x

x

L’amara lezione (politica) di Evergrande (ISPI)

Analisi ISPI
evergrande
Ph. Redazione ISPI / evergrande

Il caso dell’imminente bancarotta del più grande costruttore cinese, China Evergrande Group (CEG), esemplifica la condizione in cui si trova una buona fetta dell’economia cinese. CEG è una società di investimento immobiliare, che opera nello sviluppo immobiliare, negli investimenti in questo settore, nella gestione e nella costruzione di immobili. Ha anche attività nel comparto alberghiero, nel settore finanziario, in quello digitale e sanitario. CEG ha progetti in città di primo e secondo livello, tra cui Pechino, Shanghai, Guangzhou e Shenzhen. CEG ha sede a Shenzhen, nel Guangdong, e opera a Hong Kong e nelle Isole Vergini Britanniche.

Con Evergrande, tutto il settore delle costruzioni è stato protagonista della crescita cinese a partire dal 2009. In quel periodo, le conseguenze economiche della Grande Crisi Finanziaria avevano ridotto le esportazioni cinesi e per sostenere l’economia, il governo ha iniziato a finanziare generosamente il settore immobiliare, con montagne di credito facile (senza una seria valutazione della profittabilità dei progetti di investimento e quindi delle prospettive di rientro) e a basso costo (cioè tassi di interesse favorevoli). Così l’immobiliare è diventato da allora il settore che ha mantenuto in piedi l’economia cinese. Fino al 2014, il puntello ha funzionato bene: con le politiche di urbanizzazione e inurbamento all’apice dell’agenda politica di Xi, la domanda di nuove abitazioni e infrastrutture è cresciuta a ritmi elevati, ma già dalla fine del 2014, la domanda di nuovi terreni edificabili ha rallentato. E così da quel momento il governo si è ritrovato a dover o voler continuare a finanziare un settore già in serie condizioni di illiquidità. La stessa Evergrande ha problemi di cassa almeno dal 2017, risolti (o nascosti) con ulteriori aperture di credito presso banche pubbliche, affiancate da attività di crowfunding presso i dipendenti (illusi di ricevere il 25% sul capitale prestato). Fino ad oggi è stato un continuo accumulo di crediti immeritati e quindi inesigibili nelle pance delle banche. Il disastro è da tempo scritto nei numeri, è solo stato posticipato nell’illusione che i nodi si sciogliessero in qualche modo senza mai venire al pettine. Oggi siamo arrivati al punto in cui questo castello di carte non sta più in piedi.

Le riflessioni a caldo sono sia finanziarie che politiche. Sul fronte finanziario, più che un problema di contagio vero e proprio, si assisterà a un contraccolpo forte sull’economia cinese. I maggiori investitori di Evergrande sono cinesi, i milioni di creditori (i fornitori che aspettano di essere pagati da anni) sono cinesi, e cinesi sono coloro che hanno già pagata la propria casa e aspettano la consegna. Pechino non ha alcuna voglia di ‘salvare’ Evergrande, non solo per il costo spropositato, ma soprattutto per il disinteresse a porre il profitto privato davanti al bene pubblico. Anzi, potrebbe scaricare sulla società tutta la responsabilità del tracollo, per ‘punire’ simbolicamente chi specula sulle case dei cittadini cinesi. E così facendo si salverebbe la reputazione. E questo ci porta alla riflessione politica.

La nuova Cina di Xi purtroppo assomiglia sempre di più a quella vecchia. Molte nuove città, nuovi roboanti aeroporti e tecnologie digitali di frontiera non bastano a modernizzare un paese. Se il sistema economico è ancora gestito come in passato, i problemi saranno sempre gli stessi: eccesso di investimenti poco redditizi, sovraesposizione creditizia, necessità di intervento pubblico per risanare a piè di lista. Purtroppo oggi se ne aggiunge uno nuovo: se il settore immobiliare frena, si porta dietro 8/10 mila miliardi di renminbi di gettito fiscale, derivante dalle tasse sulle vendite/concessioni dei terreni. Nel 2020, per le province cinesi i proventi dalla vendita di terreni sono state equivalenti a più della metà delle entrate fiscali complessive del paese. Secondo Nikkei Asia, i comuni cinesi spesso vendono terreni ai costruttori di condomini e raccolgono cinque tasse relative ai beni immobili. Le entrate di queste cinque tasse sono quadruplicate nel corso del decennio fino al 2019 e sono arrivate al 25% delle entrate dei governi locali. Al di là del problema del settore immobiliare, quindi, il tema è tutto politico: il governo ha sempre una visione vetusta del sistema economico, come di un ingranaggio da manovrare a proprio piacimento, negandone la vera funzione economica, cioè quella di segnalare e premiare le attività veramente profittevoli. E invece la modalità di produrre crescita economica è sempre quella di rendere surrettiziamente profittevoli attività economiche supportate dal credito di Stato.