Esiste la funzione punitiva nella responsabilità civile?
Indice:
1. La polifunzionalità del diritto civile e l’arretramento del diritto penale
2. La funzione punitiva della responsabilità civile
3. La riscoperta delle “pene” private
4. Le sanzioni pecuniarie civili ex d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7
5. Le sanzioni pecuniarie civili e i punitive damages (breve cenno)
6. La giustizia riparativa
7. Conclusioni e ulteriori aspetti non affrontati
1. La polifunzionalità del diritto civile e l’arretramento del diritto penale
Si può considerare pressoché pacifico che “nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione (funzione compensativo - riparatoria), poiché sono interne al sistema anche la funzione preventiva di deterrenza e quella sanzionatoria-punitiva” [1] come infatti hanno affermato le Sezioni Unite al termine (o forse più propriamente al principio) della nota vicenda relativa alla delibazione di una sentenza straniera comminatoria di danni punitivi.
In vero, già da qualche anno le Sezioni Unite si esprimono in questo modo (cfr. SU 9100/2015), chiarendo che la funzione sanzionatoria del risarcimento del danno non è più “incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento, come una volta si riteneva, giacché negli ultimi decenni sono state introdotte disposizioni volte a dare un connotato lato sensu sanzionatorio al risarcimento”.
In sintesi può dirsi che è emersa una natura polifunzionale della responsabilità civile che chiede di essere considerata.
Ugualmente storico, dal punto di vista dell’innovazione normativa, è l’intervento di abrogazione di reati oggetto della legge delega n. 67 del 2014, realizzato attraverso l’emanazione del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 [2] che sancisce un indiscusso arretramento del diritto penale a vantaggio del diritto civile. Reati come l’ingiuria abbandonano il carattere di illecito penale per conservare quello di illecito civile, sanzionati, oltre che con il risarcimento del danno, con una sanzione pecuniaria civile (per alcuni autori apparentata con i punitive damages dei sistemi di common law [3]), irrogata dal giudice civile e devoluta alla Cassa delle ammende. Se la scelta politica di questo intervento è sorretta dalla necessità di diminuire i processi penali, gli effetti giuridici non sono però così scontati.
In entrambi i casi appena proposti (affermazione della polifunzionalità della responsabilità civile e passaggio di illeciti dalla sfera penale a quella del diritto civile), si assiste al tramonto dell’equazione storica per cui «la responsabilità penale coincide con la pena, quella civile consiste nel risarcimento del danno» [4].
Che il diritto penale e il diritto civile siano uniti tra loro è un dato ineludibile: si pensi solo che il codice penale all’articolo 185 in tema di restituzioni e risarcimento del danno dispone che “ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili; infatti ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”.
Il diritto penale attraverso questa disposizione si riconosce debitore nei confronti del diritto civile per quanto riguarda la funzione di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto; ma parimenti si deve riconoscere debitore il diritto civile che per anni ha potuto determinare l’esistenza del danno non patrimoniale solamente in presenza di un fatto tipico individuato dalla legge come reato. Inoltre è utile ricordare come anche nel codice civile siano rintracciabili ulteriori e diverse conseguenze civili derivanti dalla commissione di un reato: è il caso dell’indegnità a succedere (articolo 463 c.c.); della revoca delle donazioni per ingratitudine (articolo 801 c.c.); dell’annullabilità della transazione per falsità di documenti (articolo 1973 c.c.) [5].
Per dimostrare allora le innegabili connessioni tra queste due discipline, nel corso della presente trattazione si farà riferimento a diversi istituti quali le pene private, la nuova sanzione pecuniaria civile, la giustizia riparativa e infine, solo brevemente, si considereranno i punitive damages.
2. La funzione punitiva della responsabilità civile
Da sempre la funzione punitiva della responsabilità civile riscuote un certo successo. Si pensi che nell’Ottocento la riparazione del danno era nell’interesse non solo della vittima del reato ma anche della collettività, connotandosi come una vera e propria sanzione punitiva, applicabile ex officio e non su iniziativa di parte.
Oggi più che mai – per quello che si dirà – la funzione punitiva sembra riaffermarsi, prestandosi a utile strumento per avvicinare sempre più il diritto civile al diritto penale.
A tal riguardo è interessante considerare come, in seguito alla pronuncia delle celebri “sentenze gemelle” del 2003, un Autore bolognese, tenendo distinto il danno non patrimoniale (come appena reinterpretato dalla Suprema Corte di Cassazione [6]) dal danno morale soggettivo, riconoscesse a quest’ultimo una funzione punitiva, prevalente sulla funzione solidaristico-satisfattiva: “delle due l’una: o il nuovo danno non patrimoniale assorbe anche il vecchio danno morale soggettivo, oppure deve assumere un carattere qualitativamente diverso quale pretium doloris (risarcibile ex articolo 185 c.p.), ragionevole giacché la vittima debba soffrire o subire un disagio superiore se il fatto costituisce reato” [7].
