x

x

L’immigrazione in Italia e criminalità

L’immigrazione in Italia e criminalità
L’immigrazione in Italia e criminalità

La relazione immigrazione-criminalità è spesso inficiata da pregiudizi e luoghi comuni.

Spesso l’integrazione viene utilizzata come “amuleto” per combattere la paura dello straniero, e in particolare avvero l’immigrazione derivante da popoli di fede islamica, e si ci è avvitati intorno a tale parola quasi fosse il rimedio di tutti i fenomeni derivanti dall’estremismo islamico.

Ma quale è lo stato di integrazione degli immigrati oggi nel nostro Paese? È davvero la mancanza di questa ad essere all’origine e causa del terrorismo?

Senza assumere posizioni ideologiche o tesi scientifiche inconfutabili, anche perché non ne abbiamo le giuste (?) capacità e competenze né siamo qui per questo.

 Cerchiamo, invece, di analizzare proprio tale  relazione suindicata e  capirne quale siano le dinamiche.

Non si può parlare di integrazione se non si accenna seppure brevemente al fenomeno dell’immigrazione.

È bene premettere che in Italia esistono (dati Istat riportati in tabella) c.a 4 milioni di immigrati, oggi ci si confronta con la seconda e terza generazione.

La maggioranza degli immigrati, secondo dati statici, sono di origine rumena, algerini, albanesi, e ultimamente le popolazioni di origini ghanesi e nigeriane.

Si registra nel periodo di riferimento una diminuzione dell’immigrazione, (circa meno 43.000) segno di un immigrazione che si sta spostando verso altre zone, in particolare i paesi Nord europei.

Ad avvolarare tale dato sono stati anche i recenti avvenimenti; sempre più spesso l’immigrazione regolare, irregolare o clandestina passa solo ne nostro Paese...siamo diventati un Stato - ponte.

Questi dati ci dicono innanzitutto che oggi, le masse migratorie sono di passaggio; e in seconda battuta che oggi gli immigrati in Italia sono quelli nati da genitori e indi naturalizzati.

Inoltre è bene ricordare che la percentuale più alta di immigrazione (circa 80%) è quea regolare.

Come si collegano allora i dati statistici relativi all’immigrazione all’aumento di delinquenza? È l’integrazione la chiave di successo?

Si nota da subito da tali dati che l’emergenza carceraria è collegata impropriamente al fenomeno della delinquenza; in Italia le fasce immigratorie autrici di reati sono quelle dell’est europeo. Tutti soggetti, che nella stragrande maggioranza dei casi, entrano nel nostro Stato come immigrazione regolare e solo a seguito di perdita di lavoro o lungaggini burocratiche rimane sprovvisto del visto e va ad allargare a forbice dell’immigrazione clandestina.

Quindi non esiste se non per un irrigidimento di posizioni ideologiche e/o una mancanza di volontà politica un problema di integrazione, che dati alla mano appare una bandiera da sventolare occasionalmente.

La natura delittuosa dei reati ha natura il più delle volte patrimoniale e solo in alcuni tristi casi sfocia in violenza.

Partendo dall’attentato terroristico di CHARLI Hebdo invece emerge che gli attentatori sono tutt’altro che immigrati, e tanto meno clandestini, sono altresì  cittadini parigini e quindi comunitari.

La relazione immigrazione-criminalità è spesso inficiata da pregiudizi e luoghi comuni.

Spesso l’integrazione viene utilizzata come “amuleto” per combattere la paura dello straniero, e in particolare avvero l’immigrazione derivante da popoli di fede islamica, e si ci è avvitati intorno a tale parola quasi fosse il rimedio di tutti i fenomeni derivanti dall’estremismo islamico.

Ma quale è lo stato di integrazione degli immigrati oggi nel nostro Paese? È davvero la mancanza di questa ad essere all’origine e causa del terrorismo?

Senza assumere posizioni ideologiche o tesi scientifiche inconfutabili, anche perché non ne abbiamo le giuste (?) capacità e competenze né siamo qui per questo.

 Cerchiamo, invece, di analizzare proprio tale  relazione suindicata e  capirne quale siano le dinamiche.

Non si può parlare di integrazione se non si accenna seppure brevemente al fenomeno dell’immigrazione.

È bene premettere che in Italia esistono (dati Istat riportati in tabella) c.a 4 milioni di immigrati, oggi ci si confronta con la seconda e terza generazione.

La maggioranza degli immigrati, secondo dati statici, sono di origine rumena, algerini, albanesi, e ultimamente le popolazioni di origini ghanesi e nigeriane.

Si registra nel periodo di riferimento una diminuzione dell’immigrazione, (circa meno 43.000) segno di un immigrazione che si sta spostando verso altre zone, in particolare i paesi Nord europei.

Ad avvolarare tale dato sono stati anche i recenti avvenimenti; sempre più spesso l’immigrazione regolare, irregolare o clandestina passa solo ne nostro Paese...siamo diventati un Stato - ponte.

Questi dati ci dicono innanzitutto che oggi, le masse migratorie sono di passaggio; e in seconda battuta che oggi gli immigrati in Italia sono quelli nati da genitori e indi naturalizzati.

Inoltre è bene ricordare che la percentuale più alta di immigrazione (circa 80%) è quea regolare.

Come si collegano allora i dati statistici relativi all’immigrazione all’aumento di delinquenza? È l’integrazione la chiave di successo?

Si nota da subito da tali dati che l’emergenza carceraria è collegata impropriamente al fenomeno della delinquenza; in Italia le fasce immigratorie autrici di reati sono quelle dell’est europeo. Tutti soggetti, che nella stragrande maggioranza dei casi, entrano nel nostro Stato come immigrazione regolare e solo a seguito di perdita di lavoro o lungaggini burocratiche rimane sprovvisto del visto e va ad allargare a forbice dell’immigrazione clandestina.

Quindi non esiste se non per un irrigidimento di posizioni ideologiche e/o una mancanza di volontà politica un problema di integrazione, che dati alla mano appare una bandiera da sventolare occasionalmente.

La natura delittuosa dei reati ha natura il più delle volte patrimoniale e solo in alcuni tristi casi sfocia in violenza.

Partendo dall’attentato terroristico di CHARLI Hebdo invece emerge che gli attentatori sono tutt’altro che immigrati, e tanto meno clandestini, sono altresì  cittadini parigini e quindi comunitari.