Ma la Corte dei conti dà fastidio al potere?

Corte dei Conti
Corte dei Conti

Ma la corte dei conti dà fastidio al potere?

 

La Corte dei Conti svolge le seguenti funzioni:

Attività

La Corte dei conti è l’organo di rilevanza costituzionale che svolge funzioni di controllo e giurisdizionali nelle materie di contabilità pubblica nonché amministrative e consultive.

Controllo

L’attività di controllo garantisce la corretta gestione della spesa pubblica. La Corte dei conti in base all’art. 100 della Costituzione svolge il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, quello successivo sulla gestione delle amministrazioni pubbliche e il controllo economico finanziario.

Giurisdizione

L’art. 103 della Costituzione attribuisce alla Corte la giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica, pensioni civili, militari e di guerra. La Corte è competente a giudicare agenti contabili, amministratori e funzionari pubblici sulle materie che riguardano la gestione del pubblico denaro.

Procura

Presso ogni sezione giurisdizionale della Corte dei conti è prevista una Procura, con funzioni di pubblico ministero, propulsore dell’attività giurisdizionale Il PM, organo neutrale e imparziale, assume il ruolo di attore nel processo contabile per tutelare valori e interessi generali”. (Fonte: sito istituzionale della Corte dei Conti)

Pendono in Parlamento due proposte di legge per modificare, radicalmente, i poteri della Corte dei Conti.

Faccio riferimento alla proposta C. 340 Candiani + 3, presentata il 14 ottobre 2022, abbinata alla C. 1621 Foti + 2, presentata il 19.12.2023.

Si tratta di quattro articoli, quanto alla C. 1621, che così prevedono:

