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Le progressioni “verticali o di carriera” negli Enti locali - Parte prima

Analisi dell’istituto delle “progressioni verticali o di carriera” negli Enti locali che ha raggiunto un assetto definitivo
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Le progressioni “verticali o di carriera” negli Enti locali - Parte prima


Abstract
 

Con l’entrata in vigore dell’articolo 3 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, con legge 6 agosto 2021, n. 113, sostitutivo dell’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si può sostenere, salvo successivi provvedimenti normativi e/o di revisione degli ordinamenti professionali da prevedere nel CCNL del triennio 2019/2021, che l’istituto delle “progressioni verticali o di carriera” negli Enti locali abbia raggiunto un assetto definitivo.

Pregio della riforma è di aver coniugato l’accesso dall’esterno (c.d., ricambio generazionale) secondo il principio generale del concorso pubblico, quale strumento per assicurare efficienza, buon andamento ed imparzialità, costituzionalmente garantito che costituisce la forma generale ed ordinaria per l’accesso al pubblico impiego volta a selezionare la persona oggettivamente più idonea a ricoprire una data posizione, ovvero il migliore fra gli aspiranti che si presentano in relazione alle esigenze dell’Amministrazione (articolo 97 Costituzione), con quello per la progressione tra aree o di carriera (dette anche “verticali”) con procedura comparativa, nel tetto massimo del 50% delle posizioni disponibili destinate all’accesso dall’esterno.

Con tale scelta vengono soddisfatte due opposte esigenze: la prima di rispettare la regola del concorso pubblico; la seconda, ammessa in via eccezionale e solo quando il principio del concorso può essere derogato qualora sia funzionale alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle nel rispetto dei limiti di non arbitrarietà e ragionevolezza, di consentire il percorso di crescita e valorizzazione delle professionalità interne alla Pubblica Amministrazione secondo parametri rappresentativi del possesso di un livello professionale la cui adeguatezza, in assenza del meccanismo concorsuale con riserva di posti, sia assicurata attraverso l’individuazione di una serie di requisiti, anche superiori a quelli richiesti per l’accesso dall’esterno (c.d., arricchimento professionale), che rendono attivabile il percorso di sviluppo professionale delineato dalla norma.

Nella seconda parte del lavoro viene proposto un’ipotesi di regolamento per le progressioni verticali, con l’intesa che ciascun Ente locale potrà adattarlo e/o modificarlo in base alle proprie dimensioni e struttura organizzativa.
 

Sommario

  1. Origini
  2. Presupposti, limiti, durata


1. Origini

Un assetto alla materia dei concorsi, inteso sia come accesso iniziale sia come avanzamento di carriera del dipendente, è avvenuto con la riforma avviata con l’emanazione della legge delega n. 421/1992 che ha “contrattualizzato” il lavoro pubblico.

Nei primi anni post riforma il personale degli Enti locali era inquadrato in “qualifiche professionali” che di fatto impedivano ogni tipo di avanzamento di carriera: un dipendente veniva assunto in una determinata qualifica e in linea di massima vi rimaneva fino alla data di collocamento in pensione.

L’unica possibilità alternativa di cambiare il proprio stato giuridico era quella del concorso che poneva i dipendenti sullo stesso piano di chi partecipava dall’esterno a quella determinata qualifica, eccezion fatta per le qualifiche non apicali, della riserva di posti di cui all’articolo 5, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268.

Il primo segnale di inversione di tendenza è avvenuto con l’abrogato articolo 6, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127 il quale recitava Gli enti locali, che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie di cui all’articolo 45 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, possono prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, in relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita esclusivamente all’interno dell’ente”.

