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L’impegno per l’approvazione del Protocollo n. 16 alla Convenzione EDU

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

Abstract
La giurisprudenza apicale italiana ed europea sente la necessità che le Corti dialoghino tra loro per la piena tutela dei diritti. A tal riguardo si sottolinea l’urgenza dell’approvazione, da parte del Parlamento italiano, del Disegno di legge di ratifica e di attuazione del "Protocollo 16", che consente un effettivo dialogo con la Corte di Strasburgo attraverso la richiesta di pareri sulle questioni oggetto di giudizio nelle Corti italiane.

 

Indice

1. Protocollo n. 16 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali

2. L’introduzione della richiesta di pareri consultivi alla Corte EDU

3. Confronto con il rinvio pregiudiziale alla Corte del Lussemburgo

4. L’invito della Corte costituzionale

 

1. Protocollo n. 16 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali

Il due ottobre del 2013, a Strasburgo, gli Stati membri del Consiglio d’Europa e gli altri contraenti della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, si sono impegnati vincolarsi al contenuto del sedicesimo Protocollo alla Cedu, prevedendo in questo modo l’estensione della competenza della Corte a emettere pareri consultivi alle autorità nazionali, al fine di realizzare un più efficace consolidamento della stessa Convenzione.
È proprio una disposizione dello stesso Protocollo, l’articolo 8 nello specifico, che stabilisce l’entrata in vigore dell’atto, e che indica come data il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla data in cui dieci Alte Parti contraenti della Convenzione avranno espresso il loro consenso a essere vincolate.

Il consenso necessario è già stato raggiunto, con il deposito dello strumento di ratifica da parte della Francia nell’aprile scorso e il protocollo è attualmente in vigore per i primi dieci Paesi ratificanti. Assente ingiustificata è attualmente l’Italia, il cui disegno di legge di ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 24 giugno 2013, e del Protocollo n. 16 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 2 ottobre 2013 è ancora fermo in Parlamento.

 

2. L’introduzione della richiesta di pareri consultivi alla Corte EDU

Con la ratifica del Protocollo n. 16 si prevede l’introduzione del cosiddetto parere consultivo su questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà definiti dalla Convenzione o dai suoi protocolli; si tratta di un meccanismo per certi versi analogo al rinvio pregiudiziale esperibile di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione europea (di cui si presenterà un confronto nel prosieguo). Lo stesso articolo uno del sedicesimo Protocollo stabilisce che le più alte giurisdizioni (nazionali) possono presentare alla Corte delle richieste di pareri consultivi su questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà definiti dalla Convenzione o dai suoi protocolli. E dichiara inoltre che la giurisdizione che presenta la domanda può chiedere un parere consultivo solo nell’ambito di una causa pendente dinanzi ad essa, motivando la richiesta di parere e producendo tutti quegli elementi inerenti al contesto giuridico e fattuale della causa pendente. Inoltre è fatta esplicita previsione della possibilità per la Parte contraente cui appartiene l’autorità giudiziaria che ha richiesto il parere di presentare osservazioni per iscritto e di prendere parte alle udienze. Una volta esperita la richiesta, sarà compito di un collegio di cinque giudici della Grande Camera decide se accogliere la stessa in conformità all’articolo appena richiamato. Se il collegio rigetta la domanda dovrà motivare la decisione, mentre qualora venga accolta la richiesta, sarà compito della Grande Camera emettere un parere consultivo.
Occorre determinare da subito la natura di questa funzione consultiva di cui viene investita la Corte europea dei diritti dell’uomo. I pareri consultivi sono infatti non vincolanti (come specificato dall’articolo 5 del Protocollo) ma pur sempre motivati e nel caso in cui non sia possibile raggiungere l’opinione unanime dei giudici presenti nel collegio, ciascun giudice ha il diritto di allegare al parere di maggioranza la propria opinione separata (realizzando quelle che la dottrina definisce opinioni concorrenti o dissenzienti). Non meno importante è invece la determinazione degli organi nazionali legittimati a sospendere il procedimento interno e a chiedere alla Grande Camera i pareri consultivi, specie se si considera la differenza di ordinamenti presenti a livello nazionale e la nota difficoltà che anche la dottrina comparatistica riscontra a parificare corti supreme o giurisdizioni apicali. È lo stesso Protocollo a risolvere in radice eventuali dubbi, stabilendo che ciascuna Parte contraente della Convenzione indichi, al momento della firma o del deposito del proprio strumento di ratifica, quali autorità giudiziarie nomina ai fini dell’articolo. Nello specifico caso italiano, l’articolo tre del disegno di legge richiamato (A.C. 1124) abilita - salva eventuale modifica -  la Suprema Corte di cassazione, il Consiglio di Stato, la Corte dei conti e il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana a presentare alla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo richieste di pareri. Inoltre è stabilito che la Corte costituzionale, seppure letteralmente esclusa dalla scelta del legislatore che ha definito le alte giurisdizioni, può provvedere con proprie disposizioni (mediante quindi regolamento) all’applicazione del Protocollo di cui al comma 1, in conformità agli articoli 14 e 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

