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L’importanza della relazione dell’attestatore nel concordato preventivo

Concordato preventivo
Ph. Antonio Zama / Concordato preventivo

Ai sensi dell’articolo 161 Legge Fallimentare il debitore che richieda l’ammissione al beneficio del concordato preventivo deve presentare unitamente al ricorso:

a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;

b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

c) l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;

d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;

e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta; in ogni caso, la proposta deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore.

Il piano proposto e la documentazione sottostante devono essere accompagnati da una relazione di un professionista designato dal debitore che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. Non solo, allorquando il piano di concordato preveda la prosecuzione dell’attività d’impresa, la cessione dell’azienda in esercizio o il conferimento in una o più società anche di nuova costituzione, la relazione del professionista deve attestare anche che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori (articolo 186bis Legge Fallimentare).

L’articolo 67, comma 3, lett. d) specifica che il professionista designato dal debitore debba essere indipendente, soggetto iscritto nel registro dei revisori legali e in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28, comma 1, lett. a) e c) Legge Fallimentare, ossia o essere avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti (lett. a) o aver svolto funzioni di amministratore, direzione e controllo in società per azioni avendo dato prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché nei loro confronti non sia intervenuta dichiarazione di fallimento (lett. c).

Si declina quale indipendente il professionista che non sia legato alla impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da compromettere l’indipendenza del giudizio. In ogni caso, sempre per garantire l’indipendenza, egli deve essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2399 Codice Civile.

Dunque egli: non deve essere interdetto, inabilitato, fallito, condannato ad una pena che comporti l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici, o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi; non può essere coniuge, parente, affine entro il quarto grado degli amministratori della società, amministratore, coniuge, parente e affine entro il quarto grado degli amministratori delle società controllate dal debitore richiedente l’accesso al concordato preventivo, o delle società che la controllano o di quelle sottoposte a comune controllo. Ancora, non deve essere legato alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza.

Ancora, egli non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione e controllo.

Il professionista terzo e indipendente designato dal debitore che accede al concordato preventivo deve predisporre la relazione particolareggiata attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. Tale documento ha lo scopo precipuo di verificare e certificare l’attendibilità e la veridicità dei dati aziendali, nonché la realizzabilità delle proposte contenute nel piano concordatario.

La funzione della relazione è dunque sia informativa nei confronti della massa dei creditori che si affidano ad essa al fine di esprimere il proprio consenso informato alla proposta e istruttoria a favore dell’attività del Tribunale nell’ambito della valutazione della proposta concordataria sottoposta al suo vaglio.

Orbene, la centralità e importanza del ruolo del professionista attestatore restituisce l’esigenza di una tutela della fede pubblica, in considerazione anche – non solo – della funzione di garanzia del suo ruolo nei confronti tanto del debitore quanto del ceto creditorio destinatario una corretta informazione: può dunque configurarsi in capo all’attestatore sia una responsabilità penale sia una responsabilità civile.

È invero da ricordare che con il Decreto Legge 83/2012 (convertito in Legge 134/2012) è stato introdotto il reato di falso in attestazioni e relazioni del professionista nell’ambito delle soluzioni concordate delle crisi d’impresa (articolo 236bis Legge Fallimentare): il professionista che nelle relazioni o attestazioni espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro; se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena è aumentata e se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà.

In ogni caso, come detto, può anche configurarsi una responsabilità civile (contrattuale) nei confronti del debitore, dei creditori o di qualsiasi soggetto interessato (extracontrattuale).

Secondo la Suprema Corte di cassazione “in tema di concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo, e si attua verificandone l’effettiva realizzabilità della causa concreta: quest’ultima, peraltro, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e dall’assicurazione di un soddisfacimento sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori dall’altro” (Cassazione Sezioni Unite 1521/2013).

Nell’ambito del controllo demandato al tribunale si è dunque in tal guisa distinta la c.d. “fattibilità giuridica” dalla “fattibilità economica” della proposta. La prima è rimessa interamente alla valutazione del Tribunale, la seconda ai soli creditori, titolari del giudizio sulla convenienza del concordato, salva tuttavia la valutazione comunque rimessa al tribunale circa l’effettiva sussistenza della possibilità della procedura di pervenire alla realizzazione della causa concreta, cioè di quelle che sono le finalità di volta in volta stabilite, con conseguente giudizio negativo solo ove tale scopo risulti irraggiungibile in maniera manifesta (Corte d’Appello di Napoli, sentenza 2146 del 16.06.2020).

Per consolidato orientamento, il tribunale deve provvedere ad ulteriori verifiche: in particolare quanto alla idoneità della documentazione prodotta – sia per completezza sia per idoneità – a corrispondere alla precipua funzione di fornire elementi di giudizio ai creditori (Cassazione 3586/2011; Cassazione 21860/2010; Cassazione 2297/2009) con la conseguenza che il tribunale ben potrà revocare l’ammissione al beneficio del concordato preventivo allorquando dovesse rilevare l’inidoneità della documentazione a svolgere la funzione predetta.

Invero, il tribunale ha “il dovere di verificare la completezza e l’affidabilità della documentazione depositata a sostegno della domanda allo scopo di assicurare ai creditori la puntuale conoscenza delle effettiva consistenza dell’attivo destinato al loro soddisfacimento e, quindi, di consentirgli di esprimere, in modo informato, il proprio consenso sulla convenienza economica della proposta medesima” (Cassazione 12549/2014) e nell’esercitare tale verifica, “è permesso il sindacato sulla veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti unitamente al ricorso sotto il profilo della loro effettiva consistenza materiale e giuridica, al fine di consentire ai creditori di valutare, sulla base di dati reali, la convenienza della proposta e la fattibilità del piano” (Cassazione 2130/2014).

Si deve dunque formulare una distinzione tra le attestazioni sulla veridicità sostanziale dei dati aziendali dalle attestazioni sulla fattibilità economica del piano medesimo, le quali, per loro natura, non possono che tradursi in una previsione, sia pure fondata sui dati reali esaminati dal professionista. E in tale esame, la Cassazione ha sancito che “è compito del giudice garantire il rispetto della legalità nello svolgimento della procedura concorsuale e in questa prospettiva spetta a lui esercitare sulla relazione del professionista attestatore un controllo specifico, concernente la congruità e la logicità della motivazione e il profilo del collegamento effettivo tra i dati riscontrati e il conseguente giudizio” (Cassazione Sezioni Unite 1521/2013; Cassazione 13083/2013; Cassazione 11423/2014).

Il professionista attestatore dunque deve svolgere un esame critico e puntuale, non potendosi limitare all’affermazione di una generica fattibilità del piano richiamandosi a quanto proposto dal debitore o limitandosi a confidare in quanto rappresentato nel ricorso di questi: l’attestazione deve predisporre un esame critico ed approfondito dei dati forniti dal debitore e non limitarsi a riportare essi pedissequamente, bensì financo esaminare e rappresentare con puntualità e dettaglio ogni eventuale criticità che possa intervenire successivamente alla eventuale omologazione del concordato.

Il giudizio sulla fattibilità del piano deve dunque essere argomentato, logico e congruo (Cassazione 17659/2015) e in caso di continuità aziendale (articolo 186bis Legge Fallimentare) è viepiù imprescindibile che la relazione analizzi, esponga e dichiari con attestazione ogni argomento logico e congruo a sostegno del migliore soddisfacimento dei creditori.