L’Anci tenta il colpo di mano sul canone unico
L’Associazione Nazionale dei Comuni (ANCI), con le proposte di emendamento al disegno di legge di bilancio, tenta il colpo di mano contro l’autonomia patrimoniale delle Province, delle Città Metropolitane ed anche delle Regioni, in contrasto con l’art.119 della Costituzione.
Questo capolavoro di lungimiranza politica e tecnica si trova a Pag.30 del documento pubblicato sul suo sito istituzionale.
Per il canone unico ed anche per il canone mercatale l’ANCI recita il “tutto mio” a favore dei Comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti: “Nelle aree comunali si comprendono i tratti di strada situati all'interno di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti”.
È così che l’ANCI vorrebbe riformulare i commi 818 e 837 dell’art.1 Legge n.160/2019, senza più fare riferimento neanche ai centri abitati, sì che tutte le strade che attraversano i Comuni sopra i 10.000 abitanti (quindi anche le strade extraurbane) dovrebbero considerarsi “aree comunali” ai fini della spettanza del canone unico e del canone mercatale, ancorché appartenenti alla Provincia, alla Città Metropolitana o alla Regione; Enti che su tali strade fanno manutenzione ed assumono gli obblighi di custodia.
Le proposte dell’ANCI si pongono in contrasto con i principi costituzionali: per quale ragione un canone di natura patrimoniale dovrebbe essere riscosso, sul presupposto occupazionale, dall’Ente a cui il suolo occupato non appartiene? Alla luce dell’art.119 Cost. non pare possibile ammettere una dissociazione tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del canone, tanto più per la circostanza che il legislatore, proprio in relazione alla natura patrimoniale del canone, ha disposto che lo stesso “è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi” e che “sostituisce: (…) il canone di cui all'articolo 27, commi 7 e 8, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, limitatamente alle strade di pertinenza dei comuni e delle province” (comma 816).
Nella motivazione l’ANCI spiega che la sua proposta “risolve il problema della diversa formulazione prevista, nell’ambito della vigente normativa, tra i commi 818 e 837, e che pone ambiguità in ordine all’individuazione del soggetto attivo del canone patrimoniale tra Comuni e Province”, ma al riguardo è da osservarsi che, da un lato, i commi 818 e 837 dell’art.1 Legge 160/2019 si occupano dei centri abitati, ossia delle strade che attraversano i centri abitati e non il territorio comunale nel suo complesso. E, dall’altro, che l’individuazione del soggetto attivo di un canone patrimoniale non può che seguire il regime di appartenenza del demanio e del patrimonio indisponibile.
Così, con riferimento ai centri abitati, l’art.2, comma 7, del codice della strada dispone che “Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”; ciò significando che appartengono al demanio provinciale (o della Città Metropolitana) anche i tratti delle strade provinciali che attraversano i centri abitati con popolazione fino a 10.000 abitanti di Comuni con popolazione complessiva superiore a 10.000 abitanti perché ai fini della proprietà delle strade conta la popolazione dello specifico centro abitato che viene attraversato, non la popolazione complessiva del Comune. Ed infatti anche il MEF si è espresso nel senso che i tratti di strada che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a 10.000 abitanti non possono considerarsi facenti parte del territorio comunale.
A maggior ragione fuori dai centri abitati, dove nessuno ha mai dubitato sul regime di appartenenza delle strade extraurbane e sulla spettanza dei canoni relativi alla loro occupazione.
Ciò che propone l’ANCI rappresenta pertanto un obbrobrio giuridico che non può essere seguito e che, anzi, va contrastato.
Per la complessiva ricostruzione della fattispecie, anche in chiave comparativa, v.: Dalla Tosap al canone unico: le regole per i centri abitati.