La nota sugli aspetti tecnico-normativi di diritto interno circa la compatibilità dell’intervento con i princìpi costituzionali, chiarisce che il provvedimento in esame non presenta alcun problema di costituzionalità, essendo pienamente conforme all’articolo 11 della Costituzione, in tema di partecipazione dell’Italia all’ordinamento internazionale, e all’articolo 117, in materia di riparto della potestà legislativa tra Stato, regioni ed enti locali. Allo stesso modo si ricorda che il provvedimento  non è soggetto all’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR), quale analisi ex ante degli effetti di ipotesi di intervento normativo ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Nulla osterebbe quindi a una sollecita adozione del provvedimento da parte del Parlamento.

 

3. Confronto con il rinvio pregiudiziale alla Corte del Lussemburgo

Se in prima battuta le somiglianze con l’istituto del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea possono sembrare ampie, occorre rilevare che altrettanto ben definite sono le differenze.

In primo luogo, a differenza del parere non vincolante prodotto dalla Corte EDU, è vincolante sia per la giurisdizione nazionale che ha richiesto il rinvio sia per tutte le altre giurisdizioni degli Stati membri. Tale procedura risulta utile infatti quando, in un caso presentato a un tribunale nazionale, viene presentata una richiesta di interpretazione che ha carattere di novità ed è di interesse generale per l’uniforme applicazione del diritto dell’UE, o quando la giurisprudenza esistente non sembra fornire la guida necessaria per affrontare una situazione legale nuova. È la stessa raccomandazione a sottolineare nuovamente che la pronuncia pregiudiziale è vincolante sia per il giudice del rinvio sia per tutti i tribunali degli Stati membri.
Inoltre non si può tralasciare il soggetto abilitato a presentare la domanda di pronuncia pregiudiziale di fronte alla CGUE, dove è lo stesso disposto dell’art. 267 del TFUE a stabilire che la Corte o il tribunale nazionale investiti di una controversia si assume la responsabilità di valutare sia la necessità di proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla CGUE.

 

4. L’invito della Corte costituzionale

Un invito ad approvare il disegno di legge di ratifica e di attuazione del Protocollo n. 16 alla Cedu è venuto poi dalla stessa Corte costituzionale italiana, nel gennaio scorso. Il Giudice delle leggi pone infatti l’accento sull’importanza strategica del “dialogo tra la Corte di Strasburgo e le Corti italiane”, che negli anni ha dato vita a un solido e proficuo collegamento tra la Corte europea dei diritti dell’uomo, la Corte costituzionale, la Cassazione e la relativa Procura generale, il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti e che verrebbe ulteriormente valorizzato, quale strumento istituzionale, con la previsione dello strumento della richiesta di pareri consultivi alla Corte EDU sulle questioni oggetto di giudizio nelle Corti italiane.

È infatti parere autorevole della Corte costituzionale la necessità di agevolare il dialogo tra le Corti europee per la piena tutela dei diritti, anche assicurando l’armonizzazione delle rispettive giurisprudenze. A tal proposito occorre ricordare che, qualora l’appello della Corte costituzionale venisse seguito, per l’Italia, quale contraente che esprime successivamente il proprio consenso a essere vincolato dal Protocollo n. 16, l’applicazione di quest’ultimo avverrà il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla data in cui hanno espresso il loro consenso a essere vincolate dal Protocollo come indicato espressamente dall’articolo 8 del Protocollo.