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La riforma del diritto di famiglia in Austria

Brevi cenni
In occasione dell’ultima seduta del parlamento austriaco prima delle ferie estive, è stata approvata la riforma del diritto di famiglia, destinata ad entrare in vigore l’1.1.2010, fatta eccezione per alcune norme appositamente indicate nelle disposizioni transitorie.

Come è stato osservato dal ministro federale Bandion Ortner nel corso della discussione nell’aula parlamentare, il diritto di famiglia non è qualcosa di statico; esso deve adeguarsi il più possibile e al più presto possibile, alle trasformazioni intervenute nella realtà sociale.

In Austria vivono 1.704.000 coppie sposate. La percentuale delle persone che hanno contratto matrimonio per la prima volta, è scesa dal 79% (nel 1970) al 63% ( nel 2007). Le coppie di fatto sono circa 300.000. La popolazione complessiva è di ca. 6.000.000 di abitanti. 681.000 coppie sposate hanno figli di età inferiore ad anni 18; 199.000 figli sono nati da coppie di fatto e 151.000 figli vengono educati da un solo genitore. Le c.d. PATCHWORKFAMILIEN, cioè famiglie nelle quali vivono figli nati da un precedente matrimonio o da precedenti matrimoni, sono 76.000.

I divorzi in Austria (dove non è prevista, accanto al divorzio, la separazione personale) sono per la maggior parte (88%) consensuali (“einvernehmliche Scheidungen”) ed il loro numero è di circa 17.500 all’anno.

Un sensibile aumento è stato riscontrato nelle Unterhaltsvorschusszahlungen (anticipi sui contributi nel mantenimento di figli minorenni in caso di inadempimento da parte dell’obbligato). Mentre nel 2002 il relativo importo complessivo era stato pari ad Euro 89.000.000, nel 2008 è salito ad Euro 103.000.000. Circa 45.000 minori hanno beneficiato di questo importante sostegno economico per un importo – in media – di Euro 177 mensili.

Tenendo conto dei dati di fatto ora esposti, con la riforma del diritto di famiglia il legislatore si è proposto di dare maggiore riconoscimento alle famiglie di fatto e di risolvere, per quanto possibile, i problemi che si riscontrano nelle famiglie in cui uno dei partner od entrambi sono già stati legati da un precedente vincolo matrimoniale, dal quale sono nati figli.

Altro obiettivo primario della riforma del 2009 è stato quello di modificare profondamente la disciplina dei rapporti patrimoniali che nascono dal matrimonio.

L’esigenza di un intervento riformatore da parte del legislatore è di tutta evidenza se si pone mente al fatto che il codice civile austriaco (ABGB) è entrato in vigore nel 1811 e, benché più volte riformato in singoli settori, è uno dei più vetusti codici civili europei ancora in vigore.

La riforma persegue, tra l’altro, l’obiettivo di consentire, prima della celebrazione del matrimonio, la stipulazione di accordi aventi per oggetto i rapporti patrimoniali tra i futuri coniugi, accordi per i quali è prescritta la forma dell’atto notarile se riguardano un immobile o risparmi e, comunque, negli altri casi, la forma scritta (patti del genere, in passato, erano visti con sfavore e consentiti soltanto in casi assai limitati avendo il legislatore ritenuto di dover disciplinare la materia con norme cogenti che ammettevano poche deroghe).

Si tratta, per lo più, di disposizioni in ordine all’appartamento che verrà adibito ad abitazione coniugale – di proprietà di uno dei coniugi – che sono destinate a valere in caso di divorzio. Il notevole ampliamento (rispetto al passato) dell’autonomia negoziale delle parti per effetto della riforma, trova un suo limite nel caso in cui il coniuge economicamente più debole si trova nella necessità di dover continuare nell’utilizzo dell’immobile quale abitazione per sé (e per i figli minori nati dal matrimonio). In questi casi l’autorità giudiziaria può disporre il trasferimento della proprietà dell’immobile in favore del coniuge che si trova in una situazione di indigenza oppure costituire, in favore dello stesso, il diritto di abitazione relativamente all’immobile detenuto.

La riforma del diritto di famiglia ha avuto effetti anche in campo processuale. Così per esempio è stata prevista la facoltà di astenersi dal deporre in un processo civile anche in favore del convivente (non unito in matrimonio con la parte).