“Articolo 1 – Qualora l’atto abbia superato il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, e quindi sia stato vistato e registrato, non sarà più possibile sottoporre a giudizio per responsabilità erariale gli amministratori che lo abbiano adottato. La modifica della disciplina vigente di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, consiste nell’eliminazione dell’inciso « limitatamente ai profili presi in considerazione nell’esercizio del controllo », che sono sempre difficilmente individuabili, tenuto conto che la registrazione non si estrinseca in un documento contenente le relative motivazioni. Mediante tale eliminazione, il superamento del controllo preventivo avrà effetto « tombale » sulle eventuali criticità dell’atto, mentre ad oggi è possibile sottoporre a giudizio anche gli amministratori che abbiano adottato atti vistati e registrati dalla stessa Corte dei conti. In caso di conclusione di accordi di conciliazione nel procedimento di mediazione o in sede giudiziale da parte dei rappresentanti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, o di conclusione di accertamenti con adesione, accordi di mediazione, conciliazioni giudiziali e transazioni fiscali in materia tributaria, viene esclusa la responsabilità per colpa grave e resta ferma la sola responsabilità per dolo. Tale scelta è fatta per incentivare tali accordi, che hanno effetti particolarmente positivi per quanto concerne l’eliminazione dei contenziosi giuslavoristici e tributari che affliggono oggi molte amministrazioni pubbliche. I dirigenti pubblici titolari del potere di sottoscrivere tali accordi sono spesso preoccupati che, nei cinque anni successivi alla formalizzazione dell’accordo medesimo, possa essere avviata un’azione di responsabilità amministrativa nella quale l’accordo raggiunto sia contestato sotto il profilo del merito, dell’opportunità e della convenienza per la pubblica amministrazione, ascrivendo così la conclusione dell’accordo stesso – pur in assenza di dolo – a un’astratta « grave sciatteria amministrativa ». A seguito della riforma proposta, l’azione di responsabilità potrà essere avviata nelle sole ipotesi di danno arrecato con dolo mediante tali accordi. Attualmente, la responsabilità per colpa grave è esclusa fino al 30 giugno 2024 per tutti gli atti relativi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR); nel reintrodurla, sembra opportuno almeno prevedere un limite quantitativo. A tale fine, in via generale, nelle ipotesi in cui vi sia colpa grave ed escludendo le ipotesi di illecito arricchimento, si impone al giudice di esercitare il potere di riduzione e si limita nella misura massima di due annualità del trattamento economico dell’autore dell’illecito la sanzione che può essere posta a carico del medesimo. Si tratta di una disposizione che introduce un limite alla responsabilità degli amministratori che commettono illeciti con colpa grave, in quanto impone al giudice di esercitare il potere di riduzione entro una soglia massima ragionevole. Inoltre, le due annualità del trattamento economico diventerebbero il parametro per determinare il massimale della copertura assicurativa, garantendo di regola premi contenuti. È introdotto l’obbligo di copertura assicurativa per coloro che abbiano responsabilità nella gestione di risorse pubbliche, prevedendo la facoltà per l’amministrazione di appartenenza di destinare una parte del trattamento economico accessorio spettante al dirigente o funzionario alla stipulazione di una polizza assicurativa, idonea a garantire che l’amministrazione stessa possa sempre e comunque ottenere il pieno risarcimento del danno patrimoniale ascrivibile a colpa grave del dirigente medesimo. Si garantisce in tal modo il risarcimento completo della lesione patrimoniale subita dalla pubblica amministrazione, a prescindere dalle condizioni economiche del soggetto responsabile, generalmente inadeguate a fronte di danni di rilevante entità. La necessità di prevedere una copertura assicurativa obbligatoria si fonda sul preoccupante dato statistico secondo il quale viene recuperato solo il 10 per cento del credito complessivo maturato dalla pubblica amministrazione sulla base di sentenze definitive. Come detto, questo dipende sia dagli importi spesso esorbitanti previsti nelle sentenze di condanna, che le rendono di fatto inesigibili, sia dall’incapienza dei soggetti condannati. Le nuove disposizioni proposte sono pertanto volte alla soluzione anche di questi problemi. Si introduce un sistema sanzionatorio in forza del quale la Corte dei conti, in relazione alla gravità della colpa, nella sentenza definitiva di condanna può comminare al dirigente o al funzionario un periodo di sospensione dalla gestione di risorse pubbliche compreso fra sei mesi e tre anni, con destinazione a incarichi di studio o di ricerca. Nei casi più gravi, caratterizzati da comportamento doloso, la Corte dei conti può disporre anche la destituzione del dirigente o del funzionario. Si tratta di una previsione coerente con la ratio della riforma, che intende, da un lato, mettere gli amministratori in condizione di agire legittimamente e senza condizionamenti derivanti dal timore di subire processi infondati e, dall’altro lato, garantire che i soggetti condannati che abbiano dimostrato scarse capacità o disonestà siano allontanati temporaneamente o definitivamente dalla gestione delle risorse pubbliche. Si prevede il dimezzamento dei termini per effettuare il controllo relativamente agli appalti connessi all’attuazione del PNRR e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) e l’anticipazione del controllo stesso al momento dell’aggiudicazione, invece che alla stipulazione del contratto, per non creare situazioni di forte affidamento da parte dei contraenti. In secondo luogo, si dispone la perentorietà del termine, stabilendo che se la Corte non risponde tempestivamente o non effettua il controllo preventivo nei ter- mini opera, comunque, l’esclusione della responsabilità per colpa grave; infine, si prevede che l’eventuale diniego di registrazione debba essere motivato.

Articolo 2 – Si introduce, per tutti gli atti di spesa non soggetti al controllo preventivo di legittimità, un’attività consultiva della Corte dei conti nelle materie della contabilità pubblica che attribuisce la facoltà di richiedere un parere preventivo alla Corte dei conti, in tutte le ipotesi in cui l’amministrazione si trovi di fronte a problematiche complesse e che possano avere conseguenze sul piano della responsabilità per colpa grave. Il rispetto del parere costituirebbe un’esimente rispetto a eventuali profili di responsabilità. La disposizione opera per tutte le amministrazioni (anche regionali e locali) ma solo per i provvedimenti connessi all’attuazione del PNRR e del PNC e per i soli appalti di valore superiore alla soglia di 1 milione di euro. Si prevede, inoltre, che il parere preventivo possa avere ad oggetto « fattispecie concrete » e non solo princìpi di diritto, spesso troppo astratti e non idonei a risolvere il problema dell’amministratore. Quindi, per tutti gli atti di spesa più rilevanti e non soggetti al controllo preventivo di legittimità, l’attività consultiva produce un effetto « tranquillizzante », assicurando al dirigente o funzionario pubblico l’esclusione totale da responsabilità amministrativa qualora si conformi pienamente al parere reso. Il combinato disposto del controllo preventivo di legittimità di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1), e della funzione consultiva prevista dall’articolo 2 rappresenta una salvaguardia per i dirigenti e funzionari pubblici corretti e competenti.