Il vero cambiamento si è concretizzato con il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 31 marzo 1999 che all’articolo 4 del Nuovo Ordinamento Professionale consentiva di attivare procedure selettive, nei limiti dei posti vacanti della dotazione organica di tale categoria, finalizzate al passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore del nuovo sistema di classificazione, nel limite dei posti vacanti della dotazione organica di tale categoria che non siano stati destinati all’accesso dall’esterno. Tale opzione, utilizzata in modo consistente dagli Enti locali, era di tutto favore per il personale interno in quanto la procedura era esclusivamente riservata agli interni e consentiva la partecipazione del personale anche prescindendo dai titoli di studio ordinariamente previsti per l’accesso dall’esterno e il personale riclassificato nella categoria immediatamente superiore a seguito delle procedure selettive in parola non era soggetto al periodo di prova.

La progressione verticale riguarda il passaggio soltanto alla categoria immediatamente superiore, essendo escluso il doppio salto di categoria e consiste in un percorso di sviluppo professionale, riservato ai dipendenti dell’amministrazione, che prevede il passaggio da una categoria alla categoria superiore e si attua attraverso procedure di selezione interna.

Si abbandona così la logica egualitaristica e si superano i criteri di automatismi che fino a quel momento avevano caratterizzato la gestione del personale, mentre assume rilievo la valorizzazione del “merito” e della “selezione”, l’impegno, la professionalità e i risultati conseguiti. La nuova logica è la valorizzazione del personale interno riconoscendo ai singoli Enti l’autonomia della scelta tra professionalità interne e ricorso al mercato del lavoro.

La progressione verticale si attua solo su posti vacanti nella dotazione organica, con la previsione di quella determinata categoria e profilo da coprire mediante progressione verticale, indicando la fonte di finanziamento della maggiore spesa nell’ambito della programmazione triennale del fabbisogno del personale, assicurando comunque in misura adeguata l’accesso dall’esterno, con inversione della logica del precedente sistema secondo il quale tutti i posti dovevano essere coperti con concorso pubblico e ai concorrenti interni si riconoscevano alcuni privilegi in termini di titoli di accesso.

I principi da osservare per dette progressioni verticali possono essere così sintetizzati:

a) previsione nel regolamento degli uffici e dei servizi;

b) rispetto dei principi di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 165/2001;

c) adeguata pubblicità della selezione;

d) modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità;

e) economicità e celerità delle procedure, anche automatizzate;

f) adozione di criteri trasparenti ed idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;

g) partecipazione del personale interno anche prescindendo dai titoli di studio previsti per l’accesso dall’esterno;

h) anzianità di servizio, ecc..

La riforma c.d., “Brunetta” del 2009, avvenuta con legge n. 15 e decreto legislativo n. 150, è intervenuta e anche a regolare gli istituti delle assunzioni e progressioni in carriera con l’evidente finalità di costringere le amministrazioni ad attenersi rigorosamente e senza eccezioni ai principi di concorsualità e selettività.

La più importante novità di questa riforma è sicuramente rappresentata dall’istituto delle progressioni in carriera, sino a qual momento enunciato solo come principio secondo il quale il dipendente è tenuto a svolgere le mansioni per le quali è stato assunto nonché “quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a)” (articolo 52, comma 1, del decreto legislativo n. 165/2001).
 

2. Presupposti, limiti, durata

A partire dal contratto collettivo nazionale 1998-2001 – Comparto Regioni e Autonomie locali, la nuova classificazione del personale in quattro categorie (che hanno soppiantato i vecchi livelli) ha fissato, per ognuna di essa, la descrizione dei requisiti indispensabili per l’inquadramento nella categoria, corrispondente a livelli omogenei di competenze con descrizione di carattere generale individuate per grado di complessità, che associano i dipendenti inquadrati in quell’ambito. In questo sistema, la c.d., “progressione verticale”, vale a dire il passaggio da un’area all’altra, equivale a nuova assunzione.

La regola della procedura concorsuale per l’accesso al lavoro pubblico e per le progressioni di carriera, affermato all’articolo 2, comma 1, lettera g) della legge n. 15/2009, è stata osservata sin dalla nuova classificazione del personale con riserva del 50% dei posti all’accesso dall’esterno e il rimanente 50% ai dipendenti dell’area inferiore, a prescindere dalla posizione economica di provenienza, anche in deroga ai titoli di studio previsti per l’accesso dall’esterno, eccezion fatta per quelli abilitativi previsti da norme di legge, a condizione che il partecipante fosse in possesso di una certa anzianità di servizio (esperienza professionale maturata), anche in rapporto alle specificità professionali che contrassegnano le aree cui si riferiscono le progressioni in carriera.