In sede di riforma del diritto di famiglia il legislatore del 2009, oltre a perseguire un rafforzamento della solidarietà familiare in genere, ha altresì tenuto conto delle sentenze emanate dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, della Convenzione delle Nazioni Unite del 20.11.89 nonché della Convenzione Europea del 25.1.96. e si è proposto l’obiettivo di eliminare discriminazioni, alle quali erano soggetti per esempio conviventi non uniti in matrimonio e le donne.

Anche la normativa che regola le anticipazioni degli importi dovuti a titolo di mantenimento erogate nei casi in cui l’obbligato non adempie, ha subito una modificazione nel senso che è stata semplificata ed agevolata la procedura per l’ottenimento delle stesse. Mentre prima della riforma presupposto indispensabile per ottenere l’anticipo era un procedimento di esecuzione conclusosi con esito infruttuoso, ora è sufficiente la prova di aver avviato contro l’obbligato al mantenimento un procedimento di esecuzione senza dover attenderne l’esito.

Non è stata, invece, accolta la proposta di ammettere la richiesta di anticipi sugli importi dovuti a titolo di mantenimento per i figli maggiorenni ma ancora economicamente non autosufficienti (per esempio per motivi di studio).

E’ fatto obbligo al legale rappresentante del minore, alla persona che provvede all’educazione dello stesso o a chi percepisce l’anticipo, di informare immediatamente l’autorità giudiziaria in ordine alla sopravvenienza di cause che comportano una riduzione dell’anticipo oppure la revoca della concessione del medesimo.

Qualora il provvedimento di concessione dell’anticipo (della durata di 5 anni, ma ulteriormente prorogabile) – in seguito ad impugnazione – venga modificato o revocato e risulta che gli anticipi sono stati corrisposti senza che spettassero al beneficiario, il legale rappresentante del minore, la persona che provvede alla sua educazione, la persona che ha percepito l’anticipo e l’obbligato al mantenimento, sono responsabili in solido per la restituzione a mani del presidente della corte d’appello a meno che non sia provato che chi ha chiesto l’anticipo ha fatto dichiarazioni non veritiere oppure, dolosamente o per colpa grave, non ha adempiuto all’obbligo di tempestiva informazione di cui sopra.

Le risorse economiche necessarie per la corresponsione degli anticipi vengono messe a disposizione dal bilancio federale. Le autorità federali agiscono poi in regresso nei confronti dell’obbligato al mantenimento. Con la riforma la facoltà del presidente della corte d’appello di dilazionare, in favore dell’obbligato, la restituzione di quanto anticipato dallo Stato, è stata aumentata da 5 ad 8 anni; in tal modo si è tenuto anche conto delle difficoltà derivanti dall’attuale crisi economica.

In tutti i procedimenti instaurati al fine di ottenere anticipi del contributo nel mantenimento di minori, il giudice non provvede in ordine alle spese di causa.

Il legislatore, in sede di riforma, ha tenuto anche conto dei problemi che spesso sorgono in sede di divorzio consensuale (“einvernehmliche Scheidungen” che sono, come abbiamo visto sopra, l’88% dei divorzi) con la conclusione dei “Scheidungsvergleiche” che, non infrequentemente, comportano conseguenze – anche di rilevante entità – per la parte meno informata.

Per ovviare a ciò, sono state previste misure idonee al fine di consentire alla parte di consultarsi adeguatamente con persone competenti in materia prima dell’udienza di comparizione e durante la stessa. E’ stato sancito l’obbligo, per il giudice, di avvisare le parti sull’esistenza di centri di consulenza familiare e di accertarsi se le parti sono informate adeguatamente in ordine a tutti gli aspetti del divorzio ed alle conseguenze del medesimo, ivi comprese quelle di carattere patrimoniale (come per esempio per quanto concerne il mantenimento dei figli, l’assegno di divorzio, l’assicurazione sociale, gli obblighi derivanti da mutui contratti durante il matrimonio o da fideiussioni). Qualora il giudice constati che una delle parti non è sufficientemente informata, è obbligato a rinviare l’udienza; il rinvio non può però essere di durata superiore a 6 settimane. In tal modo il legislatore persegue l’obiettivo che quanto convenuto in sede giudiziaria è frutto di scelte ben ponderate da parte di chi è consapevole di tutte le conseguenze di un accordo; anche di quelle a lungo termine.

