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L’attività professionale dell’avvocato in veste di Agente di calciatori: quale tutela giuridica?

Una recente sentenza del Tribunale di Udine (n. 55 del 18/01/2006) ha stabilito che il contratto di mandato tra avvocato Agente di calciatori e atleta professionista deve essere pienamente conforme ai principi dettati dalla normativa federale di settore, sia sotto il profilo formale che sostanziale. Diversamente, in ipotesi di controversia, la posizione dell’avvocato risulterebbe priva di tutela giuridica, tanto in sede domestica (F.I.G.C.), quanto ordinaria.

E’ noto come, in base all’art. 5 del Regolamento per l’Esercizio e l’Attività degli Agenti di Calciatori (c.d. R.E.A.A.C.), “ai calciatori e alle società sportive non è consentito avvalersi dell’opera di un Agente non iscritto all’Albo, salvo che si tratti di un avvocato iscritto nel relativo Albo, e per attività conforme alla normativa professionale vigente”.

Invero, tale norma, come gran parte della disciplina che regolamenta l’attività di Agente di calciatori, è stata, di recente, modificata (entro breve entrerà in vigore il nuovo R.E.A.A.C. che non prevede più la tenuta di un Albo degli Agenti ma solo di un elenco nominativo dei soggetti abilitati), ma nulla è mutato quanto alla possibilità, per l’avvocato (iscritto nel proprio Albo forense), di agire in veste di procuratore sportivo.

Tuttavia, sino alla pronuncia del Tribunale friulano, non risultava ben chiaro, e comunque di incerta interpretazione, se l’attività del professionista del diritto esercitata nelle vesti di procuratore sportivo dovesse essere disciplinata, nei suoi vari aspetti, dal diritto comune o in base ai regolamenti federali.

In tal senso, la sentenza citata, senza precedenti in tema specifico, sembra rivelarsi, a nostro avviso, quantomai interessante.

In breve, la vicenda che ha dato luogo alla pronuncia giurisdizionale de qua, trae origine dal giudizio civile promosso da un avvocato procuratore sportivo contro un calciatore professionista, a fronte di asseriti inadempimenti, da parte di quest’ultimo, in relazione al contratto di mandato sottoscritto tra le parti.

Il convenuto (atleta assistito) eccepiva l’infondatezza della domanda attorea, assumendo, da un lato, che il mandato era stato conferito in integrale spregio della disciplina dettata dalle norme federali (in primis, la mancata utilizzazione dei modelli federali previsti allo scopo), dall’altro, che la medesima pattuizione negoziale, contenendo anche alcune clausole palesemente incompatibili con quanto previsto dalla normativa domestica, risultava improduttiva di qualsivoglia effetto giuridico in seno all’ordinamento sportivo, e, di conseguenza, non era meritevole di tutela neanche da parte di quello statale.

Il Giudice friulano, invero, ha accolto le difese del convenuto, producendosi, contestualmente, in un’articolata motivazione il cui pregio, si ritiene, è quello di aver fatto davvero luce sui limiti entro cui deve svolgersi l’attività professionale di un avvocato Agente di calciatori che intenda fornire assistenza in favore di un atleta professionista relativamente alla stipula di contratto di prestazione sportiva.

Le argomentazioni riportate in sentenza, infatti, confutano apertamente la tesi dell’attore, per le quali egli non avrebbe operato in qualità di Agente, ma esclusivamente di avvocato, ovvero di soggetto abilitato ad assistere e rappresentare terzi in ogni atto legale e giuridico, quindi, per ciò stesso, del tutto estraneo all’ordinamento giuridico sportivo.

Al contrario, per il Tribunale di Udine, tale argomentazione ha costituito solo un espediente finalizzato ad eludere le specifiche disposizioni federali cui, invece, l’attore avrebbe dovuto uniformarsi.

In primo luogo, perché lo schema negoziale sotteso al mandato conferito al professionista del diritto riproponeva un oggetto del tutto coincidente, in concreto, con quello tipico del rapporto tra calciatore e Agente (art. 1 R.E.A.A.C.): favorire la conclusione di un contratto di prestazione sportiva tra il calciatore professionista e la società sportiva interessata, ovvero la conclusione di un accordo destinato ad esplicare i propri effetti giuridici esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento federale.

Senza considerare la palese alterazione, individuabile nel richiamato accordo, di tutti i parametri contrattuali standard di riferimento, prescritti dai regolamenti domestici (durata, entità della penale in caso di revoca, misura percentuale di quanto il procuratore avrebbe ottenuto per l’attività professionale posta in essere, ecc.).