Con la riforma del 2009, avvenuta con l’articolo 24 del decreto legislativo n. 150/2009, viene imposto alle Amministrazioni di coprire, a decorrere dal 1° gennaio 2010, i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al 50% a favore del personale interno, derogando alla norma generale dettata dall’articolo 52, comma 1-bis del decreto legislativo n. 165/2001 nella parte in cui concede una semplice facoltà, impone alle stesse l’obbligo di prevedere una riserva per gli interni, con abrogazione implicita dell’articolo 91, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nel quale si prevede che “gli Enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie possono prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, solo in relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita esclusivamente all’interno dell’Ente”.

La ratio sottesa è quella di sbloccare risorse umane valide e preparate, in precedenza congelate nel sistema delle aree stagne, attraverso uno strumento premiale consistente nell’obbligatoria attribuzione o di una quota di riserva nelle procedure concorsuali pubbliche bandite dall’1° gennaio 2010.

Una novità riguarda il rispetto del vincolo della riserva agli esterni anche per l’accesso alle posizioni economiche apicali nell’ambito delle aree funzionali, il quale ora diventa imposto e non più facoltativo, così come avveniva nel previgente sistema.

Inoltre sono previsti percorsi di crescita per il personale della Pubblica amministrazione (quindi valido anche per il comparto Funzioni Locali) nell’ambito dei quali sono valorizzate non soltanto le conoscenze tecniche ma anche le competenze di carattere trasversale (manageriale, gestionale, ecc.) che il dipendente abbia maturato nel corso della propria attività lavorativa.

La nuova formulazione dell’articolo 1-bis del decreto legislativo n. 165/2001 operata dall’articolo 3 del decreto legge sul “reclutamento” (n. 80/2021, convertito dalla legge n. 113/2021), ribaltando l’attuale sistema che prevede il principio generale del concorso pubblico per la progressione tra aree o di carriera (dette anche “verticali”), con possibilità di riserva agli interni, nel limite del 50%, amplia notevolmente la facoltà per gli Enti locali di ricorrere alle selezioni riservate esclusivamente al personale interno, inquadrato nella categoria immediatamente inferiore, e non un concorso pubblico con riserva di posti (quelli in itinere possono essere conclusi sulla base del principio generale del “tempus regit actum”).

Vediamo nel dettaglio quali sono le novità apportate dal decreto-legge n. 80/2021.

In primo luogo la norma dispone che le progressioni verticali e/o di carriera possono essere attivate nel limite massimo del 50% dei posti destinati all’accesso dall’esterno, dove il tetto non viene rapportato alle assunzioni delle singole categorie, ma al totale di quelle programmate, senza il calcolo di tale tetto all’interno delle singole aree o categorie.

La quantificazione del 50% è riferita al totale dei posti messi a concorso: la terminologia usata dal legislatore supera l’ostacolo della suddivisione in categorie o, ancor peggio, dei profili professionali.

In secondo luogo le progressioni verticali avvengono con il ricorso a procedure comparative dei dipendenti che non prevedono obbligatoriamente il superamento di prove specifiche, ma vengono in rilievo come elementi di riferimento: a) la valutazione positiva sulla performance certificata nell’ultimo triennio; b) l’assenza di procedimenti disciplinari nell’ultimo biennio; c) il possesso di titoli di studio e professionali “ulteriori rispetto a quelli richiesti per “l’accesso dall’esterno alla stessa posizione”(esempio, iscrizione ad un albo professionale, iscrizione ad albi, collegi o ordini, esperienza maturata); d) il numero e la tipologia degli incarichi rivestiti (ad esempio incarichi di specifiche responsabilità o di RUP). Il tutto deve avvenire nel rispetto del tetto delle risorse destinate alle assunzioni di personale a tempo indeterminato.

