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Le delibere condominiali in assenza di tabelle millesimali

Validità ed impugnabilità delle decisioni assunte. I riparti provvisori.
Amenità
Ph. Sara Caliolo / Amenità

Nell'ambito della gestione di un condominio, sia esso di modeste o di rilevanti dimensioni, la tematica della formazione delle tabelle millesimali, ed altresì quella della loro applicazione a particolari tipi di spesa, risulta sovente spinosa, sia con riferimento alla tipologia di criteri da adottare per il riparto delle spese deliberate, sia alle modalità per impugnare le determinazioni che si ritenessero illegittime.

 

Delibere assunte in assenza di tabelle millesimali

Una prima ipotesi che si può prospettare riguarda il caso di totale assenza di qualunque tabella millesimale, verosimilmente dovuta alla recente costituzione del condominio, oppure alle sue modeste dimensioni che possono avere comportato nel passato una gestione amichevole di spese ordinarie, contenute e ripartite generalmente pro capite. In tale seconda ipotesi, sovente a causa della sopravvenuta necessità di affrontare spese di particolare rilevanza, o semplicemente per il subentro di un nuovo condomino che richieda di applicarsi i criteri tabellari, può sorgere l’esigenza di redigere tabelle millesimali e di sottoporle all’approvazione assembleare.

Pietra miliare nella scelta della giusta direzione è qui costituita dalla pronuncia dell Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 18477 del 9.8.2010, la quale con chiarezza insegna come, anche laddove non vi fossero tabelle millesimali approvate, è tuttavia preesistente alle stesse un rapporto di proporzionalità tra le proprietà esclusive e le proprietà comuni, essendo esse elementi necessari del Condominio.

Non occorre precisare, naturalmente, che il rapporto di proporzionalità costituisce il criterio dettato dall’art. 1118 c.c. (Diritti dei partecipanti sulle cose comuni) che al primo comma recita: “Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene.

Sulla scorta di tale criterio normativo, pertanto, si dovrà adottare una delibera assembleare che rispetti tale rapporto di proporzionalità, non potendosi dare luogo ad una delibera che ripartisca in parti uguali spese tra proprietà diverse tra loro, se non altro per estensione, e dunque risultando illegittima una delibera, ad esempio, che ripartisca per teste le spese comuni tra proprietà non identiche (cfr. ex multis Cass. civ. Sez. II, 16.2.2012 n. 2237).

In caso di impugnazione di una delibera siffatta, sarà il Giudice a dover accertare la misura delle tabelle millesimali computate secondo il suindicato criterio. Come precisa chiaramente la Suprema Corte nella pronuncia n. 20071 del 11.8.2017, “nemmeno la mancanza di una tabella valida e vincolante per tutti i condomini esonera il giudice dallo statuire sulla regolarità della costituzione e della deliberazione dell'assemblea, dovendo determinare egli stesso il valore delle quote espresso in millesimi” eventualmente tramite apposita CTU.

 

Riparto provvisorio delle spese

L’assenza di tabelle millesimali che riguardino specifici ambiti di spesa può essere ovviata mediante l’adozione di un riparto provvisorio delle spese.

L’orientamento pacifico della Suprema Corte, ben sintetizzato da una recente pronuncia (Cass. civ. Sez. II, n. 23128 del 19.8.2021), insegna che “all'assemblea di condominio, nell'esercizio delle attribuzioni di cui ai numeri 2) e 3) dell'art. 1135, comma 1, c.c., e dunque al limitato fine di provvedere alle esigenze di ordinaria gestione delle cose e dei servizi comuni, è consentito di deliberare validamente a maggioranza una ripartizione provvisoria dei contributi tra i condomini, a titolo di acconto salvo conguaglio, soltanto in mancanza di tabelle millesimali applicabili in relazione alla specifica spesa effettuata

Precisa inoltre il Collegio degli Ermellini che, “a seconda, poi, del contenuto negoziale, o meno, della tabella già approvata, va modulato il potere dell'assemblea di modificare all'unanimità o anche solo a maggioranza la tabella preesistente.

 

Criteri di approvazione delle tabelle millesimali

Con riferimento ai criteri di approvazione delle tabelle millesimali, illuminante è il dettato della pronuncia n. 6735/2020 del 10.3.2020 della Suprema Corte.

In essa si insegna come “l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 c.c., comma 2, ogni qual volta l'approvazione o la revisione avvengano con funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge.

Precisa il Supremo Collegio che esprime “natura contrattuale soltanto la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella "diversa convenzione", di cui all'art. 1123 c.c., comma 1.”

Dunque, non è necessaria, per l’approvazione delle tabelle millesimali, l’unanimità dei partecipanti al condominio, se non laddove esse derogano ai criteri di legge. Sarà a tale scopo sufficiente la maggioranza qualificata prevista ex art. 1136 co. 2 c.c.

Parimenti, se essa “risulti viziata da errori originari o da sopravvenute sproporzioni, a tali situazioni può rimediare la maggioranza dell'art. 1136 c.c., comma 2, per ripristinarne la correttezza aritmetica”

Diversamente, “i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall'art. 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, mediante convenzione, la quale può essere contenuta o nel regolamento condominiale (che perciò si definisce "di natura contrattuale"), o in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimità.

 

Nullità ed annullabilità delle delibere che approvano le tabelle millesimali

Ai fini dell’impugnazione delle delibere così assunte, evidenzia la Suprema Corte (cfr. Cass. civ. 6735/2020) come l’assenza del requisito dell’unanimità comporti la “radicale nullità” delle “delibere dell'assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall'art. 1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento "contrattuale"

Al contrario, la delibera assembleare che approvi un criterio di riparto provvisorio delle spese, seppur ricognitivo dei criteri di legge, ma asseritamente viziato, “deve considerarsi annullabile, non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art. 1123 cod. civ., e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 1137 c.c., u.c.” (Cass. civ. Sez. II n. 1439 del 23.1.2014).