Secondariamente, l’attore, mediante l’iscrizione nell’Albo degli Agenti, aveva già volontariamente aderito all’ordinamento sportivo di riferimento, e, contestualmente, alla relativa disciplina; non come vero e proprio tesserato F.I.G.C. (l’Agente di calciatori non è considerato formalmente tale), ma in forza di una c.d. “soggettività riflessa”, discendente dall’ambito entro cui l’Agente di calciatori agisce e dalla specifica funzione svolta.

Invero, allo stato attuale, la doppia iscrizione non è più ammessa, come ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense con parere del 27/04/2005 il quale, peraltro, si rivela di un certo interesse, poiché ha quasi anticipato i tempi rispetto a quanto deciso dal Tribunale di Udine.

In seno a detto parere si legge, infatti, che “l’iscrizione in entrambi gli albi non conferisce all’avvocato maggiori competenze o possibilità aggiuntive di lavoro, bensì produce l’unico effetto di sottrarre il professionista alle regole deontologiche dell’ordinamento forense, posto che eventuali sanzioni disciplinari sono irrogate da apposita Commissione insediata presso la F.I.G.C. e sono rapportate al codice di comportamento specifico della professione di Agente”.

E’ evidente, dunque, come anche il C.N.F., in tempi non sospetti, per così dire, ovvero prima della pronuncia del Tribunale di Udine, avesse già individuato una sorta di vis actractiva dell’ordinamento sportivo avuto specifico riguardo alla figura dell’avvocato Agente di calciatori.

Una vis actractiva di cui è stata ampiamente ribadita l’operatività e rispetto alla quale, secondo il Tribunale di Udine, l’elemento determinante è costituito dal fatto che il contratto di mandato in argomento era stato stipulato tra soggetti che volontariamente, il calciatore mediante il tesseramento, l’avvocato con l’iscrizione nell’Albo degli Agenti, si erano impegnati a stipulare accordi secondo le forme prescritte dalla disciplina federale di settore.

Non essendosi, però, verificata detta circostanza, il rapporto giuridico tra le parti non poteva avere efficacia alcuna per l’ordinamento sportivo alle cui regole i contraenti avevano preventivamente accettato di assoggettarsi.

Ne discende, in definitiva, che avuto riguardo ad un contratto ex se invalido e inefficace per l’ordinamento sportivo, dunque inidoneo a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322 c.c.), ovvero ad esplicare la propria funzione negoziale, deve essere esclusa qualsivoglia forma di tutela giuridica anche da parte dell’ordinamento dello Stato.

Una recente sentenza del Tribunale di Udine (n. 55 del 18/01/2006) ha stabilito che il contratto di mandato tra avvocato Agente di calciatori e atleta professionista deve essere pienamente conforme ai principi dettati dalla normativa federale di settore, sia sotto il profilo formale che sostanziale. Diversamente, in ipotesi di controversia, la posizione dell’avvocato risulterebbe priva di tutela giuridica, tanto in sede domestica (F.I.G.C.), quanto ordinaria.

E’ noto come, in base all’art. 5 del Regolamento per l’Esercizio e l’Attività degli Agenti di Calciatori (c.d. R.E.A.A.C.), “ai calciatori e alle società sportive non è consentito avvalersi dell’opera di un Agente non iscritto all’Albo, salvo che si tratti di un avvocato iscritto nel relativo Albo, e per attività conforme alla normativa professionale vigente”.

Invero, tale norma, come gran parte della disciplina che regolamenta l’attività di Agente di calciatori, è stata, di recente, modificata (entro breve entrerà in vigore il nuovo R.E.A.A.C. che non prevede più la tenuta di un Albo degli Agenti ma solo di un elenco nominativo dei soggetti abilitati), ma nulla è mutato quanto alla possibilità, per l’avvocato (iscritto nel proprio Albo forense), di agire in veste di procuratore sportivo.

Tuttavia, sino alla pronuncia del Tribunale friulano, non risultava ben chiaro, e comunque di incerta interpretazione, se l’attività del professionista del diritto esercitata nelle vesti di procuratore sportivo dovesse essere disciplinata, nei suoi vari aspetti, dal diritto comune o in base ai regolamenti federali.

In tal senso, la sentenza citata, senza precedenti in tema specifico, sembra rivelarsi, a nostro avviso, quantomai interessante.

In breve, la vicenda che ha dato luogo alla pronuncia giurisdizionale de qua, trae origine dal giudizio civile promosso da un avvocato procuratore sportivo contro un calciatore professionista, a fronte di asseriti inadempimenti, da parte di quest’ultimo, in relazione al contratto di mandato sottoscritto tra le parti.