La progressione tra le categorie consiste in un percorso di sviluppo professionale, riservato ai dipendenti di ruolo dell’Amministrazione, che prevede il passaggio da una categoria alla categoria immediatamente superiore e si attua attraverso procedure selettive di tipo comparativo svolta sulla base dei titoli o prove finalizzate a saggiarne il grado di preparazione e capacità, da valutare (gli uni e le altre) previa determinazione dei criteri, attraverso una valutazione poi espressa in una graduatoria finale recante i giudizi attribuiti a tutti i dipendenti ammessi.

Alla procedura “comparativa” (più semplice rispetto al meccanismo concorsuale), possono partecipare i dipendenti in servizio di ruolo assunti dall’Ente locale con contratto di lavoro a tempo indeterminato, destinatari del CCNL Funzioni locali, appartenenti alla categoria immediatamente inferiore a quella correlata al posto oggetto di selezione.

Gli Enti locali potranno programmare il ricorso alla procedura comparativa per la copertura di più elevati fabbisogni professionali adattandola alle proprie esigenze, ossia declinando in autonomia con propri atti i criteri, i titoli e le competenze professionali, opportunamente definiti in sede regolamentare (a titolo esemplificativo, il possesso di abilitazioni professionali non richieste ai fini dell’accesso) nonché i titoli di studio ulteriori rispetto a quelli validi per l’accesso all’area dall’esterno (esempio: lauree, master, specializzazioni, dottorati di ricerca, corsi con esame finale) ritenuti maggiormente utili, per l’attinenza con le posizioni da coprire.

La graduatoria viene utilizzata esclusivamente nel limite dei posti messi a selezione e con i vincitori verrà sottoscritto un nuovo contratto individuale di lavoro, con inquadramento nella categoria immediatamente superiore (posizione economica iniziale), previo accertamento della veridicità del possesso dei requisiti dichiarati nella domanda di partecipazione, oggetto di valutazione. I vincitori sono esonerati, previo consenso, dallo svolgimento del periodo di prova in conformità a quanto disposto dal CCNL Funzioni locali sottoscritto in data 21 maggio 2018.

È da precisare che trattasi di una facoltà e non di un obbligo e, qualora attivate, riducono la capacità assunzionale del corrispondente anno di attuazione.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 22, comma 15, del decreto legislativo n. 75/2017, gli Enti locali hanno facoltà di attivare, fino al 31 dicembre 2022, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, nel limite del 30% di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria.

Le progressioni verticali, che nella riforma Madia (decreto legislativo n. 75/2017) sono quelle previste nel piano triennale del fabbisogno del personale e riferite alla relativa area o categoria, nella riforma Brunetta (decreto-legge n. 80/2021) sono ampliate nei limiti del 50% dei posti che l’Ente locale intende coprire mediante accesso dall’esterno e di cui viene prevista l’assunzione (non dotazione organica), dove la percentuale non viene rapportata al piano delle assunzioni delle singole categorie, ma al totale di quelle programmate, senza il calcolo di tale tetto all’interno delle singole aree o categorie, da coprire non per concorso pubblico con riserva di posti, bensì con mediante procedura riservata e qualificata “comparativa”, in deroga alla regola costituzionale del concorso pubblico di cui all’articolo 97 della Costituzione.

Ma qual è la differenza tra concorso pubblico, selezione pubblica e procedura comparativa?

La risposta la fornisce la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato – Sezione quinta - 10 settembre 2018, n. 5298; Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 29 aprile 2019, n. 2774), la quale ha precisato che nel concetto di concorso deve ricomprendersi qualsiasi procedura preordinata alla selezione concorrenziale nell’ambito di una platea indeterminata di potenziali candidati, mediante il programmatico svolgimento di prove rimesse all’apprezzamento comparativo  di apposita commissione esaminatrice con poteri decisori e dalla formazione di una graduatoria finale di merito dei candidati all’esito di una valutazione comparativa.

