L’intervento statale nel sistema previdenziale tedesco: pensione e garanzia di una vita dignitosa

Il complesso bilanciamento di interessi nel sistema contributivo pensionistico tedesco e la difesa dello Stato sociale
The Banker and His Wife, Marinus van Reymerswale, 1514, Louvre
The Banker and His Wife, Marinus van Reymerswale, 1514, Louvre

Abstract

La povertà è una condizione sociale con effetti particolarmente gravi per le persone anziane, non più in grado di lavorare o costrette a svolgere lavori saltuari (e mal pagati). Uno Stato che si definisce “Sozialstaat”, com’è la Repubblica Federale Tedesca, ha l’obbligo di assicurare a tutti un assegno di pensione almeno prossimo al cosiddetto minimo vitale, se durante la loro vita lavorativa hanno versato contributi previdenziali, “finanziando”, in tal modo, le pensioni dei cosiddetti retired. Ciò vale, in particolare, per chi – magari anche per cause a esso/essa non imputabili – ha versato “Sozialbeiträge”, che, di per sé, non darebbero diritto a una pensione equiparabile a quel minimo necessario per poter condurre una vita dignitosa, anche quando non è più in grado di svolgere attività lavorativa. Assicurare a ognuno quel minimo per non “finire sulla strada” – con tutti i rischi, quali criminalità e danni alla salute, cui conseguono, spesso, rispettivamente misure detentive e costi elevati a carico della sanità pubblica – è uno dei doveri più ”stringenti” di uno Stato sociale, specie nell’attuale periodo di tempo, in cui pare che “Rentabilität” ed esigenze della produzione acquistino sempre maggiore importanza per la “sopravvivenza” delle aziende, esposte, come sono, a una concorrenza, che potrebbe definirsi, forse, “gnadenlos” o spietata, che dir si voglia.

 

Indice:

1. Stato sociale e assicurazione di una vita dignitosa

2. Contributi obbligatori e assegni di pensione: interessi da conciliare

3. Livello delle pensioni minime e dei contributi massimi fino al 2025 compreso

4. Riduzione delle “Sozialabgaben” in favore di chi percepisce una retribuzione bassa

5. Voci critiche contro l’indebolimento del principio “des beitragsfinanzierten Rentensystems”

6. Effetti della c.d. Grundrente

7. Spesa necessaria per il “riassetto” degli assegni di pensione.

 

1. Stato sociale e vita dignitosa

In data 1.1.2019 è entrato in vigore, nella Repubblica Federale Tedesca, il “Gesetz über Leistungsverbesserungen und Stabilisierung in der gesetzlichen Rentenversicherung” (RV‑Leistungsverbesserungs- und Stabilisierungsgesetz, RV‑L. u. St‑Ges.). Questa legge viene comunemente indicata anche come quella che ha introdotto la “Grundrente”.

La povertà in età avanzata è un problema al quale tendono porre rimedio alcuni legislatori europei, come, per esempio, quello austriaco (si veda il mio articolo sulla cosiddetta Mindestsicherung). Poter disporre di un reddito (da pensione) sufficiente per condurre una vita dignitosa viene ritenuta la “promessa” principale del “Sozialstaat” (Stato sociale) e costituisce un presupposto indispensabile per la coesione di una società civile. Questa “garanzia” è una specie di pietra miliare dello Stato sociale, quale è previsto dall’articolo 20, comma 1, GG (Costituzione federale): “Die BRD ist ein demokratischer und sozialer Bundesstaat” (La Repubblica Federale Tedesca è uno Stato democratico, federale e sociale). Secondo l’articolo 28, comma 1, del GG, anche l’ordinamento costituzionale dei “Länder” deve essere ispirato al principio “des sozialen Rechtsstaates im Sinne des GG”.

Con riferimento all’articolo 20, comma 1, GG, è da osservare che il “Sozialstaatsprinzip” è “unmittelbar geltendes Recht” (vedasi BVerfGE 6, 32/41) e che nell’interpretazione di questa norma occorre tenere conto pure di quanto previsto dagli articoli 151 e seguenti del Trattato dell’Unione Europea, dagli articoli 29 e seguenti della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dalla Carta sociale europea. Il “Sozialstaatsprinzip” vincola il legislatore (ma anche il potere esecutivo); questo vincolo consiste, principalmente, nella “Schaffung sozialer Sicherungssysteme gegen di Wechselfälle des Lebens” (vedasi BVerfGE 28, 324/348 ff e 45, 376/387).