Secondo il parere citato il danno morale soggettivo deve accentuare il carattere di sanzione civile indiretta, ed è proprio questo carattere che lo differenzia dal semplice risarcimento.
A medesime considerazioni era giunto precedentemente un altro Maestro del diritto civile, Francesco Galgano, che nell’esposizione del danno non patrimoniale riconosce che “l’azione di danni davanti al giudice civile può apparire più temibile, e quindi dotata di maggior efficacia sanzionatoria-deterrente, perché direttamente minaccia il patrimonio del reo e perché è immune da eventuali considerazioni sulla punibilità del reato” [8]. Entrambe le affermazioni non fanno che confermare il carattere polifunzionale della responsabilità civile.
3. La riscoperta delle “pene” private
Come si è visto, sedici anni fa, Massimo Franzoni riconosceva che “la funzione delle pene private non ha nulla in comune con il risarcimento del danno. Il risarcimento del danno mira a ripristinare una certa situazione patrimoniale diminuita, mentre nel risarcimento del danno morale soggettivo (dall’Autore considerata sanzione civile punitiva) il danneggiato dal reato guadagna una certa somma di denaro poiché in questo modo l’ordinamento assicura la sua effettività” [9].
È utile allora considerare come la sanzione civile punitiva consista in una misura afflittiva patrimoniale, prevista dalla legge e irrogata da un’autorità giudiziaria, nel rispetto del principio di legalità su iniziativa dello stesso privato al quale sarà corrisposto l’eventuale vantaggio (e qui stanno sicuramente le più visibili differenze con le pene criminali).
Eppure, nonostante le differenze appena considerate, non è possibile apparentare le sanzioni civili neppure al risarcimento del danno vero e proprio, preso atto che il danno che viene in considerazione con il danno morale soggettivo è un danno in re ipsa, esistente per via dello stesso fatto che costituisce reato. Per questo è inevitabile giungere a considerare la sanzione civile indiretta una forma di pena o piuttosto un’ulteriore misura punitiva a sostegno della pena criminale.
La manualistica ci insegna che si dovrebbe chiamare pena solamente la sanzione di diritto penale, mentre la tentazione di estendere la nozione di pena alle sanzioni civili è forte soprattutto in dottrina [10]. Infatti il favore verso sanzioni pecuniarie atipiche o pene private “è alimentato dal radicarsi di una visione altamente vittimocentrica” [11] e da un rinforzarsi della funzione punitiva della responsabilità civile.
Una pena privata la si può considerare tale se presenta tre caratteristiche:
a) l’essere la pena privata a tutela e a beneficio di interessi privati;
b) l’essere applicata su istanza di parte e non soggetta al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale;
c) l’essere contrassegnata dal fine preventivo e/o afflittivo, in via esclusiva o prevalente e non da quello riparatorio [12].
In questo modo la funzione punitiva viene esercitata direttamente dal privato e non dalle pubbliche autorità.
Occorre comunque capire – e non è sempre facile in vero – cosa si intenda per pena privata: probabilmente è corretto dire che “si tratta di una serie di istituti del diritto privato, esterni alla responsabilità civile, caratterizzati da una funzione prevalentemente punitiva, indipendentemente dalla tipologia degli effetti giuridici da essi previsti.
Così, alcuni autori hanno ricondotto all’idea di “pena privata”:
- la delibera di esclusione dell’associato nelle persone giuridiche;
- le varie forme di potestà sanzionatoria del datore di lavoro nei confronti del lavoratore;
- l’indennità di cui all’articolo 129 bis c.c. dovuta dal coniuge a cui sia imputabile la nullità del matrimonio;
- la clausola penale di cui agli artt. 1382 ss. c.c..
Ancora sono state considerate tali l’articolo 96, co. 3 c.p.c. e l’articolo 429, co. 3 c.p.c. [13]. In generale gli esempi normativi appena citati si possono tranquillamente considerare una proliferazione di istituti sanzionatori con contenuto patrimoniale, in una logica ripristinatoria - punitiva. All’esito del dibattito, non è stata però individuata una definizione condivisa di pena privata nell’ordinamento italiano, e sono stati sollevati seri dubbi sull’utilità della stessa categoria” [14].
A favore dell’attualità di questo istituto, non può però omettersi un riferimento alla già citata legge n. 67/2014. Qui le sanzioni pecuniarie civili sono considerate dalla stessa norma alla pari di pena privata. E infatti, nella relazione alla legge si afferma che: “mentre il risarcimento ha una funzione riparatoria, la pena privata ha una funzione sanzionatoria e preventiva che si giustifica allorquando l’illecito, oltre a determinare un danno patrimoniale, consente di ottenere un arricchimento ingiustificato. In tali casi, se il legislatore si limitasse all’eliminazione dell’illiceità penale, gli autori – a prescindere dal risarcimento dovuto alla persona danneggiata – si gioverebbero del vantaggio patrimoniale provocato dal fatto illecito”.
