Appalto - Tribunale di Reggio Emilia: illecito se l’appaltatore non esercita un reale potere organizzativo
Con una recente pronuncia, il Tribunale di Reggio Emilia si è espresso sugli elementi qualificanti il contratto di appalto endo-aziendale, individuandone l’illegittimità nel caso in cui lo pseudo-appaltatore, limitandosi alla sola gestione amministrativa del rapporto di lavoro (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), sia privo di un reale potere organizzativo della prestazione.
Il caso in esame
A seguito di un accertamento compiuto dalle competenti autorità e l’elevazione di un verbale di contestazione per aver realizzato “una tipica ipotesi di irregolare somministrazione di manodopera di lavoratori inviati in appalto”, una società e il proprio legale rappresentante ricorrevano in giudizio l’INPS e la DTL al fine di ottenere sentenza di accertamento negativo dell’obbligo di pagamento sia delle obbligazioni contributive che delle sanzioni civili connesse derivanti dall’ipotizzata somministrazione illecita di manodopera avvenuta tra la ricorrente e una società con la quale era stato stipulato un contratto di appalto.
Costituitasi in giudizio, l’INPS contestava la legittimità del contratto di appalto, ritenendo attuata una mera fornitura di manodopera, con conseguente equiparazione del trattamento stipendiale e previdenziale dei lavoratori della ricorrente ai dipendenti della committente.
La decisione del Tribunale
Il giudice di merito ha ritenuto il ricorso infondato.
Preliminarmente, ha osservato come tra le due società fossero intercorsi quattro successivi contratti di appalto, aventi ad oggetto attività descritte in modo generico, non identificanti una specifica lavorazione a sé stante e in sé parcellizzata, ma sostanzialmente riproducenti l’intero ciclo produttivo della committente.
Inoltre, dall’istruttoria era emersa l’impossibilità di individuare in concreto distinzioni tra le attività svolte dal personale della ricorrente e quelle realizzate dai dipendenti della committente, in quanto non esisteva una specifica area destinata ai lavoratori in appalto e le lavorazioni da questi ultimi svolte non presentavano caratteristiche di tipicità che le rendessero difformi da quelle degli operai della committente.
Secondo il Giudice del lavoro, i dipendenti della ricorrente svolgevano attività definibili come il core business della committente, senza le quali quest’ultima non avrebbe potuto funzionare.
Ad essere esternalizzato non era stato un ramo o un servizio secondario o a sé stante dell’azienda, ma l’attività principale della stessa, “con la conseguenza che non solo la lavorazione appaltata è pienamente compenetrata nell’azienda ed inseparabile dal ciclo produttivo (anzi, rappresenta la gran parte del ciclo produttivo), ma anche che i lavoratori esterni ad essa impiegata diventano corpo unico con l’azienda appaltante, perché in essa completamente inseriti e non scindibili né eliminabili”.
In detto appalto endo-aziendale, circostanza chiave era rappresentata dal fatto che, oltre a non sussistere alcuna distinzione tra le attività realizzate dai due gruppi di lavoratori, il potere di controllo dei dipendenti in appalto era completamento affidato alla società committente, che, attraverso la strumentazione utilizzata dai lavoratori (pistole bar code), aveva modo di conoscere e controllare gli orari svolti dai dipendenti dell’appaltatore e le loro capacità e modalità di lavoro.
Nel caso di specie, dunque, non sussisteva una reale organizzazione da parte dell’appaltatore dei mezzi necessari alla prestazione (risultando i locali, gli arrendi e le attrezzature fornite della committente), privato peraltro di un’autonomia organizzativa per assenza di un potere direttivo e di controllo, elementi questi riconosciuti dalla giurisprudenza come indici della non genuinità dell’appalto.
Per le ragioni di cui sopra, il Tribunale di Reggio Emilia ha rigettato il ricorso proposto, enunciando il seguente principio di diritto “in riferimento ai cd. appalti endo-aziendali caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di attività, ancorché attinenti al complesso ciclo produttivo del committente, il divieto opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, lasciando in capo all’appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto di lavoro (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo”.
La sentenza è disponibile integralmente sul sito Giuraemilia.
(Tribunale di Reggio Emilia - Sezione Lavoro, Sentenza 21 febbraio 2018, n. 50)