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Mosaico

Mosaico di lettere
Mosaico di lettere

“Come mai non c’è il colonnino?” il 10 ottobre 1980 il pezzo del venerdì non uscì…

E l’autore, dapprima irritato, poi lusingato e commosso, risponde a quanti gli hanno scritto, o telefonato per chiedere quale fosse il motivo.

Un articolo che inizia con le scuse a quegli “amici acquisiti” che sono diventati i lettori più fedeli, e finisce con la desolazione di alcuni di costoro che, seguendo le orme del Maestro, non riescono a non confidargli miserie e miserie di questo paese…Identiche a quelle di oggi, anche nei particolari.

 

Come mai non c’è il colonnino?”. La prima telefonata risuonò di prima mattina, venerdì scorso. Dopo una scorsa alle pagine, alcuni lettori e lettrici si misero in agitazione. Lettori, dico, di quegli amici acquisiti, settimana dopo settimana, coltivando questo campicello nella vasta tenuta del Giornale. Di quei lettori, sono ormai più di duecento che, nell’andirivieni di lettere e risposte, si sono annotati anche il telefono di casa mia. Sulle prime, rimasi quasi irritato, come di un’intrusione nella libertà di non scrivere per una settimana: mormorai giustificazioni che nessuno mi aveva chiesto dal Giornale. Poi mi sprofondai nelle lettere, lusingato e, più ancora, commosso. Ce ne sono alcuni che hanno preso molto sul serio quell’espressione sul “club del venerdì”, che mi sfuggì qualche settimana fa. Un lettore di Vicenza si dice “socio della fondazione”. Un altro, da Roma: “Mi ci trovo benissimo. Una giovane lettrice, dal bel nome mozartiano di Costanza, dice che le sembra di ricevere un messaggio.

Ci sono quelli che mi ricordano gl’impegni precedenti, ed altri che m’incitano ad assumerne di nuovi. Una parola sui primi. Riguardano le famose lapidi, l’idea di un’immaginetta dell’Italia attraverso le iscrizioni sparse sui suoi muri. C’è chi pensa che, dopo aver scatenato lo zelo e la passioni di tanti, io mi sia seduto sulla pila delle risposte e li abbia, diciamo pure, gabbati, con tutta la fatica, che, per alcuni di loro, è stata notevole. Pazienza, dico. La sola trascrizione e classificazione dei materiali mi ha preso i ritagli di tempo (ché più non posso consacrarvi) di molti mesi. Ed ora, mi tocca di colmare i buchi, territoriali, e di epoca, e di argomenti. Ci vorranno alcuni mesi. A far presto, il libretto uscirà tra la metà e la fine dell’anno prossimo. E tutti saranno ricordati, come dalla mia prima promessa.

E passo all’impegno nuovo. Un lettore di Milano, dopo il colonnino “Italia a perdere”, mi esorta a “promuovere iniziative e discussioni, per denunciare disagi, situazioni indecorose e repellenti d un società che, con tutta la socialità di cui si vanta, rende la vita associativa così incivile… Avete imboccato una strada, che più giusta e sentita di così, non poteva essere. Vi ringraziamo”, e aggiunge: “Recandovi alla sede del Giornale, passerete da Piazza Cordusio dove melanconicamente troneggia il monumento a Parini. Fermatevi un attimo e osservate la base, il catino e la statua, ricoperti da due centimetri di escrementi di colombi. Nel cuore di Milano… Per non parlare di Piazza Duomo , il più grande “Centro stercorario d’Italia”. (Ma c’è Piazza della Signoria, obietto io).

Da Piazza Duomo parla un altro lettore, e più che lettore, un vecchio leone di questo mestiere. Non so se desideri che pubblichi la sua firma, e perciò me la tengo per me, come tutte quelle degli altri. Mi dispiace di non poter pubblicare la sua splendida lettera per intero: “Mi permetto di suggerirle una passeggiata tra sagrato, galleria, portici e dintorni. Si troverà in presenza di un’autentica corte dei miracoli, come la periferia di Calcutta, o di Canton. La nota dominante è l’enorme sporcizia. Vi staziona in permanenza una folla stracciona di giovani, sempre più lerci. Il pavimento (rifatto ora, dopo anni di decrepitezza) dei cosiddetti Portici Settentrionali, è di un sudiciume che supera ogni immaginazione. Una patina di escrementi schiacciati, di sputi, di gelato secco, gomma da masticare, orina, ricopre la nobiltà del marmo nuovo; verso sera, cartacce, pacchetti di sigarette vuoti, siringhe di plastica, residui di contenitori e d’imballaggi, profilattici, bastoncini di lecca-lecca, mozziconi di sigarette…”.

Quello che fu un elegante salotto di Milano, Il Motta, oggi sforna frittelle bisunte sotto i portici, con relativo contorno di cartacce bisunte dappertutto… Questuanti di ogni risma e colore scarabocchiano il pavimento del sagrato con rutilanti disegni a soggetto commovente, ragazzotti maschi e femmine si sbaciucchiano sugli scalini del Duomo, suonano la chitarra, sputano palloncini di plastica, drogati dei tre sessi avvicinano i passanti chiedendo quattrini, qualcuno dorme sdraiato per terra. Davanti all’ingresso della Galleria ho visto, ieri sera, a fianco della solita truppa di agit – prop, un tizio seduto per terra che, toltesi le scarpe sfondate e le sbrindellatissime calze, si puliva coscienziosamente con le mani le dita dei piedi. Due carabinieri ridevano divertiti…”.

Un lettore, da Rieti, mi spiega che nessuna legge vieta l’ubicazione di stalle nei centri abitati. Suo zio, veterinario del comune di Leonessa, scoprì questo buco legislativo cinque anni fa, quando un villeggiante protestò per la presenza di una porcilaia nel centro del paese. Ed io che m’illudevo di muovere qualcosa denunciando l’immondo porcile entro cui scorre l’autostrada tra Modena e Reggio Emilia. Il Rotary club Ravenna mi chiede d’intervenire in un altro dibattito su quell’altro autentico porcile, in cui m’imbattei l’anno scorso, intorno alla tomba di Dante.

Ecco qua. Volevo comporre un mosaico delle lettere più importanti, ma lo spazio è finito. Vogliamo tornarci la settimana prossima ? O Chiederemo a Montanelli altro spazio supplementare per una vasta inchiesta, e così dare organicamente voce a questa appassionata protesta, che si rivolge al Giornale  perché ha ormai constatato la morte di qualsiasi pubblica autorità? Trascrivo da un’altra lettera un desolato paesaggio: “Le perdite d’identità storica e civile dignità da parte di questo popolo è molto più allarmante, a mio avviso, perfino del terrorismo e della criminalità. Questi sono episodi traumatici transitori. Ma l’abdicazione dell’Italia, e delle sue città e paesi, alla loro dignità, è un fenomeno molto più scoraggiante. Perché è totale, intriso di cinismo e d’indifferenza”. D’accordo.

Da “Il Giornale”, venerdì 17 ottobre 1980