x

x

Furto - Cassazione Penale: differenza tra furto e appropriazione di cose smarrite

Furto - Cassazione Penale: differenza tra furto e appropriazione di cose smarrite
Furto - Cassazione Penale: differenza tra furto e appropriazione di cose smarrite

La Cassazione è recentemente tornata a occuparsi del reato di furto, pronunciandosi sull’appropriazione di oggetti smarriti che presentino evidenti segni di legittimo possesso altrui.

 

Il furto e l’appropriazione di cose smarrite

Il reato di furto è rubricato all’articolo 624 del codice penale che al primo comma recita, in modo chiaro e risoluto: “Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da centocinquantaquattro euro a cinquecentosedici euro”.

Sino all’abrogazione intervenuta con Decreto Legislativo del 15 gennaio 2016, n. 7, (in favore della sanzione pecuniaria civile da euro 100 a euro 8000), la fattispecie di appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito prevedeva: “È punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa da trenta euro a trecentonove euro: 1) chiunque, avendo trovato denaro o cose da altri smarrite, se li appropria, senza osservare le prescrizioni della legge civile sull’acquisto della proprietà di cose trovate;[…] 3) chiunque si appropria cose, delle quali sia venuto in possesso per errore altrui o per caso fortuito. […]”.

La vicenda

Le due fattispecie si sono recentemente ‘scontrate’ nella sentenza (ud. 25-10-2017) 14-11-2017, n. 51895 della Suprema Corte di Cassazione in merito al ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Urbino; nella richiesta si deduceva un presunto errore di diritto in merito alla riqualificazione della condotta del reo operata dal tribunale ordinario.

Nel caso in esame l’imputato, inizialmente chiamato a rispondere di furto per essersi impossessato di un portafogli contenente del denaro rinvenuto per strada, era stato infatti assolto dal giudice ordinario che aveva inquadrato il fatto non ai sensi del reato di furto (ex articolo 624 del codice penale) bensì secondo i tratti delineati dall’articolo 647 del codice penale (appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito) come detto poc’anzi, ormai abrogato.

Il Procuratore motivava il suo ricorso sostenendo “che nel portafogli sottratto vi erano, oltre alla somma di denaro, anche i documenti personali della persona offesa (patente, carta di credito, codice fiscale), sicché conservava i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, con conseguente sussistenza del reato di furto”.

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, rigettando l’eccezione d’inammissibilità presentata dal legale dell’imputato, concludeva per la fondatezza del ricorso rimettendo gli atti alla Corte di Appello di Ancona.

I giudici hanno in tale sede ribadito il principio per cui lo smarrimento di cose che “conservino chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui” non implica la cessazione del potere del proprietario e che quindi “colui che se ne appropria senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e non quello di appropriazione di cose smarrite”.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta penale, Sentenza 14 novembre 2017, n. 51895)