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Mantenimento - Cassazione Civile: il diritto di visita negato non legittima la sospensione dell’assegno di mantenimento

Mantenimento - Cassazione Civile: il diritto di visita negato non legittima la sospensione dell’assegno di mantenimento
Mantenimento - Cassazione Civile: il diritto di visita negato non legittima la sospensione dell’assegno di mantenimento

La Suprema Corte stabilisce inequivocabilmente la differenza strutturale ed ontologica tra il diritto-obbligo di visita del genitore nei confronti della prole e l’obbligo di mantenimento economico nei suoi confronti.

Non sussiste alcun rapporto sinallagmatico tra l’assistenza morale e l’assistenza materiale, così da poter legittimare la sospensione dell’obbligo di mantenimento dei figli da parte del soggetto obbligato, quando non gli venga consentito di vederli, non potendosi certo applicare in tale materia  il principio inadimplenti non est adimplendum (art. 1460 cod. civile), pena la mercificazione e/o l’utilizzo strumentale delle prerogative attribuite dall’ordinamento e da eventuali accordi tra le parti.

Sorregge tale conclusione la differente ratio dei due istituti, posto che l’esercizio del diritto di visita risponde alla necessità di non elidere dal punto di vista affettivo il rapporto parentale, mentre l’obbligo di mantenimento attiene alla necessità di non elidere il sostentamento e le cure materiali nei confronti della prole.

D’altra parte sarebbe illogico, oltre che particolarmente ingiusto, nei confronti dei figli, far riverberare ai loro danni il comportamento dell’altro coniuge che frappone ostacoli al diritto di visita della controparte.

La Suprema Corte quindi tiene in considerazione, pur nelle complesse vicende di separazione e divorzio, l’interesse dei soggetti deboli (i figli) che non può essere in alcun modo strumentalizzato dai coniugi per fini non consentiti dall’ordinamento e poco coerenti con il nucleo di tutele da esso apprestate.

Il genitore, a cui non sia consentito di vedere i propri figli, può ricorrere a vari strumenti anche di carattere penale a tutela del proprio diritto di vedere i figli (art. 388 cod. penale) ma non può utilizzare  invece   come coazione psicologica il mancato versamento dell’assegno per "costringere" l’ex coniuge al rispetto degli impegni concernenti la frequentazione dei figli.

L’arresto giurisprudenziale è particolarmente significativo non solo in re ipsa ma in senso piu ampio, riaffermando in sostanza il principio che le cure affettive hanno un valore in sè che non può essere  scambiato con la cura materiale e viceversa. I minori sono destinatari di distinte e non sovrapponibili tutele in campo materiale e morale.

Si dovrebbe porre così un freno a condotte che rappresentano non solo una violazione dell’obbligo di assistenza materiale (ex art. 570 cod. penale) ma un palese esercizio abusivo delle prerogative spettanti all’ex coniuge. La distinzione dei piani affettivo e materiale, non preclude tuttavia la possibilità (anche questa ben evidenziata dalla Suprema Corte) che il mancato versamento dell’assegno sia cagione di un danno non patrimoniale per i figli per i quali è legittimo dolersi di tale circostanza che denota a sua volta la poca o assente cura affettiva del soggetto obbligato nei loro confronti.

Nel caso di specie, ci si muove con tutta evidenza su un terreno minato, dove astio, conflitto e rancore suggeriscono ad ogni Giudicante di muoversi con la massima cautela, ma ribadendo indefettibili diritti dei minori a non essere mere pedine di interminabili e poco proficue lotte coniugali.  

(Corte di Cassazione - Sesta Sezione Civile, Ordinanza 19 settembre 2017, n. 21688)