Oppure redigere un verbale dei propri lavori, nel quale motivare le valutazioni attribuite ai curricula e ai colloqui, non pervenendo all’emanazione di una graduatoria, quanto piuttosto a un giudizio di idoneità o inidoneità all’incarico (non casualmente il supremo giudice amministrativo si spinge a definire la procedura de qua come procedura idoneativa).

Non hanno invece natura concorsuale le procedure selettive nelle quali la scelta del destinatario dell’incarico costituisce, invece, espressione di una valutazione dell’ente pubblico di carattere discrezionale (rectius: fiduciario), dove l’individuazione avviene tra soggetti idonei alla funzione senza alcuna verifica dei requisiti per l’accesso alla qualifica (sono presupposti imprescindibili), quanto la presentazione di una rosa di candidatura da sottoporre all’organo elettivo, che secondo il Consiglio di stato rappresenta “il vero e proprio elemento scriminante tra l’una e l’altra vicenda.

In particolare, per il massimo organo di giustizia amministrativa, nell’alveo delle procedure “selettive” rientrano tanto il “concorso pubblico” vecchio stampo quanto le procedure “idoneative” che, indipendentemente dalla prefigurazione e dall’esperimento di apposite procedure, si caratterizzano per la valutazione meramente fiduciaria dei candidati, non sono ancorate agli esiti della selezione (e del conseguente vincitore: il primo nella classifica), ma di una graduatoria di idonei al posto (non di merito), senza la configurabilità di un obbligo vincolante di seguire la graduatoria di merito, nonché le procedure selettive interne per l’accesso ad aree o fasce funzionali superiori.

In merito, la Corte dei conti, Sezione Toscana, con deliberazione n. 34/2021, ha fornito una corretta interpretazione della disciplina delle progressioni verticali recata dall’articolo 22, comma 15, del decreto legislativo n. 75/2017, il quale riconosce alle amministrazioni pubbliche la facoltà di derogare alla disciplina generale delle progressioni verticali laddove prevede il passaggio di area non ricorrendo al concorso pubblico bensì ad una procedura selettiva riservata al personale di ruolo.

Considerata la natura eccezionale della procedura disciplinata dall’articolo 22, comma 15 citato, il legislatore ha predisposto limiti rigorosi per la sua applicazione, in particolare limitandone l’operatività temporale (triennio 2020/2022) e fissando un tetto ai posti disponibili pari al trenta per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. Pertanto, per la corretta applicazione della norma:

  • riveste carattere essenziale il piano triennale di fabbisogno del personale (PTFP), che costituisce lo strumento programmatorio fondamentale per le politiche assunzionali;
  • il limite del 30% da osservare deve intendersi riferito al solo numero di posti previsti per i concorsi di pari categoria, e non al numero assoluto dei posti previsti per qualsiasi categoria o area, condividendo l’ampia giurisprudenza contabile formatasi sul punto e dalla quale questa Sezione non intende discostarsi (Sez. reg. contr. Campania, n. 103/2019/PAR, Sezione regionale controllo Puglia, n. 71/2019/PAR, Sezione regionale controllo Basilicata n. 38/2020/PAR);
  • tra le assunzioni rilevanti al fine di determinare la quota destinata alle progressioni verticali, nel limite del 30%, devono essere ricomprese anche le assunzioni per mobilità, in quanto la norma si riferisce alle assunzioni, senza ulteriori specificazioni o esclusioni. Il numero di posti per le procedure selettive riservate non può superare il 30 per cento “di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. Il nuovo sistema di computo degli spazi per le assunzioni (abbandonando il sistema impostato su tetti al turnover) non ha più bisogno di ricorrere al concetto di “mobilità neutrale”, ed alla necessità di coprire le mobilità in uscita con mobilità in entrata. Il decreto-legge n. 34/2019 consente ora alle amministrazioni di effettuare tutte le assunzioni a tempo indeterminato entro il volume di spesa di personale attivabile in base al rapporto che essa avrà con la media delle entrate correnti dell’ultimo triennio, al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità. Pertanto, tutti i dipendenti in qualsiasi modo assunti (per concorso pubblico, per mobilità, per scorrimento di graduatoria) contribuiscono, con la loro spesa imputata al bilancio dell’ente, a determinare il volume della spesa del personale rilevante al fine di determinare i limiti assunzionali in rapporto con le entrate correnti.