In realtà la dottrina si è già da tempo occupata del tema dell’arricchimento ingiustificato (del danneggiato per lo più) e lo ha fatto ancora una volta in occasione della discussione circa l’ammissibilità dei punitive damages nel nostro ordinamento [15].
4. Le sanzioni pecuniarie civili ex d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7
Occorre considerare più da vicino le sanzioni pecuniarie civili così come introdotte dal d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7.
L’articolo 3 rubricato “responsabilità civile per gli illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie” prevede che alcuni fatti espressamente indicati dal legislatore obblighino, oltre che alle restituzioni e al risarcimento del danno secondo le leggi civili, anche al pagamento della sanzione pecuniaria civile ivi stabilita.
In questo elenco di fattispecie sono oggi accolti l’ingiuria, la falsità in scrittura privata e in fogli firmati in bianco, la sottrazione di cose comuni, l’appropriazione di cose smarrite, il danneggiamento non aggravato … tutti illeciti considerati fino al 2016 reati e le cui norme incriminatrici sono state abrogate dal presente intervento, comportando come pena solamente questa nuova sanzione pecuniaria civile. Per espressa previsione si osserva la disposizione di cui all’articolo 2947 primo comma del codice civile, infatti il risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.
Nel complesso si tratta certo di forme di esborso di denaro in sostituzione della pena, ma la novità questa volta sta tutta nella previsione di una sanzione a contenuto pecuniario di natura non amministrativa, che sembra orientata verso il paradigma aquiliano della responsabilità civile (tesi che può essere confortata anche dal fatto che sono compresi illeciti che sono idonei a creare un danno ingiusto).
Altri elementi costitutivi, però, costringono necessariamente a discostarsi dall’illecito aquilano, come la previsione di una forte tipizzazione delle fattispecie di chiara matrice penalistica, la devoluzione della somma di denaro alla Cassa delle ammende e non al danneggiato e da ultimo una funzione indubbiamente punitiva dell’istituto, la cui cittadinanza nella responsabilità civile italiana è estremamente discussa.
Come ha riconosciuto la dottrina “il nuovo istituto sanzionatorio sconta dunque l’ambiguità di non essere né di natura amministrativa, né di natura civile, non essendo comminato per un illecito civile per il quale il risarcimento ha come beneficiario-creditore il soggetto privato ed essendo per di più comminato in aggiunta al risarcimento vero e proprio” [16].
Il legislatore della riforma ha finito così con l’introdurre nel nostro sistema accanto alle categorie dell’illecito penale, dell’illecito amministrativo e dell’illecito civile una quarta categoria, quella degli illeciti puniti con sanzioni pecuniarie civili, il cui impatto sulla odierna realtà della giustizia italiana non è del tutto chiaro.
5. Le sanzioni pecuniarie civili e i punitive damages (breve cenno)
La previsione di nuove sanzioni pecuniarie civili potrebbe condurre al superamento della considerazione unitaria della funzione compensativo-riparatoria della responsabilità civile, rimuovendo ogni ostacolo alla delibazione delle sentenze straniere che accordano ingenti somme a titolo di punitive damages?
La domanda è certamente suggestiva e meriterebbe di indagare più a fondo la struttura e le funzioni dei danni punitivi. Rispondendo alla domanda va per ora sottolineato come le sanzioni pecuniarie civili consistano in sanzioni per illeciti tassativamente determinati, escludendo l’estensione della funzione punitiva all’intera area della responsabilità civile.
Non sono mancati però in dottrina pareri favorevoli a questo istituto, nella previsione futura dei punitive damages [17]; allo stesso modo però non si può dimenticare quanto già affermato circa l’arricchimento ingiustificato del danneggiato [18], tema sul quale si giocherà l’intera partita della condannabilità ai danni punitivi.
I punitive damages realizzano in definitiva una overcompensation del danneggiato che difficilmente sarà accettata nel nostro ordinamento, ancora basato sul principio dell’integrale riparazione del danno.
6. La giustizia riparativa
Un’ulteriore dimostrazione della crisi dell’equazione sopra proposta (per cui la responsabilità civile corrisponde con il risarcimento del danno e la responsabilità penale con la pena) la si può scorgere nella disciplina della giustizia riparativa (nota anche come restorative justice) che non consiste in nulla di differente da una “privatizzazione del penale” [19].