In occasione dell’ultima seduta del parlamento austriaco prima delle ferie estive, è stata approvata la riforma del diritto di famiglia, destinata ad entrare in vigore l’1.1.2010, fatta eccezione per alcune norme appositamente indicate nelle disposizioni transitorie.

Come è stato osservato dal ministro federale Bandion Ortner nel corso della discussione nell’aula parlamentare, il diritto di famiglia non è qualcosa di statico; esso deve adeguarsi il più possibile e al più presto possibile, alle trasformazioni intervenute nella realtà sociale.

In Austria vivono 1.704.000 coppie sposate. La percentuale delle persone che hanno contratto matrimonio per la prima volta, è scesa dal 79% (nel 1970) al 63% ( nel 2007). Le coppie di fatto sono circa 300.000. La popolazione complessiva è di ca. 6.000.000 di abitanti. 681.000 coppie sposate hanno figli di età inferiore ad anni 18; 199.000 figli sono nati da coppie di fatto e 151.000 figli vengono educati da un solo genitore. Le c.d. PATCHWORKFAMILIEN, cioè famiglie nelle quali vivono figli nati da un precedente matrimonio o da precedenti matrimoni, sono 76.000.

I divorzi in Austria (dove non è prevista, accanto al divorzio, la separazione personale) sono per la maggior parte (88%) consensuali (“einvernehmliche Scheidungen”) ed il loro numero è di circa 17.500 all’anno.

Un sensibile aumento è stato riscontrato nelle Unterhaltsvorschusszahlungen (anticipi sui contributi nel mantenimento di figli minorenni in caso di inadempimento da parte dell’obbligato). Mentre nel 2002 il relativo importo complessivo era stato pari ad Euro 89.000.000, nel 2008 è salito ad Euro 103.000.000. Circa 45.000 minori hanno beneficiato di questo importante sostegno economico per un importo – in media – di Euro 177 mensili.

Tenendo conto dei dati di fatto ora esposti, con la riforma del diritto di famiglia il legislatore si è proposto di dare maggiore riconoscimento alle famiglie di fatto e di risolvere, per quanto possibile, i problemi che si riscontrano nelle famiglie in cui uno dei partner od entrambi sono già stati legati da un precedente vincolo matrimoniale, dal quale sono nati figli.

Altro obiettivo primario della riforma del 2009 è stato quello di modificare profondamente la disciplina dei rapporti patrimoniali che nascono dal matrimonio.

L’esigenza di un intervento riformatore da parte del legislatore è di tutta evidenza se si pone mente al fatto che il codice civile austriaco (ABGB) è entrato in vigore nel 1811 e, benché più volte riformato in singoli settori, è uno dei più vetusti codici civili europei ancora in vigore.

La riforma persegue, tra l’altro, l’obiettivo di consentire, prima della celebrazione del matrimonio, la stipulazione di accordi aventi per oggetto i rapporti patrimoniali tra i futuri coniugi, accordi per i quali è prescritta la forma dell’atto notarile se riguardano un immobile o risparmi e, comunque, negli altri casi, la forma scritta (patti del genere, in passato, erano visti con sfavore e consentiti soltanto in casi assai limitati avendo il legislatore ritenuto di dover disciplinare la materia con norme cogenti che ammettevano poche deroghe).

Si tratta, per lo più, di disposizioni in ordine all’appartamento che verrà adibito ad abitazione coniugale – di proprietà di uno dei coniugi – che sono destinate a valere in caso di divorzio. Il notevole ampliamento (rispetto al passato) dell’autonomia negoziale delle parti per effetto della riforma, trova un suo limite nel caso in cui il coniuge economicamente più debole si trova nella necessità di dover continuare nell’utilizzo dell’immobile quale abitazione per sé (e per i figli minori nati dal matrimonio). In questi casi l’autorità giudiziaria può disporre il trasferimento della proprietà dell’immobile in favore del coniuge che si trova in una situazione di indigenza oppure costituire, in favore dello stesso, il diritto di abitazione relativamente all’immobile detenuto.

La riforma del diritto di famiglia ha avuto effetti anche in campo processuale. Così per esempio è stata prevista la facoltà di astenersi dal deporre in un processo civile anche in favore del convivente (non unito in matrimonio con la parte).