È stato detto che “aus dem Sozialstaatsprinzip fließt das Solidarietätsprinzip” (dal principio dello Stato sociale promana il principio della solidarietà) e che scopo di questo principio è che il legislatore attui “einen Ausgleich der sozialen Gegensätze” (BVerfGE 100, 271/284); avere come obiettivo, la creazione di una “gerechten Sozialordnung” (BVerfGE 69, 272/314). Beneficiari del “Sozialstaatsprinzip” sono anche gli stranieri, se vivono stabilmente nella Repubblica Federale Tedesca (BVerfGE 51, 1/27f). Quando, invece, si tratta di cittadini della Repubblica Federale Tedesca, che vivono all’estero, la “soziale Schutzpflicht” è attenuata. Dal combinato disposto degli articoli 20, comma 1, e 1, comma 1, GG, è stato dedotto un “Anspruch auf die Mindestvoraussetzungen für ein menschenwürdiges Dasein”, vale a dire, un diritto, “auf das Existenzminimum” (VerfGE 82, 364/368), al minimo “vitale”.

 

2. Contributi obbligatori e assegni di pensione: interessi da conciliare

Al fine di salvaguardare una vita dignitosa a chi, al termine della propria vita lavorativa, spesso, non ha altri redditi, tranne quello che gli compete a titolo di trattamento di quiescenza, il sistema di previdenza sociale, previsto per legge (“gesetzliche Rentenversicherung”), deve poggiare su basi solide, anche per il futuro. È ovvio che, di tanto in tanto, siano necessari adeguamenti della normativa che disciplina la materia; adeguamenti, nella predisposizione dei quali occorre tenere debitamente conto degli interessi, sia di coloro che ora percepiscono gli assegni di pensione, sia di chi svolge attività lavorativa e, in quanto tale, contribuisce, “maßgeblich” e obbligatoriamente, ad assicurare la corresponsione degli importi necessari per le pensioni che sono pagate a chi, ormai, è pensionato.

Ovviamente si deve tenere conto altresì degli oneri che derivano a causa della “Überalterung der Bevölkerung”, vale a dire, del fatto che, a causa della diminuzione delle nascite e della circostanza che la vita media è in costante aumento, il numero di coloro che entrano nell’“Arbeitswelt” tende a ridursi notevolmente, per cui, per stabilizzare il sistema della previdenza sociale, sono necessari “Zuschüsse” (contributi) da parte dello Stato, che, come vedremo, sono di ragguardevole entità.

È indispensabile che sia i pensionati – che per tanti anni hanno versato contributi, assicurando cosí, in gran parte, il “finanziamento” delle pensioni e la stabilizzazione del sistema di previdenza sociale – sia coloro che attualmente versano i contributi debbano poter confidare nel sistema previdenziale, ma, al tempo stesso, non essere gravati da contributi previdenziali eccessivi.

Queste considerazioni hanno indotto il legislatore della Repubblica Federale Tedesca a riesaminare sia l’entità degli assegni, che vengono pagati a titolo di pensione, sia l’ammontare dei contributi a carico di chi svolge attività lavorativa. Occorre un “patto intergenerazionale”. Già nel corso della precedente legislatura, nella Repubblica Federale Tedesca, erano stati aumentati gli assegni pensionistici in favore di chi è stato costretto a terminare anzitempo l’attività lavorativa (per esempio a causa di malattia), senza aver versato i contributi per il periodo minimo prescritto per la pensione.

Nonostante questi aumenti, pure il Governo attualmente in carica ha ravvisato – tra l’altro – l’esigenza di migliorare il trattamento pensionistico di queste persone e di chi era stato costretto a lavorare a tempo parziale per conciliare “Kinder und Beruf” (oppure, per un certo periodo, “vorübergehend aus dem Arbeitsleben auszuscheiden”).

Inoltre, il “Gesetzgeber” ha ritenuto che il periodo di tempo dedicato all’educazione dei figli, nati prima del 1992 e che viene riconosciuto ai fini della pensione, debba essere aumentato da un anno a due anni.

