazione reddituale.

Per fare un esempio, ove la scadenza per l’invio della comunicazione reddituale del 1993, fosse il 30/9/1993 e la stessa fosse stata concretamente inviata solo nel 2005, la sanzione, seguendo la linea interpretativa di Cass. Civ. n. 20343/2006, risulterebbe prescritta, mentre, seguendo l’impostazione sin qui seguita dagli enti previdenziali privatizzati, risulterebbe tuttora esigibile.

Con la sentenza n. 20343/2006, depositata il 27 giugno 2006, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, è nuovamente intervenuta sul tema della prescrizione dei contributi, degli accessori e delle sanzioni dovute agli enti previdenziali privatizzati.

Nella specie, si trattava di sanzioni dovute alla Cassa Forense per l’omessa comunicazione dell’ammontare del reddito professionale da parte di un iscritto con riferimento agli anni 1992 e 1993, sanzioni per le quali la Cassa Forense aveva notificato una cartella esattoriale successivamente opposta per la dedotta intervenuta prescrizione quinquennale del credito dell’ente previdenziale.

La problematica della prescrizione dei contributi, degli accessori e delle sanzioni dovute agli enti previdenziali privatizzati concerne, in primo, luogo l’individuazione della normativa di riferimento, in quanto gli ordinamenti previdenziali dei singoli enti di previdenza (Cassa Forense, Cassa Commercialisti, Inarcassa, Cassa Ragionieri, Cassa Geometri ecc. ecc.) contemplano specifiche norme in tema di prescrizione che prevedono un termine decennale della prescrizione e una decorrenza della medesima fissata in coincidenza con l’invio, da parte dell’obbligato, della comunicazione obbligatoria annuale dei redditi e dei volumi d’affari prodotti.

Nel surriferito quadro normativo, è intervenuto il Legislatore del 1995, con la L. n. 335/95 di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, prevedendo, ai commi 9 e 10 dell’art. 3, che tutti i contributi di previdenza e assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono più essere versati con il decorso di 5 anni.

Si è posta e tuttora si pone la questione dell’applicabilità delle norme di cui alla L. n. 335/95 in tema di prescrizione agli enti previdenziali privatizzati, soprattutto in relazione alla prassi di alcuni importanti enti del comparto (Inarcassa e Cassa Forense) di applicare la propria normativa speciale sui termini prescrizionale, considerando la medesima non abrogata dalle disposizioni richiamate della L. n. 335/95.

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ponendosi nel solco di una consolidata giurisprudenza di legittimità ha ribadito l’applicabilità delle disposizioni in tema di prescrizione di cui alla L. n. 335/95, agli enti previdenziali privatizzati. In tal senso ha richiamato le precedenti decisioni nn. 5522/2203 e 6340/2005 riferite a Cassa Forense, la prima e a Cassa Geometri la seconda.

In effetti la Suprema Corte di Cassazione, in questa materia, non ha mostrato mai alcun genere di tentennamento avendo costantemente affermato l’applicabilità dei commi 9 e 10 dell’art. 3 della L. n. 335/95 agli enti previdenziali privatizzati, sia sotto il profilo del termine di prescrizione applicabile (si veda in tal senso la già richiamata Cass. Civ. Sez. Lav. n. 5522/2003 nonchè Cass. Civ. Sez. Lav. n. 20343/2006 oggetto del presente commento), sia sotto il profilo dell’irricevibilità dei contributi prescritti (si vedano, sul punto Cass. Civ. Sez. Lav. nn. 2760/06, 24863/2005, 6340/2005, 23116/2004, 9408/2002, 9525/2002, 330/2002, 11140/2001).

Con la sentenza n. 20343/2006, la Suprema Corte di Cassazione ha posto in rilievo, tuttavia, un’importante distinzione, precisando che, sia le disposizioni di cui ai commi 9 e 10 dell’art. 3 della L. n. 335/95 che quelle di cui alle norme speciali dei singoli ordinamenti previdenziali degli enti privatizzati concernenti la prescrizione non riguardano le sanzioni per il tardivo o per l’omesso invio delle comunicazioni reddituali.

Il sistema della riscossione dei contributi degli enti previdenziali privatizzati è fondato, infatti, sull’autodichiarazione dei redditi e dei volumi d’affari da parte del professionista entro un termine che generalmente è fissato in riferimento alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione fiscale. La tardiva/omessa comunicazione dei dati reddituali all’ente di previdenza comporta l’applicazione di una sanzione (qualificata dalla giurisprudenza di legittimità come sanzione amministrativa).

Gli enti previdenziali dei liberi professionisti hanno generalmente applicato a tali sanzioni lo stesso regime della prescrizione previsto per i contributi (5 o 10 anni decorrenti dall’invio della comunicazione reddituale da parte del professionista).

La sentenza n. 20343/2006, invece, partendo dalla considerazione per cui la sanzione per tardiva omessa comunicazione dei dati reddituali non assume valenza accessoria rispetto ai contributi, ha ritenuto che alla stessa non sia applicabile il regime della prescrizione di cui all’art. 19 della L. n. 576/1980 (analogo ad altre disposizioni in tema di prescrizione presenti in altri Ordinamenti libero professionali), il cui titolo recita: "prescrizione dei contributi" ma quello di cui all’art. 28 della L. n. 689/81.

In tale prospettiva, il termine di prescrizione risulta quinquennale (cioè lo stesso previsto dall’art. 3 commi 9 e 10 della L. n. 335/95) ma tale termine decorre dalla commessa infrazione e non già, come prevederebbero le norme speciali degli enti previdenziali privatizzati, dalla data di invio della comunicazione reddituale.

Per fare un esempio, ove la scadenza per l’invio della comunicazione reddituale del 1993, fosse il 30/9/1993 e la stessa fosse stata concretamente inviata solo nel 2005, la sanzione, seguendo la linea interpretativa di Cass. Civ. n. 20343/2006, risulterebbe prescritta, mentre, seguendo l’impostazione sin qui seguita dagli enti previdenziali privatizzati, risulterebbe tuttora esigibile.