Articolo 3 – Si dispone una misura sanzionatoria pecuniaria finalizzata a sollecitare la conclusione dei procedimenti connessi all’attuazione del PNRR e del PNC. Al pubblico ufficiale responsabile di tali procedimenti, in relazione ai quali si verifichi, per fatto a esso imputabile, un ritardo superiore al 10 per cento rispetto al tempo stabilito per la conclusione del procedimento, si applica, sulla base del grado di colpevolezza, una sanzione pecuniaria compresa tra un minimo di 150 euro e un massimo fino a due annualità del trattamento economico complessivo annuo lordo.

Articolo 4 – Si modifica, infine, la disciplina recata dal codice della giustizia contabile, di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, allo scopo di eliminare le conseguenze pregiudizievoli di natura economica nei confronti di coloro che sono stati sottoposti a giudizio in conseguenza di atti e fatti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali, concluso con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità. Si dispone a tal fine che le spese legali effettivamente sostenute relative ai giudizi per responsabilità amministrativa sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza sulla base dei parametri medi per la liquidazione dei compensi per la professione forense determinati con il regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 10 marzo 2014, n. 55, fatta salva la maggiore misura liquidata nella sentenza”.

Avverso questa proposta si è espressa molto duramente l’Associazione Magistrati della Corte dei Conti con il seguente comunicato:

Alcuni degli emendamenti al progetto di legge Foti paventano una sostanziale cancellazione della Corte dei conti come prevista dalla Costituzione. Si sta cercando di paralizzare una magistratura che è da oltre un secolo al servizio dei cittadini e lavora nell’esclusivo interesse del Paese. recenti sviluppi del progetto di legge Foti stravolgono la struttura stessa della Corte dei conti, cancellando definitivamente ogni possibilità di incidere sulla corretta gestione delle risorse pubbliche. L’Associazione Magistrati della Corte dei conti ritiene gravissime le proposte emendative che sopprimono le procure territoriali, centralizzano l’esercizio dell’azione erariale, sterilizzano il regime della prescrizione, gettano le basi per una separazione delle carriere, introducono discutibili test psicoattitudinali, riorganizzano le sezioni regionali e quelle centrali mediante accorpamenti che snaturano il disegno costituzionale e privano i territori di fondamentali presidi di legalità, in un momento in cui si va verso un rafforzamento dell’autonomia delle regioni.”

Per la rilevanza costituzionale delle funzioni sin qui svolte dalla Corte dei Conti consiglio di leggere quanto riportato nel seguente link

Per la paura della firma, si è già abrogato l’abuso d’ufficio e, proprio in questi giorni, si ha notizia che molti Tribunali hanno rinviato gli atti alla Corte Costituzionale.

Se è vero che, in linea di principio, sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale che concernano disposizioni abrogative di una previgente incriminazione, e che mirino al ripristino nell’ordinamento della norma incriminatrice abrogata, è anche vero che tali principi non sono senza eccezioni. Tra queste può venire in considerazione la necessità di evitare la creazione di “zone franche” immuni dal controllo di legittimità costituzionale, laddove il legislatore introduca, in violazione del principio di uguaglianza, norme penali di favore che sottraggano, irragionevolmente, un determinato sottoinsieme di condotte alla regola della rilevanza penale di una più ampia classe di condotte, stabilita da una disposizione incriminatrice vigente (Corte Costituzionale 37/2019).

Se oggi la produzione normativa è prevalentemente di fonte governativa con riduzione del dibattito parlamentare dalle tante questioni di fiducia poste e se, per la paura della firma, vengono anche limitati i poteri e le funzioni sin qui svolte dalla Corte dei Conti, lo stato di diritto comincia a traballare e si capisce chi parla di “progressiva orbanizzazione del nostro Paese”.

L'Orbanizzazione è un processo lento, ma inesorabile, di occupazione del potere e della società sulla base del principio anti-democratico del “chi vince prende tutto”. L'obiettivo è plasmare cittadini e istituzioni nel lungo periodo per conservare il potere. La ricetta prevede un numero di ingredienti significativi: controllo diretto o indiretto sui media pubblici e privati, rimessa in discussione dell'indipendenza della giustizia attraverso nomine e leggi, violazioni dello stato di diritto e dei diritti fondamentali con l'alibi delle crisi, compressione dei diritti e delle libertà individuali.” (Fonte: Il Mattinale Europeo).

Chi vince, stante la maggioranza di chi non va più a votare, è pur sempre una minoranza nel Paese e quindi, sostenere il centro destra non significa demolire lo stato di diritto, ma renderlo più efficace e funzionale al benessere dei cittadini.