 

3. Livello delle pensioni minime e dei contributi massimi fino al 2015 compreso

Il “RV‑Leistungsverbesserungs- und Stabilisierungsgesetz” (d’ora in avanti indicato anche in forma abbreviata “RV‑L. u. St.”) ha stabilito, fino al 2025, sia gli importi minimi, che percepiscono coloro che andranno in pensione fino alla predetta data, sia l’“Obergrenze” (importo massimo) per quanto concerne i contributi, che, per legge; devono essere versati alla “gesetzlichen Rentenversicherung”. Quest’ultima “Obergrenze” è del 20%, mentre il “Sicherungsniveau vor Steuern” è pari al 48%.

Per quanto concerne gli oneri successivi al 2025, il RV‑L. u. ST‑Gesetz non contiene (fatta salva un’eccezione di cui si parlerà in ulteriore prosieguo di quest’articolo) ancora disposizioni analoghe a quelle previste per il periodo 2019-2025. È stata, tuttavia, istituita una commissione, che elaborerà proposte per disciplinare la RV dopo il 2025.

Il RV‑L. u. St‑Gesetz non si è limitato a fissare un importo massimo, che dovrà essere versato a titolo di contributi, ma ha anche previsto che tale importo non potrà – in nessun caso – essere superiore al 20% fino al 2025. Qualora l’importo, ora indicato, si dovesse rivelare insufficiente al fine di garantire la “tenuta” del sistema di previdenza sociale della Repubblica Federale Tedesca fino al 2025, la predetta legge ha introdotto una cosiddetta Beitragssatzgarantie nel senso che, se la percentuale de qua non assicurasse contributi sufficienti, in tale evenienza sarà il Bund (Stato centrale) a mettere a disposizione le risorse economiche necessarie.

È da rilevare che questa garanzia “gilt uneingeschränkt” (è incondizionata) e varrà, quindi, anche in caso “unvorhersehbarer Entwicklungen”.

Per gli anni 2020-2025 il Bund, sin d’ora, metterà a disposizione 500 milioni di euro l’anno per evitare eventuali aumenti del “maximalen Beitragssatz”, determinato nella misura del 20%. In tal modo, la Repubblica Federale Tedesca tende ad assicurare stabilità e affidabilità del sistema di previdenza sociale anche per il futuro.

 

4. Riduzione delle “Sozialabgaben” in favore di chi ha un reddito basso

In favore di chi ha un’attività lavorativa con una retribuzione mensile bassa, già in base alla precedente normativa era prevista una “Entlastung von den Sozialabgaben”, vale adire, una riduzione dei contributi obbligatori. Secondo il RV‑L. u. St.‑Gesetz, ora possono fruire di questa “Entlastung” tutti coloro che percepiscono una retribuzione mensile non superiore a euro 1.300. Al contempo, è stato disposto, che il versamento ridotto per effetto dell’“Entlastung”, non possa produrre effetti su quanto verrà percepito a titolo di assegno pensionistico da queste persone, la cui retribuzione si è aggirata intorno al minimo o poco più. Per quanto concerne il “Mindestlohn” (reddito minimo determinato per legge), si veda il mio articolo pubblicato da FILODIRITTO alcuni mese fa.

La garanzia, per quanto concerne l’importo minimo di pensione (48% vor Steuern) e il massimo da versare a titolo di “Sozialabgaben” (pari al 20% fino al 2025), viene indicata come “doppelte Haltelinie”.

Per gli anni 2019-2025, i “Beitragssätze”, come previsti finora (pari al 18,3% fino al 2022 compreso, al 19,4% per il 2023, al 19,6% per il 2024 e al 19,8% per il 2025), vengono lievemente aumentati. Sono pari al 18,6% fino al 2022 compreso, al 19,3% fino al 2023, al 19,9% fino al 2024 e al 20,0% nel 2025.

Ha asserito il ministro del Lavoro della Repubblica Federale Tedesca, che la nuova normativa – caratterizzata da un “stabilen Rentenniveau” e da una “Beitragsstabilisierung” – evita che le generazioni “werden gegeneinander ausgespielt”, in quanto la prima misura giova agli anziani e la seconda ai giovani.