Dal 2017 è innegabile che attraverso la riparazione integrale del danno cagionato dal reato e l’eliminazione ove possibile delle conseguenze dannose o pericolose del reato si possa avere, nei casi di reati procedibili a querela soggetta a remissione, l’estinzione del reato per condotte riparatorie, secondo quanto previsto dall’articolo 162-ter del codice penale. La riparazione, attraverso gli strumenti civilistici, comporta gli stessi effetti della remissione della querela (unilateralmente però e anche nell’aperto dissenso della persona offesa) cioè l’estinzione del reato e l’impossibilità di comminare una pena.
Altre tipologie di istituti riparativi che comportano l’effetto di estinguere il reato sono rinvenibili sempre all’interno del codice all’articolo 168-bis (nello specifico la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, inserita nel 2014).
Allo stesso modo, analoghe condizioni riparatorie sono richieste nel caso di concessione dell’oblazione speciale (ex articolo 162-bis c.p.) e della sospensione condizionale della pena (ex articolo 163 c.p.).
Attraverso questi istituti l’obiettivo dell’ordinamento non è più solo quello di punire il reo, bensì anche quello di rimuovere le conseguenze dannose del reato, attraverso l’incontro tra vittima e l’autore del reato, aiutati dalle regole del diritto civile.
7. Conclusioni e ulteriori aspetti non affrontati
Quella che si è voluta approfondire nel presente contributo è solamente una delle possibili connessioni esistenti tra il diritto civile e il diritto penale, a dimostrazione di come l’“equazione storica” che concerne le due responsabilità sia profondamente in crisi.
Partendo da una prospettiva vittimologica, tesa ad assicurare la maggior riparazione possibile del danno subito, si è analizzata la funzione punitiva come strumento di connessione tra due “settori” non sempre in comunicazione tra loro e spesso considerati se non rivali, almeno in parte antagonisti.
In questo modo se la prospettiva vittimologica comporta un indiscusso ampliamento delle situazioni risarcibili, ripristinando la condizione patrimoniale del soggetto leso, anteriore a un dato fatto lesivo; è invece l’aspetto punitivo della responsabilità civile che pone l’accento sulla solidarietà sociale prima ancora che sul carattere della deterrenza, assicurando o in questo modo l’applicazione certa dei principi costituzionali.
* Un approfondimento analogo dello stesso autore lo si può ritrovare su Lexenia.it.
[1] Cass. Sez. Un., 5 luglio 2017, n. 16601.
[2] Pubblicato nella G.U. n. 17 del 22.1.2016 decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, rubricato: disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell’articolo 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67.
[3] G. L. GATTA, Depenalizzazione e nuovi illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie civili, Diritto penale contemporaneo, 2016, p. 1 ss.
[4] C. CASTRONOVO, Responsabilità civile, Milano, 2018, p. 863.
[5] M. BERTOLINO, Il risarcimento del danno tra pretese riparatorio - compensative e istanze punitive nel canone del diritto penale, Diritto penale contemporaneo, 2019, p. 183 ss.
[6] Cass. civile, 31 maggio 2003, nn. 8827 - 8828.
[7] M. FRANZONI, Il danno non patrimoniale, il danno morale: una svolta per il danno alla persona, in. E. Al Mureden (a cura di), I fatti illeciti - casi e materiali, Torino, 2018, p. 272.
[8] F. GALGANO, I fatti illeciti, Padova, 2008, p. 171.
[9] M. FRANZONI, op. cit.
[10] F.D. BUSNELLI, in G. Scalfi (a cura di), Le pene private, Milano, 1985, p. 3 ss e ugualmente F. D. BUSNELLI, commento alle sentenze Cass. Sez. Un. 26972-26975 del 2008 in E. Al Mureden (a cura di), I fatti illeciti - casi e materiali, Torino, 2018, p. 298.
[11] M. BERTOLINO, Il risarcimento del danno tra pretese riparatorio - compensative e istanze punitive nel canone del diritto penale, Diritto penale contemporaneo, 2019, p. 189.
[12] F. BRICOLA, La riscoperta delle «pene private» nell’ottica del penalista, in Foro it., 1985, p. 1.
[13] C. MASIERI, Decriminalizzazione e ricorso “alla sanzione pecuniaria civile”, Diritto penale contemporaneo, 2015, p. 8
[14] C. MASIERI, op. cit.
[15] E. AL MUREDEN, I punitive damages tra limiti del diritto interno e apertura delle Sezioni Unite, in I fatti illeciti - casi e materiali, Torino, 2018, p. 397.
[16] M. BERTOLINO, op. cit.
[17] C. MASIERI, Le “sanzioni civili pecuniarie” come possibile “testa di ponte” per la delibazione di sentenze straniere che accordano punitive damages, Milano, 2016.
[18] E. AL MUREDEN, op. cit.
[19] M. BERTOLINO, op cit.