Con successiva deliberazione n. 35/2021, la Corte dei conti, Sezione Toscana, ha altresì chiarito che il tetto del 30% va considerato come limite massimo e invalicabile non suscettibile di arrotondamenti. La base di calcolo da prendere in considerazione per definire tale percentuale è quella delle assunzioni programmate, categoria per categoria o area per area, nel triennio 2020-2022 nell’ambito del Piano Triennale Fabbisogno del Personale. Tale soluzione appare obbligata considerando il carattere eccezionale e derogatorio della norma in esame rispetto alla procedura ordinaria prevista dall’articolo 52 del decreto legislativo n. 165/2001.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con il parere 66005 del 6 ottobre 2021, pubblicato sul proprio sito istituzionale il 25 ottobre 2021, ha fornito chiarimenti sulla corretta applicazione della disciplina delle progressioni verticali, di cui all’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 165/2001, come di recente novellata dal decreto-legge 80/2021, convertito con legge 113/2021.

Il Dipartimento ha preliminarmente evidenziato che il legislatore con tale nuova modifica ha inteso “valorizzare le professionalità interne alla p.a., senza rinunciare al rigore che necessariamente deve connotare uno sviluppo di carriera”.

La ratio delle nuove disposizioni è “quella di ancorare il percorso di crescita per gli interni all’amministrazione ad una serie di parametri rappresentativi del possesso di un livello professionale la cui adeguatezza, in assenza del meccanismo concorsuale, viene assicurata attraverso l’individuazione di una serie di requisiti, anche superiori a quelli richiesti per l’accesso dall’esterno, che rendono attivabile il percorso di sviluppo professionale delineato dalla norma”. La Funzione Pubblica ha inoltre ricordato che nella previgente disciplina delle progressioni verticali, il passaggio poteva avvenire solo mediante concorso pubblico usufruendo di un’apposita riserva di posti per il personale interno in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno.

Appare chiaro, alla luce del quadro delineato, l’intento del legislatore di valorizzare gli elementi maggiormente qualificanti che connotano l’excursus professionale, formativo e comportamentale del dipendente, al fine di rendere esplicito che il ricorso alla procedura comparativa in luogo di quella concorsuale è idonea e parimenti efficace nell’assicurare che la progressione di area e/o categoria o qualifica avvenga a beneficio dei più capaci e meritevoli.

Anche per le procedure comparative di accesso alla categoria D, l’Ente potrà richiedere il possesso di titoli ulteriori rispetto a quelli di accesso previsti in generale dalla contrattazione collettiva purché individuati (in sede regolamentare) nell’ambito di un impianto logico-sistematico quale quello sopra descritto.

La Funzione Pubblica ha infine chiarito che anche nei casi in cui vi sia un unico candidato sarà comunque possibile valorizzare il personale interno, in quanto sarà la puntuale declinazione a monte dei criteri di valutazione di titoli di studio e di servizio in relazione alle proprie esigenze organizzative e ai propri fabbisogni professionali a garantire l’effettività del processo selettivo.

  1. A. Bianco – A. Di Filippo – M. Laezza – La gestione del personale negli Enti Locali – Maggioli Editore – 2000
  2. N. Falcone - Il nuovo contratto dei dipendenti degli Enti Locali – Halley Informatica 2004
  3. R. Guizzardi - Le progressioni di carriera: quali nuove possibilità? – Azienditalia - Il Personale 11/2017
  4. A. Bianco – Il decreto-legge n. 80/2021, c.d. reclutamento – Pratica – Risorse Umane - 4-5/2021
  5. L. Oliveri – Il mistero delle procedure comparative per le progressioni verticali – La Gazzetta degli Enti Locali 1/9/2021
  6. A. Bianco – Le novità del Decreto reclutamenti sulle progressioni verticali – La Gazzetta degli Enti Locali 15/9/2021
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