Il convenuto (atleta assistito) eccepiva l’infondatezza della domanda attorea, assumendo, da un lato, che il mandato era stato conferito in integrale spregio della disciplina dettata dalle norme federali (in primis, la mancata utilizzazione dei modelli federali previsti allo scopo), dall’altro, che la medesima pattuizione negoziale, contenendo anche alcune clausole palesemente incompatibili con quanto previsto dalla normativa domestica, risultava improduttiva di qualsivoglia effetto giuridico in seno all’ordinamento sportivo, e, di conseguenza, non era meritevole di tutela neanche da parte di quello statale.

Il Giudice friulano, invero, ha accolto le difese del convenuto, producendosi, contestualmente, in un’articolata motivazione il cui pregio, si ritiene, è quello di aver fatto davvero luce sui limiti entro cui deve svolgersi l’attività professionale di un avvocato Agente di calciatori che intenda fornire assistenza in favore di un atleta professionista relativamente alla stipula di contratto di prestazione sportiva.

Le argomentazioni riportate in sentenza, infatti, confutano apertamente la tesi dell’attore, per le quali egli non avrebbe operato in qualità di Agente, ma esclusivamente di avvocato, ovvero di soggetto abilitato ad assistere e rappresentare terzi in ogni atto legale e giuridico, quindi, per ciò stesso, del tutto estraneo all’ordinamento giuridico sportivo.

Al contrario, per il Tribunale di Udine, tale argomentazione ha costituito solo un espediente finalizzato ad eludere le specifiche disposizioni federali cui, invece, l’attore avrebbe dovuto uniformarsi.

In primo luogo, perché lo schema negoziale sotteso al mandato conferito al professionista del diritto riproponeva un oggetto del tutto coincidente, in concreto, con quello tipico del rapporto tra calciatore e Agente (art. 1 R.E.A.A.C.): favorire la conclusione di un contratto di prestazione sportiva tra il calciatore professionista e la società sportiva interessata, ovvero la conclusione di un accordo destinato ad esplicare i propri effetti giuridici esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento federale.

Senza considerare la palese alterazione, individuabile nel richiamato accordo, di tutti i parametri contrattuali standard di riferimento, prescritti dai regolamenti domestici (durata, entità della penale in caso di revoca, misura percentuale di quanto il procuratore avrebbe ottenuto per l’attività professionale posta in essere, ecc.).

Secondariamente, l’attore, mediante l’iscrizione nell’Albo degli Agenti, aveva già volontariamente aderito all’ordinamento sportivo di riferimento, e, contestualmente, alla relativa disciplina; non come vero e proprio tesserato F.I.G.C. (l’Agente di calciatori non è considerato formalmente tale), ma in forza di una c.d. “soggettività riflessa”, discendente dall’ambito entro cui l’Agente di calciatori agisce e dalla specifica funzione svolta.

Invero, allo stato attuale, la doppia iscrizione non è più ammessa, come ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense con parere del 27/04/2005 il quale, peraltro, si rivela di un certo interesse, poiché ha quasi anticipato i tempi rispetto a quanto deciso dal Tribunale di Udine.

In seno a detto parere si legge, infatti, che “l’iscrizione in entrambi gli albi non conferisce all’avvocato maggiori competenze o possibilità aggiuntive di lavoro, bensì produce l’unico effetto di sottrarre il professionista alle regole deontologiche dell’ordinamento forense, posto che eventuali sanzioni disciplinari sono irrogate da apposita Commissione insediata presso la F.I.G.C. e sono rapportate al codice di comportamento specifico della professione di Agente”.

E’ evidente, dunque, come anche il C.N.F., in tempi non sospetti, per così dire, ovvero prima della pronuncia del Tribunale di Udine, avesse già individuato una sorta di vis actractiva dell’ordinamento sportivo avuto specifico riguardo alla figura dell’avvocato Agente di calciatori.

Una vis actractiva di cui è stata ampiamente ribadita l’operatività e rispetto alla quale, secondo il Tribunale di Udine, l’elemento determinante è costituito dal fatto che il contratto di mandato in argomento era stato stipulato tra soggetti che volontariamente, il calciatore mediante il tesseramento, l’avvocato con l’iscrizione nell’Albo degli Agenti, si erano impegnati a stipulare accordi secondo le forme prescritte dalla disciplina federale di settore.

Non essendosi, però, verificata detta circostanza, il rapporto giuridico tra le parti non poteva avere efficacia alcuna per l’ordinamento sportivo alle cui regole i contraenti avevano preventivamente accettato di assoggettarsi.

Ne discende, in definitiva, che avuto riguardo ad un contratto ex se invalido e inefficace per l’ordinamento sportivo, dunque inidoneo a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322 c.c.), ovvero ad esplicare la propria funzione negoziale, deve essere esclusa qualsivoglia forma di tutela giuridica anche da parte dell’ordinamento dello Stato.