 

5. Voci critiche contro “l’indebolimento” del principio del “beitragsfinanzierten Rentensystem”

Non sono mancate critiche rivolte al RV‑L. u. St.‑Gesetz. In tal modo – è stato osservato – ci si allontana sempre di più dal principio base, che, fino a poco tempo fa e per decenni e decenni, vigeva in materia di “gesetzlicher Rentenversicherung”. Tale sistema veniva definito “beitragsfinanziertes Rentensystem” (sistema che si basa sui contributi versati dai lavoratori), per cui le “Rentenkassen” non potevano corrispondere – in linea di massima – pensioni superiori alle “entrate” costituite dai contributi pagati da chi era (ancora) in attività lavorativa. Il “beitragsfinanzierte Rentensystem” è chiamato anche “umlagenfinanziertes System”, nel senso che i lavoratori, con i loro contributi versati alla “Rentenversicherung” finanziano le pensioni di coloro che hanno cessato l’attività lavorativa. La (sia pure parziale) “Steuerfinazierung” (attingere a entrate fiscali) contraddice al suddetto principio.

D’altra parte, il ricorso a entrate fiscali è stato giustitficato con il fatto che vi sono persone che hanno lavorato “una vita” percependo un reddito (molto) basso e che, se fosse applicato il principio di cui ora si è parlato, avrebbero un trattamento di pensione tale da non essere sufficiente per condurre un’esistenza dignitosa durante gli ultimi anni di vita. È stato osservato che la Corte costituzionale federale si è già espressa, nel passato, nel senso che il “Grundgesetz” (GG) non contiene un divieto di finanziare – parzialmente – il “gesetzliche Rentensystem” con entrate fiscali (BVerfGE 113, 167/219).

Secondo il ministro del Lavoro, la nuova normativa è destinata ad assicurare a ogni persona una cosiddetta Grundrente (pensione di base), conforme al “Sozialstaatsprinzip” (principio dello Stato sociale). La maggiore disponibilità di reddito da pensione (e si tratta di milioni di “Rentner”), si tradurrà in un incremento dei consumi, il che, a sua volta, andrà in favore dell’economia in generale.

 

6. Effetti della cosiddetta Grundrente

Gli effetti della “Grundrente” sono stati illustrati dal ministro del Lavoro con un esempio: quello di una parrucchiera che, vigendo la precedente normativa, dopo 35 anni di contributi versati, avrebbe percepito una pensione mensile pari a euro 514 circa. In base al RV‑L. u. St‑Gesetz, “incasserà” un assegno pensionistico di circa 960 euro al mese. Con ciò è dimostrato che con la citata legge l’“Altersarmut” (povertà in età avanzata) viene effettivamente, in gran parte, ridotta.

Beneficeranno della riforma tra i 3 e i 4 milioni di pensionati, di cui il 75% donne (che, durante la loro vita lavorativa, spesso, sono state “Mindestlohnempfängerinnen” o non hanno svolto attività lavorativa, perché dovevano dedicarsi ai figli.

Per effetto della riforma, le pensioni saranno assicurate almeno per i prossimi sette anni, ma, al contempo, è stato garantito che l’entità dei “Beitragssätze zur Rentenversicherung” non possa superare ben determinati limiti.

Per quanto concerne le pensioni di reversibilità, i presupposti per la fruizione delle stesse, saranno meno “favorevoli” rispetto alla normativa attuale. Si noti a questo proposito che la disciplina contenuta nel RV‑L. u. St‑Gesetz viene estesa, per questo tipo di pensione, fino al 2030 compreso.

 

7. Spesa necessaria per il riassetto degli assegni di pensione

Com’è ovvio, l’attuazione della riforma de qua comporterà spese di carattere burocratico. Esse sono state preventivate in complessivi 19,3 milioni di Euro, in quanto, in conseguenza del necessario ricalcolo degli importi spettanti ai beneficiari, sarà necessario “ridefinire” almeno tre milioni di “posizioni assicurative”. Il ricalcolo verrà affidato a ditte esterne al ministero del Lavoro.

Il RV‑L. u. St‑Gesetz è entrato in vigore con l’inizio del 2019 (fatta eccezione per alcune disposizioni contenute negli articoli 1 e 3).