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L’evoluzione e il ruolo sociale dell’intermediario assicurativo

intermediario assicurativo
intermediario assicurativo

Sono uno dei circa 200.000 intermediari assicurativi che operano in Italia.

Ciò significa che sono iscritto al RUI (Registro unico degli intermediari assicurativi) tenuto dall’IVASS (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) e sono abilitato a compiere, per conto della primaria Compagnia assicurativa con cui collaboro, attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa sul territorio nazionale.

Ho ottenuto l’iscrizione dopo aver superato una prova d’esame, cui sovrintende l’IVASS, la quale ha lo scopo di verificare che i candidati possiedano le conoscenze di diritto assicurativo, previdenza complementare, attività di agenzia e di mediazione, tecnica assicurativa nei rami vita e danni, tutela del consumatore, diritto privato e diritto tributario che sono ritenute indispensabili per l’esercizio della professione cui ambiscono.

Noi intermediari assicurativi dobbiamo inoltre possedere rigorosi requisiti di onorabilità.

Chiunque tratti con noi può verificare l’effettiva nostra iscrizione al RUI accedendo in un apposito campo di ricerca nel sito web istituzionale dell’IVASS e inserendo il nostro nominativo.

Questo è in sintesi l’assetto formale della mia professione.

Credo poi sia altrettanto importante sapere che ad essa si accede non solo grazie all’esito positivo della prova d’esame ma avendo anche all’attivo in precedenza un percorso formativo personale coerente alle competenze richieste all’intermediario, il superamento delle rigorose prove selettive adottate dalla Compagnia di cui si ambisce far parte, la sottoposizione agli altrettanto rigorosi e intensi periodi di addestramento interno.

Tutto questo per sottolineare che il lavoro assicurativo, nel suo più moderno significato, è svolto da persone che hanno le conoscenze accademiche e l’esperienza concreta per rendere il miglior servizio possibile alla clientela.

Ed è proprio da qui che desidero partire per condividere ciò che fa in concreto un professionista come me.

La vendita di un prodotto assicurativo ad un cliente non è ciò che identifica, tanto meno in via esclusiva, il senso del mio lavoro.

Ciò che mi spetta e mi qualifica è piuttosto la corretta qualificazione delle esigenze del mio interlocutore e la loro soddisfazione con lo strumento assicurativo più adeguato.

Sono anzitutto tenuto, in via generale, a conoscere in modo capillare e approfondito le caratteristiche prettamente assicurative ma anche giuridiche, finanziarie e fiscali di ognuno dei prodotti commercializzati dalla mia Compagnia di riferimento ma questa è solo la prima delle tante abilità necessarie.

Devo conoscere altrettanto bene il contesto territoriale in cui opero, i suoi punti di forza e di debolezza, i suoi comparti produttivi tradizionali e moderni, le propensioni dei suoi abitanti.

Ma devo anche tenermi costantemente aggiornato sulle tendenze economiche e sociali del mercato nazionale, le abitudini e prospettive dei consumatori, le novità normative del settore assicurativo.

Se questo vale su un piano generale, le esigenze si infittiscono ma diventano anche assai più interessanti e significative quando mi muovo sul piano relazionale.

Incontro persone, davvero tante.

Ognuna di loro ha una sua storia, una vita già vissuta e un’altra ancora da vivere, un lavoro, dei desideri e dei sogni, personali esigenze da assicurare e proteggere.

È in questa parte che il mio lavoro diventa più vero, più significativo, più appagante.

Entro spesso nelle case di queste persone, nei luoghi della loro vita.

Mi ricevono con fiducia, mi fanno sedere alla loro tavola e intanto raccontano di sé, di quello che hanno fatto e di quello che ancora vogliono fare, della loro salute, dei figli e dei nipoti.

Avverto con forza la responsabilità di quella fiducia e la prima cosa giusta che posso fare per ripagarla è ascoltare con attenzione e rispetto quello che mi viene detto.

Devo anche porre delle domande, quanto più possibile mirate, non certo per interrompere quelle storie ma per fare risaltare i bisogni protezionistici dei mei interlocutori e quindi essere in grado di selezionare con la massima accuratezza lo strumento assicurativo che può meglio soddisfare quei bisogni.

Non sono colloqui di tipo puramente trasmissivo in cui una parte dice qualcosa e l’altra si limita ad ascoltare.

Mi piace invece pensare che i miei clienti ed io ci scambiamo storie, esperienze e conoscenze e ne traiamo vantaggio reciproco.

Sullo sfondo di questi dialoghi c’è poi una direttrice di fondo.

Gli italiani sono un popolo con una forte propensione al risparmio e questo è sicuramente un loro punto di forza, soprattutto in periodi di incertezza economica e sociale, soprattutto quando le risorse accumulate da una generazione servono a “spingere nel mondo” la generazione successiva e consentirle la serenità e i mezzi necessari per lunghi e spesso costosi percorsi formativi e di preparazione alla vita professionale.

Al tempo stesso, tuttavia, il nostro Paese non brilla per educazione e consapevolezza finanziaria anche per via dell’assenza di ogni insegnamento del genere nel nostro sistema di istruzione.

In quei dialoghi si inserisce allora anche questo scambio: mi vengono raccontati gli anni e i sacrifici che ci sono voluti per formare piccoli o grandi capitali: io racconto a mia volta cosa si può fare per valorizzare quelle risorse, tenerle al riparo dai rischi, fare in modo che siamo messe al servizio di un futuro tranquillo e sereno.

Naturalmente l’ascolto e la condivisione, per quanto significativi e insostituibili, sono solo una parte del mio lavoro.

Accanto ci sono sofisticati strumenti tecnologici, programmi capaci di aiutarmi in ciascuna delle funzioni essenziali delle mie attività e tra queste, in posizione di primissimo piano, la tutela della privacy dei clienti, la protezione accurata dei loro dati, il rilascio di tutte le informazioni necessarie per scelte consapevoli, l’individuazione della più adeguata pianificazione finanziaria per chiunque investa il suo denaro o chieda di essere tenuto indenne da rischi personali o familiari o professionali che potrebbero mettere a repentaglio la sua serenità.

È questo che faccio e che mi piace fare.

Ed è così che acquista senso la mia qualifica di intermediario assicurativo: da un lato ho un rapporto di collaborazione professionale con una grande, solida e seria Compagnia assicurativa che, come qualsiasi imprenditore, persegue legittimamente fini di lucro; questa Compagnia crede in me, ha investito sulla mia formazione e mi ha affidato la cura dei suoi interessi in un certo territorio; dall’altro ho rapporti con persone, conosco le loro storie e i loro bisogni e sono capace di proporre le soluzioni più appropriate per soddisfarli e in questo aspetto consulenziale sta il senso del mio lavoro.

Sono un intermediario assicurativo, questa è la mia storia e credo non sia affatto un caso se recenti sondaggi del Corriere della Sera dicono che il mio mestiere è tra quelli con maggiori prospettive sul mercato del lavoro.