In sede di riforma del diritto di famiglia il legislatore del 2009, oltre a perseguire un rafforzamento della solidarietà familiare in genere, ha altresì tenuto conto delle sentenze emanate dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, della Convenzione delle Nazioni Unite del 20.11.89 nonché della Convenzione Europea del 25.1.96. e si è proposto l’obiettivo di eliminare discriminazioni, alle quali erano soggetti per esempio conviventi non uniti in matrimonio e le donne.

Anche la normativa che regola le anticipazioni degli importi dovuti a titolo di mantenimento erogate nei casi in cui l’obbligato non adempie, ha subito una modificazione nel senso che è stata semplificata ed agevolata la procedura per l’ottenimento delle stesse. Mentre prima della riforma presupposto indispensabile per ottenere l’anticipo era un procedimento di esecuzione conclusosi con esito infruttuoso, ora è sufficiente la prova di aver avviato contro l’obbligato al mantenimento un procedimento di esecuzione senza dover attenderne l’esito.

Non è stata, invece, accolta la proposta di ammettere la richiesta di anticipi sugli importi dovuti a titolo di mantenimento per i figli maggiorenni ma ancora economicamente non autosufficienti (per esempio per motivi di studio).

E’ fatto obbligo al legale rappresentante del minore, alla persona che provvede all’educazione dello stesso o a chi percepisce l’anticipo, di informare immediatamente l’autorità giudiziaria in ordine alla sopravvenienza di cause che comportano una riduzione dell’anticipo oppure la revoca della concessione del medesimo.

Qualora il provvedimento di concessione dell’anticipo (della durata di 5 anni, ma ulteriormente prorogabile) – in seguito ad impugnazione – venga modificato o revocato e risulta che gli anticipi sono stati corrisposti senza che spettassero al beneficiario, il legale rappresentante del minore, la persona che provvede alla sua educazione, la persona che ha percepito l’anticipo e l’obbligato al mantenimento, sono responsabili in solido per la restituzione a mani del presidente della corte d’appello a meno che non sia provato che chi ha chiesto l’anticipo ha fatto dichiarazioni non veritiere oppure, dolosamente o per colpa grave, non ha adempiuto all’obbligo di tempestiva informazione di cui sopra.

Le risorse economiche necessarie per la corresponsione degli anticipi vengono messe a disposizione dal bilancio federale. Le autorità federali agiscono poi in regresso nei confronti dell’obbligato al mantenimento. Con la riforma la facoltà del presidente della corte d’appello di dilazionare, in favore dell’obbligato, la restituzione di quanto anticipato dallo Stato, è stata aumentata da 5 ad 8 anni; in tal modo si è tenuto anche conto delle difficoltà derivanti dall’attuale crisi economica.

In tutti i procedimenti instaurati al fine di ottenere anticipi del contributo nel mantenimento di minori, il giudice non provvede in ordine alle spese di causa.

Il legislatore, in sede di riforma, ha tenuto anche conto dei problemi che spesso sorgono in sede di divorzio consensuale (“einvernehmliche Scheidungen” che sono, come abbiamo visto sopra, l’88% dei divorzi) con la conclusione dei “Scheidungsvergleiche” che, non infrequentemente, comportano conseguenze – anche di rilevante entità – per la parte meno informata.

Per ovviare a ciò, sono state previste misure idonee al fine di consentire alla parte di consultarsi adeguatamente con persone competenti in materia prima dell’udienza di comparizione e durante la stessa. E’ stato sancito l’obbligo, per il giudice, di avvisare le parti sull’esistenza di centri di consulenza familiare e di accertarsi se le parti sono informate adeguatamente in ordine a tutti gli aspetti del divorzio ed alle conseguenze del medesimo, ivi comprese quelle di carattere patrimoniale (come per esempio per quanto concerne il mantenimento dei figli, l’assegno di divorzio, l’assicurazione sociale, gli obblighi derivanti da mutui contratti durante il matrimonio o da fideiussioni). Qualora il giudice constati che una delle parti non è sufficientemente informata, è obbligato a rinviare l’udienza; il rinvio non può però essere di durata superiore a 6 settimane. In tal modo il legislatore persegue l’obiettivo che quanto convenuto in sede giudiziaria è frutto di scelte ben ponderate da parte di chi è consapevole di tutte le conseguenze di un accordo; anche di quelle a lungo termine.