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L'improcedibilità del ricorso per decreto ingiuntivo può essere sollevata a posteriori come questione pregiudiziale nel giudizio di opposizione

Il titolare di un credito unitario può agire con un unico ricorso per decreto ingiuntivo per l’intera somma spettante, non essendo possibile frazionare la richiesta in più ricorsi per decreto ingiuntivo. Il creditore di una somma di denaro dovuta per l'unica obbligazione, infatti, non può pretendere l’adempimento con decreti ingiuntivi di importi frazionati. Tale semplice e immediato principio è stato stabilito, in ultimo, dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che hanno dichiarato la necessaria revoca del decreto ingiuntivo per la pregressa improcedibilità della domanda monitoria, allorché il creditore abbia inteso ottenere il pagamento di un unico credito attraverso la richiesta di emissione di più decreti ingiuntivi (Cfr. Cassazione civile , SS.UU., sentenza 15.11.2007 n. 23726).

Per la Suprema Corte, il frazionamento del credito derivante da un'unica obbligazione vìola la regola generale di correttezza e buona fede, dacché determina un’ingiustificata utilità economica nei confronti del difensore del creditore e, al contempo, aggrava la posizione del debitore, costretto a sostenere maggiori spese processuali e ad essere esposto, in caso di opposizione, a più procedimenti civili ordinari, con connesse incombenze e decadenze processuali.

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno ricollegato la contrarietà alla regola generale di correttezza e buona fede di una simile condotta al dovere inderogabile di solidarietà di cui all'art. 2 della Costituzione, così dando grave tenore al principio per cui chi agisce con più decreti ingiuntivi – per crediti derivanti dalla medesima obbligazione – abusa del processo.

Il frazionamento giudiziale di un credito unitario si risolve, quindi, in un abuso del processo. Per l'effetto, in tale ipotesi la domanda monitoria è improcedibile, perché l'abuso del processo è evento ostativo dell'esame della domanda.

In tali casi, per le Sezioni Unite non vi è alcun dubbio sull'improcedibilità della domanda monitoria e quindi sulla revoca del decreto ingiuntivo frazionante l'intero credito derivante dalla medesima obbligazione.

"Oltre a violare, per quanto sin qui detto, il generale dovere di correttezza e buona fede, la disarticolazione, da parte del creditore, dell'unità sostanziale del rapporto (sia pur nella fase patologica della coazione all'adempimento), in quanto attuata nel processo e tramite il processo, si risolve automaticamente anche in abuso dello stesso. Risultando già per ciò solo la parcellizzazione giudiziale del credito non in linea con il precetto inderogabile (cui l'interpretazione della normativa processuale deve viceversa uniformarsi) del processo giusto. Ulteriore vulnus al quale deriverebbe, all'evidenza, dalla formazione di giudicati (praticamente) contraddittori cui potrebbe dar luogo la pluralità di iniziative giudiziarie collegate allo stesso rapporto. Mentre l'effetto inflattivo riconducibile ad una siffatta (ove consentita) moltiplicazione di giudizi ne evoca ancora altro aspetto di non adeguatezza rispetto all'obiettivo, costituzionalizzato nello stesso art. 113, della "ragionevole durata del processo", per l'evidente antinomia che esiste tra la moltiplicazione dei processi e la possibilità di contenimento della correlativa durata. L'esaminato primo motivo del ricorso va quindi respinto, enunciandosi, in ordine alla questione di massima ad esso sotteso, il principio (con il quale risulta in linea la sentenza impugnata) per cui è contraria alla regola generale di correttezza e buona fede, in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all'art. 2 Costituzione, e si risolve in abuso del processo (ostativo all'esame della domanda), il frazionamento giudiziale (contestuale o sequenziale) di un credito unitario”.

Cfr. Cassazione, Sez. III, 27 gennaio 2010, n. 1706

Cfr. Cassazione civile , SS.UU., sentenza 15.11.2007 n. 23726

Il titolare di un credito unitario può agire con un unico ricorso per decreto ingiuntivo per l’intera somma spettante, non essendo possibile frazionare la richiesta in più ricorsi per decreto ingiuntivo. Il creditore di una somma di denaro dovuta per l'unica obbligazione, infatti, non può pretendere l’adempimento con decreti ingiuntivi di importi frazionati. Tale semplice e immediato principio è stato stabilito, in ultimo, dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che hanno dichiarato la necessaria revoca del decreto ingiuntivo per la pregressa improcedibilità della domanda monitoria, allorché il creditore abbia inteso ottenere il pagamento di un unico credito attraverso la richiesta di emissione di più decreti ingiuntivi (Cfr. Cassazione civile , SS.UU., sentenza 15.11.2007 n. 23726).

Per la Suprema Corte, il frazionamento del credito derivante da un'unica obbligazione vìola la regola generale di correttezza e buona fede, dacché determina un’ingiustificata utilità economica nei confronti del difensore del creditore e, al contempo, aggrava la posizione del debitore, costretto a sostenere maggiori spese processuali e ad essere esposto, in caso di opposizione al decreto ingiuntivo, a più procedimenti civili ordinari, con connesse incombenze e decadenze processuali.

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno ricollegato la contrarietà alla regola generale di correttezza e buona fede di una simile condotta al dovere inderogabile di solidarietà di cui all'art. 2 della Costituzione, così dando grave tenore al principio per cui chi agisce con più decreti ingiuntivi – per crediti derivanti dalla medesima obbligazione – abusa del processo.

Il frazionamento giudiziale di un credito unitario si risolve, quindi, in un abuso del processo. Per l'effetto, in tale ipotesi la domanda monitoria è improcedibile, perché l'abuso del processo è evento ostativo dell'esame della domanda.

In tali casi, per le Sezioni Unite non vi è alcun dubbio sull'improcedibilità della domanda monitoria e quindi sulla revoca del decreto ingiuntivo frazionante l'intero credito derivante dalla medesima obbligazione.

"Oltre a violare, per quanto sin qui detto, il generale dovere di correttezza e buona fede, la disarticolazione, da parte del creditore, dell'unità sostanziale del rapporto (sia pur nella fase patologica della coazione all'adempimento), in quanto attuata nel processo e tramite il processo, si risolve automaticamente anche in abuso dello stesso. Risultando già per ciò solo la parcellizzazione giudiziale del credito non in linea con il precetto inderogabile (cui l'interpretazione della normativa processuale deve viceversa uniformarsi) del processo giusto. Ulteriore vulnus al quale deriverebbe, all'evidenza, dalla formazione di giudicati (praticamente) contraddittori cui potrebbe dar luogo la pluralità di iniziative giudiziarie collegate allo stesso rapporto. Mentre l'effetto inflattivo riconducibile ad una siffatta (ove consentita) moltiplicazione di giudizi ne evoca ancora altro aspetto di non adeguatezza rispetto all'obiettivo, costituzionalizzato nello stesso art. 113, della "ragionevole durata del processo", per l'evidente antinomia che esiste tra la moltiplicazione dei processi e la possibilità di contenimento della correlativa durata. L'esaminato primo motivo del ricorso va quindi respinto, enunciandosi, in ordine alla questione di massima ad esso sotteso, il principio (con il quale risulta in linea la sentenza impugnata) per cui è contraria alla regola generale di correttezza e buona fede, in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all'art. 2 Costituzione, e si risolve in abuso del processo (ostativo all'esame della domanda), il frazionamento giudiziale (contestuale o sequenziale) di un credito unitario”.

Cfr. Cassazione, Sez. III, 27 gennaio 2010, n. 1706

Cfr. Cassazione civile , SS.UU., sentenza 15.11.2007 n. 23726